Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-07-2011) 03-10-2011, n. 35823

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del G.U.P. preso il Tribunale di Foggia del 12.10.07 D. B.F. veniva condannato alla pena di 6 anni di reclusione essendo stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all’art. 609 bis c.p. e art. 609 quater c.p., comma 1, n. 1 e 5 contestato al capo A (con riferimento ad un episodio occorso ad una bambina minore di 10 anni che egli avrebbe fermato con una scusa nel cortile e, presala in braccio, l’aveva portata nell’androne di casa dove le aveva toccato il petto e le parti intime, costringendola, così, a subire atti sessuali) e degli artt. 56 e 610 c.p. contestato al capo B (per aver inseguito per strada altra ragazzina minore di età rivolgendole apprezzamenti ed invitandola a fermarsi perchè, diversamente, lo avrebbe fatto lui con la forza; non riuscendo nell’intento per la reazione della vittima) (fatti del (OMISSIS)). Avverso detta sentenza veniva interposto appello dall’imputato. La Corte di Appello di Bari, con sentenza in data 18.4.2008, pur respingendo la richiesta di riconoscimento dell’attenuante speciale del fatto di minore gravità, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti, riduceva la pena ad anni due e mesi quattro di reclusione.

Tale decisione, a seguito di ricorso per cassazione del Procuratore Generale e della difesa dell’imputato, veniva annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione con sentenza in data 5.5.2009, limitatamente al riconoscimento delle attenuanti generiche.

La Corte di Appello di Appello di Bari, in sede di rinvio, con sentenza in data 4.6.2010, concedeva al D.B. le circostanze attenuanti generiche con criterio di equivalenza rispetto all’aggravante contestata e rideterminava la pena inflitta in quella di anni 3 e mesi 6 di reclusione.

Avverso tale sentenza ricorre nuovamente per cassazione il difensore di fiducia di D.B.F. deducendo l’erronea applicazione di legge e, comunque, la mancanza di motivazione. Assume che, attesa la limitazione dell’annullamento al solo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, l’entità della pena, quale determinata nel primo giudizio di appello, era ormai coperta dal giudicato ed era, quindi, immodificabile, Inoltre, mancava ogni motivazione circa la richiesta prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, essendo le censure mosse manifestamente infondate. Invero, l’annullamento parziale della sentenza di condanna limitatamente al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti ed in particolare "perchè rivaluti la decisione sul riconoscimento o meno delle attenuanti generiche fornendone eventualmente una motivazione esaustiva e coerente alla luce delle considerazioni fin qui svolte", implica, da un canto, l’intangibilità del verdetto di colpevolezza e, dall’altro, la caducazione dell’intera pena (e del relativo calcolo) quale comminata dalla sentenza parzialmente annullata con restituzione del giudice del rinvio nel piena discrezionalità in ordine alla complessiva rideterminazione della pena a seguito della concessione o meno delle attenuanti generiche, con criterio di equivalenza o prevalenza, a seconda del rinnovato apprezzamento del giudice di merito.

Non si è formato, quindi, alcun giudicato sull’entità della pena comminata con la prima sentenza di appello. Ad ogni modo giova evidenziare che la pena base assunta dalla sentenza impugnata è la medesima (anni 5 di reclusione) di quella ritenuta nella decisione precedentemente annullata da questa Corte. Corretta ed esaustiva è, poi, la motivazione addotta in ordine a rigetto di applicazione del giudizio di prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche: del resto, "ai fini del giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, anche la sola enunciazione dell’eseguita valutazione delle circostanze concorrenti soddisfa l’obbligo della motivazione, trattandosi di un giudizio rientrante nella discrezionalità del giudice e che, come tale, non postula un’analitica esposizione dei criteri di valutazione" (Cass. pen. Sez. 2, n. 36265 dell’8.7.2010, Rv. 248535).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.

Infine, trattandosi di persona offesa minorenne, si deve disporre che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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