T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 28-10-2011, n. 8286 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/admin/

Svolgimento del processo
Con ricorso notificato in date 09/12/10, 10/12/10 e 13/12/10 (proc. n. 11699/10 R.G.) la S. s.p.a. ha impugnato gli atti, in epigrafe meglio indicati, relativi alla procedura ristretta per la fornitura di capi di maglieria per il personale maschile e femminile della polizia penitenziaria oggetto del bando pubblicato sulla G.U.C.E. n. 2010/S 93 – 114 – 172903.

Il Ministero della Giustizia, costituitosi in giudizio con memoria depositata il 4 gennaio 2011, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Le controinteressate C.A. s.r.l. e L.G. s.r.l., costituitesi in giudizio con memorie depositate rispettivamente in date 29/12/10 e 08/01/10, hanno concluso per la reiezione del ricorso.

Con ordinanza n. 31/2011 del 10 gennaio 2011 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla S. s.p.a..

Con ordinanza n. 1318/11 del 22 marzo 2011 il Consiglio di Stato, a seguito di appello proposto dalla S. s.p.a., ha riformato l’ordinanza del TAR.

Con ricorso spedito per la notifica a mezzo posta in data 20/12/10 e depositato il 29/12/10 (proc. n. 12121/10 R.G.) la C.A. s.r.l., classificatasi al secondo posto, ha impugnato gli atti, in epigrafe meglio indicati, relativi alla stessa procedura di gara oggetto del procedimento n. 11699/10 R.G..

La soc. L.G. s.r.l. ed il Ministero della Giustizia, costituitisi con memorie depositate rispettivamente l’08/01/11 e il 07/01/11, hanno concluso per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 450/11 del 3 febbraio 2011 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla C.A. s.r.l..

Con ricorso incidentale notificato l’11/02/11 la soc. L.G. s.r.l. ha impugnato gli atti in epigrafe meglio indicati ed ha chiesto la revoca dell’ordinanza cautelare n. 450/11.

Con ordinanza n. 822/11 del 3 marzo 2011 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare e la domanda di revoca dell’ordinanza cautelare n. 450/11 presentate dalla soc. L.G. s.r.l., in qualità di ricorrente incidentale.

Con ricorso notificato il 15 marzo 2011 e depositato il 26 marzo 2011 la soc. L.G. s.r.l. ha impugnato con motivi aggiunti gli atti già gravati con il ricorso incidentale.

Con ordinanza n. 1367/11 del 14 aprile 2011 il Tribunale ha respinto la domanda cautelare, presentata dalla soc. L.G. s.r.l. con l’ulteriore ricorso incidentale, e l’ulteriore istanza di revoca dell’ordinanza cautelare n. 450/11.

Con atto spedito per la notifica a mezzo posta il 28 marzo 2011 e depositato il 30 marzo 2011 la C.A. s.r.l. ha impugnato con motivi aggiunti il provvedimento n. 1645 del 24 febbraio 2011, con cui il Ministero della Giustizia l’ha esclusa dalla gara, la segnalazione inviata all’Autorità di Vigilanza con nota del 25 marzo 2011 ed ulteriori atti della procedura, per quanto d’interesse.

Con ordinanza n. 5203/11 del 7 giugno 2011 il Tribunale ha ordinato la riunione dei ricorsi ed ha disposto una verificazione.

Espletato l’adempimento, all’udienza pubblica del 6 ottobre 2011 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

Motivi della decisione
Il ricorso n. 11699/10 R.G. è infondato e deve essere respinto.

Con il ricorso in esame la S. s.p.a. impugna gli atti, in epigrafe meglio indicati, relativi alla procedura ristretta per la fornitura di capi di maglieria per il personale della polizia penitenziaria oggetto del bando pubblicato sulla G.U.C.E. n. 2010/S 93 – 114 – 172903.

Sono, in particolare, oggetto di gravame il decreto n. 9669 del 10/11/10, trasmesso con nota GDAP – 5000 – 11/11/2010, con cui è stata comunicata alla ricorrente l’esclusione dalla gara, il bando, la lettera d’invito prot. n. 0305713 del 19/07/10 e le specifiche tecniche alla stessa allegate, la nota GDAP – 5000 – 19/11/2010 – 0473788 – 2010, con cui è stata comunicata alla ricorrente la determinazione dirigenziale prot. n. 10090 del 19/11/10 di aggiudicazione della gara alla ditta L.G. s.r.l., ed il provvedimento di diniego dell’autotutela.

Con la prima censura la S. s.p.a. prospetta l’esistenza dei vizi di violazione e falsa applicazione della lex specialis ed eccesso di potere sotto vari profili perché il provvedimento di esclusione si fonderebbe su carenze non previste dal bando a pena di esclusione e, comunque, incompatibili con la facoltà, riconosciuta dalla lex specialis, di presentare un ulteriore prototipo migliorativo e con il potere (ritenuto arbitrario) della commissione di individuare i requisiti irrinunciabili della prestazione, e su un’inidoneità del rapporto di prova erroneamente desunta da profili formali e dal mancato accreditamento nel settore tessile dell’istituto che lo ha redatto.

Il motivo è infondato.

Dall’esame degli atti risulta che il Ministero della Giustizia con nota prot. n. 9669 del 10 novembre 2010 ha escluso la ricorrente dalla procedura ristretta per la fornitura di capi di maglieria per il personale della polizia penitenziaria in ragione delle difformità dell’offerta, rispetto al campione ufficiale di riferimento, indicate nel verbale della commissione del 4 novembre 2010, richiamato nel provvedimento impugnato.

Contrariamente a quanto prospettato nella censura le difformità riscontrate dalla commissione legittimano l’esclusione dalla procedura.

Il bando di gara ai punti VI.3.3 e VI.3.8 rinvia alla lettera d’invito e alle specifiche tecniche per l’individuazione della prestazione oggetto della procedura, del contenuto delle offerte e delle "specifiche prescrizioni riguardanti il dettaglio delle forniture, le modalità di presentazione delle offerte, le ulteriori cause di esclusione dalla gara e le altre informazioni".

Tra gli allegati alla lettera d’invito figurano le specifiche tecniche le quali, sotto la voce, "obblighi per le ditte concorrenti", specificano che "tutti i tessuti dovranno essere corredati da originale, ovvero copia conforme, dei rapporti ufficiali di prova effettuati da istituti accreditati a livello europeo attestanti, a pena di esclusione, la piena conformità ai requisiti minimi richiesti dalle specifiche tecniche".

La previsione in esame è confermata dal contenuto della parte successiva (riportata sotto la voce "procedura per l’accertamento dell’idoneità") ove si specifica che "la mancata presentazione di tutto quanto descritto al punto precedente comporterà l’automatica esclusione della ditta concorrente".

Dalle disposizioni ora richiamate emerge in maniera inequivoca che la non conformità dei campioni a tutte le specifiche tecniche previste dalla lex specialis, ivi testualmente qualificate come "requisiti minimi", costituisce causa di esclusione dalla procedura a nulla rilevando la mancata riproduzione dell’aggettivo "minimo" nella "descrizione tecnica" relativa al maglione omnistagionale e alla maglietta blu a maniche corte; non può, pertanto, condividersi la tesi della ricorrente che, sul punto, prospetta l’ambiguità della clausola della lex specialis.

Né tale opzione ermeneutica è smentita dalla disposizione della lex specialis che attribuisce alla commissione il potere di individuare "requisiti irrinunciabili" in quanto trattasi di previsione che riguarda la fase di collaudo e, comunque, inerisce ad un potere che, nella sua assolutezza, risulta incompatibile con la necessaria predeterminazione del contenuto della prestazione contrattuale operata dal bando e dai suoi allegati tanto che la stessa amministrazione non se ne è mai avvalsa.

Per altro, la censura risulta, in parte qua, contraddittoria ed inammissibile perché, da una parte, richiama a suo fondamento la clausola che prevede il potere della commissione di fissare "requisiti irrinunciabili", presupponendone la sua validità, e, dall’altra, ne contesta la legittimità perché incompatibile con i principi di par condicio e trasparenza.

In nessun modo, poi, la possibilità di presentare un campione migliorativo, quanto a funzionalità e confort, si presenta come logicamente incompatibile con l’accertata qualificazione, come minimi, dei requisiti tecnici esaminati dovendosi ragionevolmente ritenere che la stazione appaltante abbia inteso premiare soluzioni migliorative rispetto alla prestazione minima posta a base di gara.

Irrilevante, poi, ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento impugnato, è il riferimento ai profili inerenti al rapporto di prova in quanto, come evidenziato nella stessa censura, gli stessi "non hanno avuto alcun rilievo ai fini dell’esclusione" (pag. 8 dell’atto introduttivo).

Con la seconda censura la ricorrente prospetta l’esistenza dei vizi di violazione e falsa applicazione della lex specialis ed eccesso di potere sotto vari profili in quanto l’amministrazione avrebbe dovuto escludere le altre due partecipanti alla gara in ragione delle difformità concernenti le relative offerte.

Il motivo è infondato.

Per quanto attiene alla posizione della ditta L.G. s.r.l., dalle risultanze del verbale del 04/11/10 non emerge alcuna carenza addebitabile alla predetta posto che il richiamo a "quanto previsto ai punti 1, 2, 3 e 4 del presente verbale con le precisazione di seguito indicate" è frutto di un mero errore materiale nella redazione dell’atto come si evince anche dal fatto che alla locuzione non seguono le precisazioni preannunciate.

In ordine alle ulteriori carenze prospettate nella censura, il Tribunale rileva che la mancata esclusione delle ditte L.G. e C.A. s.r.l. risulta corretta in quanto l’autocertificazione prodotta riguarda alcune caratteristiche tecniche relative ad elementi accessori del capo laddove la lettera d’invito e l’allegato prevedono l’obbligo di produrre i rapporti ufficiali di prova in relazione alle sole "specifiche tecniche" concernenti i tessuti (come desumibile dal tenore letterale della clausola a pagina 12 delle "specifiche tecniche di massima" secondo cui "i tessuti dovranno essere corredati da originale, ovvero copia conforme, dei rapporti ufficiali di prova effettuati da istituti accreditati a livello europeo attestanti, a pena di esclusione, la piena conformità ai requisiti minimi richiesti dalle specifiche tecniche").

Per quanto concerne, poi, la mancata indicazione, da parte di C.A. s.r.l., delle caratteristiche tecniche delle etichette di manutenzione, trattasi di aspetti assolutamente secondari dell’offerta che non incidono sull’ammissibilità della stessa al pari della lieve differenza di colore tra tessuto e prototipo correttamente ritenuti non vizianti ai fini della partecipazione alla procedura.

In relazione, infine, alla mancata presentazione del campione di riferimento di taglia "M" per il manufatto "Polo", da parte di C.A. s.r.l., va rilevato che la censura si presenta inammissibile per carenza d’interesse in quanto l’accoglimento della stessa e la consequenziale esclusione della C.A. s.r.l. non arrecherebbero alcun significativo vantaggio alla S. s.p.a. stante la legittimità della sua esclusione dalla gara e l’impossibilità di rinnovare il procedimento in relazione alla correttezza dell’ammissione della società L.G. s.r.l..

Con la terza censura la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 68, 69 ed 83 d. lgs. n. 163/2006 ed eccesso di potere in quanto le specifiche tecniche previste dal bando sarebbero incongrue, sproporzionate ed ingiustificatamente discriminatorie come risulterebbe anche dal fatto che tali specifiche sarebbero più gravose rispetto a quelle richieste dalla medesima amministrazione in precedenti gare e che è stato richiesto un prodotto, quale il polipropilene a fibra piena, di peggiore qualità di quello a fibra cava; la doglianza contesta, poi, la logicità del criterio di valutazione dell’elemento prezzo e il potere della commissione di fissare "requisiti irrinunciabili".

Il motivo è infondato ed inammissibile.

Per quanto attiene alle specifiche tecniche va, innanzi tutto, premesso che secondo l’art. 68 d. lgs. n. 163/06 le specifiche debbono essere coerenti con l’oggetto dell’appalto e con il principio di proporzionalità (richiamato dall’art. 2 comma 1° del medesimo testo normativo) e tali da non creare ostacoli ingiustificati alla concorrenza; in sostanza sono ammissibili specifiche non discriminatorie e rispondenti ad un interesse oggettivo della stazione appaltante.

L’elaborazione delle specifiche, pertanto, è caratterizzata da un’elevata soglia di discrezionalità censurabile solo sotto il profilo della manifesta illogicità della scelta e della violazione dei limiti normativi sopra citati.

Ciò premesso, va rilevato che la ricorrente contesta le specifiche tecniche sotto i seguenti profili:

– le prove di trazione e lacerazione non sarebbero da prevedersi per i tessuti a maglia, come evidenziato dalle normative dettate dall’Associazione Europea delle Industrie di Abbigliamento (AEIH);

– la prova di pilling (avente ad oggetto l’attitudine del tessuto alla formazione di pallini e fili arrotolati) non avrebbe senso per i capi oggetto di gara (trattandosi di filato continuo) mentre avrebbe dovuto essere prevista una prova di snagging (mirata ad individuare rotture di filamenti, fili tirati e deformazioni);

– i valori di resistenza all’abrasione sarebbero illogici e sproporzionati in senso assoluto ed in comparazione tra loro, essendo, in particolare, illogicamente richiesta una resistenza inferiore per capi più pesanti (quali il maglione);

– i valori di permeabilità all’aria mm/sec. non sarebbero in sé significativi nei tessuti a maglia in quanto dipenderebbero da dati (struttura della maglia, titolo dei filati, peso e riduzioni) che mancano nelle specifiche tecniche poste a base di gara;

– avrebbe dovuto essere prevista la resistenza allo scoppio e non alla perforazione, e, comunque, mancherebbero elementi fondamentali per la definizione delle specifiche tecniche.

Le censure avverso le specifiche tecniche non concretizzano vizi di legittimità delle stesse.

Va, innanzi tutto, rilevato che il mancato espletamento della prova di snagging e l’espletamento di quella di pilling sono irrilevanti ai fini della valutazione della fondatezza della censura se si considera che le risultanze delle prove di pilling non sono state poste a fondamento della gravata esclusione.

Dalla verificazione disposta dal Tribunale è, poi, emerso che le specifiche tecniche individuate dalla stazione appaltante non violano i limiti di continenza, pertinenza e proporzionalità previsti dagli artt. 68 e 69 d. lgs. n. 163/2006 e rispondono al concreto interesse della stazione appaltante, specificamente individuato nella voce "esigenze di base", consistente nella necessità che la fornitura garantisca, nell’espletamento dell’attività d’istituto del personale di polizia penitenziaria, i requisiti di funzionalità e comfort e la termoregolazione corporea attraverso capi antibatterici e dermatologicamente testati.

In particolare, con specifico riferimento alle censure prospettate dalla ricorrente, il Professor Magnera, che ha eseguito la verificazione disposta dal Collegio, ha accertato che le prove tecniche di trazione e lacerazione possono essere materialmente esperite sui tessuti a maglia (nella fattispecie con riferimento al maglione omnistagionale e alla maglietta polo) in quanto il metodo previsto dalle norme UNI EN ISO di riferimento per i tessuti ortogonali (non a maglia) è dalle stesse ritenuto applicabile ai tessuti prodotti con altre tecniche e, quindi, anche ai tessuti a maglia ma non a quelli (sia a maglia che ortogonali) elastici (e, contrariamente a quanto affermato dal consulente della ricorrente nell’elaborato depositato il 15 settembre 2011, i tessuti posti a gara – per loro natura – non possono essere qualificati come elastici).

Tali prove risultano utili in quanto servono a testare le caratteristiche di determinate categorie di abbigliamento "esterno" (non intimo, cioè) al fine di verificare la capacità dei tessuti di resistere a pressioni, strappi e tensioni che li possano rendere inservibili.

Per quanto attiene, poi, ai valori indicati dall’Associazione Europea delle Industrie di Abbigliamento, essi costituiscono mere "raccomandazioni" aventi ad oggetto standards minimi di qualità ma non sono norme tecniche quali le UNI, ISO e CEN.

Ne deriva che, come prospettato dal verificatore, ferma restando l’esperibilità delle prove di trazione e lacerazione sui tessuti oggetto di gara, l’utilità delle stesse e dei relativi valori va rapportata in riferimento alla destinazione d’uso del singolo capo di talché nella fattispecie proprio la particolarità del prodotto oggetto di gara (abbigliamento del personale di polizia penitenziaria destinato a rispondere a particolari sollecitazioni correlate alle modalità e tempi di utilizzo in ambienti chiusi e a contatto con detenuti) giustifica, ad avviso del Tribunale, sia le prove previste dalla stazione appaltante che i valori ad esse correlati.

Né la legittimità delle specifiche è inficiata da quanto prospettato dal consulente di parte ricorrente, nell’elaborato depositato il 15 settembre 2011, il quale lamenta che la prova di trazione sia stata prevista per il solo maglione e la polo mentre quella di lacerazione solo per il tessuto della polo; trattasi, infatti, di circostanza non dedotta nell’atto introduttivo e non avente, pertanto, dignità formale di censura.

Per quanto concerne, poi, i valori di resistenza l’organo verificatore ha accertato che nella fattispecie l’avere previsto una resistenza inferiore per il capo più pesante (maglione omnistagionale) può essere giustificata con le modalità di espletamento della prova di abrasione prevista dalla norma UNI EN ISO 129472 del 2000 "che prevede lo sfregamento rotatorio della provetta contro un mezzo abrasivo, fino alla rottura della provetta, che nei tessuti a maglia avviene quando un filo è rotto e causa la comparsa di un buco. Quindi, tenuto conto che la rottura della provetta non si ha quando si è consumata completamente la stessa ma solo quando si è rotto un filo, ne consegue che la pesantezza del capo sottoposto alla prova è ininfluente sulla maggiore resistenza alla prova ma conta, invece, la compattezza e la grossezza dei filati del tessuto. Pertanto, risulta spiegabile che un tessuto a maglia più pesante e, quindi, più voluminoso ma meno compatto, possa subire un’abrasione (rottura di un filo), sotto l’azione del mezzo abrasivo, prima di un tessuto più leggero e compatto e, quindi, meno voluminoso: in sostanza, sotto la pressione di un mezzo abradente, il maggiore spessore del tessuto può causare la rottura di un filo prima di quanto la possa causare un tessuto più leggero e compatto ma con meno spessore".

Circa, poi, la dedotta sproporzione dei valori di resistenza previsti nel bando va richiamato, in senso contrario, quanto in precedenza evidenziato circa la congruità del requisito in esame alla luce delle oggettive e peculiari esigenze che il prodotto oggetto di gara è destinato a soddisfare e al valore non vincolante delle prescrizioni derivanti dalla normativa AEIH.

I valori di "permeabilità dell’aria", anch’essi previsti nelle specifiche tecniche, misurano, poi, la permeabilità all’aria dei tessuti ed assumono notevole rilevanza ai fini della valutazione dell’oggetto della fornitura in quanto finalizzati a garantire il benessere dei soggetti che li indossano e che espletano l’attività istituzionale in ambienti chiusi (quali le carceri) e non sempre areati a sufficienza.

Non può pertanto, condividersi quanto affermato dal consulente di parte nell’elaborato depositato il 15 settembre 2011 in ordine alla non significatività del valore in esame specie se si considera che l’ulteriore parametro indicato dal consulente, ovvero la permeabilità al vapore, risulta già valorizzato dalla stazione appaltante sotto la voce "coefficiente di trasmissione del vapore acqueo".

Circa la possibile esperibilità, alla luce delle indicazioni presenti nella lex specialis, delle prove finalizzate all’individuazione dei valori di permeabilità, essa (contrariamente a quanto dedotto nella censura) è confermata dalla verificazione (che fa riferimento alla "misurazione della portata dell’aria che passa in senso perpendicolare attraverso una data area di tessuto, ad una prestabilita differenza di pressione ed in un periodo di tempo determinato") e dal fatto che, alla luce dei dati presenti nelle specifiche tecniche, gli altri due concorrenti sono stati in grado di formulare un’offerta ammissibile.

In ordine alla resistenza alla perforazione, essa misura le caratteristiche dei tessuti a maglia ed, in particolare, la loro capacità a resistere a pressioni concentrate su un punto; corretta, pertanto, risulta la valorizzazione di tale requisito, compiuta dalla stazione appaltante, ai fini della verifica dell’idoneità di vestiario destinato ad essere indossato da personale che espleta funzioni di ordine pubblico e, comunque, di polizia e vigilanza in ambito carcerario.

La previsione di valori superiori rispetto a quelli richiesti nelle gare precedenti risulta, poi, compatibile con la legittima esigenza dell’amministrazione di conseguire un prodotto sempre migliore e coerente con le peculiari finalità cui lo stesso è destinato e, pertanto, non assume carattere discriminatorio.

Per quanto concerne, poi, la cattiva qualità del prodotto "polipropilene a fibra piena" (che nella censura viene prospettata come ulteriore indice dell’illogicità delle prescrizioni tecniche) deve rilevarsi che dall’esame degli atti di gara non risulta che l’amministrazione abbia richiesto una fibra piena invece che cava in quanto ha fatto solo riferimento al "polipropilene microfibra" (così nelle "caratteristiche tecniche" riportate nei grafici); la circostanza, del resto, non è specificamente contestata nemmeno dal consulente di parte ricorrente nell’elaborato depositato il 28 giugno 2011.

Trattasi, comunque, di specifica che non ha natura discriminatoria non avendo influito sulla possibilità di partecipazione alla gara delle tre concorrenti.

La doglianza si presenta, poi, inammissibile per carenza d’interesse in relazione alla dedotta illogicità del punteggio previsto per la valutazione dell’elemento prezzo e all’illegittimità del potere della commissione di fissare "requisiti irrinunciabili" in quanto concernenti aspetti che regolano lo svolgimento della gara alla quale la ricorrente non può, però, partecipare stante l’accertata legittimità dell’esclusione della stessa.

Con il quarto motivo la S. s.p.a. prospetta la violazione degli artt. 68 e 69 d. lgs. n. 163/2006 ed eccesso di potere in quanto lo svolgimento della gara sarebbe stato finalizzato a favorire illegittimamente la società L.G. s.r.l. essendo i campioni ufficiali di riferimento stati prelevati da una fornitura attualmente in essere con la stessa.

La censura è infondata.

Come già precisato, secondo gli artt. 68 e 69 d. lgs. n. 163/06 le specifiche tecniche debbono consentire pari accesso agli offerenti ed essere coerenti con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.

L’utilizzo del "campione" al fine dell’individuazione dell’oggetto dell’offerta risulta, pertanto, legittimo purché risponda ad un’apprezzabile esigenza dell’amministrazione e non sia discriminatorio nei confronti degli altri partecipanti.

Entrambi tali requisiti sussistono nella fattispecie se si considera che il "campione" è coerente con l’esigenza di conseguire un prodotto con determinate caratteristiche minime ritenute già soddisfacenti in relazione al precedente utilizzo dello stesso e che, a fronte dell’accertata logicità dei parametri individuati ai fini dell’ammissibilità dell’offerta (di cui si è dato atto nella censura che precede), il "campione" utilizzato non risulta, in concreto, avere limitato la concorrenza anche perché la stessa lex specialis prevedeva la possibilità di presentare campioni con migliorie di funzionalità e confort (si vedano le "specifiche tecniche di massima" a pag. 12).

Per altro, il prospettato utilizzo di un campione proveniente dalla fornitura in essere con L.G. s.r.l. potrebbe essere ragionevolmente dettato dalla necessità di acquisire una tipologia di prodotto il cui grado di soddisfacimento è stato già positivamente testato dalla stazione appaltante e, pertanto, risulta oggettivamente giustificato e non discriminatorio tenuto conto della logicità dei parametri richiesti, di cui si è dato atto.

Nella memoria depositata il 19 maggio 2011 la S. s.p.a. ha, poi, lamentato la violazione dell’art. 84 d. lgs. n. 163/2010 per essersi la commissione di gara avvalsa, ai fini della valutazione dell’offerta, di soggetti esterni alla stessa; trattasi, però, di doglianza inammissibile perché proposta con comparsa non notificata (il motivo non figura nell’atto introduttivo) e in violazione del termine decadenziale d’impugnazione.

Per esigenza di completezza il Tribunale rileva che la controinteressata L.G. s.r.l. con la memoria depositata il 20 maggio 2011 ha chiesto la declaratoria di "cessazione della materia del contendere" in quanto, a suo dire, la S. s.p.a. sarebbe stata soddisfatta in conseguenza del provvedimento di esclusione emesso nei confronti della C.A. s.r.l..

La prospettazione non può essere condivisa perché l’esclusione della C.A. s.r.l. non soddisfa l’interesse della S. s.p.a. ostandovi l’aggiudicazione disposta in favore della società L.G. s.r.l..

Per questi motivi il ricorso n. 11699/10 R.G. è infondato e deve essere respinto.

La S. s.p.a., in quanto soccombente, deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio, il cui importo viene liquidato come da dispositivo.

Per gli stessi motivi la S. va condannata al pagamento del compenso del verificatore il cui importo viene liquidato in complessivi euro 1940,84 così calcolato sulla base di quanto previsto dall’art. 12 dell’allegato al d.m. del 30/05/02 e dagli artt. 48 – 51 d.p.r. n. 115/02 e del raddoppio disposto dal Tribunale ai sensi dell’art. 52 d.p.r. n. 115/02 per l’eccezionale importanza e difficoltà della prestazione del verificatore, da riguardarsi in relazione alla specificità della materia e al breve tempo concesso stante la natura accelerata del rito.

Passando all’esame del giudizio n. 12121/10 R.G. il Tribunale ritiene che il ricorso sia fondato e meriti accoglimento.

Con il ricorso in esame la C.A. s.r.l., classificatasi al secondo posto nell’ambito del procedimento già oggetto del giudizio n. 11699/10 R.G., impugna il provvedimento prot. n. 10090 del 19/11/10 di aggiudicazione della gara alla soc. L.G. s.r.l., il provvedimento di ammissione e/o mancata esclusione della controinteressata, la lettera d’invito alla gara (nella parte in cui indica la formula per la determinazione del punteggio da attribuire all’offerta economica) ed i verbali della commissione, il decreto di approvazione ed ogni altro atto del procedimento per quanto d’interesse.

Con la prima censura la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 38 d. lgs. n. 163/06; in particolare, la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa in quanto non avrebbe reso la dichiarazione attestante l’insussistenza di condanne per quanto concerne la posizione del vice – presidente avente, nella fattispecie, poteri di rappresentanza dell’ente.

Il motivo è infondato.

Dall’esame degli atti di causa ed, in particolare, del bando (punto III.2.1) emerge che le parti avrebbero dovuto presentare un’attestazione di "non sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 38 d. lgs. n. 163/06" secondo quanto previsto dal modello n. 3, allo stesso allegato.

La soc. L.G. s.r.l., ai fini della partecipazione alla procedura, ha prodotto una dichiarazione, conforme al modello n. 3 allegato al bando (attualmente consultabile su internet), in cui ha attestato "che l’impresa non si trova in alcuna delle situazioni di esclusione dalla partecipazione alla gara di cui all’art. 38 d. lgs. n. 163/2006".

Una dichiarazione siffatta, conforme a quanto disposto dalla lex specialis, è idonea ad attestare l’inesistenza di tutte le cause ostative alla partecipazione previste dall’art. 38 d. lgs. n. 163/2006 e, quindi, anche quella concernente la mancanza di precedenti penali gravi a carico di tutti gli amministratori, ivi compreso il vice – presidente, secondo quanto espressamente previsto dalla lettera c) della disposizione in esame.

Del resto, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che l’art. 38 comma 1 d. lgs. n. 163/06, nel testo vigente al momento della gara, ricollegava l’esclusione al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti indicati, mentre il comma 2 non prevedeva analoga sanzione per l’ipotesi della mancata o non perspicua dichiarazione; di conseguenza solo la sussistenza, in concreto, delle tassative cause di esclusione previste dal cit. art. 38 comportava, ope legis, l’automatico effetto espulsivo a meno che la legge di gara non riconnettesse espressamente tale sanzione ad apposite indicazioni o a dichiarazioni dei soggetti specificamente individuati (Cons. Stato sez. V n. 846/11; sez. V n. 7967/10) il che, come già precisato, non è avvenuto nella fattispecie.

Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione del capo VI.3 del bando e dell’art. 49 d. lgs. n. 163/2006 in quanto la dichiarazione di avvalimento presentata dalla controinteressata, in realtà, maschererebbe un subappalto non consentito dalla lex specialis.

La censura è infondata.

L.G. s.r.l. ha presentato, ai fini della partecipazione alla gara, un atto in cui dichiara "di avvalersi, per la…confezione" delle società "SC Pelmag s.n.c. filiale" e "Confex Matex International S.A.", entrambe aventi sede in Romania, producendo anche i relativi contratti nei quali le imprese ausiliarie hanno messo a disposizione in favore della controinteressata, per tutta la durata dell’appalto, tutte le risorse tecnico -produttive ed umane, ivi indicate, al fine del confezionamento dei capi.

Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la documentazione in esame è rispondente a quanto prescritto dall’art. 49 d. lgs. n. 163/06 e non maschera, in realtà, alcun subappalto posto che, dall’esame degli atti citati, emerge che la controinteressata, in virtù dei predetti atti negoziali, ha conseguito la diretta disponibilità delle risorse tecniche e produttive ivi dettagliatamente indicate, come richiesto dall’art. 49 comma 2° lettere d) ed f) d. lgs. n. 163/2006, e, pertanto, si pone come diretto ed esclusivo esecutore della prestazione contrattuale.

Con il terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 38 e 49 d. lgs. n. 163/2006 in quanto le dichiarazioni, prodotte ai fini della prova dei requisiti di cui all’art. 38 citato da parte dell’impresa partecipante e di quella ausiliaria, sarebbero generiche e, come tali, inidonee al fine certificativo richiesto dall’art. 49 d. lgs. n. 163/2006.

La censura è infondata.

Va, sul punto, richiamato quanto evidenziato con riferimento alla prima censura in ordine alla legittimità della dichiarazione attestante anche solo genericamente l’insussistenza delle cause ostative previste dall’art. 38 d. lgs. n. 163/2006 in assenza (come nella fattispecie) di una diversa disposizione del bando né indicazioni in contrario provengono dall’art. 49 comma 2° lettere b) e c) d. lgs. n. 163/06 che fa solo riferimento alla necessità di produrre dichiarazioni comprovanti "il possesso dei requisiti di cui all’art. 38" da parte della concorrente e dell’ausiliaria senza alcuna specificazione in ordine al contenuto specifico di tali atti.

Non può, poi, condividersi, nella sua assolutezza, l’affermazione della ricorrente secondo cui la dichiarazione generica di sussistenza dei requisiti di cui all’art. 38 d. lgs. n. 163/2006 non avrebbe alcun valore certificativo non emergendo un’incompatibilità logica né giuridica tra un tale tipo di dichiarazione e le finalità certificative della stessa.

Ne consegue che le dichiarazioni con cui i legali rappresentanti delle imprese ausiliarie hanno attestato il possesso dei requisiti dell’art. 38 d. lgs. n. 163/2006, per altro coerenti con quelle presentate dai partecipanti, sono idonee ai fini del rispetto degli obblighi previsti, in materia di requisiti di ordine generale, dagli artt. 38 e 49 d. lgs. n. 163/2006.

Infondata è, altresì, la quarta censura con cui la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 49 d. lgs. n. 163/2006 perché nei contratti non sarebbero specificamente indicate le condizioni dell’avvalimento al fine di consentire di ritenere effettivi e giuridicamente rilevanti e non meramente fittizi gli impegni presi in quella sede.

Ed, infatti, i contratti di avvalimento prodotti ai fini della partecipazione alla gara indicano specificamente i requisiti e le risorse che l’ausiliaria ha messo a disposizione della controinteressata né dal contenuto di tali contratti è possibile ritenere che gli stessi siano frutto di una costruzione fittizia della fattispecie.

Per altro, tali impegni negoziali sono in concreto conformi al disposto dell’art. 49 comma 2° lettera f) d. lgs. n. 163/20006, che impone, come requisito minimo necessario del contratto, l’obbligo dell’ausiliaria di mettere a disposizione del concorrente le risorse ed i requisiti per tutta la durata dell’appalto, e dell’art. 88 del D.P.R. n. 207/2010, secondo cui il contratto di avvalimento deve riportare in modo esplicito, compiuto ed esauriente l’oggetto (risorse e mezzi prestati), la durata e ogni altro elemento utile tra cui non rientra necessariamente l’indicazione del corrispettivo potendo l’interesse dell’ausiliaria essere individuato con riferimento a logiche diverse rispetto a quelle meramente economiche di scambio (per la non necessità dell’indicazione del corrispettivo TAR Lazio – Roma n. 3033/10; TAR Veneto n. 5528/10).

Con la quinta censura del ricorso principale la C.A. s.r.l. prospetta la violazione dei principi di proporzionalità e razionalità nell’attribuzione dei punteggi e dell’art. 83 d. lgs. n. 163/2006 in quanto la formula utilizzata per quantificare il punteggio riconoscibile all’offerta economica sarebbe illegittima avendo ad oggetto la proporzione tra i prezzi offerti e non, come avrebbe dovuto, i ribassi e producendo l’effetto ultimo di depotenziare l’importanza dell’offerta stessa quale risultante dalla lex specialis.

Il motivo è fondato secondo quanto in prosieguo specificato.

Va, innanzi tutto, premesso che l’impugnazione della clausola della lex specialis è nella fattispecie tempestiva in quanto effettuata allorché, all’esito della procedura, con il provvedimento applicativo della stessa la lesione dell’interesse della partecipante ha acquisito carattere di concretezza non potendosi, in contrario, configurare, in proposito, un onere d’immediata impugnazione del bando (in questo senso Cons. Stato A.P. n. 1/03).

Nel merito della censura, è, poi, da rilevarsi che, dall’esame delle specifiche tecniche richiamate dal bando di gara e dalla lettera d’invito, emerge che l’offerta avrebbe dovuto essere selezionata attraverso il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base di un punteggio che riconosceva 30 punti per funzionalità e confort, 25 punti per tecnologia e prestazione, 20 punti per confezione, grado di definizione e rispetto dei capi delle dimensioni richieste, 3 punti per i tempi di consegna, 2 punti per l’imballaggio e 20 punti per l’offerta economica, quest’ultima valutata secondo la seguente formula: X = Mpo x C: Po dove X è il punteggio attribuibile al concorrente, Mpo è il miglior prezzo offerto, C il massimo punteggio attribuibile e Po il prezzo offerto dal concorrente in esame.

In via generale, la stazione appaltante può individuare discrezionalmente i criteri di valutazione dell’offerta purchè gli stessi siano pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto secondo quanto espressamente previsto dall’art. 83 comma 1° d. lgs. n. 163/06 e, nell’ambito di tale discrezionalità, va riguardata anche la ripartizione del punteggio da attribuire all’offerta tecnica e a quella economica.

Nella fattispecie, però, il problema non attiene alla scelta del metodo di selezione dell’offerta o all’individuazione dei punteggi attribuibili ai criteri di valutazione della stessa ma al diverso profilo della metodologia utilizzata per quantificare, nell’ambito dei limiti per tale voce previsti dalla lex specialis, il punteggio spettante all’offerta economica.

Il criterio di calcolo risulta nell’ipotesi in esame illogico ed irrazionale perché non consente di valorizzare l’offerta economica in modo coerente con i parametri per essa previsti dallo stesso bando.

In altri termini, nel momento in cui l’amministrazione nella lex specialis ha previsto che al costo unitario possa essere attribuito un punteggio che va da zero a venti (come risulta dal tenore letterale delle specifiche tecniche che, sotto la voce "procedura per l’accertamento dell’idoneità", prevedono per il "costo unitario" il punteggio "020"), la stessa deve utilizzare un metodo di valutazione dell’offerta che consenta, in concreto, di attribuire un possibile punteggio che rispecchi lo scarto tra il limite minimo (zero) e quello massimo (venti) previsto a monte nel bando.

Il criterio di quantificazione del punteggio previsto nella fattispecie, invece, operando un raffronto tra i prezzi, produce l’effetto finale per cui il punteggio minimo viene calcolato tenendo conto della percentuale di ribasso offerta dal prezzo migliore sicché il punteggio minimo stesso non potrà mai essere vicino a zero.

Ciò è quanto accaduto nella fattispecie oggetto di causa ove, rispetto al valore a base di gara pari ad euro 23.985.000,00, la ricorrente ha offerto la somma di euro 18.271.400,00 mentre la controinteressata ha offerto la somma di euro 23.896.000,00 conseguendo rispettivamente il punteggio di 20,00 e di 15,29.

In particolare, la controinteressata pur avendo offerto un ribasso minimo in percentuale rispetto al prezzo posto a base di gara (prezzo base da ritenersi sussistente, contrariamente a quanto prospetta la difesa erariale nella memoria depositata il 30 aprile 2011, tanto che l’importo offerto non avrebbe potuto superare, a pena di esclusione, quello indicato nella lex specialis: si veda il punto IV.3.4 del bando) ha conseguito un punteggio che non si avvicina a zero e mai avrebbe potuto raggiungere tale valore se anche avesse offerto un solo euro di ribasso in quanto, utilizzando la formula prevista nella lex specialis, avrebbe ottenuto 15,23 punti.

Così facendo, l’amministrazione, pur avendo previsto nel bando un punteggio per l’offerta economica da zero a venti, ha operato in modo tale da attribuire uno scarto massimo tra le varie offerte che non raggiunge i 5 punti il che conferma la palese illogicità del criterio di calcolo utilizzato.

Come ha avuto modo di affermare il Consiglio di Stato in una fattispecie analoga a quella oggetto di causa, "i criteri di attribuzione del punteggio economico possono essere molteplici e variabili" (da ciò l’impossibilità di seguire, come via obbligata, la soluzione prospettata da C.A. s.r.l. con riferimento al rapporto tra i ribassi) "e consentire di pervenire, quindi, a risultati non sempre tra loro coincidenti; ciò che conta è, peraltro, che nell’assegnazione degli stessi venga utilizzato tutto il potenziale range differenziale previsto per la voce in considerazione, anche al fine di evitare un ingiustificato svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell’offerta" (Cons. Stato sez. V n. 5196/05).

Non pertinente, poi,ai fini della verifica della logicità del criterio di valutazione, risulta il richiamo al D.P.C.M. del 18 novembre 2005, operato dalla difesa erariale nella memoria depositata il 30 aprile 2011, perché il testo normativo in esame è stato abrogato dall’art. 358 comma 1° d.p.r. n. 207/2010 e, comunque, il criterio, ivi previsto, non è omogeneo a quello oggetto di causa (è, infatti, stabilito un correttivo, nella fattispecie mancante), riguarda una prestazione (servizi sostitutivi di mensa) non assimilabile a quella in esame e, comunque, non è più riproposto dall’art. 285 del d.p.r. n. 207/10 che contiene la disciplina vigente.

In realtà la metodologia di calcolo utilizzata nella fattispecie è ripresa dal DPCM del 13 marzo 1999 n. 117 che, però, riguarda i servizi di pulizia, assolutamente non omologabili a quello oggetto di gara, e, comunque, non è stata ripresa dalla disciplina attuale (art. 286 d.p.r. n. 207/2010).

La fondatezza della censura in esame comporta l’annullamento degli atti impugnati con il ricorso principale e, in particolare, del provvedimento di aggiudicazione e della lettera d’invito nella parte in cui stabilisce la formula per la valutazione dell’offerta economica.

A questo punto il Tribunale ritiene necessario valutare le domande proposte da L.G. s.r.l..

Va, innanzi tutto, rilevato che nella memoria di costituzione depositata l’8 gennaio 2011 e nelle comparse depositate il 31 gennaio 2011 e il 15 marzo 2011 la controinteressata lamenta la mancata esclusione della ricorrente dalla gara in ragione delle carenze, documentali e non, ivi indicate (presentazione di autocertificazioni inidonee, omessa presentazione del prototipo della taglia M della maglietta polo, possesso di requisiti di capacità non sufficienti ai fini della partecipazione).

Trattasi di censura inammissibile in quanto strumentale rispetto ad una domanda, quale l’annullamento del provvedimento di ammissione della C.A. s.r.l. alla gara, che avrebbe dovuto essere necessariamente proposta nelle forme del ricorso incidentale e non con semplice comparsa non notificata.

Va, poi, esaminato il ricorso incidentale proposto con atto consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica l’11 febbraio 2011 e depositato il 23 febbraio 2011 con cui la Griffe s.r.l. impugna il provvedimento di ammissione della C.A. s.r.l. alla gara ed il provvedimento del 19/11/10 con cui il Ministero della Giustizia ha classificato al secondo posto la ricorrente che avrebbe, invece, dovuto essere esclusa.

Il ricorso è irricevibile ed inammissibile.

Secondo l’art. 120 d. lgs. n. 104/2010, che disciplina il giudizio avente ad oggetto "gli atti delle procedure di affidamento…relativi a pubblici lavori, servizi o forniture", quali quelli oggetto di causa, "per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso ed i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni".

La disposizione in esame si applica anche al ricorso incidentale come si evince dal tenore letterale della norma, che parla genericamente di "ricorso" senza specificare la natura principale o incidentale di esso, dalla "ratio" della normativa, che per gli appalti riduce, in virtù delle esigenze acceleratorie più pregnanti rispetto ai riti di cui all’art. 119 del medesimo testo normativo, anche il termine per proporre il ricorso, e da esigenze di coerenza non potendosi ritenere (alla luce del disposto degli artt. 42 e 119 d. lgs. n. 104/2010) che per la proposizione del ricorso incidentale, avente natura accessoria, sia previsto un termine maggiore di quello stabilito per il ricorso principale cui lo stesso inerisce il che violerebbe, per altro, anche il principio di parità delle parti processuali (in questo senso TAR Piemonte n. 785/11; TAR Sicilia – Catania n. 1475/11).

Considerato, pertanto, che il termine previsto per la notifica del ricorso incidentale è stabilito dall’art. 120 d. lgs. n. 104/2010 in trenta giorni deve, poi, rilevarsi che esso decorre "dalla ricevuta notificazione del ricorso principale" come previsto, in via generale, dall’art. 42 comma 1° d. lgs. n. 104/2010.

Nella fattispecie la controinteressata ha ricevuto la notifica del ricorso principale (l’originale in atti risulta spedito a mezzo posta il 20 dicembre 2010) in data 28 dicembre 2010, come si evince dalla cartolina di ricevimento spillata dalla ricorrente in allegato al ricorso per motivi aggiunti, dalla procura speciale notarile conferita a mezzo notaio in pari data e dal fatto che la costituzione della controinteressata è avvenuta con atto depositato l’8 gennaio 2011 ovvero 34 giorni prima della notifica del ricorso incidentale.

Pertanto, il ricorso incidentale notificato in data 11 febbraio 2011 è inammissibile ed irricevibile in quanto notificato oltre il termine di trenta giorni, previsto dall’art. 120 d. lgs. n. 104/2010 e decorrente, secondo l’art. 42 del medesimo testo normativo, dalla notifica del ricorso principale avvenuta il 28/12/10.

Ad analoga declaratoria d’inammissibilità ed irricevibilità e per i medesimi motivi deve pervenirsi in relazione al ricorso incidentale notificato il 15 marzo 2011 e depositato il 29 marzo 2011 e proposto avverso i provvedimenti di ammissione della C.A. s.r.l. alla gara e di classificazione della stessa al secondo posto, già impugnati con il precedente ricorso incidentale.

Con riferimento, poi, alle argomentazioni giuridiche prospettate nell’atto depositato il 23 febbraio 2011 (da valere, in parte qua, come mera comparsa) è da ritenere insussistente la violazione del ne bis in idem, dedotta dalla controinteressata in relazione all’impugnazione, da parte di C.A. s.r.l., degli stessi atti della procedura già oggetto del ricorso n. 11699/10 R.G. proposto dalla S. s.p.a..

Nessuna norma sostanziale o processuale, infatti, riconosce effetti preclusivi di qualsiasi genere all’impugnazione degli atti della medesima gara da parte di un concorrente rispetto agli altri in quanto, diversamente opinando, questi ultimi verrebbero inammissibilmente privati del diritto di azione garantito dall’art. 24 Cost..

Assolutamente irrilevante, in senso ostativo alla fondatezza del ricorso principale, è l’avvenuta accettazione da parte di C.A. s.r.l. delle specifiche del bando di gara che non preclude alla stessa di fare valere le relative illegittimità in sede giurisdizionale; in caso contrario, si configurerebbe un’inammissibile rinuncia preventiva alla tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo, effettuata prima della lesione di quest’ultimo (Consiglio Stato, sez. V n. 6678/06).

Insussistente, poi, è la cessazione della materia del contendere in più occasioni invocata dalla controinteressata non essendosi, in via amministrativa, mai realizzato l’interesse posto da C.A. s.r.l. a fondamento della domanda ed identificabile nell’aggiudicazione della gara né è ipotizzabile l’improcedibilità prospettata da L.G. s.r.l. in relazione al sopravvenuto provvedimento di esclusione emesso il 24 febbraio 2011 in quanto ritualmente impugnato.

Per esigenza di completezza, poi, il Tribunale rileva che in questa sede, avente ad oggetto la definizione nel merito della controversia, è venuto meno ogni interesse alla revoca dei provvedimenti cautelari reiteratamente richiesta in corso di giudizio dalla controinteressata.

Per quanto attiene al ricorso per motivi aggiunti spedito per la notifica a mezzo posta il 28 marzo 2011 e depositato il 30 marzo 2011, esso impugna il provvedimento del 24 febbraio 2011, con cui il Ministero della Giustizia ha escluso C.A. s.r.l. dalla gara, la nota di comunicazione del 25/02/11, gli atti istruttori ivi richiamati e la segnalazione inviata all’Autorità di Vigilanza con nota del 25 marzo 2011.

Il ricorso per motivi aggiunti è fondato e merita accoglimento.

Con la prima censura C.A. s.r.l. deduce la violazione dell’art. 7 l. n. 241/90 per non avere il Ministero della Giustizia comunicato l’avvio del procedimento perfezionatosi con l’adozione del gravato provvedimento di esclusione dalla gara.

Il motivo è fondato.

Dall’esame degli atti risulta che il provvedimento di esclusione dalla gara del 24 febbraio 2011 non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento in violazione dell’inequivoco disposto dell’art. 7 l. n. 241/90.

Tale comunicazione risulta vieppiù necessaria nella fattispecie in quanto l’atto gravato incide su una situazione consolidata comportando, in sostanza, l’annullamento in autotutela dell’ammissione della ricorrente alla gara ed intervenendo allorché la procedura si è già conclusa con l’approvazione della graduatoria disposta con determinazione dirigenziale del 19/11/2010.

Né nella fattispecie risulta applicabile la preclusione all’annullamento giurisdizionale prevista dall’art. 21 octies comma 2° l. n. 241/90 non essendo stata fornita la prova in giudizio della correttezza sostanziale dell’atto impugnato; sul punto si rinvia a quanto in prosieguo specificato con riferimento agli ulteriori motivi.

Fondata è, altresì, la seconda censura del ricorso per motivi aggiunti avente ad oggetto i vizi di difetto d’istruttoria e motivazione dell’atto impugnato.

Infatti, dall’esame del provvedimento espulsivo non è possibile comprendere le ragioni poste a base dell’esclusione dal momento che l’amministrazione fa riferimento genericamente alla "differenza riscontrata tra il campione di tessuto (ovvero di filato) presentato e quello impiegato per la realizzazione del capo" senza specificare, in alcun modo, la natura e l’entità delle differenze riscontrate come, invece, sarebbe stato necessario essendosi in presenza di dati tecnici e, quindi, oggettivamente rilevabili.

Né la genericità in esame è giustificabile con l’indagine penale di cui fa menzione la difesa erariale nella memoria depositata il 30 aprile 2011 trattandosi di vicenda che attiene ad un procedimento distinto da quello oggetto di causa che, in quanto avente natura amministrativa, è soggetto al rispetto delle disposizioni di cui alla legge n. 241/90.

Meritevole di accoglimento è anche il terzo motivo con cui è stato dedotto il difetto di istruttoria e la violazione del contraddittorio.

Ed, infatti, l’amministrazione, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale previsto dagli artt. 7 e ss. l. n. 241/90, operando su un provvedimento favorevole alla ricorrente e, quindi, su una situazione consolidata, avrebbe dovuto consentire alla C.A. s.r.l. di intervenire nel procedimento perfezionatosi con l’adozione del provvedimento di esclusione anche al fine di esercitare i diritti partecipativi previsti dall’art. 10 l. n. 241/90.

Irricevibile, poi, è il sesto motivo aggiunto con il quale la C.A. s.r.l. contesta l’ammissione alla gara della controinteressata in ragione della falsità delle firme apposte ai fini della partecipazione della stessa.

Trattasi, infatti, di circostanze conoscibili sin dalla data di proposizione del ricorso principale e che hanno ad oggetto il provvedimento di ammissione alla gara già impugnato in quella sede; deve, pertanto, ritenersi decorso il termine d’impugnazione che nella fattispecie è di trenta giorni secondo quanto previsto dall’art. 120 d. lgs. n. 104/10.

La fondatezza delle censure esaminate comporta l’accoglimento del ricorso per motivi aggiunti (previa declaratoria di assorbimento dei motivi quarto e quinto) e l’annullamento del provvedimento di esclusione del 24 febbraio 2011 e del consequenziale atto prot. n. GDAP – 01226482011 del 25/03/11 di segnalazione all’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici per l’adozione dei provvedimenti di competenza.

L’accoglimento del ricorso n. 12121/10 R.G. comporta la condanna del Ministero della Giustizia e della società L.G. s.r.l., in quanto soccombenti, al pagamento delle spese processuali il cui importo viene liquidato come da dispositivo;

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:

1) respinge il ricorso n. 11699/10 R.G. proposto dalla S. s.p.a.;

2) condanna la S. s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio n. 11699/10 R.G. il cui importo si liquida, per ognuna delle parti intimate costituite, in complessivi euro tremila/00, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA, come per legge;

3) condanna la S. s.p.a. al pagamento delle spese della verificazione il cui importo viene liquidato come in parte motiva;

4) accoglie il ricorso principale ed il ricorso per motivi aggiunti n. 12121/10 R.G. proposti da C.A. s.r.l. e, per l’effetto, annulla gli atti ivi impugnati secondo quanto specificato in motivazione;

5) dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale e delle ulteriori domande proposte da L.G. s.r.l.;

6) condanna il Ministero della Giustizia e L.G. s.r.l. a pagare, in favore della ricorrente, le spese del giudizio n. 12121/10 R.G. il cui importo si liquida, per ognuna delle predette parti, in complessivi euro quattromila/00, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA e contributo unificato (da ripartirsi pro quota per ognuna delle parti soccombenti).

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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