Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-02-2012, n. 2853 Imposta valore aggiunto

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Svolgimento del processo
1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Piemonte n. 50/38/09, depositata il 7 ottobre 2009, con la quale, accolto in parte il suo appello contro quella della commissione tributaria provinciale, essa affermava che P. D. aveva commesso solo degli errori nei versamenti dell’IVA per l’anno 2002 relativamente alla indicazione dell’annualità ed al codice, mentre invece egli non poteva godere del credito d’imposta, per non avere fornito alcuna prova al riguardo a fronte delle contestazioni dell’ufficio. Il contribuente resiste con controricorso; a sua volta ha proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi, ed ha depositato memoria.

Motivi della decisione
2. A) Ricorso principale.

Col motivo addotto a sostegno del ricorso la ricorrente deduce vizio di motivazione, in quanto il giudice di appello non considerava che tutti gli elementi necessari per rilevare il mancato pagamento della maggiore imposta erano stati forniti, tanto che attraverso l’anagrafe tributaria era emerso che il pagamento di Euro 23.949,00, effettuato il 19.6.2002 non si riferiva a tale annualità, bensì al saldo di quella precedente, altrimenti esso non poteva essere effettuato il giorno 19, ma entro il 16 di luglio; il codice 6099 indicato nel mod.

F24 era proprio quello inerente al mese di giugno 2001, ed indicato nel rigo VL33 del modello Unico 2002 per il 2001, e quindi era esatto, mentre l’importo dell’Iva per il mese di giugno 2002 era differente ed ammontava ad Euro 23.926,00.

Il motivo è inammissibile, posto che la CTR osservava che la documentazione fornita dall’appellante agenzia non era sufficiente a suffragare i suoi assunti, specificando in particolare le ragioni per le quali i dati ed elementi forniti non fossero idonei a tal fine. Si tratta ovviamente di valutazioni di merito, per le quali quindi non è ravvisatale il vizio di insufficiente motivazione addotto, che si configura solamente allorquando non è dato desumere l’"iter" logico- argomentativo condotto alla stregua dei canoni ermeneutici seguiti per addivenire alla formazione del giudizio. In proposito non v’ha dubbio che il vizio di omessa, o insufficiente o contraddittoria motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (V. pure Cass. Sez. U Sent. 05J302 del 11/06/1998).

3. B) Ricorso incidentale.

1) Col primo motivo il ricorrente per incidente denunzia/violazione di norma di legge, giacchè il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare la nullità della cartella, posto che l’amministrazione non aveva previamente comunicato alcun avviso bonario al contribuente.

Si tratta all’evidenza di censura nuova e generica, e quindi essa è inammissibile, dal momento che non risulta formulata nei gradi di merito, ed è addotta senza alcuna specificazione.

2) Col secondo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione;, posto che il giudice di seconde cure non si avvedeva che il credito d’imposta per l’anno in riferimento non era stato utilizzato per un importo maggiore di quanto dovuto, e ciò stante la chiara prospettazione della situazione contabile mediante la documentazione fornita.

La doglianza è inammissibile, oltre peraltro a non avere pregio, dal momento che esattamente il giudice di appello rilevava che il contribuente non aveva fornito prova precisa al riguardo circa l’utilizzo del credito in misura corretta fronte alle contestazioni dell’agenzia, senza che gli elementi indicati in questa sede, peraltro molto generici, possano inficiare il giudizio dei giudici "a quibus" su, punto.

5. Ne deriva che entrambi i ricorsi vanno dichiarati inammissibili.

Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle, attesa la reciproca soccombenza delle parti.

P.Q.M.
LA CORTE Dichiara inammissibili i ricorsi, e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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