Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-02-2012, n. 2852 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/admin/

Svolgimento del processo
La Commissione tributaria della regione Liguria sez. 2 Genova con sentenza 27.8.2007 n. 73 ha rigettato l’appello proposto dalla Circoscrizione doganale di Genova della Agenzia delle Dogane e confermato, con diversa motivazione, la decisione di prime cure, ritenendo che il ritardo (di un giorno) nel versamento delle somme dovute ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1973, artt. 78 e 79 (T.U.L.D.) su "conti di debito differiti" non fosse imputabile a colpa di Italimpex s.r.l., rilevando che: a) pur non essendo dato riscontrare una prassi amministrativa, tuttavia non poteva escludersi che talvolta, a causa dei lunghi tempi di attesa allo sportello per effettuare il versamento l’ultimo giorno utile, i funzionari, ricevuto il pagamento, lo registrassero soltanto il giorno dopo; b) normalmente la operazione di registrazione – eseguita mediante programma informatico – calcola anche il ritardo, liquidando automaticamente anche l’importo della sanzione: non essendo nella specie stata liquidata alcuna sanzione, sebbene dalla registrazione risulti annotato il giorno di ritardo, tale comportamento della Agenzia delle Dogane è da ritenersi significativo della non imputabilità alla società del ritardo.

La sentenza di appello con la quale veniva in conseguenza annullato l’atto irrogativo della sanzione pecuniaria è stata impugnata per cassazione dal Agenzia delle Dogane che affida il proprio ricorso a due mezzi.

Resiste la società contribuente con controricorso e contestuale ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.

La Agenzia ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
1. Va disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi proposti avverso la medesima sentenza.

2. Con il primo motivo la Agenzia delle Dogane deduce il vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13; D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16, 17 e 20, degli artt. 2730, 2731 e 2735 c.c., e censura la sentenza di appello laddove ha attribuito valore probatorio "confessorio" alla omessa contestuale annotazione – nel registro informatico dei versamenti dei diritti doganali – dell’importo liquidato a titolo di sanzione amministrativa per ritardato pagamento della somma dovuta (nella specie di un giorno), avendo motivato i Giudici di merito che la registrazione del pagamento in ritardo senza applicazione di sanzioni integra un comportamento amministrativo che "costituisce confessione extragiudiziale di una irregolarità nel versamento, non addebitabile all’operatore".

Il quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., assolve al requisito di specificità in relazione al caso concreto che la Corte è chiamata risolvere, risultando inequivoco il collegamento istituito nel quesito tra la dedotta violazione delle norme di diritto in materia di confessione stragiudiziale e di potestà sanzionatoria delle violazioni finanziarie rimessa al PA, ed il rilascio da parte dell’Ufficio finanziario della quietanza di pagamento del tributo priva della contestuale irrogazione della sanzione pecuniaria.

Il motivo è fondato.

Incontroverso che dalla registrazione informatica eseguita dall’Ufficio finanziario risulta che il pagamento dei diritti doganali è stato effettuato con un giorno di ritardo, le statuizioni dei Giudici di appello confliggono con la interpretazione che delle norme indicate in rubrica ha fornito con uniforme indirizzo giurisprudenziale questa Corte.

La disciplina generale delle violazioni in materia finanziaria determina le forme e le modalità del procedimento attraverso il quale si perviene all’atto di contestazione dell’illecito ed alla riscossione dalla sanzione pecuniaria in concreto irrogata, potendo essere irrogate le sanzioni amministrative:

– con atto di contestazione, motivato, notificato al trasgressore ( D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 1) il quale può optare per la definizione agevolata ovvero per la presentazione di memorie difensive ovvero proporre direttamente ricorso in s.g. (nel caso di presentazione di deduzioni difensive, l’Ufficio nel termine di decadenza di un anno è tenuto a provvedere e, nel caso non accolga i motivi dedotti nella memoria difensiva, deve notificare nel termine di gg. 120 l’atto irrogativo delle sanzioni – i termini subiscono riduzioni nel caso di specifici illeciti fiscali: D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16 bis).

– "in deroga all’art. 16, comma 1" con atto motivato, contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica qualora trattasi di sanzioni collegate al tributo per il quale l’Ufficio ha operato l’accertamento ( D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 1).

– direttamente, mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione, le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi, anche nel caso in cui la infrazione risulti da liquidazioni scaturite da controlli formali automatizzati D.P.R. n. 600 del 1972, ex artt. 36 bis e ter, ovvero D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 bis.

L’atto di contestazione o l’atto di irrogazione delle sanzioni, deve essere notificato, o la iscrizione diretta a ruolo deve essere eseguita, a pena di decadenza, nei cinque anni dalla commissione dell’illecito, ovvero (nel caso dell’art. 17, comma 1) entro il termine di decadenza previsto per l’accertamento del tributo ( D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, comma 1), prescrivendosi il diritto alla riscossione della sanzione irrogata nel termine di cinque anni.

Tanto premesso è incorsa in evidente violazione delle norme del D.Lgs. n. 472 del 1997 sopra indicate la CTR ligure avendo ritenuto di escludere la potestà sanzionatoria della Amministrazione finanziaria dalla mera circostanza di fatto della omessa immediata irrogazione della sanzione pecuniaria per il ritardo nel pagamento dei diritti doganali, non essendo stato liquidato l’importo della sanzione al momento della registrazione informatica del versamento e del rilascio della relativa quietanza.

E’ appena il caso di rilevare infatti che alcuna delle norme indicate impone di notificare l’atto di contestazione della infrazione per ritardo nel pagamento contestualmente al rilascio della quietanza del versamento, nè tanto meno dalle norme di legge in questione è desumibile una decadenza o rinuncia dall’esercizio della potestà sanzionatoria in caso di mancata immediata contestazione.

Se infatti la decadenza viene ricondotta dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, esclusivamente al mancato compimento dell’atto (contestazione, irrigazione, iscrizione a ruolo) entro i termini dalla stessa indicati, occorre altresì considerare che nella materia dell’illecito fiscale (e più in generale dell’illecito amministrativo) non sono ammissibili condotte tacite della PA significative della volontà abdicativa dall’esercizio di detto potere alla stregua del costante principio affermato da questa Corte secondo cui "in tema di illecito amministrativo, una volta rilevata la violazione per effetto della ricorrenza, ritenuta dall’organo accertatore, degli elementi richiesti per la sua configurazione, nessuna incidenza può assumere, ai fini della legittimità della condotta contestata, il richiamo ad un comportamento successivo della stessa amministrazione asseritamene incompatibile con la già avvenuta contestazione, in quanto, vertendosi in materia di diritti ed obblighi indisponibili, solo la riconsiderazione dell’attività già ritenuta illecita consente alla p.a., in forza del principio dell’autotutela, l’annullamento della contestazione" (cfr. Corte Cass. 1^ sez. 9.9.2002 n. 13072; id. 5^ sez. 11.6.2004 n. 11170).

Fondata è altresì la censura con la quale la sentenza di appello viene impugnata per violazione delle norme del codice civile in materia di confessione stragiudiziale.

Tenuto conto infatti della interpretazione che degli artt. 2730-2735 c.c. ha dato la giurisprudenza di questa Corte, la dichiarazione confessoria (nella specie stragiudiziale):

– deve essere esplicita ("non può consistere in una dichiarazione solo implicitamente od indirettamente ammissiva dei fatti in contestazione": Corte Cass. 2^ sez. 6.6.2006 n. 13212) e può provenire solo da chi ha il potere di disporre del diritto (cfr.

Corte Cass. 3^ sez. 4.3.2005 n. 4744); nel caso di persone giuridiche od enti collettivi sforniti di personalità deve provenire dal soggetto che dispone di poteri rappresentativi dell’ente (cfr. art. 2731 c.c., seconda parte).

– deve constare di un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sè sfavorevole e favorevole all’altra parte ("animus confitendi": Corte Cass. 2^ sez. 16.11.1962 n. 3111), e di un elemento oggettivo, che si ha qualora dall’ammissione del fatto obiettivo che forma oggetto della confessione escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e al contempo un corrispondente vantaggio nei confronti del destinatario della dichiarazione (cfr. Corte Cass. 3^ sez. 29.9.2005 n. 19165; id. sez. lav. 9.11.2010 n. 23495).

Nella specie la CTR non si è conformata agli indicati principi avendo desunto dal mero rilascio della quietanza di versamento del tributo senza ulteriori indicazioni relative alla (irrogazione e) liquidazione dell’importo dovuto a titolo di sanzione pecuniaria per il ritardato pagamento, una "confessione" implicita della Amministrazione finanziaria di non imputabilità del ritardo a condotta colposa del contribuente.

La conclusione giuridica tratta dalla CTR è manifestamene errata sotto molteplici profili:

a) l’atto di quietanza costituisce un atto unilaterale ricettizio che comporta il riconoscimento dell’avvenuto pagamento di una certa somma per un determinato titolo (cfr. Corte Cass. 2^ sez. 31.10.2008 n. 26325), non essendo – pertanto riconducibili – allo stesso effetti confessori riferibili a fatti diversi dal pagamento, che richiedono una distinta dichiarazione confessoria esplicita;

b) anche nel caso in cui l’atto di quietanza fosse stato accompagnato da ulteriori dichiarazioni – concernenti fatti diversi dal pagamento della somma – aventi natura confessoria, è appena il caso di rilevare come le stesse non potrebbero comunque essere riferite alla Amministrazione finanziaria, in quanto al funzionario addetto al servizio di cassa non risultano attribuiti poteri dispositivi del diritto patrimoniale (credito sanzionatorio). c) la asserita confessione stragiudiziale ravvisata nel rilascio della quietanza priva di indicazioni relative alla sanzione pecuniaria, non ha per oggetto "un fatto storico", ma una valutazione giuridica (non imputabilità del ritardo a negligente condotta del contribuente), rimanendo "in apicibus" esclusa la sussumibilità di tale eventuale ammissione nello schema tipico della prova legale di cui all’art. 2730 c.c.. d) in ogni caso la confessione presuppone necessariamente la disponibilità del diritto controverso ( art. 2731 c.c.), presupposto che nel caso di specie è da escludersi in ragione della indisponibilità della pretesa sanzionatoria nei confronti dell’autore dell’illecito amministrativo atteso che lo "jus puniendi" della pubblica amministrazione prescinde del tutto da qualsivoglia volontà del privato, il quale può solo subire – sussistendo gli elementi, oggettivi e soggettivi, richiesti dalla norma prevedente l’illecito valutario – le conseguenze sanzionatorie del fatto da lui compiuto (cfr. Corte Cass. 1^ sez. 9.9.2002 n. 13072; id. 5^ sez. 11.6.2004 n. 11170).

Il primo motivo – nelle sue plurime censure – deve pertanto ritenersi fondato, non potendo ritenersi rinunciato o consumato il potere della Agenzia delle Dogane di notificare, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, l’atto di contestazione della violazione finanziaria per ritardato versamento dei diritti doganali D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ex art. 13, norma che trova applicazione in conseguenza della abrogazione del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 322 (T.U.L.D.) – (norma sanzionatoria residuale che originariamente prevedeva la irrogazione della "ammenda depenalizzata dalla L. n. 689 del 1981, art. 39 – ed alla quale espressamente rinviava l’art. 81, comma 1 cit. T.U.L.D., in relazione all’illecito per il versamento dei diritti doganali oltre la scadenza del termine previsto per il pagamento periodico) disposta dal D.Lgs. 18 dicembre 1977, n. 473, art. 10, comma 1, lett. d), alla stregua del costante indirizzo giurisprudenziale di questa Corte secondo cui in tema di sanzioni amministrative tributarie il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, detta una disciplina destinata a valere, in generale, per tutti i tributi, integrata dalle disposizioni normative speciali di imposta (che prevedano ulteriori fattispecie di illecito o determinino in modo diverso le sanzioni da irrogare), non essendo desumibili argomenti interpretativi in contrario dalla applicazione degli interessi e dalla indennità di mora sull’importo versato in ritardo, attesa la diversa funzione assolta dalla sanzione (afflittiva) e dagli interessi/indennità di mora (risarcitoria/reintegrativa del patrimonio) che esclude la ipotesi di una illegittima cumulabilità di sanzioni pecuniarie (cfr. con riferimento ad illeciti amministrativi concernenti le accise, ma con argomentazione pienamente estensibile anche ad altri tributi: Corte Cass. 5^ sez. 1.9.2008 n. 23517; id. 5^ sez. 19.6.2009 n. 14303; id. 5^ sez. ord. 4.8.2010 n. 18140; id. 6^ – 5^ sez. ord. 144.2011 n. 8553).

3. Con il secondo motivo la Agenzie delle Dogane deduce vizi di motivazione della sentenza di appello, da ritenersi privi di autonoma specificità in quanto ripropone gli stessi argomenti esposti a sostegno del primo motivo con il quale era stato dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Preliminare rispetto ad ogni altra considerazione in ordine alla ontologica distinzione ed incompatibilità della simultanea denuncia – avente ad oggetto la contestazione dei medesimi errori – del vizio di legittimità per "errores in judicando" e per vizi di logicità della motivazione, è il rilievo della inammissibilità del motivo per omessa formulazione del "momento di sintesi" richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., seconda parte.

4. Pertanto il ricorso principale deve essere accolto (quanto al primo motivo) con conseguente cassazione della sentenza impugnata e decisione nel merito della causa, non occorrendo disporre ulteriori accertamenti in fatto.

5. Con il ricorso incidentale la società resistente impugna la sentenza esclusivamente sul capo della liquidazione delle spese di lite, avendo la CTR. dichiarato la compensazione nonostante il rigetto del gravame proposto dall’Ufficio finanziario.

Il motivo rimane assorbito nel potere riservato alla Corte, in conseguenza della cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, di rideterminare alla stregua del principio della soccombenza il regolamento delle spese di lite dell’intero giudizio.

5. In accoglimento del ricorso principale la sentenza impugnata deve essere cassata e, non occorrendo disporre il rinvio della causa in quanto non deve procedersi ad ulteriori accertamenti in fatto, la Corte può decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 1, rigettando il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente e dichiarando interamente compensate le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
La Corte:

– accoglie il ricorso principale, quanto al primo motivo, dichiarando inammissibile il secondo motivo ed assorbito il motivo dedotto con il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, non occorrendo disporre ulteriori accertamenti in fatto, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente dichiarando interamente compensate tra le partile spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *