Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-02-2012, n. 2850 Rimborso dell’imposta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/admin/

Svolgimento del processo
Rigettando l’appello proposto dalla Circoscrizione doganale di Messina dell’Agenzia delle Dogane, la Commissione tributaria della regione Sicilia sez. staccata di Messina con sentenza 12.4.2007 n. 29 dichiarava illegittimo il diniego di rimborso del maggiore importo – rispetto a quello liquidabile in base ai criteri di calcolo previsti dal D.P.R. 26 ottobre 2001 – corrisposto da ENEL s.p.a. nell’anno 1998 a titolo di imposta sulle emissioni di anidride solforosa ed ossidi di azoto ex lege n. 449 del 1997.

La CTR siciliana riteneva che le disposizioni regolamentari avessero contenuto integrativo delle norme di legge istitutive del tributo, con la conseguenza che le disposizioni amministrative di attuazione emanate dalla Amministrazione finanziaria con circolare 2.2.1998 – in attesa della adozione del regolamento predetto – non potevano avere che natura provvisoria e non definitiva, dovendo intendersi effettuati a titolo di mero acconto i versamenti di imposta eseguiti anteriormente ai criteri definitivi di calcolo della imposta, stabiliti con il D.P.R. n. 416 del 2001, più favorevoli ai contribuenti che erano pertanto legittimati a richiedere la restituzione dei maggiori importi versati. Con l’ulteriore corollario che la società contribuente non poteva ritenersi decaduta dalla istanza di rimborso atteso che il relativo termine era iniziato a decorrere soltanto dalla data di entrata in vigore del regolamento con il quale era stato determinato l’onere di imposta e dunque si era verificato il presupposto per la richiesta di rimborso.

Impugna la sentenza per cassazione la Agenzia delle Dogane deducendo quattro motivi.

Resiste la società con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
p. 1. Con il primo motivo la Agenzia delle Dogane denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21, avendo disatteso i Giudici di appello il motivo di gravame concernente la inammissibilità del ricorso introduttivo avanti la CTP di Messina in quanto proposto avverso un atto (nota informativa in data 24.11.2004, prot. 45873) meramente confermativo del provvedimento di diniego del rimborso emesso in data 28.2.2003 prot. 3981.

Il motivo è palesemente infondato in quanto – come emerge dall’esame del carteggio intercorso tra le parti e riportato in dettaglio nella descrizione cronologica svolta nel controricorso – l’asserito carattere definitivo del diniego espresso dalla Amministrazione finanziaria con l’atto del 28.2.2003 deriva null’altro che da una surrettizia interpolazione del contenuto dello stesso atto del quale viene omessa dalla ricorrente, ne testo riprodotto a pag. 8 del ricorso per cassazione inframmezzato da interpunzione sospensiva, una parte essenziale – invece riprodotta integralmente nel controricorso a pag. 6 – dalla quale è dato evincere il carattere meramente interlocutorio della determinazione assunta dalla Amministrazione che si limitava ad annunciare il rigetto della istanza di rimborso "in mancanza di ulteriori informazioni che codesta ditta eventualmente vorrà inviare allo scrivente ufficio", ipotesi puntualmente verificatisi avendo l’ENEL s.p.a. trasmesso ulteriore documentazione esplicativa con nota 7.4.2003 alla quale l’Ufficio rispondeva con note 15 aprile e 5 maggio 2003 richiedendo ulteriori chiarimenti e riservandosi di acquisire un parere presso altri organi tecnici, prima di decidere definitivamente sulla istanza di rimborso con provvedimento negativo in data 24.11.2004 (cfr. controric. pag. 7-8).

Il ricorso della società è stato dunque ritualmente proposto ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. g) e art. 21, avverso tale ultimo provvedimento contenente il rifiuto espresso della restituzione della maggiore imposta versata. p. 2. Con il secondo motivo la Agenzia delle Dogane censura la impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione della L. 2 dicembre 1997, n. 449, art. 17, commi da 29 a 33, in combinato disposto con il D.P.R. 26 ottobre 2001, n. 416, nonchè per violazione degli artt. 1, 4, 10, 11 (anche in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 1) e art. 12 preleggi. La ricorrente impugna la sentenza di appello nella parte in cui ha riconosciuto efficacia retroattiva al regolamento adottato con D.P.R. n. 416 del 2001 (recante "norme per l’applicazione della tassa sulle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto, ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 17, comma 29") in violazione del principio di gerarchla tra le fonti del diritto e del principio di generale irretroattività delle norme.

La società resistente ha controdedotto sostenendo che la CTR siciliana non avrebbe attribuito efficacia retroattiva al regolamene a ne avrebbe soltanto riconosciuto la efficacia integrativa della norma istitutiva del tributo.

Il motivo è fondato.

La sentenza qualifica espressamente il regolamento "come integrativo della disposizione normativa, dai momento che si pone come necessario alla stessa determinazione della disposizione di legge". Da ciò fa conseguire che "ogni criterio di determinazione della imposta nei frattempo richiamato non può che ritenersi provvisorio e non definitivo……mentre solo con l’entrata in vigore del D.P.R. 26 ottobre 2001, la fattispecie normativa può dirsi integrata e completà", traendone l’ulteriore conseguenza che i versamenti medio tempore effettuati dalla società devono intendersi eseguiti a titolo di acconto e salvo conguaglio.

La tesi giuridica sviluppata nella sentenza è inficiata da insanabile antinomia.

Al regolamento approvato con D.P.R. n. 416 del 2001 è stata, infatti, attribuita dai Giudici di appello efficacia "integrativa" della legge istitutiva della tassa, qualificazione giuridica che collide sia con la inequivoca definizione – data dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 17 comma 32 – di regolamento di "applicazione" "da emanare ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 1", sottoposto tanto al principio di gerarchia che regola i rapporti tra le fonti di rango primario e secondario, disciplinati dagli artt. 1, 3 e 4 preleggi (il potere regolamentare della PA – in applicazione del principio di legalità – deve trovare fondamento nella legge ordinaria che ne definisce l’ambito di esercizio; il potere di normazione secondaria non può essere esercitato in contrasto con disposizioni di rango gerarchico superiore), quanto al generale principio "tempus regit actum" al quale è informata la disciplina della efficacia temporale degli atti normativi (art. 11 preleggi);

sia con la riconosciuta ed incontestata -dalle parti del rapporto tributario e ai Giudici di merito- immediata insorgenza della obbligazione avente ad oggetto il tributo in questione, indipendentemente dalla emanazione del predetto regolamento. Non è dato, infatti, logicamente prescindere dalla seguente alternativa:

– o la norma di legge istituiva del tributo (L. n. 449 del 1997, art. 17) presentava lacune nella individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie impositiva, ed allora, rendendosi indispensabile la "attuazione" regolamentare della legge attraverso la integrazione ed il completamento degli elementi mancanti della fattispecie, non era data -anteriormente alla emanazione delle norme regolamentari integrative- alcuna possibilità di esigere, neppure "a titolo provvisoriol’, la tassa in questione (vedi Corte cass. 5^ sez. 19.5.2006 n. 11829 che -in relazione al regolamento di cui al D.M. 18 marzo 1994, che ha disciplinato e modalità di riscossione e versamento del contributo di riciclaggio sul polietilene previsto dal D.L. 30 agosto 1993, n. 31, art. 29 bis conv. in L. 29 ottobre 1993, n. 427 – ha escluso la esigibilità del tributo relativo a periodi anteriori alla emanazione del regolamento, in conseguenza della inosservanza di adempimenti formali imposti ai contribuenti solo con le norme secondarie);

– o la norma di legge istitutiva del tributo doveva, invece, ritenersi immediatamente precettiva -contenendo una compiuta predeterminazione degli elementi costitutivi della fattispecie impositiva, -lasciando dunque al regolamento, da qualificarsi come meramente esecutivo, soltanto la specificazione di elementi di dettaglio volti a regolare in modo ordinato lo svolgimento dei materiali adempimenti degli Uffici e dei contribuenti connessi alla attuazione del rapporto tributario-, ed allora la tassa non poteva che ritenersi immediatamente esigibile indipendentemente dalla emanazione della normativa secondaria di dettaglio.

Orbene i Giudici di merito (ma la questione è incontroversa anche tra le parti) hanno evidentemente aderito alla seconda delle soluzioni interpretative prospettate (implicitamente accolta con il riconoscimento solo parziale del rimborso della tassa), tuttavia successivamente incorrendo in evidente contraddizione laddove hanno affermato che il regolamento "si pone come necessario alla stessa determinazione della disposizione di legge" e che "solo con il dettato regolamentare è stato determinato l’onere di imposta".

La norma di legge in esame, come questa Corte ha già rilevato, detta compiutamente le modalità di pagamento del tributo e "pur preannunciando un regolamento applicativo, va considerata immediatamente operativa, avendo stabilito i destinatari tenuti al pagamento del tributo, la decorrenza pressocchè immediata (I gennaio 1998) della sua applicazione, nonchè la misura dello stesso per unità di prodotto (103/000 per tonnellata/anno di anidride solforosa; 203.000 per tonnellata/anno di ossido di azoto) con le modalità di acquisizione dei dati annuali di riferimentò" (cfr.

Corte cass. 5^ sez. 30.7.2008 n. 20665 e n. 20667; id. 5^ sez. 21.12.2009 n. 26859 e n. 26860).

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, la norma di legge, esaurisce tanto la descrizione del presupposto impositivo, individuando il fatto generatore dell’obbligazione ("l’an debeatur") nella "emissione di anidride solforosa (SO2) e di ossidi di azoto (NOx)", quanto la modalità di liquidazione del tributo ("quantum debeatur") in relazione alla unità di misura del peso (tonnellata) delle sostanze emesse. Diversamente opinando, ove cioè si dovesse ritenere -come ipotizza la controricorrente- che la norma di legge non contenga la compiuta definizione della base imponibile, demandando tale compito al successivo regolamento, non potrebbe prospettarsi alcun conguaglio o rideterminazione del tributo dovuto per i periodi di imposta antecedenti la emanazione della normativa secondaria, ma si dovrebbe coerentemente concludere per la oggettiva inapplicabilità della legge istitutiva della tassa e conseguentemente per la inesigibilità del tributo fino alla approvazione della normativa regolamentare.

E’ ben vero che con le disposizioni normative del D.M. n. 416 del 2001 (cfr. art. 2, comma 3 D.M. ed allegato tecnico, parte prima) vengono previsti differenti metodi di misurazione delle emissioni di fumi (tra l’altro con sistemi di calcolo alternativi rimessi alla scelta degli operatori, che rinviano anche alla "vigente normativa ambientale" – D.P.R. n. 203 del 1988; D.M. 8 maggio 1989), tuttavia anche in mancanza dei criteri indicati nel regolamento, è stato egualmente possibile procedere alla misurazione delle quantità di SO2 ed NOx prodotte nell’aria, atteso che in assenza di vincoli specifici, imposti dalla norma di rango primario, in ordine all’impiego esclusivo di un criterio tecnico (tra i diversi disponibili secondo le conoscenze della migliore scienza e tecnica del tempo), e non avendo la norma di legge neppure stabilito "principi o criteri direttivi" ai quali la fonte normativa secondaria si sarebbe dovuta attenere nella scelta di criteri di misurazione, era da ritenersi del tutto legittimo il ricorso -non arbitrario- ai criteri di rilevazione delle predette sostanze mutuati dalla scienza -e dunque fondati sul metodo della verifica sperimentale- e recepiti anche in analoghe discipline normative (materia ambientale).

La forma dell’atto amministrativo (nota ministeriale in data 2.2.1998) prescelta per diramare le istruzioni per il calcolo dei fumi emessi non incontra ostacolo nella previsione legislativa che demanda alla fonte regolamentare -ai sensi della L. n. 400 del 1988, art. 17, comma 1 – la emanazione delle norme di applicazione, non operando la "riserva" di regolamento governativo nel senso di precludere anche l’esercizio da parte della Amministrazione finanziaria del potere organizzativo e di indirizzo della attività di competenza dei propri uffici, che trova espressione nella emanazione di "norme interne" di condotta (cfr. Corte cass. 5^ sez. 8.10.2010 n. 20872 secondo cui la mancata adozione del regolamento previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59 -con il quale i Comuni possono determinare per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili-, non rende inapplicabile la imposta comunale sugli immobili ICI di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, essendo rimesso al contribuente in sede di dichiarazione ed agli uffici dell’ente locale in sede di attività di accertamento -da svolgersi in conformità ai criteri di stima eventualmente indicati dagli organi tecnici o da quelli gerarchicamente sovraordinati- individuare il predetto valore venale ai fini della liquidazione della imposta, anche in assenza di predeterminazione di criteri regolamentari, potendo dare luogo eventuali errori di stima del valore venale -in eccesso od in difetto- alla attivazione degli ordinari rimedi -atto di accertamento in rettifica; richiesta di rimborso- previsti dalla normativa tributaria).

Alla nota del Dipartimento delle Dogane e delle Imposte Indirette del Ministero delle Finanze in data 2.2.1998 con la quale venivano indicati i criteri da utilizzare per calcolare i quantitativi di fumi emessi, infatti, non può riconoscersi natura provvedimentale (in quanto non è diretta ad incidere in modo autoritativo nella sfera giuridica dei privati determinando le modifiche in funzione del perseguimento di un interesse pubblico concreto), nè tanto meno natura di fonte di diritto secondaria (regolamento ministeriale), difettando i requisiti formali prescritti dalla legge che disciplina la formazione degli atti aventi natura regolamentare (L. n. 400 del 1988, art. 17), ma alla stessa deve attribuirsi la stessa efficacia che va riconosciuta alle c.d. circolari amministrative od alle istruzioni impartite agli uffici, in ordine alle quali la consolidata giurisprudenza di questa Corte è univoca nell’affermare che "le disposizioni emanate dall’amministrazione per l’interpretazione e l’applicazione della legge hanno il fine di chiarire dubbi e stabilire criteri uniformi per gli uffici dipendenti. In particolare le istruzioni amministrative, anche quando sono emanate nell’esplicazione del potere gerarchico, esauriscono la loro portata nell’ambito dei rapporti interni tra i vari uffici e i loro funzionali e come non vincolano i terzi non sono fonte di diritti a favore degli stessi, nè di obblighi a carico dell’amministrazione" (cfr. Corte cass. SU 28.10.1966 n. 2693; id. 1^ sez. 25.3.1983 n. 2092: cfr., con specifico riferimento alla materia tributaria. Corte cass. 5^ sez. 10.11.2000 n. 14619; id. 5^ sez. 14.7.2003 n. 11011;

id. SU 2.11.2007 n. 23031 secondo cui "la circolare con la quale l’Agenzia delle entrale interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agii uffici gerarchicamente subordinati, esprime esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente (oltre che per gli uffici, per la stessa autorità che l’ha emanata e per il giudice);

conseguentemente, la circolale non è impugnabile nè innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, ne innanzi al giudice tributario, non essendo allo di esercizio di potestà impositiva, e sussiste il difetto assoluto di giurisdizione in ordine ad essa").

Ne consegue che se le istruzioni impartite agli uffici finanziari con la predetta nota del 2.2.1998, relative alla determinazione dei quantitativi di fumi emessi in funzione dell’attività di accertamento del tributo in questione (c.d. ecotassa), fossero state ritenute illegittime (per scelta arbitraria ed illogica del criterio di calcolo delle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto), i soggetti sottoposti alla applicazione della tassa liquidata con detti criteri bene avrebbero potuto e dovuto reagire impugnando nella competente sede giurisdizionale l’atto impositivo asseritamente illegittimo, ovvero -nel caso di versamento diretto della tassa- richiedendo tempestivamente il rimborso dell’importo indebitamente corrisposto, facendo valere in entrambi i casi la illegittimità della imposizione per illogicità delle disposizioni tecniche adottate dalla Amministrazione finanziaria nella liquidazione del tributo.

In difetto di opposizione all’atto impositivo il rapporto tributario (nel caso di specie relativo agli anni di imposta 1998 e 1999) deve intendersi ormai definitivamente esaurito, rimanendo escluso, in difetto di espressa previsione legislativa (art. 11 preleggi ed L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 2 e art. 3), che il regolamento emanato con D.P.R. n. 416 del 2001 abbia inteso produrre effetti modificativi delle situazioni giuridiche insorte anteriormente alla sua entrata in vigore, o comunque incidere sui rapporti tributar esauriti in quanto, come nella specie, divenuti definitivi in seguito alla omessa impugnazione dell’atto impositivo ovvero alla omessa tempestiva proposizione della "comiictio indebiti". Costituisce infatti jus receptum che i regolamenti, in quanto espressione di una potestà normativa attribuita all’amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, disciplinano, con precetti aventi i caratteri della generalità e dell’astrattezza, categorie di rapporti giuridici mediante norme esecutive, attuative od integrative, o ancora sostitutive (c.d. regolamenti delegati o di delegificazione) della legge, ma in ogni caso innovative rispetto all’ordinamento giuridico esistente (cfr. Corte cass. SU 28.11.1994 n. 10124; id. 3^ sez. 5.7.1999 n. 6933), rimanendo tuttavia vincolati quanto alla loro efficacia nel tempo -salvo espressa deroga legislativa- al generale principio dell’ordinamento "tempus regit actum".

Tanto premesso, osserva il Collegio che, diversamente da quanto affermato dalla CTR siciliana, le norme del regolamento approvato con D.P.R. n. 416 del 2001 se, come è stato in precedenza rilevato, non sono intervenute a colmare lacune della legge nella individuazione di elementi costitutivi della fattispecie normativa astratta -e dunque alle stesse non deve riconoscersi "efficacia integrativa necessaria" di vuoti legislativi tali da impedire la insorgenza della rapporto tributario-, dall’altro non spiegano neppure "efficacia retroattiva" sul rapporto dedotto in giudizio, sia in quanto difetta una espressa previsione autorizzativa di legge in tal senso, sia in quanto attraverso la fonte normativa secondaria non può essere fornita la interpretazione autentica di una norma di legge, atteso che anche tale interpretazione è "ex se" atto di normazione primaria, risolvendosi nella scelta, tra i vari significati precettivi, "ab origine" tutti possibili, della norma, di quello al quale soltanto deve attribuirsi efficacia prescrittiva, operandosi in tal modo una saldatura tra la norma interpretativa e quella interpretata in quanto costitutive del medesimo atto-fonte produttivo di diritto, saldatura che, pertanto, richiede necessariamente che le norme appartengano allo stesso rango (con la conseguenza che in un tal caso la efficacia "retroattiva" della norma interpretativa viene ad evidenziare soltanto il fenomeno della successione cronologica tra i due atti normativi, atteso che il contenuto precrittivo individuato dalla interpretazione apparteneva già, fin dall’origine, alla norma interpretata).

Il regolamento di cui al D.P.R. n. 416 del 2001, individuando i criteri di calcolo delle quantità dei fumi emessi non ha perciò disposto in senso retroattivo sui rapporti di imposta anteriori, nè ha inteso "disconoscere gli effetti già esauriti del fatto passato e togliere efficacia in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di essi" (cfr. sulla nozione di retroattività normativa:

Corte cass. 2^ sez. 11.7.1975 n. 2743 id. 2^ sez. 29.4.1982 n. 2705), ma ha piuttosto disciplinato con efficacia normativa "erga omnes" ed in via generale i rapporti tributari futuri e quelli non ancora definiti, rimanendo in conseguenza regolati i rapporti obbligatori relativi ai periodi di imposta precedenti alla sua entrata in vigore, dagli atti di accertamento e di liquidazione del tributo divenuti ormai definitivi e che non possono essere rimessi in discussione dalle norme regolamentari sopravvenute che hanno disposto per l’avvenire la applicazione di criteri di misurazione delle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto diversi rispetto a quelli che nei precedenti anni di imposta erano stati adottati nell’esercizio della attività di accertamento dagli uffici finanziari, in base alle istruzioni ricevute con la nota 2.2.1998 del Dipartimento delle Dogane de Ministero delle Finanze.

La natura normativa del regolamento, in quanto atto-fonte capace di innovare all’ordinamento giuridico, priva alla radice la tesi della sopravvenuta illegittimità degli atti impositivi pregressi o, nel caso di specie, della rimessione in termini per la presentazione della istanza di rimborso (sul presupposto della illegittimità dei criteri tecnici adottali per la misurazione delle emissioni di fumi e, conseguentemente, per la liquidazione della tassa), non potendo assimilarsi l’attività normativa della Pubblica amministrazione -che dispone in via generale ed astratta la regolamentazione di rapporti futuri- ad esercizio della potestà amministrativa di autotutela (che implica un procedimento amministrativo di secondo grado volto ad un riesame di una situazione o di un assetto di interessi in ordine ai quali si è già provveduto, in funzione di una nuova valutazione dell’interesse pubblico ovvero del ripristino della legalità violata), nè potendo farsi derivare dalle soluzioni tecniche adottate dalle norme regolamentari un’automatica illegittimità (intesa come difformità dal paradigma legislativo della L. n. 449 del 1997, art. 29 bis) dei diversi criteri tecnici utilizzati per la liquidazione del tributo nei periodi di imposta 1998 e 1999, non potendosi ritenere accertata -per il solo fatto della differente scelta normativa- la originaria inidoneità/illogicità dei precedenti criteri utilizzati per la rilevazione del dato quantitativo delle emissioni, e comunque dovendo ritenersi ormai precluse eventuali azioni di ripetizioni di indebito fondate sulla asserita erroneità della liquidazione delle tasse versate, in considerazione della sopravvenuta definitività ed incontestabilità dei rapporti tributari pregressi per omessa proposizione della istanza di rimborso nel termine di decadenza decorrente dal pagamento.

Non può infatti revocarsi in dubbio che, non essendo direttamente impugnabile dai contribuenti la nota in data 2.2.1998 in quanto "atto interno" alla Amministrazione finanziaria (cfr. Corte cass. SU 2.11.2007 n. 23031), eventuali pretese concernenti la restituzione degli importi versati, fondate sul presupposto della incongruità dei criteri tecnici di misurazione delle emissioni -adottati dagli uffici finanziari- e sulla maggiore precisione o correttezza di altri criteri tecnici (già noti alla scienza e tecnica del tempo e certamente conosciuti e conoscibili con la specifica diligenza richiesta all’operatore del settore industriale), bene avrebbero potuto essere fatte valere dalla società contribuente fin dalla data dell’autoliquidazione della tassa ovvero in sede di opposizione all’atto impositivo emesso in seguito ad omesso o parziale versamento della tassa, rimanendo al riguardo del tutto priva di rilevanza la successiva vicenda normativa (non essendo suscettibile il regolamento di applicazione retroattiva) e risultando, pertanto, del tutto indifferente ai fini della verifica della tempestiva attivazione della tutela giurisdizionale la qualificazione della tassa come accisa (soggetta al termine biennale di decadenza D.Lgs. n. 504 del 1995, ex art. 14) ovvero come tributo di diversa natura (soggetto al termine di decadenza biennale previsto dalla norma -avente applicazione residuale- del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2) atteso che in entrambi i casi la predetta tutela (id est la pretesa di rimborso) era azionabile comunque fin dal tempo del pagamento.

In conclusione la pronuncia della CTR siciliana deve essere cassata in quanto non conforme a diritto avendo riconoscendo natura "integrativa" al regolamento adottato con D.P.R. n. 416 del 2001, in contrasto con la disposizione di legge che disciplina compiutamente gli elementi essenziali della fattispecie impositiva, qualificando meramente "applicative" le emanande norme regolamentari, ed avendo erroneamente attribuito efficacia retroattiva alle norme regolamentari emanate con D.P.R. n. 416 del 2001 in violazione del principio di irretroattività degli atti normativi ex art. 11 preleggi. p. 3. Con il terzo motivo la ricorrente sottopone alla Corte la questione relativa alla applicabilità alla istanza di rimborso presentata da ENEL s.p.a. della disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2 e della conseguente individuazione del "dies a quo" del termine di decadenza, decorrente dalla data di entrata in vigore del regolamento in seguito al quale sarebbe insorto il diritto al rimborso.

La Agenzia sostiene che trova applicazione la norma sulla decadenza prevista dall’art. 14 del TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995) che fissa il termine di decadenza per le istanze di rimborso in due anni dal pagamento, con conseguente improponibilità della istanza presentata dalla società oltre il biennio dall’ultimo versamento eseguito per l’anno di imposta 1999.

L’ENEL s.p.a. ritiene invece applicabile il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, nella parte in cui dispone che il termine di decadenza inizia decorrere "dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione", se posteriore alla data del pagamento.

Il motivo in esame rimane assorbito nella pronuncia di accoglimento del precedente motivo di ricorso, con la quale è stata cassata la sentenza impugnata per errore di giudizio avendo ravvisato nel D.P.R. n. 416 del 2001 il titolo giuridico della pretesa di rimborso formulata dal società resistente. p. 4. Con il quarto motivo la Agenzia delle Dogane riproduce, sotto forma di vizio motivazionale, le stesse argomentazioni svolte a sostegno dei precedenti motivi di ricorso aventi ad oggetto la denuncia di vizi relativi ad "errores in judicando".

Indipendentemente dalla inammissibilità della contestuale deducibilità dei vizi di legittimità indicati (essendo appena il caso i evidenziare la ontologica differenza tra l’errore di diritto – avente ad oggetto la individuazione ed interpretazione della norma applicabile al caso concreto- e l’errore di fatto -avente ad oggetto la valutazione dei fatti acquisiti al giudizio e risultanti dai mezzi di prova), il motivo va dichiarato inammissibile avendo omesso la ricorrente -come espressamente richiesto dall’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis- di individuare in sintesi i fatti controversi e determinanti che i Giudici di merito avrebbero omesso di considerare o sui quali la motivazione risulta insufficiente o contraddittoria p. 5. In conclusione il ricorso deve essere accolto, quanto al secondo motivo -infondato il primo, assorbito il terzo, inammissibile il quarto-, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessario procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto del ricorso introduttivo e la condanna della parte resistente alla rifusione delle spese del presente giudizio che vengono liquidate in dispositivo, disponendosi la integrale compensazione delle spese relative ai gradi di merito.

P.Q.M.
LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – accoglie il ricorso quanto al secondo motivo -infondato il primo, assorbito il terzo, inammissibile il quarto-, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente che condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 10.000,00 per onorari, oltre spese prenotale a debito, dichiarando interamente compensate le spese relative ai gradi di merito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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