Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-02-2012, n. 2849 Agevolazioni tributarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/admin/

Svolgimento del processo
1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 4.10.2006 è stato notificato all’Agenzia delle Entrate un ricorso della "CAPAB – Coop. Agricola Produttori Agrumi Biologici" per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 17.5.2006), che ha disatteso l’appello dalla stessa Cooperativa proposto contro la sentenza n. 13/12/2004 della CTP di Messina che aveva integralmente respinto i ricorsi (separatamente proposti e riuniti in corso di causa) proposti dalla parte contribuente avverso avvisi di accertamento per IRPEG-ILOR-IVA relative agli anni 1994- 1997.

L’Agenzia si è difesa con controricorso.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 31.1.2012, in cui il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con i menzionati avvisi è stata accertata una maggiore imposta dovuta dalla parte contribuente (all’epoca dei fatti avente natura giuridica di "Associazione tra produttori Agrumicoli ed Orticoli" e trasformatasi in cooperativa nell’anno 2004) ai fini dianzi indicati, sulla base delle risultanze di una verifica generale concernete la Associazione ed i suoi soci, ed in considerazione del fatto che era emerso che l’Associazione non aveva rispettato le finalità istituzionali, vuoi per il fatto che la maggior parte dei soci non conferiva il prodotto, vuoi per il fatto che l’Associazione si riforniva da terzi, ben oltre la misura ammessa, e non provvedeva poi alla ripartizione degli utili. L’Amministrazione Finanziaria aveva perciò disconosciuto i benefici vantati dall’Associazione a mente del D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 10 e 14, e per ciò che concerne l’IVA – a mente del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34.

Il ricorso in impugnazione proposto avanti alla CTP di Messina è stato disatteso.

La parte contribuente ha proposto appello avanti alla CTR Sicilia che ha, a sua volta, disatteso l’appello.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR oggetto del ricorso per cassazione, è motivata – per ciò che qui ancora rileva – nel senso che – sulla premessa che non si trattasse di Cooperativa agricola, come richiesto dal D.P.R. n. 601 del 1973, artt. 10 e 14, ma di "Associazione tra produttori agricoli" nel cui statuto non era contenuto alcun riferimento allo scopo mutualistico – la predetta Associazione doveva considerarsi soggetta alla normale disciplina IRPEG ed ILOR ed il relativo accertamento non poteva considerarsi subordinato al preventivo parere degli organi di vigilanza, anche perchè le menzionate norme non avevano sanzionato di nullità gli accertamenti adottati senza la previa richiesta del parere.

D’altronde era risultato pure acclarato quanto contestato dall’Amministrazione, e cioè che la maggior parte dei soci non conferiva il prodotto, vuoi per il fatto che l’Associazione si riforniva da terzi, ben oltre la misura ammessa e non provvedeva poi alla ripartizione degli utili.

Quanto poi al regime speciale IVA previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, (astrattamente applicabile anche alle associazioni di produttori agricoli), era risultato dalla documentazione extracontabile rinvenuta presso la sede sociale che la parte contribuente aveva acquistato agrumi da produttori estranei, ripartendone contabilmente e fittiziamente il quantitativo tra le associate, al fine di evitare la perdita dei requisiti mutualistici necessari ai fini delle agevolazioni fiscali.

Aggiungendosi a ciò il mancato conferimento da parte dei soci, risultava inapplicabile il menzionato regime speciale IVA, non potendosi considerare effettuata da produttori agricoli la cessione di prodotti risultanti dalla commistione di diverse provenienze.

4. Il ricorso per cassazione Il ricorso per cassazione è sostenuto con due motivi d’impugnazione e si conclude – previa indicazione del valore della lite in Euro 2.372.273,00 – con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite.

Motivi della decisione
5. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è intestato come: "Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e contraddittoria motivazione avuto riguardo al combinato disposto del citato art. 14, commi 1 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5".

Con tale motivo la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice del merito abbia violato l’art.14 dianzi menzionato nell’omettere di considerare che il disconoscimento dei menzionati benefici fiscali – in ragione della sussistenza dei presupposti soggettivi richiesti dalla legge – non avrebbe potuto essere rimesso alla discrezionale valutazione dell’Amministrazione Finanziaria ma avrebbe richiesto il preventivo parere del Ministero del lavoro e degli organi di vigilanza, cui fa espresso richiamo il predetto art. 14, comma 3.

Il motivo appare anzitutto infondato.

Ed invero è ormai costante e consolidato (nè vi è ragione alcuna per rimeditarlo o contraddirlo in questa sede, alla quale il principio si attaglia perfettamente) l’orientamento di questa Corte secondo cui: "In tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative, la conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una presunzione di spettanza delle agevolazioni o esenzioni tributarie, sicchè il procedimento di verifica dei "presupposti di applicabilità" di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 14, comma 3, che prevede come obbligatorio il preventivo parere degli organi di vigilanza, attiene ai soli casi in cui detta presunzione legale non operi, salva la facoltà dell’amministrazione di disconoscere le agevolazioni, per ogni singolo periodo d’imposta, sulla base di dati concreti, atti a dimostrare che la veste "mutualistica" funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale. In tale ottica, il parere preventivo degli organi di vigilanza riguarda i soli requisiti soggettivi della società cooperativa, mentre l’ordinario potere di accertamento degli uffici finanziari ha ad oggetto la natura e le modalità di svolgimento dell’attività produttiva della cooperativa stessa" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10544 del 08/05/2006).

Analogamente Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13280 del 20/06/2005fin tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative, la conformità degli statuti ai principi legislativi in materia di mutualità comporta una presunzione di spettanza delle agevolazioni o esenzioni tributarie. Tale presunzione è relativa e non impedisce all’Amministrazione finanziaria di disconoscere, per ogni singolo periodo di imposta, le agevolazioni suddette, semprechè fondi il suo accertamento su dati concreti, atti a dimostrare che la veste "mutualistica" funge da copertura ad una normale attività imprenditoriale. Se la prova circa la mancanza, in concreto, dei requisiti della mutualità riesce, a nulla rileva l’eventuale parere del Ministero del lavoro favorevole alla cooperativa; in tal caso, i "ristorni ai soci" effettuati "sub specie" di mutualità diventano mere distribuzioni di utili. (Nella specie, la C.S. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto corretto l’operato dell’Amministrazione finanziaria, la quale, partendo dalla mancata osservanza in concreto degli adempimenti di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 10, aveva superato la presunzione di "mutualità" di cui all’art. 14 del decreto medesimo in relazione all’art. 26 del D.Lgs. del Capo Provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577)".

Ed ancora, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1797 del 28/01/2005:"In tema di agevolazioni tributarie per la cooperazione, il procedimento di verifica dei "presupposti di applicabilità" di cui al D.Lgs. 29 settembre 1973, n. 601, art. 14, comma 3, che prevede come obbligatorio il preventivo parere degli organi di vigilanza, attiene ai soli requisiti soggettivi della società cooperativa, e non riguarda le condizioni, stabilite dai precedenti artt. 10 e 11, relative alla natura e alle modalità di svolgimento della sua attività produttiva, di modo che, sotto questo profilo, nessun limite incontra l’ordinario potere di accertamento spettante all’amministrazione finanziaria, la cui attività, al riguardo, va ritenuta legittima indipendentemente dall’esistenza o meno di pareri di organi esterni alla sua organizzazione".

Non è chi non veda che le conclusioni contenute nelle massime che precedono sono perfettamente adattabili al caso di specie – avendo avuto riguardo l’accertamento alla natura e alle modalità di svolgimento dell’attività produttiva, ed essendo emerso in sede di ispezione che la asserita veste "mutualistica" fungeva da copertura ad una normale attività d’impresa, che aveva dato luogo a mere distribuzioni di utili – sicchè il primo motivo di impugnazione si palesa del tutto sfornito dei presupposti per l’accoglimento.

6. Il secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo d’impugnazione è intestato come:"Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3".

La parte ricorrente si duole della violazione della predetta norma da parte del giudice del merito, a mezzo dell’argomento con cui ha ritenuto ostacolo insuperabile al godimento del regime speciale la cessione di merce risultante dalla commistione di prodotti degli associati e di prodotti acquistati da non soci, e ciò senza tenere conto del disposto dell’art. 2135 c.c., a mente del quale si considerano connesse le attività esercitate dall’imprenditore agricolo che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti "prevalentemente dalla coltivazione del fondo".

Anche il motivo ora in esame appare infondato, non avendo la parte ricorrente fornito elemento alcuno per acclarare che in causa sia risultata fornita di fondamento la premessa in fatto dell’argomento logico, e cioè che l’attività esercitata dall’associazione abbia avuto ad oggetto prodotti ottenuti "prevalentemente" dal fondo, sicchè potesse considerarsi "connessa" a quella agricola (già di per sè provvista delle caratteristiche dell’impresa agricola, secondo la disciplina dettata dalla nuova formula dell’art. 2135 c.c., a seguito della modifica apportatavi nel 2001).

Il difetto di qualsivoglia delucidazione in proposito rende il motivo chiaramente contrario al principio di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione e lo destina alla sanzione di inammissibilità.

La regolazione delle spese di lite è informata al principio della soccombenza, per ciò che attiene a questo grado di giudizio.

P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite, liquidate in Euro 12.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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