Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-02-2012, n. 2838 Imposte

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 1.3.2007 è stato notificato a P.G. un ricorso del Consorzio di Bonifica Val D’Era per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 19.1.2006), che ha rigettato l’appello del Consorzio contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pisa n. 31/06/2004, che aveva integralmente accolto il ricorso della parte contribuente avverso cartella di pagamento avente ad oggetto contributi di bonifica relativi all’anno 2002.

La parte intimata non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha anche depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 20.12.2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

2. I fatti di causa.

Il contribuente, membro del consorzio qui ricorrente, ha impugnato avanti alla Commissione Provinciale competente la cartella esattoriale concernente la corresponsione dei contributi di bonifica relativi all’anno 2002, pretesi dal Consorzio in riferimento ad immobili di proprietà del contribuente e ricadenti nel comprensorio consortile, contestando sia il difetto del potere impositivo in capo al Consorzio, sia il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, sia l’illegittima determinazione dell’ammontare del contributo in proporzione alla rendita catastale.

La Commissione di primo grado ha accolto l’impugnazione e ha dichiarato nulla la cartella di pagamento per non avere l’ente impositore fornito la prova che il singolo immobile oggetto della pretesa abbia tratto beneficio dall’opera di bonifica e che detto beneficio sia provvisto dei requisiti di legge (particolare rilevanza; diretto e non coincidente con l’indeterminato bene della salubrità ambientale).

L’appello proposto dal Consorzio avverso la sentenza del giudice di primo grado è stato disatteso dall’adita Commissione Regionale.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che da un canto- non fosse ragione di inammissibilità del ricorso introduttivo di primo grado il difetto di abilitazione in capo al difensore, atteso che -in controversia di valore inferiore a quello previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12 – il ricorso risultava sottoscritto anche dalla parte; e -d’altro canto- nel senso che non potesse considerarsi fondata la censura rivolta alla sentenza di primo grado, di erronea interpretazione della L.R. n. 34 del 1994, art. 3, comma 2 e art. 3, atteso che il Consorzio aveva allegato che i contributi pretesi si riferivano all’esercizio ed alla manutenzione delle opere idrauliche di terza generazione e dei corsi d’acqua naturali, ma non aveva comprovato se le manutenzioni fossero relative ad opere idrauliche realizzate dal Consorzio stesso e che il Consorzio medesimo aveva pure dichiarato che "i lavori oggetto di tributo, non si riferiscono alla manutenzione delle opere di bonifica precedentemente eseguite, ma siano opere idrauliche di terza categoria". Ciò posto, la Commissione aveva rilevato che mancava in atti la ripartizione dell’intero investimento tra i vari enti e poi per i consorziati, a mente del R.D. n. 523 del 1904, art. 8.

D’altronde, erano risultati infondati anche i motivi di censura concernenti: a) il fatto che la sentenza di primo grado non aveva tenuto conto della circostanza che l’opponente non aveva contestato il piano di classifica e l’importo unitario; b) il fatto che il Consorzio non potesse considerarsi legittimato passivo nel processo, atteso che la cartella era atto del concessionario alla riscossione.

La Commissione aveva infine evidenziato che la cartella esattoriale doveva ritenersi illegittima anche per il "mancato accertamento e comunicazione di tutti i presupposti giuridici della liquidazione" (circostanza confermata dal fatto che nel certificato catastale concernente il bene di proprietà dell’allora ricorrente appariva stampigliato il contributo in euro, mentre si sarebbe dovuta indicare la percentuale del beneficio in relazione alla quale operare il computo del tributo da pagare per l’anno qui in considerazione).

4. Il ricorso per cassazione Il ricorso per cassazione è sostenuto con otto distinti motivi d’impugnazione e si conclude -previa indicazione del valore della lite in Euro 505,33- con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, e con la condanna di parte avversaria al pagamento delle spese di lite.

Motivi della decisione

5. Premessa all’esame dei motivi di ricorso.

Atteso che in proposito, sia la sentenza impugnata sia i motivi di ricorso in rassegna, presentano, quanto a richiami normativi e giurisprudenziali e riferimenti fattuali, profili di non appagante coerenza e perspicuità, il collegio reputa opportuno delineare, in premessa, il quadro disciplinare di riferimento.

In tale prospettiva, va rilevato che, rientrando la materia dei consorzi di bonifica nella competenza della legislazione regionale (cfr. l’art. 117 Cost), nella specie viene in rilievo la L.R. Toscana 34 del 1994 e successive modificazioni (largamente ispirata alla corrispondente normativa statale: R.D. n. 215 del 1933).

Dal richiamato dato normativo emerge che allo scopo della realizzazione di "un mezzo permanente finalizzato allo sviluppo, alla tutela e alla valorizzazione delle produzioni agricole, alla difesa del suolo, alla regimazione delle acque e alla tutela dell’ambiente e delle sue risorse naturale (art. 1, comma 1) – tutto il territorio regionale è suddiviso in comprensori, tendenzialmente rispondenti ai diversi bacini idrografici (art. 5), con istituzione in ciascuno di essi, con deliberazione del consiglio regionale (art. 14), di un consorzio di bonifìca – eretto in persona giuridica pubblica (art. 12) – costituito tra i proprietari degli immobili agricoli ed extra- agricoli situati nell’ambito del relativo comprensorio di bonifica, che ricevono o possono ricevere benefici dall’attività di bonifica già realizzata ovvero da attuare secondo i piani generali di bonifica ed i programmi pluriennali (art. 15, comma 1).

Nell’ambito del comprensorio di pertinenza, ciascun consorzio svolge attività di bonifica, secondo le previsioni del piano generale di bonifica, adottato per quel comprensorio (art. 8), così concorrendo, con Regione ed enti locali, alla realizzazione delle finalità indicate dall’art. 1, attraverso l’esercizio delle funzioni di cui all’art. 12 della legge (ivi comprese quelle dei soppressi consorzi idraulici di difesa e di scolo di quarta e quinta categoria e dei consorzi idraulici di terza categoria di competenza regionale: art. 59).

Costituiscono "attività di bonifica" – ove previsti nei piani generali di bonifica di cui all’art. 8 della legge – "il complesso degli interventi finalizzati ad assicurare lo scolo delle acque, la sanità idraulica del territorio e la regimazione dei corsi d’acqua naturali, a conservare ed incrementare le risorse idriche per usi agricoli in connessione con i piani di utilizzazione idropotabile ed industriale, nonchè ad adeguare, completare e mantenere le opere di bonifica già realizzate" (art. 2, comma 1) ed altresì, se finalizzati ad attività di bonifica, "gli interventi volti ad assicurare la stabilità dei terreni declivi ed a realizzare infrastrutture civili" (art. 2, comma 2).

I proprietari di immobili concorrono a sostenere gli oneri finanziari per la realizzazione "delle opere necessarie ai fini generali della bonifica, alla loro manutenzione ed esercizio fino al compimento delle stesse" solo qualora derivino loro benefici di particolare rilevanza e in misura (comunque non superiore al 25% del totale) proporzionale a questa (art. 3).

Le spese relative alla manutenzione e all’esercizio delle opere di bonifica dopo il loro compimento, sono a carico delle proprietà immobiliari in rapporto ai benefici che le medesime ricevono dalle opere di bonifica realizzate (art. 4).

Nell’ambito del comprensorio viene delimitato il "perimetro di contribuenza", di cui è data notizia al pubblico a mezzo trascrizione ai sensi del R.D. n. 215 del 1933, art. 58, teso ad individuare le proprietà immobiliari che presentano i due requisiti prescritti ai fini della contribuzione: a) l’insistenza sul comprensorio b) il conseguimento attuale o potenziale di benefici dall’attività di bonifica già realizzata o programmata.

L’iscrizione delle proprietà immobiliari nel "perimetro di contribuenza" comporta l’acquisizione della qualifica di consorziato e la partecipazione al consorzio ed ai relativi oneri, che è obbligatoria (art. 15, commi 2 e 3).

I consorziati "sono tenuti al pagamento del contributo consortile, pari alla quota dovuta da ciascun consorziato per le spese di cui all’art. 3, comma 2 (concorso alle spese di realizzazione delle opere di bonifica) e all’art. 4, comma 1, lett. b, (spese di manutenzione e di esercizio) nonchè per le spese di funzionamento dal consorzio (art. 16, comma 1).

L’ammontare del contributo consortile, che costituisce onere reale sugli immobili (art. 16, comma 4), è determinato, con la deliberazione annuale di "riparto della contribuenza" in proporzione ai benefìci derivanti a ciascun immobile (art. 16, comma 2).

A tal fine il consorzio elabora un "piano di classifica" degli immobili, che individua i benefici derivanti dalle opere di bonifica, stabilisce i parametri per la quantificazione dei medesimi e determina l’indice di contribuenza" di ciascun immobile. Sia il "perimetro di contribuenza" sia il "piano di classifica" degli immobili sono approvati dal consiglio dei delegati, per due terzi eletti dai consorziati (artt. 20, 23).

Presso ciascun consorzio è istituito il catasto consortile al fine d’individuare tutti gli immobili situati nell’ambito del comprensorio (art. 18).

Dal riportato dato normativo, emerge, dunque, che i proprietari degli immobili siti nel comprensorio concorrono alle spese relative alle opere consortili solo se i beni di loro proprietà traggano beneficio dalle opere suddette e in proporzione alla misura di tale beneficio e che l’esercizio del corrispondente potere impositivo del consorzio si sviluppa attraverso: a) l’inclusione del bene nel "perimetro di contribuenza", che, definendo l’ambito delle proprietà che ricevono o possono ricevere benefici dalle opere ed attività di bonifica (comprese quelle di manutenzione e di esercizio) realizzate o programmate, incide sull’an dell’obbligo contributivo; b) l’elaborazione del "piano di classifica degli immobili" e dell’"indice di contribuenza" dei singoli immobili, che, individuando i benefici derivanti dalle opere di bonifica ai singoli immobili e la definizione dei parametri di relativa quantificazione, incide sul quantum dell’obbligo contributivo.

Con riferimento alla corrispondente normativa statale (cfr., in particolare, il R.D. n. 215 del 1933, artt. 10 e 11) – la giurisprudenza di questa Corte ha, d’altro canto, precisato che il beneficio che costituisce, unitamente all’ubicazione dell’immobile nel comprensorio consortile, il presupposto dell’obbligo di contribuzione e del corrisponde potere impositivo del Consorzio deve essere diretto e specifico e, quindi, strettamente inerente all’immobile e configurante una sua qualità specifica, tale da incrementarne il valore, non essendo sufficiente un beneficio che costituisca mero riflesso dell’inclusione del bene nel comprensorio di bonifica (cfr. Cass. 1386/11, 11722/10, 8770/09, s.u. 8960/96) e che "perimetro di contribuenza" e "piano di classifica" configurano atti amministrativi (cfr. Cass. 8770/09, 1338/78) sindacabili dal giudice amministrativo ed opponibili davanti al giudice ordinario solo in prospettiva di disapplicazione.

Quanto al regime probatorio, si è, peraltro, puntualizzato che la ricomprensione degli immobili nel "perimetro di contribuenza" e la relativa valutazione nell’ambito di un "piano di classifica" comporta l’onere del contribuente, che voglia disconoscere il debito, di contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando, in tal caso, sul consorzio, in difetto di specifica contestazione; mentre, in assenza di "perimetro di contribuenza" e di mancata valutazione nell’ambito del "piano di classifica" grava sul consorzio, in base agli ordinari criteri di distribuzione dell’onere della prova ex art. 2967 c.c., l’onere di provare la qualità del contribuente di proprietario di immobile sito nel comprensorio ed il conseguimento da parte dell’immobile di sua proprietà, a causa delle opere eseguite, di concreti benefici non scaturenti dalla mera insistenza sull’area del comprensorio (cfr. Cass. ss.uu. 26009/08, 19509/04, 8960/96).

Ai fini considerati nessun rilievo riveste, peraltro, il "catasto consortile" di cui alla L.R. Toscana n. 34 del 1994, art. 18, che, come reso evidente dallo dato testuale della disposizione (oltre che dal complessivo testo normativo) presenta mere finalità repertoriali, ed inoltre – ancorchè indicazioni in contrario appaiano emergere da Cass. 4513/09 – la trascrizione del "perimetro di contribuenza", prevista dall’art. 15, comma 2, della L.R. in rassegna (e dalla corrispondente norma statale: R.D. n. 215 del 1933, art. 10 ult. parte). L’incombente deve, infatti, ritenersi prescritto nella sua tipica funzione di pubblicità dichiarativa ai fini dell’opponibilità ai terzi, in rapporto alla dichiarata natura di onere reale del contributo consortile (cfr. art. 16, comma 4, della L.R.); mentre la circostanza che "perimetro di contribuenza" (come il "piano di classifica") promani dall’assemblea dei delegati degli stessi consorziati (artt. 20, 23) rende superflue forme di pubblicizzazione, che ne subordinino l’efficacia nei loro confronti.

Tutto ciò chiarito, è il momento di passare all’esame degli specifici motivi di ricorso che attengono alle questioni controverse nel presente procedimento.

6. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12 e della L. n. 479 del 1999, art. 7. Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3).

La parte ricorrente lamenta che il giudice di appello abbia disatteso l’eccezione di nullità del ricorso introduttivo di primo grado (ovvero dell’attività processuale successiva) per essere stato l’anzidetto atto "proposto" da professionista non abilitato all’assistenza tecnica, siccome "praticante avvocato".

Il motivo di impugnazione appare inammissibilmente formulato.

Ed invero la parte ricorrente si limita a riproporre in questa sede l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo di primo grado ovvero della successiva attività processuale (senza dire quale attività sarebbe coinvolta nella sanzione e quale ne sarebbe il rilievo ai fini della riforma della sentenza qui impugnata), omettendo del tutto di considerare gli argomenti con i quali la Commissione Regionale ha disatteso la censura medesima, e perciò omettendo di rivolgere qualsivoglia specifica critica alle ragioni che sorreggono la decisione (tardività dell’eccezione in primo grado; irrilevanza della sottoscrizione apposta dal difensore, atteso che l’atto era stato sottoscritto direttamente dalla parte, in causa per la quale ciò è consentito a mente dell’art. 12 sopra menzionato).

Evidente perciò che non vi è correlazione alcuna tra le censure formulate in questa sede e la ratio decidendi sulla quale è fondato il rigetto della doglianza proposta in atto di appello.

Non guasta, d’altronde, riprodurre qui di seguito l’indirizzo di questa Corte a proposito della rilevanza processuale dei difetti di assistenza tecnica nel rito tributario: "Nel processo tributario, l’assistenza di un difensore tecnico non è condizione di ammissibilità degli atti processuali, ma è solo fonte di un dovere per il giudice adito di invitare le parti a munirsi di idonea assistenza, derivando l’inammissibilità solo dall’inottemperanza di detto ordine; ne consegue che la sentenza che accolga il ricorso del contribuente, senza rilevare il difetto di rappresentanza, non è nulla, in quanto il solo contribuente ha un interesse giuridicamente tutelato a rilevare la mancata emanazione dell’invito" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5255 del 28/02/2008).

Alla luce di detto principio è agevole concludere che in nessun caso la censura avrebbe potuto sortire l’effetto di invalidare l’efficacia della pronuncia adottata.

7. Il quarto ed il quinto motivo d’impugnazione Il quarto motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Violazione, erronea interpretazione ed applicazione da parte della CTR di Firenze del R.D. n. 523 del 1904, art. 8.

Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)".

In concreto, la parte ricorrente lamenta che la CTR abbia travisato il significato della disposizione di cui ha fatto applicazione, dalla quale si dovrebbe invece evincere che il criterio di ripartizione delle spese previsto al primo comma concerne il caso della "realizzazione delle opere idrauliche di terza categoria a cura dello Stato", mentre per l’ipotesi di "manutenzione ordinaria" delle opere stesse il secondo comma prevede che sia posto ad esclusivo carico del consorzio la correlata spesa.

Da qui l’inutilità della prova richiesta dalla CTR in ordine alla ripartizione "dell’intero investimento tra i vari enti e poi per i consorziati", essendo invece le spese di manutenzione ordinaria poste a carico dei soli consorziati, a norma del predetto comma 2.

Il quinto motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Errata, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la produzione in giudizio da parte del Consorzio del Piano di classifica. Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5".

Con il predetto motivo di impugnazione la parte ricorrente lamenta che la CTR abbia disatteso la censura di appello fondata sul rilievo che l’opponente non aveva contestato il piano di classifica e non aveva contestato l’importo unitario", e ciò in considerazione del fatto che non fossero state depositate in atti nè il predetto piano di classifica nè la Delib. n. 83 del 2002. La parte ricorrente ha evidenziato di non avere prodotto detti documenti perchè la segreteria della Commissione Provinciale aveva invitato a produrre una sola volta (per tutti i numerosi processi instaurati in ragione seriale avverso gli analoghi provvedimenti impositivi) la voluminosa documentazione, sicchè la CTR avrebbe potuto esaminare detta documentazione consultando i fascicoli dei ricorsi proposti da altri consorziati.

La parte ricorrente ha anche evidenziato che in nessun caso l’omessa produzione avrebbe potuto avere il rilievo attribuitole dal giudice di appello, attesa l’eccezione sollevata dalla stessa odierna ricorrente in ordine alla "mancata impugnazione del piano di classifica da parte del ricorrente". Per effetto di detta omessa impugnazione sarebbe spettato al consorziato (che non vi aveva provveduto) dimostrare l’insussistenza del beneficio e non già al consorzio provare la sussistenza del beneficio medesimo.

I due motivi di impugnazione, tra loro connessi, vanno congiuntamente esaminati ai fini di una omogenea soluzione della questione sottoposta a giudizio.

Ed invero, se pure fosse vero quanto la parte ricorrente assume a proposito dell’erronea interpretazione fatta dalla CTR del menzionato art.8 (in ordine all’onere del Consorzio di provare preliminarmente l’avvenuta ripartizione delle spese di manutenzione delle opere tra "Consorzio, Comune e Provincia") – interpretazione che andrebbe adeguata alla luce del successivo rilievo contenuto nella sentenza in ordine al fatto che l’assunto Consortile implica che è "il proprietario degli immobili" l’obbligato "a concorrere al completo pagamento delle opere di manutenzione", interpretazione che andrebbe anche riletta alla luce della previsione del R.D. n. 523 del 1904, art. 18, comma 3 – egualmente permarrebbe insuperato ed assorbente (perchè idoneamente utile a generare in via autonoma la declaratoria di nullità della cartella di pagamento) il rilievo fatto dalla CTR in ordine all’inevaso onere del Consorzio di comprovare di avere messo al corrente il contribuente in ordine al "suo indice provvisorio e quello definitivo del beneficio (art. 11)".

A tal proposito giova riprodurre di seguito (oltre alla disciplina regionale menzionata nella premessa) il R.D. n. 215 del 1933, artt. 11 e 12 di cui la CTR ha dichiarato (sia pure in termini obiettivamente ellittici) di voler fare attuazione.

Art. 11. La ripartizione della quota di spesa tra i proprie tari è fatta, in via definitiva, in ragione dei benefici conseguiti per effetto delle opere di bonifica di competenza statale o di singoli gruppi, a sè stanti, di esse; e in via provvisoria sulla base di indici approssimativi e presuntivi del beneficio conseguibile.

La ripartizione definitiva e gli eventuali conguagli hanno luogo dopo accertato il compimento dell’ultimo lotto della bonifica, a termini dell’art. 16.

I criteri di ripartizione sono fissati negli statuti dei consorzi o con successiva deliberazione, da approvarsi dal Ministero dell’agricoltura e delle foreste. Non esistendo consorzi, sono stabiliti direttamente dal Ministero.

Art. 12. La proposta dei criteri di ripartizione, tanto provvisoria che definitiva, della spesa è pubblicata a norma dell’art. 4.

Contro di essa è ammesso ricorso al Ministero dell’agricoltura e delle foreste, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di scadenza della pubblicazione.

Contro il provvedimento del Ministero che approva la proposta e decide dei reclami è ammesso soltanto ricorso di legittimità alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato.

Il richiamo fatto dalla CTR alle anzidette norme si salda ineludibilmente con il rilievo dell’omesso deposito del piano di classifica e della Delib. n. 83 del 2002 (quest’ultima, evidentemente, adottata per l’identificazione dei criteri di ripartizione, a mente del comma 3 del predetto art. 11) e va letto come censura dell’omesso assolvimento dell’onere di prova (ritenuto incombente sul Consorzio) in ordine all’avvenuto adempimento dell’obbligo di dare pubblicità agli strumenti adottati per la ripartizione provvisoria e definitiva dei contributi.

Detto rilievo non può essere tacciato dall’odierno ricorrente sotto il profilo del vizio di motivazione nè con l’assunto che l’onere sarebbe stato assolto producendo la documentazione anzidetta in paralleli procedimenti promossi avanti alla CTP di Pisa nè con l’assunto secondo cui l’omessa produzione sarebbe irrilevante attesa la mancata impugnazione del piano di classifica da parte dell’odierno intimato.

Ed infatti, entrambi i detti assunti avrebbero implicato -in questa sede- che i fatti decisivi e controversi che la parte oggi ricorrente ha identificato come fonte del vizio di motivazione qui censurato fossero idoneamente delucidati nei termini di autosufficienza implicati ineludibilmente dalla modalità di conformazione del ricorso per Cassazione.

Da un canto la parte ricorrente avrebbe dovuto idoneamente delucidare non solo se, dove e quando i predetti documenti siano stati concretamente a disposizione della CTR ai fini della consultazione effettuabile all’esterno dell’incartamento processuale (salvo valutare poi se detta consultazione avrebbe potuto ritualmente avvenire con le modalità prospettate dalla parte ricorrente) ma avrebbe anche dovuto prospettare con la necessaria analiticità il contenuto di detti documenti onde, consentire a questa Corte di apprezzare se -in astratto- gli stessi siano concludenti sotto il profilo della decisività del fatto che si dice inidoneamente apprezzato dal giudice del merito. D’altro canto la parte ricorrente avrebbe dovuto delucidare (e dar conto di avere idoneamente comprovato in causa) le modalità di concreta adozione del "piano di classifica" che si assume non essere stato impugnato dal ricorrente, onde consentire a questa Corte di apprezzare se se concretamente l’assunto della omessa impugnazione avrebbe potuto acquisire crisma di decisività in occasione del vaglio affidato al giudice del merito.

Per ultimo non può omettersi il rilievo che il giudice di appello ha dato pure conto -nel contesto della motivazione relativa al medesimo motivo di censura qui oggetto di considerazione- che mancavano agli atti del Consorzio i documenti relativi al "conteggio globale dei lavori; l’elenco dei contribuenti; l’elenco dei rispettivi benefici;

l’elenco degli indici specifici per immobile della contribuenza;

nonchè la quota degli altri obbligati (Provincia e Comune)". Anche di detta omissione all’implicito onere di prova addossato al Consorzio la CTR appare avere tenuto conto nell’atto di dichiarare non assolto l’onere di prova in ordine all’avvenuto adempimento dell’obbligo di dare pubblicità agli strumenti adottati per la ripartizione provvisoria e definitiva dei contributi, tanto da avere espressamente rilevato nel seguito della motivazione che non potevano considerarsi idoneo surrogato a detto onere di prova le relazioni tecniche di parte depositate in atti dal Consorzio.

Anche alla luce di dette ultime considerazioni contenute nella pronuncia di appello (rispetto alle quali la parte ricorrente non ha ritenuto di muovere alcuna censura) risulta impossibile attribuire rilevanza decisiva ai fatti che sono stati identificati dal ricorrente a supporto del vizio motivazionale, non potendosi avere qui alcuna evidenza circa il fatto che la mancata impugnazione del piano di classifica (e perciò la sua definitività) sia elemento sufficiente ad assolvere il Consorzio dall’onere di produrre in giudizio gli altri documenti dianzi menzionati.

Anche di ciò sarebbe stato onere che la parte ricorrente in questa sede si facesse carico, in primo luogo sotto il profilo della necessaria autosufficienza del ricorso in punto di allegazioni.

Nulla di tutto ciò ha fatto la parte ricorrente sicchè la censura contenuta nel quinto motivo di impugnazione non può che essere dichiarata inammissibile, con conseguente assorbimento della censura contenuta nel quarto motivo, il cui esame approfondito risulta obiettivamente irrilevante.

6. I residui motivi di impugnazione.

L’esito dell’esame dei motivi di impugnazione di cui fin qui si è detto rende ultroneo l’esame dei residui motivi, all’eventuale accoglimento dei quali non potrebbe far seguito la cassazione della sentenza impugnata, che già adeguatamente supporta la conclusione di annullamento della cartella di pagamento in ragione della non evasa prova circa il corretto riparto dei contributi tra i consociati e perciò il corretto aggravio a carico dell’odierno ricorrente della quota ad esso attribuita.

Non necessita regolazione delle spese di lite, non essendosi costituita la parte intimata.

P.Q.M.

la Corte rigetta il primo ed il quinto motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *