Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-06-2011) 03-10-2011, n. 35796

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- N.P. e P.A. propongono separati ricorsi avverso il decreto della Corte di Appello di Napoli del 10 dicembre 2009, che aveva confermato il provvedimento con cui quel Tribunale aveva applicato al primo la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, disponendo la confisca di immobili, partecipazioni societarie ed aziende intestate tanto a lui che al coniuge P.A.. Quanto alla pericolosità, la corte territoriale aveva condiviso l’opinione del Tribunale, secondo il quale la circostanza che il N. fosse stato assolto in secondo grado dal reato di appartenenza ad associazione per delinquere camorristica, non aveva influenza sulla valutazione della sua pericolosità, che era conclamata dal ruolo da lui svolto nella realizzazione del "Marina Palace" alle Canarie, complesso edilizio realizzato con l’impiego di provviste finanziarie che il clan "Nuvoletta" aveva tratto da attività illecite, nonchè delle "Case Giarrusso", anch’esse frutto di attività imprenditoriale camorristica.

Osserva infatti la corte territoriale che se la corte di appello aveva ritenuto che tali vicende non bastavano per ritenere che il N. fosse affiliato al clan in modo organico, e per tale motivo l’aveva assolto dal reato previsto dall’art. 416 bis cod. proc. pen., aveva tuttavia ritenuto per certo che il suo coinvolgimento nelle suddette iniziative imprenditoriali costituisse indizio inequivoco della sua disponibilità ad intrattenere rapporti di affari con la camorra in piena consapevolezza.

Quanto all’origine illecita delle risorse economiche impiegate dal proposto per l’acquisizione degli immobili e delle aziende confiscate, ancorchè intestate in parte alla moglie P., la corte territoriale osserva che per un verso non appariva giustificata la legittima provenienza delle provviste finanziarie impiegate, per l’altro non v’era prova alcuna che i beni intestati alla P. fossero stati acquisiti con risorse sue proprie, delle quali non v’era traccia.

Entrambi i ricorrenti deducono difetto di motivazione per l’omesso specifico esame da parte della corte territoriale delle circostanziate difese da loro proposte.

In particolare la signora P. censura l’omessa delibazione di quanto aveva dedotto con l’appello, assumendo di avere potuto costruire la villa confiscata in suo danno con l’aiuto della sua famiglia, oltremodo facoltosa, e del fratello, imprenditore edile che aveva realizzato il fabbricato a mero prezzo di costo.

Il N. lamenta l’inadeguata valutazione delle sue difese, con le quali aveva chiarito che l’iniziativa delle Canarie era del tutto legittima, ed all’affare non partecipavano solo finanziatori compromessi con la camorra; analogo discorso aveva fatto per l’affare delle "Case Giarrusso".

Del resto a suo avviso la corte territoriale aveva del tutto trascurato di considerare che i due affari risalivano ad epoca antecedente il 2000, e da allora aveva reciso ogni contatto con quell’ambiente asseritamene contiguo alla camorra, trasferendo la sua attività imprenditoriale al centro ed al Nord Italia.

2.- il ricorso è destituito di fondamento.

Ai sensi della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11, il ricorso per cassazione avverso provvedimenti dispositivi di misure di prevenzione è consentito solo per violazione di legge.

Nel caso di specie deve allora verificarsi se la motivazione del decreto impugnato è ragionevole, ovvero è talmente inadeguata da poter essere considerata come inesistente, fattispecie sicuramente inverante il vizio di violazione di legge.

L’esame del decreto impugnato rivela allora che il vizio dedotto non sussiste, atteso che la corte territoriale da conto della compiuta delibazione delle questioni proposte con l’appello, che rigetta con argomentazione condivisibile.

E’ agevole peraltro riscontrare come i ricorrenti si limitino a dedurre soltanto approssimazioni motivazionali o inadeguatezze valutative degli elementi fattuali in atti, motivi di censura che per quanto s’è detto la norma non consente.

Del resto, ove dovesse ritenersi che i ricorsi sono intesi a sollecitare il riesame nel merito dei fatti considerati nel decreto impugnato, si verserebbe in ipotesi di inammissibilità, essendo preclusa in questa sede di legittimità la revisione dei giudizi sul fatto effettuati nella sede di merito.

I ricorsi vanno pertanto rigettati, ed al rigetto consegue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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