Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-06-2011) 03-10-2011, n. 35795 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- R.G., sottoposto a misura di prevenzione con obbligo di soggiorno, ricorre tramite difensore di fiducia avverso il decreto del 24 gennaio 2011, con cui la Corte di Appello di Catania aveva confermato il provvedimento in virtù del quale quel Tribunale aveva disposto in suo danno la confisca di un appartamento sito in (OMISSIS), nonchè di quattro lotti di terreno siti nel comune di (OMISSIS).

Il provvedimento impugnato provvede a puntuale disamina delle vicende che avevano condotto all’acquisto dei beni, confutando le difese del R., che sosteneva che l’acquisto risaliva ad epoca antecedente alla sua adesione a "cosa nostra", e le provviste impiegate costituivano frutto del suo lavoro di agricoltore, conduttore di fondi agrari a titolo di mezzadria. Secondo la corte territoriale gli argomenti suddetti non valevano a dimostrare la legittimità dell’acquisizione dei beni, atteso che nel procedimento penale che si era concluso con l’affermazione della sua penale responsabilità per l’adesione all’associazione per delinquere di stampo mafioso di cui s’è detto, era risultato che il R. aveva instaurato un solido rapporto di amicizia con P.G. nell’Ospedale Psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto, e se anche il predetto su autorizzazione del S.B. aveva costituito un gruppo malavitoso solo nel 1982, essendo stato pacificamente ammesso alla presenza di C. ed altri esponenti di spicco della mafia palermitana, sicuramente non era estraneo all’associazione illecita, di modo che quando il R. aveva acquisito i beni, nel 1977, era già in atto la sua contiguità con ambienti mafiosi.

Deduce il ricorrente l’erroneità dell’argomentazione della corte territoriale, atteso che non v’era elemento di valutazione alcuno che consentisse di affermare che i beni erano stati acquistati con provviste finanziarie di origine e provenienza illecita, nè la corte territoriale aveva avuto cura di dar conto della pericolosità attuale del proposto.

Il 21 giugno 2011 è stata depositata una memoria difensiva con cui si revoca in dubbio la sussistenza nel caso di specie dei presupposti indefettibili per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, vale a dire la pericolosità attuale del proposto ed il concreto sospetto, giustificato da sufficienti indizi, dell’acquisizione dei beni soggetti a confisca con l’impiego di provviste finanziarie di provenienza illecita; si deduce in particolare l’assoluta carenza di motivazione sui punti in questione.

2.- Il ricorso è destituito di fondamento.

Va premesso che per espresso dettato normativo ( L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11) i decreti dispositivi di misure di prevenzione possono essere impugnati con ricorso per cassazione solo per violazione di legge. Non è quindi ammesso in questa sede il sindacato sulla adeguatezza, coerenza e logicità della motivazione, salva l’ipotesi di corrività argomentativa di proporzioni tali da consentirne l’equiparazione al difetto assoluto di motivazione. Tale non è il caso di specie, avendo la corte territoriale, sia pure con motivazione non sempre lineare, evidenziato la pericolosità risalente ed attuale del ricorrente e l’incerta origine dei capitali impiegati per l’acquisizione degli immobili, atteso che anche a voler accedere alle giustificazioni addotte dal proposto, al predetto incombeva comunque l’onere di dare contezza del modo di acquisizione del capitale iniziale, ammontante, a quanto sostiene il R., a ben 180 milioni di L. del 1977, il cui possesso, come rileva il decreto impugnato, non trova giustificazione in alcuna dichiarazione dei redditi, nè in altra prova affidabile.

Non diverse considerazioni vanno fatte in ordine alla pericolosità, che la corte territoriale ha ritenuto con motivazione ragionevole e convincente.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Del resto ove il ricorrente intendesse proporre la revisione delle valutazioni fatte dai giudici del merito, il ricorso sarebbe francamente inammissibile, non essendo consentito in questa sede di legittimità censurare giudizi di fatto dei giudici del merito.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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