Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-06-2011) 03-10-2011, n. 35749 Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del Riesame di Salerno nel procedimento a carico di M.E. ed altri, con ordinanza depositata in data 11 novembre 2010 ha disposto il dissequestro, con la restituzione a favore della ditta Ziotti Costruzioni srl, di un fabbricato, in corso di costruzione, ubicato in Zona C2, alla località Santa Lucia, Via Noschese, del Comune di Battipaglia, avendo ritenuto l’insussistenza del fumus commissi delicti in ordine al reato di contravvenzione edilizia di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a), per la realizzazione del manufatto in carenza del permesso a costruire, posto a base del provvedimento di sequestro preventivo.

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Salerno ha proposto ricorso per i seguenti motivi:

1. Erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione circa l’insussistenza del fumus commissi delicti relativamente alla contravvenzione edilizia. Il Tribunale del riesame avrebbe ritenuto che i vizi contenuti nel permesso di costruire n. 72 del 2009 erano stati sanati con il permesso di costruire in variante n. 56 del 18 maggio 2010, che aveva assentito la costruzione del fabbricato erigendo in aderenza con quello confinante. Il Tribunale avrebbe valutato i due titoli scollegandoli tra loro e ritenendo che il permesso successivo avrebbe determinato la perdita di efficacia del precedente. Così non è, in quanto il permesso di costruire n. 56/10 è un titolo "in variante" che presuppone il precedente ed inoltre non può valere come sanatoria, in quanto nell’ordinamento non esiste la variante a sanatoria per opere già realizzate e per di più in contrasto con gli strumenti urbanistici. Invece, considerando la vicenda urbanistica unitariamente, emergerebbe che il dirigente del Settore Governo del Territorio e Ambiente del Comune di Battipaglia, avrebbe approvato pedissequamente il progetto redatto, che non prevedeva l’aderenza tra il fabbricato costruendo ed il fabbricato preesistente, ma solo una parte circoscritta degli stabili (rimanendo in ogni caso limitata alla sola area impegnata dai tre pilastri verticali di sostegno dei balconi – da erigersi necessariamente in posizione addossata alla facciata del manufatto alieno per assicurare la stabilità degli aggetti sovrastanti). Il titolo edilizio di assenso era pertanto illegittimo, in quanto contenente una violazione della normativa in materia di distanze e di costruzioni in aderenza (le Norme generali previste nel vigente PRG di Battipaglia, che richiama quale norma sussidiaria l’art. 877 c.c.).

Nell’interpretazione vigente, l’art. 877 c.c. ammette infatti la possibilità di costruire in aderenza soltanto per l’intera estensione verticale della proprietà contigua al muro altrui, in modo che la nuova opera e quella preesistente combacino perfettamente da uno dei lati. Il C.T. ha, inoltre, sottolineato l’avvenuta violazione dello standard urbanistico previsto nel decreto ministeriale, laddove determina in uno spazio pari all’altezza dell’edificio più alto e la violazione alle norme di attuazione del PRG del Comune in materia di distanza minima tra gli edifici nelle zone C in rapporto all’altezza prospettata, Con l’ottenimento del permesso di variante era stato richiesto di trasformare l’attuale porticato del vecchio fabbricato denominato Tavernola in un volume chiuso da edificarsi in aderenza fabbricato preesistente, allegando una DIA intestata alla proprietaria del fabbricato cd. Tavernola, con la quale si proponeva la chiusura in muratura dei vani finestra posti sul lato Nord-Est del palazzo: tale titolo risulterebbe del pari illegittimo non potendosi considerare una sanatoria, essendo assenti i presupposti richiesti per la fattibilità concreta delle opere in esso previste. Infatti la modifica dei prospetti è una variazione essenziale D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 32, per la quale non è sufficiente una DIA, ma è necessario un atto di controllo preventivo sull’attività urbanistica, quale appunto il permesso di costruire come prescrive il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c) in tema di variazione dei prospetti. Inoltre quanto indicato in tale ultimo permesso contrasterebbe comunque con la normativa urbanistica vigente in Battipaglia in riferimento alla zona interessata.

2. Erronea applicazione della legge processuale penale e difetto ed illogicità manifesta di motivazione circa l’insussistenza del periculum in mora. Il Collegio del riesame ha erroneamente ritenuto che il permesso originario avesse perso di efficacia, mentre così non è; per cui, conseguentemente vi è fondata ragione di ritenere che la libera disponibilità del cantiere da parte del committente possa aggravare o protrarre le conseguenze dannose del reato o agevolarne la commissione di altri, ed in ogni caso il sequestro dovrebbe essere necessario a prescindere dall’avvenuta o meno ultimazione delle opere abusive (nel caso di specie vi è cantiere "aperto" ed opere ancora in costruzione ed allo stato grezzo, come specificamente rilevato e documentato con fotografie dal C.T. incaricato). Tra le conseguenze di tale abusiva costruzione v’è certamente la violazione di inderogabili parametri urbanistici (dettati da norme inderogabili ed inerenti al regime delle distanze tra costruzioni e tra corpi di fabbrica di una medesima costruzione), violazione da inquadrarsi come carico urbanistico intollerabile nel senso richiesto dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite. Inoltre le norme in materia di distanze minime sono dettate a tutela di altri interessi, quali la sicurezza degli abitanti e la salubrità delle abitazioni, per cui il sequestro si imporrebbe anche al fine di eliminare tali rischi.

Motivi della decisione

1. E’ bene precisare che il Tribunale del riesame ha ritenuto irrilevante la problematica relativa alla illegittimità del nuovo permesso a costruire n. 56 del 2010, in quanto ha ritenuto che il vincolo del sequestro fosse collegato all’originario permesso a costruire n. 72 del 2009, il quale avrebbe perso l’efficacia in virtù di tale più recente titolo abilitativo, sulla cui base vengono proseguite le opere edilizie, affermando inoltre che le problematiche di legittimità del permesso a costruire n. 56 del 2010 dovrebbero avere a riferimento profili diversi da quelli relativi al precedente. Inoltre i giudici del riesame hanno indicato la necessità che il pubblico ministero provveda ad una nuova iscrizione nel registro degli indagati del M. per il "nuovo" reato di cui all’art. 44, lett. a), richiedendo eventualmente al G.I.P. un nuovo provvedimento di sequestro preventivo del manufatto.

2. Questa Corte ritiene che le censure avanzate dalla Procura della Repubblica con il ricorso sono fondate in quanto l’ordinanza impugnata ha proceduto ad un’erronea applicazione delle norme di legge.

Infatti deve essere ribadito il carattere inderogabile delle disposizioni di legge relative alla distanza tra edifici. In materia di distanze tra fabbricati, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 232 del 2005 aveva definito principio inderogabile, desumibile dall’art. 873 c.c. e dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, u.c., la regola relativa al fatto che la distanza minima deve essere determinata unicamente dalla legge statale, che può consentire deroghe con normative locali, purchè siffatte deroghe "siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio". Più di recente, la Consulta, con l’ordinanza n. 173 del 2011, ha stabilito l’impossibilità per la normativa regionale di derogare alla disciplina delle distanze minime prevista dalla normativa nazionale in quanto tale materia rientra tra le competenze legislative esclusive dello Stato, precisando che le leggi regionali possono derogare solo ai parametri degli indici urbanistici ed edilizi contenuti nei regolamenti edilizi locali o nei piani regolatori comunali; di conseguenza non è derogabile sotto questo profilo lo strumento urbanistico quando questo rimanda o riproduce norme di rango superiore, come la legge urbanistica nazionale ed il già citato D.M. n. 1444 del 1968. Del resto anche la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. 4, 2/11/2010, n. 7731) ha affermato che le distanze tra le costruzioni sono predeterminate dal codice civile con carattere cogente, in via generale ed astratta, "in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza", a prescindere da norme diverse, eventualmente incluse negli strumenti urbanistici locali.

3. Orbene, il sequestro preventivo disposto aveva investito un manufatto per il quale sussisteva il fumus delicti del reato ipotizzato. Infatti, sulla base del permesso n. 72 del 2009, il manufatto in corso di realizzazione era stato posto in aderenza ad altro fabbricato, in violazione delle disposizioni del codice civile, richiamate dalle norme generali del PRG di Battipaglia quanto alla distanza minima tra gli edifici nelle zone C2, (che ammette costruzioni in aderenza soltanto per l’intera estensione verticale della proprietà contigua al muro altrui) ed in violazione del D.M. n. 1444, art. 9.

Inoltre, diversamente da quanto ritenuto nell’ordinanza impugnata, il permesso in variante, che si fonda sul presupposto della chiusura delle finestre, assentita con D.I.A., non può essere "scollegato" al precedente titolo: il permesso in variante (che propone modificazioni qualitative o quantitative che possono anche riguardare il perimetro, la superficie coperta, la volumetria e le stesse distanze dalle proprietà vicine dell’opera da realizzare) rimane collegato ed in rapporto di complementarietà e di accessorietà con il permesso a costruire originario. Nè risulta possibile nel caso di specie frazionare nel tempo l’attività edilizia di realizzazione del fabbricato in aderenza, essendo la stessa stata iniziata a seguito dell’originario permesso, per cui non pare possibile accedere alla tesi formulata nell’ordinanza impugnata circa la natura autonoma del permesso in variante n. 56 del 2010, essendo condivisibili i dubbi sulla legittimità di tale titolo espressi dal pubblico ministero ricorrente. Anche a volere accedere alla tesi di autonomia di tale più recente titolo a costruire, risulta del tutto contraddittoria la affermata efficacia sanante dell’erigenda costruzione in aderenza, dovendosi ribadire quanto sopra indicato in tema di violazione delle disposizioni di legge sulle distanze tra edifici.

Risulta inoltre azzardato, in questa fase delle indagini, escludere ogni elemento indiziario di abuso edilizio e ritenere che il provvedimento qualificato formalmente come variante autorizzi invece la realizzazione del manufatto in aderenza solo in virtù della sua contestualità con la D.I.A. presentata dalla proprietaria del fabbricato vicino. Appare infatti del tutto condivisibile l’affermazione del Pm ricorrente circa il carattere di variazione essenziale delle modifiche sul fabbricato vicino, proposte dalla proprietaria Dati, rappresentata dalla chiusura delle finestre. Del resto la giurisprudenza ha da tempo precisato che la realizzazione di un immobile in aderenza ad altro limitrofo, invece che localizzandolo alla dovuta distanza prevista tra le costruzioni, (distanza che non può essere inferiore, ex art. 873 c.c., a tre metri) è una variazione essenziale (Vedi Sez. 3, n. 4083 del 24/11/1995, Marra, Rv. 203943).

4. Parimenti deve essere condivisa la collegata censura del Pm ricorrente circa la consequenziale erroneità ed illogicità della motivazione in riferimento al requisito del periculum in mora, posto che, alla luce della consistenza indiziaria dell’abuso edilizio, risulta più che evidente che la disponibilità del cantiere non può che aggravare e protrarre le conseguenze dannose del reato od agevolarne la commissione di altri della stessa specie.

Pertanto il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Salerno.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Salerno per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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