Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 24-02-2012, n. 2812 Servitù coattive di acquedotto e di scarico di acqua

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale superiore delle acque pubbliche con sentenza del 22 marzo 2010, in riforma della decisione 7 dicembre 2006 del Tribunale regionale delle acque della Campania, ha respinto la domanda di risarcimento del danno avanzata da F.M. in proprio e n.q. di procuratore di P.G. nei confronti della s.p.a. appalti e forniture per acquedotti e bonifiche (SAFAB) per avere realizzato una conduttura idrica senza alcun titolo in un terreno di loro proprietà ubicato in (OMISSIS) (in catasto al fg.7, part. 182, 183 e 184), in quanto: a)le parti con contratto del 3 giugno 1991, stipulato davanti al comune di Guardia Sanframondi avevano costituito la relativa servitù per una superficie di mq. 148 a favore della soc. alto Calore, poi incorporata dalla SAFAB, per un prezzo di L.1.500.000 interamente corrisposto ai proprietari; b) l’accordo si riferiva proprio alla porzione di terreno nel cui possesso si era immessa la SAFAB come accertato dal c.t.u. e come si ricavava dal relativo verbale; e non poteva perciò riguardare l’altra conduttura introdotta nel terreno F. – P. nel 1984.

Per la cassazione della decisione il F. ha proposto ricorso per un motivo; cui resiste la SAFAB con controricorso.

Motivi della decisione

Con il ricorso proposto il F. e la P., deducendo violazione degli artt. 1058, 1418, 1325, 1350 e 1362 cod. civ. censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto che la convenzione stipulata nel 1991 riguardasse la seconda condotta installata nel loro terreno in base alla sola particella catastale dello stesso indicativa, senza considerare: a) che non corrispondevano la lunghezza della condottale le parti stipulanti, mancava nell’atto ogni riferimento a quest’ultima peraltro preceduta da altra conduttura da anni ubicata nel loro fondo; b) che la convenzione non possedeva alcuno degli elementi necessari per configurare il contratto di cessione volontaria di cui alla L. n. 865 del 1971, e non erano stati osservati gli adempimenti imposti dall’evidenza pubblica; c) la stessa era nulla pure se equiparata ad una scrittura privata perchè non sottoscritta da soggetto che risultava rappresentante della soc.Mutra mentre la P. si era limitata ad apporre un segno x perchè analfabeta; e tale nullità doveva essere rilevata d’ufficio dal TSAP. Le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate. I TSAP ha accertato senza alcuna contestazione al riguardo dei ricorrenti:

a) che in data 3 giugno 1991 con scrittura autenticata dal competente funzionario del comune di Guardia Sanframondi e sottoscritta alla presenza di testimoni poichè la P., analfabeta, si era limitata ad apporre il segno della croce, costoro avevano costituito una servitù di passaggio di una condotta idrica a favore del Demanio dello Stato, e per esso del Consorzio Alto Calore che conduceva la procedura espropriativa attraverso un terreno di loro proprietà in catasto indicato al fg.7, part.769; b) che nella scrittura qualificata "atto di bonario concordamento" per tale costituzione e la precedente occupazione temporanea della porzione interessata del fondo, per il quale era già avvenuta l’immissione in possesso da parte dell’impresa associata alla SAFAB nella esecuzione dei lavori, con verbale del 24 luglio 1990, i proprietari avevano convenuto e ricevuto (con assegno bancario) la somma di L.1.500.000 a titolo di indennità anche per l’occupazione, e di ogni altro danno arrecato all’immobile dall’attraversamento della conduttura; c) che gli stessi avevano altresì dichiarato di non avere null’altro a pretendere per alcuno di detti titoli, per i quali si ritenevano pienamente soddisfatti.

E’ quindi pervenuto alla logica conclusione che la scrittura riguardava proprio la installazione della conduttura oggetto del presente giudizio sia perchè riguardava la medesima porzione di terreno catastalmente individuata come part.769, sia per le dimensioni dell’opera accertate dal c.t.u., corrispondenti a quelle indicate dalla scrittura, sia infine per il riferimento alla procedura ablativa in corso cui si intendeva porre fine, avente per oggetto proprio l’occupazione ed il successivo asservimento della medesima particella, nonchè identica superficie.

A fronte di questa articolata e logica motivazione sui contenuto della scrittura, il Collegio deve ribadire che traducendosi il relativo accertamento in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva ai potere istituzionale del giudice del merito, la censurabilita1 in questa sede dell’operazione interpretativa era consentita nei soli casi, qui non ricorrenti, di inadeguatezza della motivazione: tale da non consentire la ricostruzione dell’iter" logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, oppure per inosservanza delle norme ermeneutiche dettate dagli artt. 1362 – 1371 c.c.. Ed infine che per far valere una violazione in tal senso, i ricorrenti non potevano limitarsi a fare astrattamente richiamo alle dette regole legali d’interpretazione od anche ad indicare i canoni in concreto inosservati, ma dovevano soprattutto, specificare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito si era da tali canoni discostato: non essendo idonea, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso, la mera critica del risultato raggiunto da detto giudice mediante la contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata. Laddove il F. e la P. non hanno neppure riportato le parti della scrittura che avrebbero dovuto smentire o rendere illogica la ricostruzione della loro volontà compiuta dal TSAP; e tanto meno documentato a quale costituzione di servitù peraltro a favore dello stesso ente espropriante si fosse in effetti riferita la scrittura del 1991.

La doglianza è inammissibile anche con riguardo alle cause di nullità e comunque di invalidità della scrittura per la novità delle relative questioni, prospettate per la prima volta nel giudizio di legittimità (e non esaminate dalla sentenza impugnata); mentre in entrambi i gradi del giudizio di merito la difesa dei ricorrenti era incentrata esclusivamente sulla diversità della particella indicata nell’atto rispetto a quella interessata dalla condotta, nonchè sulla riferibilità della scrittura ad altra non meglio individuata condotta già preesistente sul fondo da diversi anni (pag.8 sent).

In tale situazione non vale dedurre che per alcuni vizi della scrittura la normativa invocata sul contratto ne determina la nullità assoluta, eccepibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile in ogni stato e grado del giudizio ivi compreso quello di legittimità (Cass. 713/1987): poichè siffatto principio nella giurisprudenza di questa Corte è invocabile a condizione che risultino già acquisiti agli atti del processo i presupposti di fatto della nullità; laddove nella specie la mancata formulazione, nella fase di merito, della relativa eccezione ha impedito l’accertamento dei suddetti presupposti (analfabetismo e sottoscrizione della P., regolarità dell’atto pubblico rogato dal funzionario comunale, individuazione del soggetto che ha ricevuto l’atto nonchè del suo rappresentante legale ecc.) sui quali si fonda, che non risultano già acquisiti, non sono pacifici tra le parti e non emergono nè dalla sentenza impugnata, nè dal ricorso (Cass. 16541/2009; 16394/2009; 14102/2003; 8748/2000).

Del tutto inconsistente è infine il profilo del ricorso rivolto a contestare, nella scrittura in esame, la configurabilità di un contratto di cessione volontaria tra le parti L. n. 865 del 1971, ex art. 12 per mancanza dei relativi presupposti:posto che in nessuna parte della sentenza impugnata è contenuto un qualsiasi riferimento al suddetto negozio, in relazione al quale, invece il TSAP ha evidenziato la stessa qualifica attribuita dai contraenti di atto di bonario concordamento di indennità e danni per la servitù gravante sul terreno in conseguenza della procedura di espropriazione, che con il medesimo accordo veniva costituita. Ed essendo la giurisprudenza di legittimità assolutamente consolidata sul principio che le parti nel corso della procedura espropriativa ben possono rinvenire l’opportunità e la convenienza di provvedere al trasferimento e/o alla costituzione del diritto reale mediante un negozio di diritto comune, senza necessità di portarla a conclusione. Così come possono definire contrattualmente l’intera vicenda espropriativa ed ogni suo aspetto patrimoniale con la conseguenza che l’accordo non perde efficacia ove il procedimento espropriativo non si concluda nei termini, e non consente in caso di radicale ed irreversibile trasformazione del bene per l’intervenuta realizzazione dell’opera, ulteriori richieste indennitarie e risarcitorie del proprietario collegabili alla medesima vicenda (Cass. 11955/2009; 5390/2006;

24589/2005).

Questo risultato non muta neppure invocando, come ha fatto il ricorrente, i contratti cd. ad oggetto pubblico, accomunati dalla natura endoprocedimentale nel senso che gli stessi devono essere compiuti in costanza di procedura espropriativa, ed essere rivolti a definire tutti o taluno degli effetti cui il procedimento è preordinato: poichè detti negozi non costituiscono un numerus clausus e consentono alle parti del procedimento di modularne il contenuto in base alle esigenze del caso concreto sia in relazione all’assetto reale dell’immobile che agli effetti patrimoniali (Cass. 17113/2010; 22626/2006; 13217/2005; 6968/2002).

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore della SAFAB in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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