Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-06-2011) 03-10-2011, n. 35807 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– 1 – M.G., medico in servizio presso il pronto soccorso dell’ospedale civile di Acireale, propone ricorso, per il tramite del difensore, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania, del 23 giugno 2010, che ha confermato la sentenza del tribunale della stessa città, sezione distaccata di Acireale, del 14 marzo 2006, che ne ha affermato la responsabilità per il delitto di lesioni personali colpose, commesso in pregiudizio di P.C., e lo ha condannato alla pena ritenuta di giustizia nonchè al risarcimento del danno, da liquidarsi in separato giudizio, in favore della costituita parte civile.

Secondo l’accusa, condivisa dai giudici del merito, l’imputato, nell’eseguire sul P. un intervento di steccatura metallica in relazione ad una frattura a rima obliqua alla prima falange del quarto dito della mano sinistra, per colpa, costituita in negligenza, imprudenza ed imperizia, in particolare, nell’aver trattato la frattura unicamente con una steccatura invece che con un intervento di osteosintesi, ha cagionato al paziente lesioni personali consistite nella ritardata guarigione (sette giorni) e nella introrotazione e nell’accorciamento di circa tre millimetri della falange, con parziale limitazione funzionale dell’articolazione interfalangea;

-2- Avverso detta sentenza ricorre, dunque, il M., che deduce violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove la corte territoriale non ha considerato che l’esecuzione di un trattamento terapeutico diverso da quello che la frattura avrebbe richiesto è stato determinato dall’errore del radiologo, che aveva refertato una frattura "completa" della falange, invece che una frattura "completa ed instabile", che avrebbe comportato un trattamento in osteosintesi. La corte territoriale avrebbe sottovalutato l’imperizia del radiologo e non avrebbe considerato che per protocollo ospedaliere i medici ricevono dal reparto radiologia solo i referti, non anche le lastre, di guisa che l’imputato, non avendo direttamente esaminato la lastra, ha fatto legittimo affidamento al referto; nè vi era ragione alcuna, secondo il ricorrente, per ritenere lacunoso lo stesso referto, che aveva descritto la frattura come "completa", non essendo tenuto egli a sindacare l’operato "specialistico" del collega. Proprio con riguardo al principio dell’affidamento, invocato dall’imputato, il giudice del gravame non avrebbe sostanzialmente interloquito in alcun modo, essendosi limitato a richiamare una massima giurisprudenziale.

Motivi della decisione

-1- Il ricorso è manifestamente infondato, essendo inesistenti i vizi dedotti.

In realtà, il giudice del gravame, nel rispetto della normative di riferimento e dei principi affermati da questa Corte in materia di colpa medica, in piena sintonia con gli elementi probatori acquisiti, richiamando la consulenza tecnica collegiale disposta dal PM -non contestata dall’imputato-, premesso che il referto trasmesso dal reparto di radiologia era certamente incompleto, avendo detto documento fatto riferimento ad una frattura "completa", senza alcun’altra specificazione, pur necessaria ai fini delle scelte terapeutiche (nella sentenza impugnata è stato rilevato che nella loro relazione i consulenti avevano chiarito che "a secondo della rima di frattura, le fratture complete si distinguono in trasversali, longitudinali, oblique o a becco di flauto e spiroidi" e che quelle "a rima trasversale obliqua", come quella occorsa al P., vanno affrontate con trattamento chirurgico di osteosintesi), tanto premesso, dunque, detto giudice ha rilevato specifici profili di colpa nella condotta dell’imputato, da un lato, per essere lo stesso intervenuto personalmente laddove, accertata l’esistenza della frattura, egli avrebbe dovuto inviare il paziente presso il reparto ortopedia dell’ospedale, ovvero chiedere una consulenza ortopedica, dall’altro, per essere intervenuto senza essersi curato di ovviare all’incompletezza del referto attraverso una specifica richiesta al radiologo di chiarimenti, ovvero la diretta visione delle lastre.

L’evidente incompletezza del referto, che non ha specificato a quale tipo di frattura "completa" apparteneva quella patita dal P., pur ad altri imputabile, nulla toghe alla responsabilità dell’imputato al quale, secondo il coerente argomentare della corte territoriale, spettava in quanto responsabile della salute del paziente che gli si era affidato, di accertare, prima di decidere quale intervento eseguire, la reale natura della lesione, proprio al fine di stabilire quale fosse il più corretto approccio terapeutico. L’avere omesso tale doveroso ed indispensabile approfondimento, hanno giustamente sostenuto i giudici del merito, costituisce chiaro profilo di colpa a carico del sanitario, reo, in sostanza, di avere errato nella diagnosi della malattia a causa dell’approccio superficiale ed imperito alla patologia di cui il paziente era affetto.

Deduzioni, dunque, quelle del giudice del gravame, certamente corrette e legittime, a fronte delle quali il ricorrente si è limitato a richiamare il referto del radiologo ed a ripetere che a quest’ultimo doveva attribuirsi l’errore diagnostico, senza confrontarsi concretamente con le argomentazioni poste dal giudice del merito a fondamento della contestata decisione, con ciò avendo finito con il conferire al ricorso proposto il carattere della genericità.

L’accertata esistenza di profili di colpa, d’altra parte, come bene ha sostenuto la corte territoriale, rende certamente non invocabile il principio di affidamento, in relazione al quale questa Corte ha ripetutamente avuto modo di affermare che esso può essere invocato nei casi in cui chi si affida sia esente da responsabilità, non anche in quelli in cui colui che si affida sia in colpa per avere agito in violazione di norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte, come certamente è avvenuto, per le ragioni sopra esposte, nel caso di specie.

-2- Alla manifesta infondatezza dei motivi proposti consegue declaratoria d’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in Euro 1 000,00, nonchè alla rifusione, in favore della costituita parte civile, delle spese di questo giudizio che si liquidano in complessivi 2.500,00 Euro, oltre iva, epa e spese generali nelle misure di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende nonchè alla rifusione, in favore della costituita parte civile, delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 2.500,00, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali nelle misure di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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