Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-02-2012, n. 2983 Assegnazione di fondi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 14-9-2007 P.H. adiva il Tribunale di Bolzano, chiedendo di essere dichiarato assuntore del maso chiuso "Hutter" in P.T. 24/1 C.C. San Genesio, retrolasciato ab intestato dal padre P.A., deceduto l'(OMISSIS), e che venissero determinati gli importi di denaro da versare agli aventi diritto. A sostegno della domanda, l’istante invocava il verbale di conciliazione stipulato il 31-1-2007 dinanzi alla Ripartizione Provinciale Agricoltura, adita ai sensi della L. prov. 28 novembre 2001, n. 17, artt. 21 e 22, nel quale era stato designato assuntore il fratello P.J., ma sotto la condizione, non avveratasi, che sgomberasse i fondi del maso dai veicoli ivi ricoverati entro la data del 30-6-2007, e con la previsione che, in difetto, all’assunzione del maso sarebbe subentrato il ricorrente.

Nei costituirsi, P.J. eccepiva la nullità della clausola condizionale o di decadenza inserita nell’atto di transazione, in quanto in contrasto con la disciplina imperativa dei masi chiusi, e chiedeva in via riconvenzionale la propria designazione quale assuntore.

Gli altri coeredi P.W. e Pl.Ma. ved. P. rimanevano contumaci.

Con sentenza del 4-12-2008 il Tribunale, ritenuta la validità dell’accordo transattivo e preso atto del non contestato mancato avveramento della condizione dello sgombero del maso dai veicoli entro il termine pattuito del 30-6-2007, dichiarava il ricorrente P.H. assuntore del maso chiuso alle condizioni stabilite in sede di conciliazione.

Avverso la predetta decisione proponeva appello P.J..

Con sentenza depositata il 14-7-2009 la Corte di Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, in riforma della decisione impugnata, accertata la nullità parziale dell’accordo di cui al verbale di conciliazione del 30-1-2007, dichiarava P.J. assuntore del maso chiuso in questione, con diritto del coniuge superstite del de cuius al mantenimento ed all’abitazione e con obbligo per l’assuntore di pagamento in favore di ciascuno dei due fratelli della somma di Euro 7.000.000 a titolo di prezzo di assunzione. In motivazione, la Corte territoriale rilevava che la clausola inserita nell’accordo conciliativo stipulato dai coeredi contrastava con la disciplina inderogabile prevista dalla legge provinciale n. 17 del 2011 in materia di masi chiusi, in quanto: a) ai sensi dell’art. 11 il maso, in sede di divisione del patrimonio ereditario, va assegnato ad un unico erede o legatario, con conseguente inammissibilità di un’assegnazione congiunta, anche in tempi successivi, a più eredi o legatari; b) la previsione di un’assunzione condizionata o soggetta a decadenza contrasta con le esigenze di certezza del traffico giuridico sottese alla disciplina contenuta negli artt. 32 e 33 della citata legge provinciale in relazione al rilascio del certificato di eredità; c) una simile previsione viola altresì l’art. 37, comma 6 della legge in esame, secondo cui "il diritto di assumere il maso è inalienabile e non si estingue per prescrizione o decadenza" (salvo il caso di prescrizione del diritto di accettazione dell’eredità ex art. 480 c.c.); d) il divieto di assoggettare il diritto di assunzione a condizione o a termine di decadenza risponde alla medesima esigenza di tutela dei terzi contro il sorgere o il perdurare di uno stato di incertezza, che sorregge l’art. 475 c.c., il quale sanziona con la nullità l’accettazione dell’eredità, subordinata a condizione o a termine.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre P.H., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso P.J., mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.

In prossimità dell’udienza entrambe le parti costituite hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1) In via preliminare deve osservarsi che il ricorrente ha provveduto al tempestivo deposito di copia autentica della sentenza impugnata, munita di relata di notificazione. Non sussiste, pertanto, la causa di improcedibilità del ricorso ex art. 369 c.p.c., n. 2, dedotta dal controricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

2) Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione e falsa applicazione della L. 28 novembre 2001, n. 17, artt. 11, 32 e 33, artt. 1353 e 1369 c.c., nonchè la manifesta illogicità della motivazione, sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, l’apposizione della condizione nel verbale di conciliazione non ha comportato un’assegnazione congiunta del maso in tempi successivi a più eredi, in quanto, in considerazione dell’efficacia retroattiva del verificarsi o del venir meno della condizione, l’unico erede designato quale assuntore del maso deve essere considerato sin dall’inizio P.H.. Deduce, pertanto, che non sussiste alcun contrasto con l’esigenza di certezza del traffico giuridico sottesa alla normativa provinciale in materia di masi chiusi, in quanto, in forza dell’accordo conciliativo, P.J. sarebbe divenuto assuntore del maso e avrebbe potuto ottenere il rilascio del certificato di eredità con il quale tale bene gli veniva assegnato definitivamente solo in caso di avveramento della condizione prevista nell’accordo entro il 30-6-2007.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando la violazione e falsa applicazione della L.P. 28 novembre 2001, n. 17, art. 37, artt. 1353, 1360, 2964, 1362 e 475 c.c., art. 12 preleggi, nonchè la manifesta illogicità della motivazione, sostiene che l’accordo conciliativo concluso dai coeredi non si pone in contrasto con l’art. 37 della legge provinciale, che prevede il divieto di alienazione del diritto di assunzione del maso e la sua imprescrittibilità e non sottoponibilità a decadenza, in quanto: a) l’obbligazione assunta da P.J. di sgomberare il fondo dai macchinari non può configurarsi quale "prezzo", inteso come controvalore del diritto di assunzione; b) la condizione non può essere assimilata alla decadenza; c) la norma dettata dall’art. 475 c.c. in tema di accettazione di eredità non è applicabile all’istituto del maso chiuso, soggetto ad una disciplina speciale.

3) Nel procedere all’esame dei due motivi, deve in primo luogo rilevarsi che il ricorso contiene una sufficiente esposizione dei fatti rilevanti ai fini della decisione, indicando, in particolare, il contenuto della clausola (riportata negli stessi termini nella sentenza impugnata) inserita nell’accordo conciliativo stipulato dai coeredi il 30-1-2007, della cui validità si controverte nel presente giudizio. A pag. 4 e 12, infatti, viene precisato che, in forza della condizione apposta a tale accordo, l’acquisto del diritto all’assunzione del maso chiuso da parte di P.J. veniva subordinato allo sgombero, da parte ed a spese di quest’ultimo, di tutti i macchinari e veicoli e relative pertinenze (ad eccezione delle macchine agricole) dal fondo in questione, entro e non oltre la data del 30-6-2007; e che, in caso di mancato avveramento della suddetta condizione, era previsto l’acquisto del diritto di assunzione del maso da parte di P.H..

Contrariamente a quanto dedotto dal controricorrente, pertanto, il ricorso risulta rispondente al principio di autosufficienza, ponendo questa Corte nelle condizioni di avere, sulla base della sola lettura di tale atto, una puntuale conoscenza degli elementi rilevanti per la definizione delle questioni dibattute.

4) I due motivi di ricorso, che in quanto tra loro strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

Deve premettersi che la speciale normativa dettata in tema di maso chiuso non sottrae tale bene alla successione ereditaria, ma impone unicamente di considerarlo, nella divisione del patrimonio ereditario, come unità indivisibile, e di assegnarlo ad un unico erede o legatario (v. legge provinciale 28 novembre 2011, n. 17, art. 11). In particolare, in caso di successione legittima, l’art. 14 della citata legge provinciale dispone che, "la mancanza di un accordo tra coloro che secondo il codice civile sono chiamati a succedere", l’assuntore (o l’assuntrice) del maso viene determinato dall’autorità giudiziaria, secondo un ordine di preferenza rigorosamente stabilito dalla stessa norma.

Se, dunque, i criteri legali di determinazione dell’assuntore previsti dalla citata norma sono destinati ad operare solo in mancanza di testamento e di un accordo tra i chiamati alla successione legittima, appare evidente che a questi ultimi, al pari che al proprietario-testatore, è riconosciuta ampia libertà nella scelta della persona dell’assuntore del maso.

Ciò posto, si osserva che nulla vieta ai coeredi, nell’esercizio della loro autonomia privata, di inserire nell’accordo divisorio che porta allo scioglimento della comunione ereditaria ed alla individuazione dell’assuntore del maso, un elemento accidentale quale una condizione. E’ appunto ciò che si è verificato nel caso di specie, in cui, secondo quanto accertato in punto di fatto dalla Corte di Appello, la determinazione, nell’accordo conciliativo intercorso tra i coeredi il 31-1-2007, di P.J. quale assuntore del maso, era condizionata allo sgombero a cura del medesimo, entro il 30-6-2007, delle numerose carcasse di autovetture depositate presso il maso, con la previsione che, in caso di mancato avveramento di detta condizione, nella qualità di assuntore sarebbe subentrato P.H..

Onde sgombrare il campo da possibili equivoci, va rilevato che la Corte territoriale, nel ritenere "affetta da nullità parziale con riguardo alla subordinazione della qualità di assuntore in capo a P.J. alla succitata condizione ed alla previsione del subentro, quale assuntore successivo, del fratello" (v. pag. 7), nel puntualizzare che l’accordo conciliativo prevedeva "il subentro, quale assuntore successivo, di P.H. al primo assuntore P.J., in caso di mancato avveramento dell’evento dedotto in condizione" (p.8) e nel ribadire, nel prosieguo della motivazione, la nullità della "clausola contenente la subordinazione del diritto di assunzione alla citata condizione di sgombero, entro il 30-6-2007, delle numerose carcasse di auto depositate presso il maso" (pag. 9), ha chiaramente ravvisato nella clausola in questione una condizione (e non una decadenza), pur non avendo preso espressa posizione circa la sua natura di condizione sospensiva o risolutiva.

Tanto puntualizzato, si osserva che nessuno degli argomenti addotti dalla Corte territoriale a giustificazione della ritenuta invalidità della clausola in esame risulta convincente.

E invero, la condizione prevista dai coeredi, a prescindere dalla sua qualificazione come sospensiva o risolutiva, non viene affatto a violare il principio sancito dalla Legge Provinciale 28 novembre 2011, n. 17, art. 11, secondo cui il maso chiuso, nella divisione del patrimonio, deve essere considerato quale unità indivisibile e non può essere assegnato che ad un unico erede o legatario: l’accordo conciliativo intercorso tra i coeredi, infatti, non ha comportato alcuna attribuzione congiunta del maso, bensì l’assegnazione di tale bene ad un unico erede, in quanto, in forza del (pacifico) mancato avveramento della condizione alla quale era subordinata la designazione di P.J., unico assuntore deve essere considerato sin dall’inizio P.H..

Nè si palesa pertinente il rilievo secondo cui la designazione condizionata dell’assuntore contrasterebbe con le esigenze di certezza del traffico giuridico sottese alla disciplina contenuta negli artt. 32 e 33 della citata legge provinciale in relazione al rilascio del certificato di eredità. E’ evidente, infatti, che P.J. avrebbe potuto ottenere dal giudice il rilascio del certificato di eredità con il quale il maso gli veniva definitivamente assegnato solo qualora si fosse verificata, entro il 30-6-2007, la condizione apposta nell’accordo conciliativo. In pendenza della condizione, al contrario, il predetto avrebbe potuto eventualmente richiedere solo il rilascio di un certificato di eredità contenente l’espressa menzione della condizione prevista in tale accordo, analogamente a quanto stabilito dal R.D. 28 marzo 1929, n. 499, art. 18 (Disposizioni relative ai libri fondiari nei territori delle nuove Province), secondo cui, in caso di istituzione di erede testamentario "sotto condizione o con onere modale", il Tribunale deve farne espressa menzione nel certificato di eredità. E tale certificato, in caso di mancato avveramento della condizione, ben avrebbe potuto essere revocato e sostituito da un nuovo certificato rilasciato in favore di P.H., in base al combinato disposto della L.P. 28 novembre 2011, n. 17, art. 33 e R.D. 28 marzo 1929, n. 499, art. 20.

Sotto altro profilo, si osserva che non appare conferente il riferimento alla L.P. n. 17 del 2001, art. 37, il quale stabilisce che "il diritto di assumere il maso è inalienabile e non si estingue per prescrizione o decadenza", ma non prevede affatto l’inammissibilità di condizioni apposte a tale diritto. Orbene, contrariamente a quanto ipotizzato nella sentenza impugnata, la condizione alla quale era subordinata la designazione quale assuntore di P.J. (lo sgombero da parte del medesimo, entro il 30-6- 2007, delle carcasse di autovetture depositate presso il maso) non assolveva certamente la funzione di corrispettivo del trasferimento del diritto di assunzione e non si poneva, quindi, in contrasto con il divieto di alienazione di tale diritto. Nè, anche a voler qualificare la condizione apposta all’accordo in questione come risolutiva, sarebbe possibile assimilare la stessa alla decadenza, ai sensi e per gli effetti previsti dal menzionato art. 37, data la differenza ontologica e strutturale esistente tra i due istituti – il divieto di apposizione di condizioni al diritto di assunzione del maso, infine, non potrebbe essere desunto, in via analogica, dalla norma dettata dall’art. 475 c.c., che sancisce la nullità della dichiarazione di accettare l’eredità sotto condizione o a termine.

Il diritto all’assunzione del maso, infatti, va tenuto ben distinto dal diritto di accettare l’eredità; diritto che nella specie i coeredi hanno già esercitato positivamente nel momento stesso in cui si sono accordati sulla divisione del patrimonio ereditario e sull’assegnazione del maso in esso compreso.

Per le ragioni esposte s’impone la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, in diversa composizione, la quale si atterrà agli enunciati principi di diritto, provvedendo anche sulle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente grado alla Corte di Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *