Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-06-2011) 03-10-2011, n. 35805 Omicidio colposo concorso di reati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– 1 – Intorno alle ore (OMISSIS), in (OMISSIS), all’incrocio tra le vie (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), l’autovettura "Fiat Panda" di colore rosso, condotta da S.D., con a bordo F.D. e H. F., è entrata in collisione con altra "Fiat Panda", condotta da R.F., con a bordo M.D.. A seguito dell’impatto, la "Panda" del R. si è ribaltata ed il M., rimasto con la testa incastrata tra la carrozzeria dell’auto e l’asfalto stradale, ha riportato gravi lesioni craniche che ne hanno determinato il decesso. Tutti gli altri occupanti le vetture coinvolte nell’incidente hanno riportato lesioni di varia natura e gravità, guarite in tempi diversi; in particolare, il R. – che non ha presentato querela – ha subito lesioni personali giudicate guaribili in 45 giorni.

Secondo l’accusa, il S., trovandosi alla guida della propria auto in condizioni di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti ed alcoliche, dopo avere eseguito ripetute e spericolate manovre, proibite dal codice della strada, transitando nel centro cittadino a forte velocità, talvolta contromano, senza rispettare segnali di precedenza, giunto all’incrocio tra le predette vie a forte velocità, ignorando i segnali di arresto e di precedenza, ha urtato violentemente l’auto del R., che procedeva regolarmente lungo la propria direttrice di marcia, provocando, con tale condotta, l’incidente del quale è rimasto vittima il M..

Chiamato a rispondere – unitamente ai suoi compagni F. e H., separatamente giudicati – del delitto di cui agli artt. 110, 113 e 589 del codice penale, nonchè del reato di cui all’art. 187 del codice della strada, cui si è aggiunta, in sede di udienza preliminare, l’ulteriore contestazione del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica (con tasso alcolemico pari a 1,59 g/1), il S. ha chiesto ed ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato.

– 2 – Il Gup del Tribunale di Varese, con sentenza del 6 maggio 2008, ha giudicato l’imputato colpevole del delitto di omicidio colposo in danno di M.D., aggravato dalla previsione dell’evento, e del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica e lo ha condannato, ritenuta la continuazione tra i reati, alla pena di tre anni, dieci mesi di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite; con la stessa sentenza, il Gup ha applicato all’imputato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per anni tre e mesi dieci.

– 3 – Su appello proposto dall’imputato, la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 14 gennaio 2010, in parziale riforma della sentenza del Gup di Varese, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del S. per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica perchè estinto per prescrizione ed ha, in conseguenza, ridotto a tre anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione la pena inflitta dal primo giudice, con esclusione della pena pecuniaria, ed ha confermato, nel resto, la decisione impugnata.

– 4 – Avverso tale sentenza propone ricorso, per il tramite del difensore, S.D., che deduce:

A) Violazione degli artt. 521 e 522 c.p., laddove i giudici del merito hanno ritenuto di applicare la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 3, mai contestata; il vizio, benchè dedotto nei motivi d’appello, è stato ignorato dalla corte territoriale; la violazione delle norme citate comporta, secondo il ricorrente, la nullità di ambedue le sentenze di merito, con rinvio al primo giudice;

B) Violazione degli artt. 589/3, 590/5 e 120 del codice penale, laddove, nel determinare la pena, è stato previsto un aumento di otto mesi di reclusione "per le lesioni" oltre ad un aumento di sei mesi della durata della sospensione della patente di guida, ciò benchè la persona offesa, R.F., non avesse sporto querela, come è stato segnalato nella stessa sentenza. Sostiene il ricorrente, citando la giurisprudenza di questa Corte, che la fattispecie disciplinata dall’art. 589 cod. pen., comma 3, non costituisce un’autonoma figura di reato complesso, nè da luogo ad una circostanza aggravante rispetto alla fattispecie descritta nel primo comma, ma prevede solo un’ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo quoad poenam, di guisa che, ogni fattispecie conserva la propria autonomia e distinzione. Il reato di lesioni colpose in pregiudizio del R., quindi, conserva la propria autonomia rispetto al delitto di omicidio colposo e dunque, in assenza di querela, non è procedibile e di esso il giudice non può tener conto ai fini della determinazione della pena. Secondo il ricorrente, sul punto la sentenza impugnata dovrebbe essere annullata senza rinvio con rideterminazione della pena e della sanzione amministrativa accessoria depurate dagli aumenti disposti per detto reato;

C) Violazione dell’art. 62 cod. pen., n. 6, in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno alle parti civili costituite, alle quali la società assicuratrice ha versato, complessivamente, Euro 550.000,00 prima che venisse instaurato il giudizio. Il diniego dell’attenuante, si sostiene nel ricorso, è stato giustificato dalla corte territoriale richiamando la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’attenuante non può essere riconosciuta allorchè la dazione sia conseguente all’intervento di una compagnia assicuratrice, senza considerare, tuttavia, quanto affermato dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 138/1998, che ha ritenuto l’art. 62, n. 6, conforme all’art. 3 Cost., solo allorchè si ritenga che esso trovi applicazione anche nel caso in cui il risarcimento del danno sia intervenuto in forza di assicurazione obbligatoria per la circolazione di autoveicoli. Il ricorrente chiede, quindi l’annullamento, sul punto, della sentenza impugnata e, in subordine, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 62 cod. pen., n. 6, per violazione dell’art. 3 Cost.;

D) Violazione degli artt. 186 e 222 C.d.S., laddove la corte territoriale dopo avere dichiarato estinto per prescrizione il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica; non ha eliminato l’aumento di sei mesi della durata della sospensione della patente di guida, imposto per tale reato;

E) Vizio di motivazione in punto di concorso di colpa della vittima;

la questione, sollevata nei motivi d’appello, sarebbe stata ignorata dalla corte territoriale; anche su tale punto, la sentenza impugnata dovrebbe essere annullata con rinvio:

F) Mancanza di motivazione in punto di quantificazione della durata della sanzione amministrativa accessoria, fissata in misura eccedente i massimi previsti al tempo dei fatti; la questione, sottoposta all’esame della corte territoriale con i motivi d’appello, sarebbe stata del tutto ignorata;

G) Mancanza di motivazione in punto di liquidazione delle spese del giudizio di primo grado (Euro 12.000,00).

Motivi della decisione

-1- Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.

A) Certamente infondato è il primo motivo di ricorso.

In realtà, la presunta aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 3, (l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento), non solo non è stata mai contestata all’imputato, ma non è stata mai presa in considerazione dai giudici del merito, tantomeno dagli stessi è stata riconosciuta ed applicata in termini di aumento della pena. Nè a diversa conclusione può indurre il riferimento alla "colpa cosciente" utilizzato dai giudici del merito, trattandosi di espressione, certamente impropria, inserita nel contesto argomentativo della sentenza, ma priva di effetti sotto il profilo sanzionatorio atteso che, come chiaramente emerge dalla lettura della sentenza di primo grado, sono stati la gravità dei fatti ed il grado della colpa ad indurre il giudicante ad individuare la pena base per il delitto di omicidio colposo nel massimo previsto dalla legge (cinque anni), mentre nessun aumento è stato previsto, se non a titolo di continuazione per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica.

La evidente infondatezza della censura ha, d’altra parte, evidentemente indotto il giudice del gravame ad ignorarla.

B) Fondato è il secondo dei motivi proposti.

Invero, premesso che la fattispecie descritta dall’art. 589 cod. pen., comma 3 (omicidio colposo plurimo ovvero accompagnato da lesioni colpose) "non costituisce un’autonoma figura di reato complesso, nè da luogo alla previsione di circostanza aggravante rispetto al reato previsto dal primo comma, ma prevede un’ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo "quoad poenam", con la conseguenza che ogni fattispecie di reato conserva la propria autonomia e distinzione" (Cass. n. 3127/1999, n. 565/1979);

riconosciuta, quindi, la piena autonomia del delitto di lesioni colpose, evidentemente anche sotto il profilo della procedibilità dello stesso, deve rilevarsi che erroneamente i giudici del merito hanno affermato la responsabilità dell’imputato e lo hanno condannato anche per le lesioni patite da R.F., posto che costui, come è stato specificato anche nel capo d’imputazione, non ha proposto querela.

In ordine al delitto di lesioni colpose in danno di R.F., quindi, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè l’azione penale non avrebbe dovuto essere esercitata per mancanza di querela, con conseguente eliminazione della relativa pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione (depurata dalla diminuente del rito la pena base di otto mesi), nonchè della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida applicata per la durata di sei mesi.

In accoglimento del quarto motivo di ricorso, deve essere, altresì eliminata la medesima sanzione accessoria applicata dal primo giudice, per la durata di sei mesi, in relazione alla condanna del S. per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica.

Invero, in conseguenza della declaratoria di estinzione di detta contravvenzione per intervenuta prescrizione, la corte territoriale avrebbe dovuto eliminare, non solo la pena, detentiva e pecuniaria, inflitta dal primo giudice, ma anche la sanzione amministrativa a quel titolo applicata. Invero, l’estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell’imputato comporta la eliminazione della stessa, ove in precedenza imposta, essendo tale applicazione, ai sensi dell’art. 224 C.d.S., comma 3, rimessa alla competenza del Prefetto. Anche sul punto, la sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata senza rinvio, con eliminazione di sei mesi della sospensione della patente di guida e con trasmissione di copia della presente sentenza al Prefetto di Varese per le valutazioni di competenza.

C) Fondato è anche il terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno.

A tale proposito, la corte territoriale, ha ritenuto che, essendo stato il risarcimento del danno in favore degli eredi M. effettuato dalla compagnia assicuratrice "Lloyd Adriatico", l’invocata attenuante non poteva essere concessa sul rilievo che l’indennizzo, intervenuto tramite una società assicuratrice a ciò obbligata contrattualmente, non costituisce prova del ravvedimento dell’imputato, che non avrebbe rivolto le proprie scuse ai familiari della vittima.

Orbene, osserva la Corte che, con sentenza n. 138/1998, la Corte Costituzionale, in una vicenda relativa ad un contratto di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi in materia di circolazione stradale, ha ritenuto la natura oggetti va dell’attenuante in questione ed ha sancito la riferibilità all’assicurato del risarcimento operato dalla società assicuratrice.

Ha osservato, in particolare, la stessa Corte che un’interpretazione dell’attenuante in chiave meramente soggettiva, che ravvisasse nella stessa finalità rieducative, contrasterebbe con l’art. 3 Cost., poichè implicherebbe una svalutazione dell’istituto della assicurazione obbligatoria della responsabilità civile che svolge una funzione riequilibratrice in attuazione della predetta norma costituzionale.

Proprio in ossequio a tale interpretazione della predetta norma, questa Corte ha affermato che: "In tema di attenuante del risarcimento del danno, alla luce dell’interpretazione adeguatrice dell’art. 62 cod. pen., n. 6, fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 138 del 1998, deve ritenersi che detta attenuante (da riguardarsi come soggettiva solo relativamente agli effetti mentre, quanto al suo contenuto, è qualificabile come essenzialmente oggettiva), sia riconoscibile anche nel caso in cui il risarcimento sia stato effettuato da un istituto o un’impresa di assicurazione" (Cass. n. 46557/04); principio ribadito da Cass. 13870/09.

Le stesse Sezioni Unite di questa Corte, d’altra parte, pur avendo segnalato il carattere "volontaristico" dell’attenuante in questione, nel senso che l’intervento risarcitorio deve comunque essere riferito all’imputato, ha precisato che anche nella stipula di un contratto di assicurazione a copertura dei danni derivanti dall’esercizio di attività pericolose può ravvisarsi la volontà di riparazione (Cass. SU n. 5941/09).

Si deve concludere, quindi, nel senso che anche il risarcimento eseguito da una società di assicurazioni deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato tutte le volte in cui questi ne abbia coscienza e mostri la volontà di farlo proprio.

La sentenza impugnata deve quindi essere annullata, quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 cod. pen., n. 6, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, che si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato.

D) Infondato è il quinto dei motivi proposti, con il quale il ricorrente si duole del mancato esame del motivo d’appello con il quale aveva chiesto il riconoscimento del concorso di colpa della vittima, in ragione del fatto che la stessa non indossava la cintura di sicurezza.

In realtà, se è vero che nella sentenza impugnata non si rileva uno specifico esame della questione, è altresì vero che dal contesto della motivazione -in particolare laddove è stata ripetutamele stigmatizzata la condotta irresponsabile dell’imputato, che si è posto alla guida della propria auto in alterate condizioni psicofisiche a causa dell’eccessiva assunzione di bevande alcoliche, che è transitato ripetutamente per le vie cittadine a velocità elevata, indifferente ai segnali di arresto e di precedenza, ha posto in pericolo l’incolumità di quanti si sono trovati a transitare, mentre è stata segnalata la regolare condotta di marcia dell’auto investita- si deduce chiaramente come il giudice del gravame abbia nei fatti valutato la vicenda nel suo complesso e non abbia riscontrato alcuna responsabilità in capo alla vittima, avendo evidentemente ritenuto che la causa dell’incidente dovesse esclusivamente ricondursi alla condotta gravemente colpevole dell’imputato, e che, in conseguenza, del tutto irrilevante, ai fini dell’incidente e delle sue gravi conseguenze, dovesse ritenersi il mancato utilizzo, peraltro solo supposto, delle cinture di sicurezza da parte della vittima.

E) Infondato è il sesto motivo, con il quale viene censurata la mancanza di motivazione in punto di individuazione della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

Rilevato che la censura riguarda ormai solo la durata della predetta sanzione imposta per il delitto di omicidio colposo, atteso che quella applicata per il reato di lesioni colpose e di guida in stato di ebbrezza alcolica sono state in questa sede eliminate per le ragioni sopra specificate, osserva la Corte che la censura è infondata posto che il giudice del gravame non ha omesso di motivare sul punto. Detto giudice, in realtà, ha esaminato le osservazioni poste nei motivi d’appello in tema di durata di detta sanzione (peraltro, per quanto si riferisce all’omicidio colposo, applicata nel minimo) ed ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per la riduzione della stessa; motivazione certo sintetica, e tuttavia sufficiente in quanto da ritenersi integrata da quanto lo stesso giudice aveva appena segnalato circa la gravità della condotta dell’imputato ed il grado della colpa.

F) Fondato è, infine, l’ultimo dei motivi proposti, relativo alla quantificazione delle spese del giudizio di primo grado in favore delle parti civili costituite, la cui liquidazione è stata oggetto di specifico motivo d’appello, tuttavia del tutto ignorato dalla corte territoriale che, sul punto, ha quindi omesso di decidere.

– 2 – In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata:

– senza rinvio relativamente: a) all’imputazione di lesioni colpose in pregiudizio di R.F. perchè l’azione penale non avrebbe potuto essere esercitata per mancanza di querela, con conseguente eliminazione della pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, nonchè della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida imposta per la durata di sei mesi in relazione alla predetta imputazione; b) all’applicazione della predetta sanzione per la durata di ulteriori mesi sei in relazione all’imputazione di guida in stato di ebbrezza alcolica, con trasmissione della presente sentenza al Prefetto di Varese per quanto di competenza ai sensi dell’art. 224 C.d.S., comma 3;

– con rinvio ad altra sezione della corte d’Appello di Milano relativamente ai punti concernenti: a) l’attenuante di cui all’art. 62 cod. pen., n. 6; b) la liquidazione delle spese del procedimento di primo grado in favore delle costituite parti civili; la stessa corte territoriale provvedere al regolamento, tra le parti private, delle spese del presente giudizio.

Per il resto, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, relativamente alla imputazione di lesioni colpose in danno di R.F., perchè l’azione penale non avrebbe potuto essere esercitata per mancanza di querela, ed elimina la relativa pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione.

Annulla senza rinvio la stessa sentenza impugnata relativamente alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida in relazione alle imputazioni di lesioni in danno di R. F. e di guida in stato di ebbrezza, ed elimina le relative sanzioni, rispettivamente di sei mesi ciascuna, disponendo che copia della presente sentenza venga rimessa al Prefetto di Varese per quanto di sua competenza al riguardo.

Annulla la sentenza impugnata relativamente ai punti concernenti l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, e la liquidazione delle spese del procedimento di primo grado in favore delle costituite parti civili, con rinvio su tali punti ad altra sezione della corte d’Appello di Milano, cui demanda anche il regolamento delle spese fra le parti per questo giudizio.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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