Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 03-10-2011, n. 35744 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

La Corte di appello di Catania, con sentenza in data 1 marzo 2010, ha confermato – riducendo solo l’importo della provvisionale concessa alla parte civile – la sentenza del G.U.P presso il Tribunale di Caltagirone del 12 marzo 2009, che ha condannato C.U. alla pena di anni quattro di reclusione, per i delitti di cui agli artt. 81 cpv. e 609-bis c.p. e art. 609-ter c.p., n. 1 (violenza sessuale aggravata in danno di minori di anni 14), perchè, in qualità di insegnante di musica costringeva con violenza Co.

I. a subire atti sessuali, abbassandogli i pantaloni e masturbarlo, l’1 luglio 2008; costringeva in modo insidioso e repentino Ca.Ga. e D.M. a subire atti sessuali, palpeggiandoli nelle parti intime approfittando delle modalità di solfeggio, in date imprecisate tra il maggio e luglio 2008, fatti tutti accaduti in Caltagirone.

L’imputato, per mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi:

1. Mancanza, contraddìttorietà o manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’applicazione dei criteri di cui all’art. 192 c.p.p., in riferimento alle dichiarazioni di Co.

I. (reato di cui al capo a), la cui attendibilità è stata fondata sui risultati della consulenza tecnica del PM, senza valutare la documentazione acquisita, l’interrogatorio dell’imputato e non fornendo risposta alle censure presentate dalla difesa in appello.

Infatti la consulente si era espressa in termini di mera compatibilità dei segni di disagio emotivo e comportamentale manifestati dal ragazzino e il possibile abuso, peraltro senza essere in possesso della documentazione medica relativa al ricovero del minore avvenuto nell’anno precedente presso il reparto di neuropsichiatria infantile con la diagnosi di cefalea disturbo d’ansia. La Corte di appello non avrebbe dato credito alla diversa interpretazione plausibile ed alternativa che Co.Is. avesse somatizzato il racconto del compagno di corso M., che gli aveva riferito che " C. era finocchio" ed inoltre doveva essere dato rilievo al fatto che l’imputato aveva detto al ragazzino che non aveva talento musicale e non sarebbe perciò entrato nella banda.

Inoltre i giudici non avrebbero esaminato le contraddizioni, le inverosimiglianze nel racconto del minore e della madre che ebbe a riferire quanto narratole dal figlio.

2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione ai capi b) e c) (abusi sessuali in danno degli altri due minori), in quanto il toccamento delle parti intime era stato involontario durante le fasi di insegnamento del solfeggio, in quanto i ragazzini stavano seduti a suonare, come deducibile dalle dichiarazioni della teste F.V., che ha riferito che il maestro correggeva D. con il solfeggio.

3. Insufficiente motivazione circa la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. (art. 609 quater c.p., comma 4) – i giudici avrebbero dovuto dare una valutazione globale al fatto, ai mezzi di coartazione ed alla non particolare invasività delle molestie.

4. Contraddittorietà della motivazione in ordine al medesimo punto, in quanto la Corte di appello, pur avendo affermato che la libertà della vittima era stata compressa in maniera grave, ha anche accolto il motivo di appello sull’entità della provvisionale, riducendo la stessa da 5 mila a duemila euro.

5. Mancanza di motivazione in ordine alla rideterminazione della pena, per aver negato la prevalenza delle attenuanti generiche senza fornire alcuna motivazione sull’eccessivo computo della pena determinata per la continuazione, in applicazione corretta dei criteri dell’art. 133 c.p..

Motivi della decisione

1. I motivi di ricorso non sono fondati.

La sentenza di appello, confermando la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado ed esprimendo la propria condivisione per le considerazioni valutative e l’applicazione dei principi di diritto ivi esposti, ha sviluppato una propria autonoma argomentazione, all’esito del compiuto esame delle censure avanzate dall’appellante, confermando il giudizio di piena attendibilità delle testimonianze dei minori, alla luce anche degli elementi probatori di riscontro dei fatti e della tenuta logica della ricostruzione degli abusi sessuali commessi. Come è noto, in tema di sindacato del vizio della motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito o di seguire possibili interpretazioni e ricostruzioni alternative dei fatti, suggerite dal ricorrente, ma quello di stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

Va innanzitutto precisato che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto (Cfr. Sez. 2, n. 18163 del 6/5/2008, Ferdico, Rv.

239789). Di contro, solo esaminando il compendio probatorio nel suo complesso, all’interno del quale ogni elemento è stato contestualizzato, è possibile verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione.

I giudici di merito hanno fatto buon governo dei principi di diritto affermati in materia di testimonianza della persona offesa minorenne nei reati sessuali, in relazione alla quale non è necessario applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016), anzi il giudice può trarre il proprio convincimento circa la colpevolezza dell’imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalle persone offese, sempre che siano state sottoposte a vaglio positivo circa la loro attendibilità. In particolare, per i minori è necessario che l’esame della credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di più elementi quali l’attitudine a testimoniare, la capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, la qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute (Così Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010, P.C. in proc. R. e altri., Rv. 247740).

2. La decisione impugnata, quindi, con motivazione congrua e priva di smagliature logiche, è stata fondata sulle dichiarazioni testimoniali delle persone offese e sui riscontri di altri testimoni ( V.N., F.V., M.A.) anch’essi alunni dell’imputato – in quanto frequentanti il corso per l’accesso al corpo bandistico del Comune di Caltagirone o già componenti di detta banda – e delle testimonianze de relato della madre del Co. e di B.A..

In merito al primo motivo di ricorso, già avanzato nell’atto di appello, i giudici catanesi hanno motivatamente ribadito la piena capacità a deporre del minore Co.Is., attesa la irrilevanza dei pregressi disturbi di ansia del 2007, come evidenziato dalla relazione della consulente tecnica di ufficio, ed hanno espresso un giudizio di credibilità ed attendibilità delle sue dichiarazioni, esaminate alla luce dei criteri di valutazione della migliore letteratura sul tema e soprattutto confortata dai riscontri costituiti dalle dichiarazioni testimoniali del M. e della madre del minore e dai rilievi tecnici effettuati nel locale adibito a bagno, che avevano confermato i dettagli del racconto circa i luoghi ove era avvenuta la violenza e la impossibilità del minore di sottrarsi alla stessa, perchè l’imputato aveva ostruito lo stretto ingresso del locale. E’ stata inoltre ritenuta destituita di fondamento la illazione circa il mancato talento musicale rivelato al ragazzino e l’ipotizzata ritorsione, posto che era risultato in atti che il Co. studiava il flauto già da due anni, ed inoltre risultava da altre testimonianze che l’imputato insegnava diversamente da quanto dichiarato dall’imputato, anche tale strumento.

3. La Corte di appello ha ritenuto del pari attendibili le deposizioni di Ca.Ga. (pienamente capace di deporre come riferito dalla consulente), che sono state confermate da V. N., e quelle di D.M., che era stato molestato con lo stesso stratagemma dell’aiuto a solfeggiare, come rivelato dall’alunna F., per cui risulta infondato anche il secondo motivo di ricorso, risultando palesemente smentita ogni possibilità di equivoco circa l’intenzionalità dei palpeggiamenti posti in essere dal C..

4. Del pari risultano infondate le censure avanzate (terzo e quarto motivo di ricorso) in merito al mancato riconoscimento della diminuente del caso di minore gravita, che sarebbe compatibile con quella di cui all’art. 609 quater c.p., comma 4: i giudici di merito hanno infatti esaustivamente espresso le ragioni che escludono la configurabilità dell’attenuante del fatto di lieve entità per il comportamento subdolo ed ingannevole con il quale gli abusi di cui ai capi b) e c) si verificarono da parte dell’insegnante di musica – con il pretesto di insegnare il solfeggio – e per la reiterazione delle molestie sessuali a diversi minori, elementi che sono stati ragionevolmente valutati dai giudici quali integranti una grave compressione della libertà sessuale delle vittime. Pari grave compressione della libertà sessuale è stata individuata nella condotta masturbatoria posta in essere nei confronti del minore Co.Is. all’interno del bagno ove lo stesso si era recato per un bisogno fisiologico.

5. Infine infondato il motivo di ricorso che lamenta il mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche e della applicazione della pena al minimo di legge, posto che i giudici di appello hanno espresso la valutazione di adeguatezza della pena irrogata in primo grado con riferimento alle modalità ed alle circostanze degli episodi illeciti.

Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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