Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-06-2011) 03-10-2011, n. 35832 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 5 ottobre 2010, il Gup del Tribunale di Treviso, su richiesta delle parti, ex art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a Z.Y., imputata di guida in stato di ebbrezza alcolica, la pena di giorni 160 di arresto e 2.000,00 Euro di ammenda, sostituita la pena detentiva con la pena pecuniaria corrispondente pari ad Euro 6.080,00; con la stessa sentenza, il giudice ha disposto la sospensione della patente di guida dell’imputata per venti mesi.

Avverso tale sentenza propone ricorso la Z., che deduce: a) violazione di legge per avere il giudice del merito applicato una pena diversa da quella concordata; b) vizio di motivazione della sentenza impugnata con riguardo alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.

Giova premettere che l’imputata, in sede di opposizione a decreto penale di condanna aveva chiesto -ottenendo il consenso del PM- l’applicazione della seguente pena: mesi quattro di arresto (giorni 120) e 2.000,00 Euro di ammenda, sostituita la pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria pari ad Euro 4.560,00, per una pena complessiva di Euro 6.560,00, condizionalmente sospesa; nel calcolo della pena, era stata prevista una pena base di sei mesi (giorni 240) e 3.000,00 Euro di ammenda; era stata anche prevista l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di dodici mesi.

Orbene, tanto premesso, osserva la Corte:

a) Certamente infondato è il secondo motivo di ricorso che deve essere, quindi, rigettato.

In realtà, la determinazione della durata della predetta sanzione, che consegue di diritto all’accertamento dell’illecito contestato anche nel caso di sentenza emessa ex art. 444 codice di rito, rientra nell’esclusivo esercizio del potere discrezionale del giudice ed è, in conseguenza, sottratto all’accordo tra le parti. Del tutto correttamente, quindi, il giudicante ha indicato in venti mesi la durata della predetta sanzione, con ciò legittimamente discostandosi dalla indicazione contenuta nel patto.

Inesistente è, d’altra parte, il dedotto vizio motivazionale, avendo lo stesso giudice, seppure in termini sintetici, indicato le ragioni della decisione adottata, individuate nell’elevato tasso alcolemico accertato, pari a 2,71 e 2,46 g/l, e nelle conseguenze che da tale condotta ne sono derivate. b) Fondato è, viceversa, il primo dei motivi proposti.

Invero, non può dubitarsi che l’accordo intercorso tra le parti prevedeva l’applicazione della pena di mesi quattro di arresto, specificata ulteriormente nella misura di 120 giorni, sostituita con la pena pecuniaria corrispondente, e 2.000,00 Euro di multa. E’, dunque, frutto di errore l’indicazione contenuta nella parte motiva, che individua detta pena in giorni 160 di arresto; errore probabilmente determinato dal fatto che nell’accordo, nell’indicare la pena base in mesi sei, le parti hanno rapportato la stessa pena a giorni 240, invece che 180.

Resta, in ogni caso, nell’accordo, la corretta determinazione finale della pena da applicare in mesi quattro di arresto, corrispondenti a 120 giorni. Determinazione che non può esser messa in discussione dall’errata indicazione, in termini di giorni, della pena base, anche perchè "la valutazione di congruità della pena oggetto dell’accordo tra le parti deve aver riguardo alla pena indicata nel risultato finale indipendentemente dai singoli passaggi interni, in quanto è unicamente il risultato finale che assume valenza quale espressione ultima e definitiva dell’incontro delle volontà delle parti" (Cass. n. 28641/09).

E’, dunque, incorso il giudice del merito in un mero errore materiale alla cui correzione, che non comporta alcuna modificazione sostanziale dell’atto, può procedere direttamente questa Corte attraverso la rettifica, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., della pena applicata, nella misura finale indicata nel patto.

P.Q.M.

Rettifica la pena applicata in mesi quattro di arresto (pari a giorni 120), sostituiti con Euro 4.560,00 di ammenda, ed Euro 2.000,00 di ammenda, e quindi in complessivi Euro 6.560,00 di ammenda. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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