Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 09-06-2011) 03-10-2011, n. 35802 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– 1 – L.F., imputato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 1 bis – per avere illecitamente detenuto a scopo di cessione a terzi gr. 13,506 di cocaina (con principio attivo pari a gr. 4,160), nonchè gr. 83,768 di hashish, gr. 5,701 di oppio, con principio attivo pari a gr. 1,057, e gr. 3,036 di marijuana – è stato tratto a giudizio immediato davanti al giudice monocratico del Tribunale di Genova. Prima dell’apertura del dibattimento, i difensori dell’imputato hanno depositato memoria con contestuale reiterazione di richiesta di applicazione della pena, già rigettata dal Gup, consentita dal PM. In accoglimento della richiesta, il tribunale, con sentenza del 24 marzo 2009, ritenuta nei fatti contestati l’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5 riconosciute le circostanze attenuanti generiche, con la diminuente del rito, ha applicato la pena concordata di due anni di reclusione e 6.700,00 Euro di multa, dichiarata sospesa alle condizioni di legge.

– 2 – Avverso detta sentenza, propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Genova che denuncia l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge con riguardo alla concessa attenuante della lieve entità del fatto, non riconoscibile, a suo giudizio, nel caso di specie sia per il quantitativo di droga nel cui possesso l’imputato è stato sorpreso, sia per le modalità del fatto, caratterizzate dalla disponibilità di quattro diversi tipi di stupefacente, mentre del parziale uso personale della droga da parte della fidanzata del L. non vi sarebbe in atti traccia alcuna. La motivazione della sentenza sarebbe anche illogica e contraddittoria, laddove non considera che, ove anche la fidanzata dell’imputato fosse stata consumatrice di droga, l’ipotesi delittuosa contesta sarebbe ugualmente integrata.

– 3 – Con memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte, la difesa dell’imputato eccepisce la tardività dell’impugnazione proposta.

Richiamando una recente sentenza di questa Corte, che ha indicato in quindici giorni il termine d’impugnazione della sentenza di patteggiamento emessa a norma dell’art. 448 cod. proc. pen., comma 1, l’imputato ha rilevato che il ricorso, depositato l’8 maggio 2009, era tardivo a fronte della notifica dell’avviso di deposito avvenuta il 14.4.2009.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per essere stato tardivamente proposto.

Occorre premettere che, in tema di patteggiamento, la Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza del 12.10.93 (rv 195617), affrontando il tema della individuazione del rito da osservare – se quello della pubblica udienza o quello della camera di consiglio – per la decisione dei ricorsi proposti avverso procedimenti definiti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., hanno affermato che la sentenza di patteggiamento può ritenersi emessa in dibattimento solo nei casi in cui il PM non aderisca alla richiesta della parte (secondo la normativa al tempo vigente) e la richiesta stessa venga dal giudice accolta in esito al dibattimento. In tutti gli altri casi, la sentenza non può ritenersi emessa nel dibattimento – ad evitare il quale tende proprio il procedimento speciale in questione – e, se la sentenza è impugnata per cassazione, il ricorso va deciso in camera di consiglio.

Tale puntualizzazione consente di concludere nel senso che la sentenza di patteggiamento può ritenersi "dibattimentale" solo allorchè, in esito al dibattimento, il giudice applichi la disciplina in questione; in tutti gli altri casi, la sentenza deve ritenersi emessa in camera di consiglio.

Alla stregua di tali principi, è stato successivamente affermato, in un caso del tutto identico a quello oggetto del presente ricorso, che: "La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciata, a seguito di richiesta nel corso degli atti preliminari alla dichiarazione di apertura del dibattimento, non può che considerarsi come pronunciata in camera di consiglio. Ne consegue che i termini di impugnazione vanno determinati ai semi dell’art. 585, comma 1, lett. a) e comma 2, lett. a)" (Cass. n. 3245/94); e dunque, detto termine è di quindici giorni.

Principio che è stato successivamente ribadito da questa Corte (Cass. n. 5984/09), che – dopo avere precisato, richiamando le pronunce in materia, che deve ritenersi ormai superato l’orientamento che sostiene che la previsione dell’art. 585/1/a si applichi solo a provvedimenti, emessi a seguito di procedura camerale, diversi dalle sentenze – ha ulteriormente affermato che: "il termine di impugnazione della sentenza di patteggiamento emessa a norma dell’art. 448 cod. proc. pen., comma 1; è di quindici giorni anche se il giudice abbia formulato irrituale riserva di motivazione dilazionata, e decorre dall’ultima delle notificazioni eseguite all’imputato o al difensore" (Cass. n. 5496/10).

Principio, che può dirsi ormai consolidato, condiviso da questa Corte.

Tanto premesso, deve darsi atto della tardività dell’odierno ricorso.

Accertato, invero, attraverso l’esame degli atti, che la sentenza impugnata è stata comunicata al procuratore generale il 14 aprile 2009 e che il ricorso è stato dallo stesso depositato l’8 maggio successivo, ne discende la tardività dell’impugnazione, proposta ben oltre il termine di quindici giorni, come sopra individuato.

Di qui l’inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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