T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 28-10-2011, n. 333 Condominio di edifici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il dante causa della ricorrente aveva realizzato senza titolo, sulla copertura dell’edificio sito in Gubbio, frazione Cipolleto, di cui è comproprietaria, due pannelli solari con serbatoio di accumulo esterno.

In data 11 dicembre 2009, il Comune di Gubbio (su esposto del comproprietario sig. G.) ha effettuato un sopralluogo ed avviato il procedimento sanzionatorio.

2. In data 13 aprile 2010 la ricorrente, al fine di regolarizzare l’installazione, ha presentato una d.i.a. in sanatoria, qualificandosi come "proprietaria" (anziché come comproprietaria) dell’immobile oggetto dell’intervento.

Il Comune, con atto prot. 19195 in data 3 maggio 2010, ha diffidato la ricorrente dall’effettuare l’intervento, rilevando l’insufficienza della presentazione della d.i.a. da parte di uno solo dei proprietari dell’immobile. L’atto non risulta impugnato.

3. Con ordinanza n. 8/2010 in data 7 luglio 2010, è stata disposta la demolizione dell’opera.

La ricorrente impugna detta ultima ordinanza.

Deduce le seguenti censure:

– vi è difetto di istruttoria e di motivazione;

– il provvedimento è rivolto a tutelare diritti dei terzi, mentre, ai sensi dell’articolo 6, comma 5, della l.r. 1/2004 ed in base ai principi generali, i titoli abilitativi non incidono sui diritti dei terzi (e quindi di essi il Comune non si deve occupare in sede di rilascio del provvedimento);

– il consenso del condomino non era comunque necessario, ai sensi dell’articolo 1102 c.c., trattandosi di intervento che non incide sull’entità materiale della cosa, non ne altera la sostanza, non arreca pregiudizio al fabbricato e non ne muta la destinazione, né costituisce innovazione ai sensi degli articoli 1120 e 1121 c.c..

4. Resiste, controdeducendo puntualmente, il Comune di Gubbio.

Si è costituito in giudizio (con posizione "agnostica" sull’installazione dei pannelli solari, ma chiedendo la rifusione delle spese in quanto, a suo dire, chiamato in causa impropriamente) anche il comproprietario G..

5. Il Collegio osserva che il ricorso è esclusivamente rivolto all’annullamento della sanzione ripristinatoria di un intervento realizzato senza titolo abilitativo; non è contestato che detto titolo fosse necessario, ma la ricorrente mostra (implicitamente) di ritenere a tal fine efficace la d.i.a. in sanatoria da lei presentata.

Tuttavia, le censure sollevate, a ben vedere, sono tutte riferibili all’insussistenza dei presupposti della "diffida a non effettuare gli interventi", con cui il Comune (utilizzando un’espressione non propria, ma comunque dall’univoco significato preclusivo) ha inteso concludere il procedimento iniziato con la d.i.a., denegando l’effetto autorizzatorio. E detto provvedimento non è stato specificamente impugnato; né, d’altro canto, nel ricorso viene opposto che la d.i.a. abbia comunque acquisito efficacia autorizzatoria.

Non possono rilevare ai fini della decisione le nuove e diverse argomentazioni di censura dedotte dalla ricorrente nella memoria conclusiva, non notificata.

Il ricorso risulta dunque inammissibile.

6. Per completezza, riguardo al merito della controversia, può osservarsi che:

– ai sensi dell’articolo 21, comma 7, della l.r. 1/2004 (che disciplina, in via ordinaria, la d.i.a./s.c.i.a.) il Comune deve verificare la "completezza della documentazione"; rientra tra detti presupposti il fatto che il presentatore della d.i.a. sia abilitato a ciò dalla legge (ed il comma 1 abilita alla presentazione il: "proprietario dell’immobile, o chi abbia titolo per richiederlo");

– dal principio secondo il quale i titoli abilitativi vengono rilasciati "con salvezza dei diritti dei terzi" discende che questi non possano venir meno per effetto del provvedimento, non anche che il Comune non se ne debba occupare;

– è stato condivisibilmente affermato che, in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad un’accurata ed approfondita disamina dei rapporti tra i condomini (così, Cons. Stato, IV, 4 maggio 2010, n. 2546 – pronuncia specificamente invocata dalla ricorrente);

– è tra le ipotesi di questo tipo che sembra doversi ricomprendere la d.i.a. in esame, a causa della preventiva comunicazione al Comune di un esposto del comproprietario, cioè di un atto che il Comune non poteva che considerare come sostanziale opposizione all’intervento, e che quindi, oggettivamente, metteva in seria discussione la autonoma disponibilità della copertura dell’edificio da parte della ricorrente ai sensi dell’articolo 1102 c.c.. Infatti, non è detto che l’installazione di pannelli solari sul tetto dell’edificio (intervento certamente agevolato ed incentivato dalla normativa, per la sua valenza sotto il profilo ambientale) non possa pregiudicare l’uso o il godimento della cosa comune da parte degli altri partecipanti alla comunione – condizione affinché, ai sensi dell’articolo 1102 c.c., l’intervento modificativo possa essere liberamente realizzato da ciascuno di essi; basti pensare, ad esempio, che ciascun comproprietario potrebbe avere interesse ad installare pannelli per produrre energia, ma potrebbe non essere sufficiente per tutti la superficie a disposizione, o sopportabile dalla struttura il peso di più impianti, etc.; dette eventualità, fanno sì che la disponibilità dell’installazione ai sensi dell’articolo 1102 c.c. non sia affatto scontata, ma debba essere valutata caso per caso, considerando la volontà e gli interessi di tutti i comproprietari;

– pertanto, il Comune, proprio perché aveva ancora agli atti l’esposto del comproprietario (mai fatto oggetto di ritiro o di smentita), dopo aver ricevuto la d.i.a., avrebbe dovuto considerare questi profili, per poi eventualmente adottare provvedimenti in ordine alla d.i.a. (peraltro, la ricorrente può presentare una nuova d.i.a./s.c.i.a., volta alla sanatoria dell’intervento).

7. Le spese seguono la soccombenza, tenendo conto dell’interesse effettivo alla decisione manifestato dalle parti, e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Gubbio della somma di euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli accessori di legge, per spese di giudizio, che viceversa compensa nei confronti del controinteressato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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