Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-02-2012, n. 2972 Garanzia per i vizi della cosa venduta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.S. ed A.E. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Viterbo, sez. dist. di Civita Castellana, B.F. e Bo.Do. chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 90.000.000, quale importo necessario alla eliminazione dei vizi costruttivi dei quali era risultato affetto l’immobile, sito in (OMISSIS), loro venduto dai convenuti il 23.4.1999.

Assumevano gli attori che, successivamente a detto acquisto, avevano scoperto che l’immobile in questione risultava affetto da vizi tali da renderlo inutilizzabile per abitazione.

I convenuti si costituivano eccependo la tardività della denuncia dei vizi e l’avvenuta alterazione dello stato dei luoghi che aveva reso inattendibile la successiva C.T.U. Con sentenza n. 32/2004 il Tribunale rigettava la domanda ritenendo la facile riconoscibilità dei vizi lamentati (evincibile dal mutamento di destinazione d’uso dell’immobile da non abitativo ad abitativo, dalla vicinanza all’immobile di un lago e dalla presenza di terreno permeabile nelle vicinanze), tali da escludere la garanzia invocata ex art. 1490 c.c..

Avverso tale sentenza i F. – A. proponevano appello cui resistevano gli appellati che, in via incidentale, chiedevano il risarcimento dei danni morali, materiali ed esistenziali sofferti in conseguenza dell’azione esercitata.

La Corte di Appello di Roma,con sentenza depositata in data 11.2.2010, in riforma di quella di primo grado,condannava gli appellati a restituire agli appellanti l’importo di Euro 10.330,00, oltre interessi legali dalla domanda, somma pari alla differenza tra il minor valore dell’immobile, come valutato in sede di accertamento tecnico preventivo e quello di analoghi appartamenti in zona esenti dai vizi lamentati; rigettava l’appello incidentale.

Tale decisione è impugnata dai sigg. B. – Bo. con ricorso affidato a tre motivi illustrati da successiva memoria.

Resiste con controricorso A.E., in assenza di attività difensiva da parte di F.S..

Motivi della decisione

I ricorrenti deducono:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1490 e 1495 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1; la Corte d’appello aveva completamente ignorato le eccezioni inerenti la tardività della denuncia dei vizi e la decadenza dal diritto alla garanzia, non tenendo conto che detta denuncia era stata effettata con raccomandata ricevuta da essi ricorrenti solo il 18-25 maggio, dopo la scadenza del termine di otto giorni previsto dall’art. 1495 c.c. allorchè, inoltre, si era verificata la decadenza dal diritto alla garanzia, avendo le controparti totalmente stravolto lo stato dei luoghi impedendo l’accertamento obiettivo dei vizi denunciati;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 1490 c.c. e dell’art. 1491 c.c. e segg. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3; la sentenza impugnata aveva travisato il concetto di "vizio facilmente riconoscibile", non tenendo conto che il C.T.U. aveva fatto riferimento alla piena conoscenza, da parte degli acquirenti, di una domanda di condono edilizio presentata dal dante causa dei ricorrenti al Comune di Nepi e trascritto nel rogito notarile del 23.4.1999; dal testo di tale condono; ove erano indicate le modifiche interne apportate all’immobile de quo,i F. – A. avrebbero potuto desumere e verificare lo stato dell’immobile; i giudici di appello avevano,peraltro, travisato la deposizione del teste S. che, intervenuto per smantellare i pavimenti dell’immobile in questione al fine di eliminare l’acqua affiorante, non aveva fatto menzione di perdite di tubi o altro, ma aveva solo riferito che l’acqua "affiorava dal terreno essendo quella una zona di lago";

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 114 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., posto che la Corte di merito aveva determinato la somma dovuta in favore delle controparti in via equitativa, senza che le parti gliene avessero fatta concorde richiesta ed in difetto di prova sull’entità ed il costo dei lavori da eseguire. Il ricorso è infondato.

Con riferimento al primo motivo, relativo alla tempestività della denuncia, la sentenza ha affermato, con motivazione esente da vizi di illogicità, che si trattava di vizi non facilmente riconoscibili e che la denuncia era stata tempestiva perchè effettuata entro giorni dalla loro scoperta, trattandosi di vizio costruttivo la cui entità era stata accertata solo al momento della demolizione della pavimentazione del bagno; tale motivazione è aderente alla giurisprudenza di questa Corte, che, al riguardo, ha costantemente ribadito che si ha "la scoperta" dei vizi allorquando il compratore abbia acquistato la certezza obiettiva e completa dei vizi( Cass. n, 4116/1990). L’altro argomento, posto a base del medesimo motivo, secondo cui "l’onere del compratore di denunciare i vizi implica anche quello di non utilizzare la merce e di tenerla a disposizione del venditore per il tempo minimo necessario a realizzare lo scopo della denunzia", oltre a presentare un profilo di novità rispetto a quanto dedotto in appello, si richiama ad un principio enunciato in tema di vendita di cose mobili e concerne l’onere dell’acquirente di consentire la verifica che, all’atto della denuncia, esistessero i vizi denunciati, circostanza questa, non contestata dal venditore nel caso di specie. La seconda censura, sotto il profilo della denuncia di violazione di legge, è inammissibile, non indicando in quale modo le norme sarebbero state violate o falsamente applicate, ed è, inoltre, infondato laddove si risolve nella denuncia di un vizio di motivazione con riferimento, in parte, ad un diverso apparato argomentativo della sentenza di primo grado, senza censurare l’affermazione che l’entità del fenomeno infiltrativo e la sua possibile eziologia (come accertate dalla C.T.U.) "poterono essere apprezzate solo al momento in cui la pavimentazione del bagno fu parzialmente demolita" e contrapponendo ad essa una mera conoscibilità delle vicende costruttive dell’immobile e l’esistenza del sintomo di una infiltrazione la cui origine era stata espressamente banalizzata dal venditore.

La terza doglianza è inammissibile con riferimento alla violazione dell’art. 114 c.p.c., essendo stata la liquidazione equitativa del danno effettuata correttamente, ai sensi dell’art. 1226 c.c., sul presupposto della sussistenza del danno e del ricorso ad una determinazione del danno, di carattere equitativo, secondo l’accertamento del C.T.U. (Cfr. Cass. n. 5687/2001). La censura è, invece, infondata quanto alla prova del quantum, avendo la sentenza impugnata indicato i criteri in base ai quali ha determinato in via equitativa il danno, sulla base della "valutazione dello specifico immobile data dal consulente in sede di accertamento tecnico preventivo, messa a raffronto con il prezzo di mercato di analoghi appartamenti in zona".

Tale valutazione discrezionale del giudice, quindi, in quanto correttamente motivata ed ancorata a precisi parametri riscontrabili, è incensurabile in sede di legittimità. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, in favore di A.E., liquidate in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *