Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-02-2012, n. 2966 Interpretazione del contratto complessiva delle clausole

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 10 dicembre 1993, ritualmente notificato, la s.r.l. Immobiliare Sacco conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Alessandria, la Gavel s.a., il Banco di Roma – France e S.C. esponendo che: – nel 1977 il Banco di Roma-France e il Banco di Roma-Svizzera avevano ideato un piano finanziario finalizzato al recupero di loro ingenti crediti verso tre società monegasche, proprietarie di terreni nel Principato di Monaco utilizzabili per la realizzazione di mq. 160.800 di costruzioni vendibili;

– che tale piano contemplava l’acquisizione da parte di enti di fiducia delle banche creditrici dell’intero pacchetto azionario delle tre società svizzere titolari dell’intera partecipazione nelle società monegasche debitrici;

– che tale operazione avrebbe determinato, a favore delle banche, rispetto all’ammontare dei loro crediti, un’eccedenza valutata nel controvalore di mq. 60.000 di costruzioni vendibili;

– che, per questa ragione, era stata prevista l’assunzione, da parte dell’acquirente delle azioni, dell’impegno di retrocedere al gruppo finanziario di appartenenza delle parti cedenti determinate quantità di "superficie vendibile";

– che l’istituto bancario aveva assicurato il buon esito dell’operazione e dichiarato di disporre di mandato irrevocabile per il "ritrasferimento" delle propietà immobiliari;

– che, in particolare, il contenuto degli accordi stipulati in esecuzione del piano descritto prevedeva, in primo luogo, la cessione, il 27 dicembre 1977, da parte della s.a. Euro Australia (società capofila del Gruppo debitore) a Gavel s.a. (quale società designata dalle banche) dell’intera proprietà delle società svizzere detentrici dell’intero capitale sociale delle società monegasche debitrici;

– che, poi, la Gavel s.a. si era impegnata ad estinguere i debiti verso le banche e a ritrasferire a Finamer, in seguito sostituita da Avia, ed a Finamerica, poi sostituita da Gran Canaria s.a., mq.

30.000 per ciascuna di superficie vendibile di proprietà delle società controllate;

– che, quindi, il Banco di Roma-France aveva controfirmato l’accordo, confermando a Gran Canaria s.a. ed ad Avia s.a. l’esistenza di mandati irrevocabili conferiti dai "gerenti" delle società debitrici a funzionari della banca stessa per il trasferimento di complessivi mq 60.000 di superficie vendibile, assicurando che si sarebbe provveduto a tanto;

– che, inoltre, l’Immobiliare Sacco esponeva che, con scrittura dell’8 settembre 1994, Avia e Gran Canaria le avevano ceduto i diritti ad esse spettanti in forza del contratto del 27 dicembre 1977, dopo aver ripetutamente, ma inutilmente, tentato di ottenere l’adempimento degli obblighi da parte delle tre società proprietarie dei terreni, della Gavel e del Banco di Roma;

– che la stessa Immobiliare affermava, quindi, che Gavel, senza disconoscere l’obbligo assunto, si era limitata a sostenere l’intervenuta novazione del rapporto e che a carico del Banco di Roma erano ravvisagli sia la responsabilità contrattuale per l’impegno di garanzia assunta sia la responsabilità extracontrattuale per la condotta tenuta, evidenziando, altresì, che il sig. S.C. aveva prestato a suo favore garanzia personale per il buon esito delle obbligazioni di cui essa si era resa cessionaria; tanto premesso, la stessa Immobiliare Sacco s.r.l. chiedeva la condanna di tutti i convenuti, in solido fra loro, al risarcimento dei danni, quantificati in venti miliardi di lire. Si costituivano in giudizio la Banque Generale du Commerce (già Banco di Roma-France) nonchè il S.C., mentre la Gavel s.a. rimaneva contumace. Respinta con sentenza non definitiva del 7 ottobre 1996 l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione sollevata dalla Banca convenuta, il Tribunale adito, esperita la necessaria istruzione della causa, con sentenza del 31 maggio 2004, respingeva le domande proposte dalla società attrice (ritenuta munita di legittimazione attiva sulla scorta della complessiva documentazione acquisita). In particolare, il giudice di primo grado rilevava che, in base agli atti del giudizio, era rimasta accertata la circostanza dell’intervenuta stipulazione di un accordo transattivo in forza del quale l’obbligazione originariamente assunta da Gavel era stata sostituita da un’altra avente ad oggetto il pagamento della somma di L. quindici miliardi, di cui l’importo di L. 6.820.000.000 risultava già corrisposto; pertanto, il Tribunale alessandrino riteneva che l’obbligazione originaria, estinta per l’intervenuta novazione, non potesse costituire oggetto di cessione e che fosse venuta meno anche l’eventuale obbligazione di garanzia da cui quella obbligazione era assistita, risultando così superfluo procedere alla qualificazione degli obblighi assunti dal Banco di Roma-France.

Avverso la sentenza di prime cure proponeva appello l’Immobiliare Sacco s.r.l., in liquidazione, e nel giudizio di secondo grado si costituiva la Marbeuf Gestion s.a. (già Banque Generale du Commercie), che proponeva, a sua volta, appello incidentale; le altre parti appellate rimanevano contumaci. Il giudizio di secondo grado, dichiarato interrotto per estinzione della costituita società appellata, veniva riassunto nei confronti della società incorporante Finaref s.a., la quale si costituiva richiamandosi alle difese svolte dalla Banque Generale du Commerce. Con sentenza n. 1572 del 2008 (depositata il 4 novembre 2008), la Corte di appello di Torino, respinta la doglianza posta a fondamento dell’appello incidentale (risultando provata l’intervenuta cessione del credito per il quale aveva agito l’Immobiliare Sacco s.r.l.) e ravvisata l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità dedotte dalla stessa banca appellata, così provvedeva sugli altri gravami: – pronunciando in via definitiva tra l’Immobiliare Sacco s.r.l., in liquidazione, e Finaref s.a., rigettava l’appello principale della prima e, pertanto, confermava, ancorchè con diversa motivazione, la sentenza appellata, dichiarando integralmente compensate tra le dette parti anche le spese del giudizio di secondo istanza; – decidendo, in via definitiva, tra l’Immobiliare Sacco s.r.l., in liquidazione, e S. C., respingeva l’appello proposto dalla prima e confermava, con diversa motivazione, la sentenza impugnata; – pronunziando in via non definitiva tra L’immobiliare Sacco s.r.l., in liquidazione, e Gavel s.a., in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava tenuta Gavel s.a. a risarcire all’Immobiliare Sacco i danni derivanti dall’inadempimento all’obbligo assunto con il contratto del 21 dicembre 1977, provvedendo, con separata ordinanza, per l’ulteriore istruzione della causa ai fini della liquidazione dei danni medesimi.

A sostegno dell’adottata decisione la Corte territoriale riteneva fondata (con assorbimento degli altri due motivi principali del gravame) la prima doglianza relativa alla dedotta erroneità dell’accertamento dell’intervenuta stipula di una transazione novativa, nonostante non fosse stato prodotto alcun documento comprovante la conclusione di tale contratto, sotto il profilo che, poichè la struttura giuridica dell’accordo stipulato il 21 dicembre 1977 era riconducibile al contratto preliminare avente ad oggetto l’impegno a trasferire diritti reali immobiliari, l’eventuale transazione sopraggiunta tra le parti avrebbe dovuto rivestire necessariamente la forma scritta, ai sensi dell’art. 1350 c.c., n. 12, la cui prova non era emersa dalle acquisizioni processuali, senza trascurare la circostanza che, essendo tale forma richiesta a pena di nullità, non si sarebbe potuta considerare ammissibile una prova per presunzioni. Una volta esclusa l’estinzione dell’obbligazione per novazione, la Corte territoriale esaminava, poi, distintamente la posizione dei tre soggetti appellati. Per quanto riguardava la Gavel s.a., la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto del 21 dicembre 1977 si doveva considerare inammissibile, perchè introdotta per la prima volta solo nel giudizio di appello, configurandosi, perciò, come nuova. La Corte piemontese riteneva, invece, fondata la domanda diretta ad ottenere il risarcimento dei danno conseguente all’inadempimento dell’obbligazione che Gavel aveva assunto nei confronti delle società Avia e Gran Canaria (disponendo la rimessione della causa sul ruolo per la relativa liquidazione dei danni), non avendo la prima disconosciuto la sottoscrizione relativa alla dichiarazione di assunzione di tale obbligo, il quale era risultato confermato anche per effetto della lettera in data 12 dicembre 1984, con cui la stessa Gavel aveva affermato l’intervenuta novazione degli obblighi. La Corte territoriale riteneva, quindi, infondato l’appello avanzato nei riguardi del S.C., sul presupposto che quest’ultimo non avesse assunto obblighi maggiori rispetto a quello di risarcire gli eventuali danni derivanti dal possibile inadempimento di quella obbligazione, in ordine ai quali, però, non era stata proposta domanda nei suoi confronti. La Corte torinese rilevava, infine, l’infondatezza del gravame così come proposto anche nei riguardi della Finaref s.a., non potendosi evincere che potesse essere sorto a suo carico un obbligo con il contratto del 21 dicembre 1977, controfirmato il 28 dicembre 1977, così come con le lettere del 27 dicembre 1977, con la conseguente inconfigurabilità in suo danno anche di una responsabilità extracontrattuale. mi Avverso la suddetta sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la Società Immobiliare Sacco s.r.l., in liquidazione, articolato in diciassette motivi, al quale ha resistito con controricorso (contenente ricorso incidentale riferito a due motivi) l’intimata Finaref s.a., mentre le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa fase. La ricorrente principale ha, a sua volta, formulato controricorso avverso il ricorso incidentale proposto dalla Finaref s.a. Entrambe le difese delle parti costituite hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Si deve, innanzitutto, dare atto che il difensore della società ricorrente ha tempestivamente depositato l’istanza – prevista dalla L. n. 183 del 2011, art. 26 – recante la sottoscrizione del legale rappresentante della stessa ricorrente e dal medesimo autenticata, con la quale è stata manifestata la volontà della persistenza dell’interesse alla trattazione del ricorso.

2. Rileva, poi, il collegio che, avuto riguardo alla prospettazione complessiva dei motivi di entrambi i ricorsi (soggetti, "ratione temporis", alla disciplina processuale introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 e, quindi, anche all’applicazione dell’art. 366 bis c.p.c., trattandosi di ricorsi proposto avverso una sentenza pubblicata il 4 novembre 2008), riveste carattere preliminare (così come rilevato anche dal P.G.) l’esame del primo motivo del ricorso incidentale, in quanto attinente al profilo della sentenza impugnata relativo alla ravvisata legittimazione ad agire della società ricorrente principale. Con tale doglianza la Finaref s.a. ha dedotto il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza della Corte di appello di Torino sul punto decisivo della controversia inerente la rilevata sussistenza della legittimazione ad agire della Società Immobiliare Sacco in virtù di semplici fotocopie delle scritture private, apparentemente datate 8 settembre 1994, con le quali le società panamensi Avia s.a. e Gran Canaria s.a. avevano ceduto alla società ricorrente principale tutti i diritti derivanti dal contratto di cessione del 21 dicembre 1977 stipulato tra le società Euroaustralia ed Elbara (poi divenuta Gavel).

2.1. Questo motivo è inammissibile per mancata osservata del requisito di ammissibilità stabilito dall’art. 366 bis c.p.c. Tale norma (come detto temporalmente applicabile al processo in questione) impone alla parte ricorrente, per le doglianze inerenti vizi di motivazione (cfr, tra le tante, Cass., S.U., n. 16002 del 2007, ord.;

Cass. n. 27680 del 2009, ord.), di formulare un momento di sintesi o di riepilogo, il quale indichi, in modo riassuntivo, evidente ed autonomo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Avendo la ricorrente incidentale prospettato il vizio di motivazione sia sotto il profilo della sua assunta contraddittorietà che della sua ritenuta insufficienza, sarebbe stato necessario che, in apposito quadro riepilogativo, venisse indicato chiaramente ed autonomamente il fatto controverso del giudizio nonchè, con gli stessi caratteri, il complesso delle ragioni, in modo sintetico, ritenute inidonee a sorreggere la motivazione della sentenza impugnata, senza che tale complessivo requisito si possa desumere – secondo la funzione conferitagli dal citato art. 366 bis c.p.c. – dalla mera illustrazione dello svolgimento del motivo. Difettando, nei precisati termini, l’assolvimento di tale imprescindibile condizione, il primo motivo del ricorso incidentale non può che essere ritenuto inammissibile.

3. Passando alla disamina dei motivi proposti con il ricorso principale, si evidenzia che con il primo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), deducendo il vizio motivazionale – in relazione alla complessiva vicenda richiamata in narrativa – della sentenza stessa nella parte in cui (per come desumibile dal momento di sintesi evidenziato al termine dello svolgimento della doglianza ed idoneo allo scopo dell’assolvimento del requisito prescritto dall’art. 366 bis c.p.c.) aveva trascurato di verificare l’esistenza di un collegamento negoziale tra il contratto stipulato in data 21 dicembre 1977, i mandati che, in data 27 dicembre 1977, furono conferiti alle società monegasche a favore dei due funzionari del Banco di Roma France, l’obbligazione assunta dall’anzidetto Banco con le due lettere del 27 dicembre 1977 e l’incarico conferito al Banco di Roma per la Svizzera con la lettera del 28 dicembre 1977. In particolare, la ricorrente principale deduce che, se la Corte di appello di Torino avesse compiuto siffatta indagine, la stessa non avrebbe potuto non avvedersi che tutti i negozi sopraindicati, oltre alle finalità loro proprie, miravano, nel loro insieme, al conseguimento di una finalità complessiva, consistente nella realizzazione di un assetto economico globale ed inscindibile che le parti avevano voluto ed, in conseguenza di tale mancato accertamento, essa aveva omesso di individuare la volontà, espressa dal Banco di Roma France con le due lettere del 27 dicembre 1977, estendendo l’indagine anche ai negozi collegati e che si riconducevano a quelle due lettere.

4. Con il secondo motivo la ricorrente principale ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1363 c.c.. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) formulando, al riguardo ed in modo idoneo, il seguente quesito di diritto "dica la Corte se sia vero che il giudice, chiamato ad interpretare la clausola di un negozio inserito in una serie di altri rapporti negoziali, richiamati nell’atto oggetto di interpretazione, debba estendere la propria indagine anche al contenuto dei contratti presupposti, di talchè viola e/o non applica correttamente l’art. 1363 c.c., il giudice che ritenga superfluo tale accertamento e tale esame". 4.1. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi, sono fondati e devono, pertanto, essere accolti.

Per come desumibile dal riportato svolgimento del processo e dalla complessa fattispecie negoziale dedotta in giudizio emergono molteplici rapporti negoziali, con conseguenti assunzioni di obbligazioni, che prendono origine dalla stipula del richiamato accordo del 21 dicembre 1977, a cui si riferisce il conferimento in data 27 dicembre 1977, da parte delle tre società civili immobiliari monegasche, proprietarie dell’area edificabile, di due mandati irrevocabili, con cui le stesse attribuivano l’incarico a due funzionai del Banco di Roma France, affinchè questi ultimi provvedessero a trasferire a ciascuna delle società Gran Canaria ed Avia 30.000. mq. di superficie vendibile. A tale rapporto contrattuale si collegava l’obbligazione assunta dal Banco di Roma France, con le due lettere in pari data (27 dicembre 1977) di assicurare, sotto la propria responsabilità, il suddetto trasferimento; a questo ulteriore passaggio contrattuale si riconduce, poi, il trasferimento, disposto il successivo 28 dicembre 1977, alla società Gavel della totalità delle azioni al portatore che la società Euroaustralia deteneva in relazione a determinate società elvetiche, che controllavano le predette società monegasche (proprietarie dell’area edificabile), trasferimento che venne attuato a seguito della formalizzazione degli accordi e dei relativi obblighi assunti con i menzionati documenti e, quindi, dopo che il Banco di Roma France, con le due lettere del 27 dicembre 1977, aveva confermato il conferimento degli indicati mandati irrevocabili ed assicurato il trasferimento dell’area edificabile. A fronte di questa complessa concatenazione di rapporti contrattuali la Corte territoriale (v. pag. 14 della sentenza impugnata) si è limitata a prendere in considerazione soltanto una singola clausola delle lettere del 27 dicembre 1977 (come evincibile anche dal richiamo a pag. 18), asserendo che era del tutto superfluo definire la complessa natura del rapporto sorto in forza della scrittura del 21 dicembre 1977; così regolandosi e concentrando l’attenzione su uno specifico aspetto della complessiva vicenda contrattuale (isolandolo dal contesto globale delle varie obbligazioni tra loro logicamente collegate) e prescindendo da un esame adeguato del contenuto dell’accordo presupposto del 21 dicembre 1977, la Corte piemontese ha omesso di considerare le finalità perseguite con i singoli atti e la presumibile volontà delle parti che, istituendo tra gli stessi un possibile collegamento negoziale di interdipendenza, avevano potuto voler conferire sicurezza all’effettivo trasferimento della superficie edificabile ad Avia e Gran Canaria, così evitando di verificare, all’esito di un’analisi completa della vicenda contrattuale, se sussistevano, effettivamente, le condizioni per concludere nel senso che il Banco di Roma France, con le due lettere del 27 dicembre 1977, aveva inteso assumere apposita garanzia in ordine a detto trasferimento, circostanza questa indispensabile per valutare la fondatezza o meno della domanda avanzata dalla ricorrente principale. Del resto, secondo la concorde giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 4350 del 1984; Cass. n. 14372 del 1999 e Cass. n. 12454 del 2004), le parti, nell’esplicazione della loro autonomia negoziale, possono, con manifestazioni di volontà espresse in uno stesso contesto, dare vita a più negozi distinti ed indipendenti, ovvero a più negozi tra loro collegati, in modo che le vicende che riguardano l’uno influenzino anche l’altro contratto, in quanto le prestazioni che formano oggetto dei due contratti, tendendo ad un assetto complessivo di interessi tra le parti stesse, rendano interdipendenti i vari contratti, nel senso che la validità, l’efficacia e l’esecuzione dell’uno condizionino la validità, l’efficacia e l’esecuzione dell’altro o degli altri; in tali casi, l’indagine del giudice deve essere diretta ad individuare se, oltre le finalità proprie di ciascuno dei contratti contestualmente conclusi, sussista o meno una finalità complessiva, consistente in un assetto economico globale ed inscindibile che le parti hanno voluto, e che, quindi, va rispettato in ossequio al loro potere di autonomia, accertandosi in particolare, da un lato, se ricorra tra i contratti il detto nesso di interdipendenza, ed esaminandosi dall’altro il contesto contrattuale nel complesso delle sue clausole, onde individuare quale sia lo scopo pratico e concreto che le parti hanno inteso raggiungere.

La Corte torinese, essendosi regolata nei termini precedentemente evidenziati, ha omesso di procedere a tale verifica e di appurare il contesto negoziale globale in cui quella clausola trasparente dal documento del 27 dicembre 1977 (sul quale ha fondato, in via esclusiva, la motivazione) si inseriva, così incorrendo nel dedotto vizio di motivazione. Orientandosi in tal senso, peraltro, la stessa Corte territoriale ha violato anche l’art. 1363 c.c., il quale, prevedendo che "le clausole del contratto di interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto" impone al giudice di merito di porre riferimento alle clausole contenute in atti diversi ma funzionalmente collegati a quello oggetto di interpretazione. A tal proposito si ricorda che, secondo l’indirizzo costante della giurisprudenza di questa Corte (cfr, ad es., Cass. n. 28479 del 2005 e Cass. n. 4670 del 2009), in tema di interpretazione del contratto – che costituisce operazione riservata al giudice di merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione – ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, sicchè le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell’art. 1363 c.c. e dovendosi intendere per "senso letterale delle parole" tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato. In modo ancor più puntuale è stato statuito (cfr. Cass. n. 18670 del 2004) che, nell’interpretazione del contratto, del contratto, il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto, in quanto il richiamo contenuto nell’art. 1362 c.c. alla comune volontà delle parti (a cui si correla il disposto del richiamato articolo successivo) impone, per individuarla, di estendere l’indagine anche all’elemento logico ed anche, qualora una complessa operazione negoziale sia stata posta in essere con la redazione di più contratti, facendo ricorso all’esame dei contratti presupposti, anche se essi siano stati conclusi da parti diverse.

5. Con il terzo motivo la ricorrente principale ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., comma 1, e art. 1363 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), formulando, al riguardo, il seguente (ammissibile) quesito di diritto: "dica la Corte se è vero che, in presenza di una dichiarazione negoziale, con la quale una banca confermi l’avvenuto conferimento di un mandato a suoi funzionar affinchè gli stessi provvedano al trasferimento a terzi di una determinata area, affermando in relazione a ciò vi assicuriamo sotto la nostra responsabilità che sarà provveduto a quanto sopra, violi l’art. 1362 c.c., comma 1, e l’art. 1363 c.c., che impongono all’interprete di dare rilievo, in primo luogo, al senso letterale delle parole, da desumersi dall’intero testo dell’atto, il giudice che ritenga che, con tale dichiarazione negoziale, la banca intese soltanto assumere l’impegno di vigilare sull’operato dei propri funzionari, quando a tale conclusione pervenga sulla base di elementi estranei all’atto e senza dimostrare l’insufficienza del dato letterale a rappresentare in modo soddisfacente la volontà del dichiarante?". 6. Con il quarto motivo la Società Immobiliare Sacco s.r.l. ha dedotto l’omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), prospettando, a sostegno di tale doglianza, le ragioni dell’insufficienza della motivazione (ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.) consistente nella circostanza che la Corte di appello di Torino, pur discostandosi dal significato letterale delle parole contenute nelle due lettere del 27 dicembre 1997, non aveva fornito una motivazione adeguata o, comunque, sufficiente in ordine all’interpretazione da essa data in difformità al senso letterale delle parole usate nelle precisate lettere, limitandosi ad affermare che l’ultima frase contenuta nelle precitate lettere del 27 dicembre 1997 era troppo generica e quanto meno ambigua senza dare esplicitamente conto delle ragioni che l’avevano indotta a ritenere le espressioni usate dalle partì ambigue o comunque insufficienti a determinare l’effettiva volontà negoziale.

7. Con il quinto motivo la ricorrente principale ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., comma 2, ponendo, in proposito, il seguente (ed altrettanto ammissibile) quesito di diritto: "dica la Corte se è vero che il criterio interpretativo di cui all’art. 1362 c.c., comma 2, nell’attribuire rilievo, ai fini della determinazione della volontà negoziale, anche alla condotta anteriormente tenuta dalle parti, non consenta, in relazione ai negozi, che prevedono obbligazioni a carico di una sola parte, di valutare il comportamento tenuto da soggetti diversi da quelli che si sono obbligati, così da poter attribuire rilievo alla condotta contrattuale che emerge da un accordo in precedenza stipulato fra soggetti differenti da quello che ha assunto l’obbligazione derivante dalla dichiarazione negoziale della cui interpretazione si tratta, ove si dovesse escludere un collegamento negoziale fra tali rapporti". 8. Con il sesto motivo la ricorrente principale ha censurato la sentenza impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), evidenziando, in conclusione della doglianza, apposita sintesi del dedotto vizio motivazionale, sia con riguardo all’indicazione del fatto controverso che all’inidoneità delle ragioni indicate dalla Corte di appello per giustificare la decisione adottata. In particolare risulta sottolineato che la Corte territoriale aveva omesso di valutare: a) che, alla stregua delle due lettere del 27 dicembre 1977 e della lettera indirizzata al Banco di Roma in data 28 dicembre 1977 non tutte le parti ebbero a sottoscrivere il contratto, recante l’apparente data del 21 dicembre 1977, in data anteriore al 27 dicembre 1977 e che, comunque, il preteso divario temporale non poteva reputarsi sussistente; b) che, con quanto pattuito al punto 1) del contratto datato 21 dicembre 1977, la società Euroaustralia si era semplicemente obbligata a trasferire a Gavel le azioni delle società Antimen, Deplas e Murinascia; c) che, d’altronde, il trasferimento delle azioni avvenne soltanto in data 28 dicembre 1977, dopo la sottoscrizione delle due lettere datate 27 dicembre 1977, con l’effetto che la stessa Corte di merito, a seguito della mancata considerazione delle circostanze indicate nei tre precedenti punti, era giunta alla errata conclusione che la prestazione della garanzia da parte della banca non era stata considerata determinante nell’economia generale dell’operazione, per poi inferire da tale inesatta premessa, giudicata rilevante ai fini della concreta individuazione della volontà della banca (appare rilevante considerare….), che, con le due precitate lettere del 27 dicembre 1977, il Banco di Roma France non volle garantire il trasferimento ad Avia e a Gran Canaria dell’area concordata con il contratto recante la data del 21 dicembre 1997, ma semplicemente assumersi l’obbligo di vigilare sull’operato di detti funzionari.

9. Con il settimo motivo la ricorrente principale ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1366 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), individuando, in proposito, il seguente correlato quesito di diritto: "dica la Corte se è vero che, in presenza di una dichiarazione negoziale, con la quale una banca confermi l’avvenuto conferimento di un mandato a suoi funzionari affinchè gli stessi provvedano al trasferimento a terzi di una determinata area, soggiungendo in relazione a ciò vi assicuriamo sotto la nostra responsabilità che sarà provveduto a quanto sopra", violi l’art. 1366 c.c., il giudice che, pur ritenendo ambiguo e generico il testo della dichiarazione negoziale, ritenga che, con tale dichiarazione negoziale, la banca intese soltanto assumere alcuna obbligazione di garanzia in ordine al trasferimento, quando a tale conclusione pervenga senza tener conto del significato che al negozio giuridico, anche in relazione alle circostanze del caso concreto, gli attribuirebbero due contraenti leali e corretti, il tutto in guisa da escludere che possa darsi al contratto un significato unilaterale e contrastante con un criterio di affidamento dell’uomo medio". 10. Con l’ottavo motivo la ricorrente principale ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 1371 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). A corredo di tale doglianza risulta formulato il seguente quesito di diritto: "dica la Corte se è vero che, in presenza di una dichiarazione negoziale, con la quale una banca confermi l’avvenuto conferimento di un mandato irrevocabile a suoi funzionari affinchè gli stessi provvedano al trasferimento a terzi di una determinata, affermando in relazione a ciò vi assicuriamo sotto la nostra responsabilità che sarà provveduto a quanto sopra, violi l’art. 1371 c.c., il giudice che, pur ritenendo ambiguo e generico il testo della dichiarazione negoziale e nell’insufficienza di tutti gli altri criteri interpretativi, ritenga che, con tale dichiarazione negoziale, la banca intese soltanto assumere l’impegno di vigilare sull’operato dei propri funzionari, senza assumere alcuna obbligazione di garanzia in ordine al trasferimento dell’area suddetta, quando a tale conclusione pervenga senza verificare se essa sia la più idonea a meglio realizzare un equo contemperamento degli interessi delle parti.

11. Con il nono motivo la ricorrente principale ha dedotto l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), prospettando, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., che la Corte di appello, nell’interpretare le due lettere del 27 dicembre 1997, non aveva valutato l’intero contesto in cui si inserivano le dichiarazioni negoziali della banca, con la conseguenza che essa aveva trascurato, in particolare, di considerare che:

– con il contratto datato 21 dicembre 1997, la società Euroaustralia si era semplicemente obbligata a trasferire alla società Gavel s.a., già Elbara, le azioni delle società Antimen, Deplas e Murinascia;

– che tale trasferimento sarebbe dovuto avvenire, come in effetti era avvenuto, solo dopo il conferimento dei mandati irrevocabili a due funzionari della Banca e, dopo che quest’ultima, con le due lettere del 27 dicembre 1977, confermò l’avvenuto conferimento dei mandati irrevocabili e dichiarò in relazione a ciò vi assicuriamo sotto la nostra responsabilità che sarà provveduto a quanto sopra;

– che la banca, quando sottoscrisse le lettere datate 27 dicembre 1977, era a perfetta conoscenza che l’effettivo trasferimento alla Gavel delle anzidette azioni non era ancora avvenuto;

– che, pertanto, la mancata valutazione di tutti detti elementi non aveva consentito alla Corte di merito di cogliere l’intento pratico perseguito dalle parti, spingendola verso una soluzione interpretativa gravemente carente nella motivazione ed anche contraria al principio di buona fede. 12. Con il decimo motivo la ricorrente principale ha dedotto, ancora una volta, il vizio di omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) rappresentando – ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. – che la Corte di appello di Torino aveva omesso di considerare adeguatamente i documenti prodotti in primo grado da essa ricorrente e contrassegnati dai nn. 1), 25) e 26) e, quindi, non aveva colto quali fossero i contrapposti interessi coinvolti nella fattispecie dedotta in giudizio e quale fosse il rischio connesso agli impegni assunti da ciascuna delle parti, non rendendosi neppure conto che la responsabilità della banca veniva di fatto ad essere limitata dalla circostanza che i due mandati erano conferiti a suoi funzionari, come tali soggetti e alle sue direttive e al suo potere di controllo e dal fatto che lo stesso Banco di Roma France, in virtù dei poteri ad esso derivanti dalla costituzione in pegno ed espressamente ribaditi da Euroaustralia con la lettera del 18 luglio 1974, era in grado di controllare le società svizzere Antimen, Deplas e Murinascia e di condizionare ogni loro decisione; con l’effetto che, in conseguenza della mancata percezione degli interessi e dei rischi connessi alla vicenda, la stessa Corte di merito non aveva potuto cogliere l’intento pratico perseguito dalle parti, essenziale per una esatta ricostruzione della loro volontà ed, ovviamente, in dipendenza di tale mancato accertamento, neppure aveva potuto individuare una soluzione interpretativa conforme a buona fede, o comunque idonea, ai sensi dell’art. 1371 c.c., a contemperare gli interessi di tutte le parti, la quale avrebbe consentito di ricondurre la responsabilità, assunta dal Banco di Roma France con le due lettere del 27 dicembre 1977, ad una obbligazione con la quale la detta banca ebbe a garantire il trasferimento alle società Avia e Gran Canaria dell’area concordata con il contratto del 21 dicembre 1977. 13. Rileva il collegio che i motivi dal terzo al decimo – che possono essere esaminati congiuntamente perchè si risolvono in doglianze inerenti violazioni di legge e vizi di motivazione relativi all’attività interpretativa (che risulta specificamente censurata sotto plurimi profili) della complessiva vicenda contrattuale e della documentazione posta a sua fondamento – sono meritevoli di pregio e devono essere accolti.

Invero la Corte territoriale – per quanto si desume dallo svolgimento della motivazione (v.: in particolare, pagg. 16-19) – si è limitata, essenzialmente, come già evidenziato, ad interpretare le lettere del 27 dicembre 1977 senza considerare il contesto negoziale complessivo in cui esse si inserivano, escludendo in radice che potessero derivare obblighi a carico della banca dal contratto del 21 dicembre 1977 stipulato tra altri soggetti (che si sarebbe dovuto correlare alle predette lettere). Inoltre, compiendo una valutazione non del tutto adeguata delle suddette lettere, ha conferito prevalenza, o, comunque, una rilevanza preponderante ad elementi extratestuali, quale quello della anteriorità del suddetto contratto del 21 dicembre 1977 rispetto alle missive (desumendone, senza uno sviluppo idoneamente logico del percorso argomentativo, che la sottoscrizione del citato contratto non si sarebbe potuta considerare subordinata alla prestazione di una garanzia da parte della banca), trascurando, perciò, di valorizzare il criterio preferenziale stabilito dall’art. 1362 c.c., in correlazione con quello previsto dall’art. 1363 c.c., i quali impongono al giudice di merito di procedere preliminarmente all’interpretazione letterale dell’atto negoziale e, cioè, delle singole clausole significative, nonchè delle une per mezzo delle altre, fornendo in motivazione l’adeguato riscontro di tale attività ermeneutica primaria, potendosi attribuire rilievo agli altri criteri interpretativi solo in via sussidiaria. Nè, del resto, in ipotesi (per il caso di mancato rilievo di una necessaria fattispecie di collegamento negoziale, sulla quale, però, per quanto detto con riferimento al primo motivo, è mancato propriamente un adeguato accertamento di fatto con l’individuazione della conseguente disciplina giuridica applicabile), qualora si dovesse considerare il rapporto negoziale, istituitosi fra il Banco di Roma France e le società Avia e Gran Canaria in virtù delle lettere del 27 dicembre 1977, caratterizzato da obbligazioni unilaterali ricadenti in capo all’anzidetta banca, non emerge che la Corte territoriale si sia attenuta al gradualismo dei criteri interpretativi enucleati nell’art. 1362 c.c. e segg., avendo, invero, attribuito risalto, in via preliminare, ad elementi non propriamente e non del tutto aderenti alle emergenze testuali degli atti negoziali. In proposito va sottolineato che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in, tema di interpretazione del contratto, il giudice di merito, nel rispetto degli artt. 1362 e 1363 c.c., per individuare quale sia stata la comune intenzione delle parti, deve preliminarmente procedere all’interpretazione letterale dell’atto negoziale e, cioè, delle singole clausole significative, nonchè delle une per mezzo delle altre, dando contezza in motivazione del risultato di tale indagine e, solo qualora dimostri, con argomentazioni convincenti, l’impossibilità (e non la mera difficoltà) di conoscere la comune intenzione delle parti attraverso l’interpretazione letterale, potrà utilizzare i criteri sussidiari di interpretazione, in particolare il comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto ed il principio di conservazione (cfr., ad es. Cass. n. 9910 del 2004 e, da ultimo, Cass. n. 9786 del 2010).

Peraltro, la Corte piemontese, se pure avesse voluto escludere la piena e sicura applicabilità dei criteri ermeneutici necessariamente preferenziali di cui ai citati artt. 1362 e 1363 c.c., avrebbe dovuto adottare un’adeguata motivazione sulla supposta ambiguità della valutata clausola delle lettere del 27 dicembre 1977, in modo tale da poter escludere, con certezza (e non sulla scorta di mere argomentazioni presuntive) l’assunzione dell’obbligo della banca di voler prestare una garanzia per l’adempimento dell’obbligazione a sua volta assunta da Gavel; a tal proposito, perciò, avrebbe dovuto, in modo logico e compiuto, esternare un percorso argomentativo tale da consentire di verificare quale sarebbe stata la possibile interpretazione del contratto secondo il canone della buona fede (come disposto dall’art. 1366 c.c.) o, in subordine, per l’eventualità della conservazione del carattere di equivocità da parte del contenuto contrattuale, individuare, dando completa contezza dell’iter motivazionale, quale sarebbe stata, nell’economia generale della complessiva fattispecie negoziale, la soluzione idonea a garantire l’equo contemperamento degli interessi delle parti (alla stregua del criterio ulteriormente sussidiario contemplato dall’art. 1371 c.c.), avuto riguardo anche all’esaustiva e più idonea interpretazione del contenuto riconducibile al mandato (con i relativi obblighi che ne erano scaturiti) irrevocabile conferito dalla banca ai suoi due funzionari (come precedentemente evidenziato).

14. In definitiva, alla stregua delle evidenziate carenze motivazionali e delle rilevate violazioni di legge (che impongono una rivalutazione della complessiva vicenda contrattuale, a partire dalla riconsiderazione della effettiva sussistenza o meno del dedotto collegamento negoziale, con tutte le conseguenze che ne derivano, per poi passare ad una rivisitazione dei complessivi impegni contrattuali alla stregua di una esatta e completa applicazione dei criteri ermeneutici stabiliti dall’art. 1362 c.c. e segg., secondo il principio di gradualismo che li caratterizza), si deve pervenire all’accoglimento dei primi dieci motivi del ricorso principale, con conseguente assorbimento degli altri sette (siccome il loro esame si profila all’evidenza condizionato da quelli accolti), oltre che dell’ulteriore motivo del ricorso incidentale. Conseguentemente, la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Torino, che procederà all’applicazione dei principi giuridici enunciati in ordine alle violazioni di legge riscontrate e ad una completa rivalutazione della controversia sul piano motivazionale in relazione alle carenze evidenziate, oltre che a regolare le spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale; accoglie i primi dieci motivi del ricorso principale e, dichiarato l’assorbimento degli altri motivi del ricorso principale e dell’ulteriore motivo del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.

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