Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 03-10-2011, n. 35736

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza 16 aprile 2010, ha ritenuto F.N. responsabile del reato di violenza continuato ai danni di due nipoti, G. e T. minori degli anni dieci, e l’ha condannato alla pena di giustizia.

Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno disatteso la prospettazione difensiva di nullità dello interrogatorio di T. che, benchè avesse superato al momento della audizione gli anni diciotto, è stato escusso con le forme protette dei minori; sul punto, hanno rilevato come la modalità di assunzione della prova fosse consona alle particolari condizioni del ragazzo (affetto da problemi psichici) e non avesse frustrato i diritti della difesa. Nel merito, la Corte ha ritenuto attendibile il racconto accusatorio delle vittime, che si confortavano a vicenda, ripetuto con costanza ai vari intervistatori e giustificabile la ragione per la quale T. ha tardato a mettere al corrente i genitori delle patite violenze; le dichiarazioni delle parti lese si ponevano in sintonia con un episodio di cui era stato protagonista l’imputato nel 1990. La Corte ha ritenuto che l’affidabilità delle vittime non era messa in discussione da due testi (madre e fratello dell’imputato) animati dall’intento di proteggere il proprio congiunto e la famiglia.

In merito alla capacità di T. di rendere testimonianza, i Giudici hanno risposto positivamente rilevando che il contrario avviso del consulente di parte si basava sulla circostanza, non provata, che il ragazzo fosse affetto dalla sindrome di Asperger; il giovane, inoltre, presentava un quadro psichico compatibile con i denunciati abusi.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge e difetto di motivazione, in particolare, rilevando:

– che le modalità con le quali è stato escusso T. ha compromesso i diritti del difensore che non ha potuto interloquire nel corso dell’esame;

– che i Giudici hanno valorizzato un lontanissimo episodio che non aveva attinenza con la pedofilia;

– che la Corte ha sottovalutato le numerose contraddizioni dei ragazzi, le deposizioni, favorevoli all’imputato, della nonna e dello zio e non ha dato conto della ragione per la quale T. dopo anni di abusi si è determinato a denunciarli;

– che la genesi del narrato fantastico di T. risiede nella sindrome di Asperger che era stata diagnosticata al ragazzo.

Le censure del ricorrente sono manifestamente infondate e generiche per cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma – che la Corte reputa equo fissare in Euro mille – alla Cassa delle Ammende.

In merito alla prima censura, è appena il caso di rilevare come, con sentenza n. 63/2005, la Consulta abbia dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 498 c.p.p., comma 4 ter nella parte in cui non prevedeva che le modalità di audizione protetta del minore siano estese allo infermo di mente meritevole di analoga tutela; di conseguenza, l’audizione di T. è stata effettuata con le forme di legge che garantiscono la protezione del fragile testimone e la affidabilità delle sue dichiarazioni.

Le minorate condizioni del ragazzo non escludevano la sua attitudine a distinguere la realtà dalla fantasia e la capacità a deporre è stata messa in discussione dalla difesa sotto il profilo che fosse affetto dalla sindrome di Asperger; la tesi è stata presa nella dovuta considerazione dalla Corte territoriale e motivatamente disattesa per la fondamentale ragione che T. è risultato immune dalla menzionata malattia.

L’imputato non ha precisato quali siano le discrasie nei racconti delle due vittime e, di conseguenza, il motivo di ricorso è privo della necessaria concretezza.

Ad uguale conclusione, si deve pervenire in merito alle censure sul ritardo nella denuncia e sulla valutazione delle testimonianze della nonna e della zia. Le confutazioni difensive sui temi erano già state sottoposte al vaglio della Corte di Appello e superate con articolato apparato argomentativo; di questa motivazione, l’imputato non tiene conto nella redazione delle censure dell’atto di ricorso che, sotto tale profilo, è generico perchè non in sintonia con le ragioni giustificatrici del gravato provvedimento.

In merito alla residua deduzione, si osserva come i Giudici abbiano correttamente reputato il lontano episodio come un sintomo indicatore (tra gli altri) della affidabilità dei ragazzi perchè l’imputato aveva utilizzato lo stesso modus operandi che userà con i nipoti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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