Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-06-2011) 03-10-2011, n. 35774

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 18.3.2010, la corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza 26.2.09, emessa ex art. 438 c.p.p. dal tribunale della stessa sede, ha modificato la qualifica del fatto contestato da reato consumato a tentativo di contraffazione di moneta nazionale del taglio di Euro 50, ex art. 453 c.p., e ha ridotto la pena inflitta a C.G. e G.G. a tre anni, un mese e dieci giorni di reclusione e la pena inflitta a F. a due anni e otto mesi di reclusione. Il difensore di G. ha presentato ricorso per violazione di legge , in riferimento all’art. 62 bis c.p., in quanto sono state negate le attenuanti generiche per la gravità del fatto e per la personalità dell’imputato, desunta dai precedenti penali, pur avendo utilizzato questi fattori per la quantificazione della pena, ex art. 133 c.p.. La sentenza è errata, in quanto l’incensuratezza del G. e gli elementi esposti nei motivi di appello giustificano la concessione( ampia confessione e giovane età). Inoltre non sussiste la gravità del fatto alla luce della nuova qualificazione giuridica, effettuata dal giudice di appello.

Il difensore di F. ha presentato ricorso per violazione di legge in relazione agli artt. 56 e 453 e in riferimento all’art. 49 c.p., nonchè per vizio di motivazione: il materiale sequestrato non era suscettibile di essere immesso sul mercato, perchè "il filino che nelle banconote si trova all’interno,in quelle contraffatte risulterebbe stampato all’esterno". Il materiale cartaceo sequestrato era costituito da fogli formato A4 e la presenza del filino all’esterno della banconota rendeva evidente per chiunque la grossolanità del falso; la sentenza ha quindi errato nell’escludere immotivatamente la ricorrenza dell’art. 49 c.p.. Il difensore fa anche rilevare l’errore, contenuto a pag. 7 della sentenza (laddove indica come pena base 4 anni e 8 mesi di reclusione, invece di 4 anni di reclusione) che costituisce errore materiale, tanto è vero che nel dispositivo la pena indicata (2 anni e otto mesi) è il risultato della diminuzione per il rito calcolata sulla pena base di 4 anni. Il procuratore generale della Repubblica presso la corte di appello di Lecce ha presentato ricorso per violazione di legge in riferimento agli artt. 56 e 453 c.p.: il giudice di appello ha ritenuto la realizzazione del tentativo, sia per le risultanze processuali, sia per la mancata divisione ,nel foglio di formato A4, delle quattro banconote, che impedirebbe di considerare completata la falsificazione e l’immissione sul mercato.

Secondo il ricorrente, quanto alle risultanze processuali, la corte ha effettuato un travisamento delle prove,valorizzando un’espressione riportata nel p.v. di arresto, laddove l’estensore afferma di aver rinvenuto "un prodotto parzialmente finito, la cui fase di produzione era da stimarsi pari al 90%". Tale giudizio è riportato anche nelle didascalie delle foto allegate. Secondo la corte, lo stesso Gip ha aggiunto che alla lavorazione sostanzialmente ultimata avrebbero potuto aggiungersi ulteriori particolari, finendo così per attestarne la parzialità.

Secondo il ricorrente, le risultanze processuali riportate nella prima sentenza dimostrano l’ultimazione della falsificazione, laddove si da atto della collocazione della catasta di fogli stampati nel contenitore denominato "lavorazione terminale", mentre altri fogli si trovavano nello scomparto "lavorazione intermedia". Tale netta contrapposizione è contenuta sia nel verbale di sequestro sia nel fascicolo fotografico allegato , per cui va ritenuto che la falsificazione era terminata per questa parte di fogli qualificati come "lavorazione terminale". La perfettibilità del prodotto così ottenuto – rilevata dal Gip – va posta in relazione alle dichiarazioni del C. circa la mancanza dell’ologramma e della mancata corrispondenza di alcuni particolari delle banconote ottenute al processo di falsificazione con i particolari delle banconote aventi corso ufficiale. In sostanza il giudice ha affermato che quello ottenuto era un prodotto avente rilevanza penale, perchè al di sopra della soglia di grossolanità e che pertanto poteva essere immesso nel mercato, sebbene ancora perfettibile.

La volontà di non distribuire le banconote in assenza di particolari indicati dagli imputati andava provata da chi volesse trame giovamento.

Il giudice di appello ha ritenuto che comunque la mancata separazione delle singole banconote stampate in numero di 4 per ciascun foglio rendeva il prodotto inidoneo all’immissione in circolazione, secondo un orientamento risalente a sez. 1^, n 22.6.1964, Liscai. Il ricorrente considera rilevante, nella soluzione della presente questione interpretativa, Porientamento (sez. 1^ n. 3635 del 30.1.84) secondo cui, nel considerare la condotta di un reato che richiede il compimento di una pluralità di atti, l’ipotesi di contraffazione di carta-moneta è definita quale reato che consta di una serie di procedimenti tecnici riproduttivi, dei quali la stampa costituisce l’operazione finale di riproduzione. In sostanza si deve quindi intendere che, per ritenersi conclusa l’operazione di contraffazione (creazione di una cosa simile ad un’altra, di norma per imitazione) assumono rilievo solo gli atti di tipo tecnico di cui consta il procedimento riproduttivo e che possono costituire effettivi segmenti dell’azione complessiva, mentre non assumono rilievo appendici (quali il taglio delle singole banconote) che rilevano sotto un profilo pratico, ma nulla tolgono a quella che è la reale attività criminosa.

Il ricorso del procuratore generale non merita accoglimento, in quanto è pienamente corrispondente a un incontestabile dato storico l’affermazione della corte territoriale, secondo cui, in mancanza del taglio di ciascuno dei fogli formato 4 – sui quali erano stampati le immagini corrispondenti a quelle della banconote da 50 Euro – non si era ancora in presenza di "banconote" contraffatte, ma della illecita riproduzione delle immagini predette. Per la realizzazione di banconote , idonee e essere immesse nella circolazione monetaria, sarebbe stato necessario il compimento di un altro degli atti rientranti nel relativo procedimento tecnico della contraffazione nummaria: il taglio dei fogli, in modo da completare la realizzazione di cose idonee a ledere i beni giuridicamente protetti, nei limiti previsti dalla legge..

Come è noto, il reato in esame è reato di pericolo plurioffensivo, in quanto la norma incriminatice tutela, oltre che l’interesse patrimoniale dell’istituto di emissione(che può essere leso dalla creazione di banconote dal valore monetario fittizio) e quello dei privati( che possono essere danneggiati dall’uso delle monete), nonchè la fede pubblica, cioè la fiducia che la collettività ripone nella legalità della circolazione monetaria, (sez. 5^, n. 3905 del 4.12.1974, rv 129694). La consumazione del reato di pericolo è quindi realizzata -come correttamente ha ritenuto la corte di appello – solo quando la banconota sia stata integralmente riprodotta e sia pronta per l’immissione in circolazione, determinando il pericolo dei suindicati beni giuridici(vedi anche la conferma a questo orientamento interpretativo, desunto dalla sentenza impugnata dalla decisione sez. 1^ n. 3635 del 30.1.1984).

Ugualmente da rigettare è il ricorso del F., in quanto il motivo diretto al riconoscimento della sussistenza del reato impossibile è nettamente smentito dalle suindicate risultanze processuali, in base alle quali, indipendentemente dalla loro collocazione, l’attività di stampa era in gran parte completata.

Secondo la valutazione dei giudici di merito – fondata su una razionale valutazione -la riproduzione delle banconote sui fogli formato 4 non presentava alcuna caratteristica ostativa alla capacità delle banconote -derivate dal preventivato taglio – a trarre in inganno la fede pubblica. Non ha inoltre alcun rilievo l’errata indicazione, da parte della corte, della pena inflitta in primo grado al ricorrente, in quanto sia nel risultato del calcolo sia nel dispositivo, la pena è stata correttamente indicata in due anni e otto mesi di reclusione, a seguito della riduzione di un terzo della iniziale sanzione di 4 anni di reclusione.

Merita accoglimento il ricorso del G., in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Il giudice di appello ha negato la concessione, per un duplice ordine di motivi: la gravità del fatto, pienamente giustificata con il richiamo all’ammontare complessivo delle banconote in corso di contraffazione e al costoso macchinario utilizzato per la sua realizzazione; la personalità dell’imputato, giustificata con il richiamo ai precedenti penali. Sotto quest’ultimo profilo, la motivazione è nettamente smentita dalla incensuratezza del G. e conduce all’annullamento della sentenza su questo punto, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Lecce.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del procuratore generale, nonchè quello del F., che condanna alle spese del procedimento.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di G., limitatamente al diniego delle generiche, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Lecce per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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