Cons. Stato Sez. VI, Sent., 31-10-2011, n. 5816

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1). Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha respinto il ricorso di primo grado proposto dalla P. D. s.r.l., volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento n. 31933, emesso dal Comune di Portoferraio in data 24 settembre 2008, di reiezione della domanda in data il 30 giugno 2008 – integrata con successiva domanda del 31 luglio 2008 – volta ad ottenere il rilascio di una concessione demaniale marittima per la realizzazione e gestione di un approdo turistico nell’area portuale di Portoferraio, e la connessa domanda risarcitoria.

Il Tribunale amministrativo esaminava partitamente le articolate doglianze proposte dall’ odierna appellante e ne riconosceva l’infondatezza.

In particolare il primo giudice affermava che, ai sensi del novellato art. 117 della Costituzione, i porti civili formano oggetto di potestà legislativa regionale concorrente, mentre l’art. 118 della Costituzione attribuisce la generalità delle funzioni amministrative in detta materia ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse fossero espressamente conferite alle province, alle città metropolitane, alle regioni o allo Stato.

La procedura concessoria relativa alla realizzazione e gestione dell’opera in argomento, destinata alla nautica da diporto, trovava, inoltre, la sua disciplina di dettaglio nella legge regionale (stante la vocazione turistica del porto de quo e la circostanza che la materia del turismo rientra nella competenza legislativa residuale piena delle Regioni).

A fronte di siffatta ripartizione di competenze di rango costituzionale, alcun rilevo poteva assumere la catalogazione dei porti come porti di interesse nazionale, contenuta nella normativa statale previgente all’entrata in vigore della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).

Avverso detta sentenza la P. d" Elba s.r.l. ha proposto atto di appello ed ha contrastato le conclusioni del Tribunale regionale, insistendo nei motivi di legittimità dedotti e nella domanda risarcitoria.

In sede di note conclusive e di replica la società appellante ha in gran parte riprodotto in termini i motivi già articolati in appello.

Resiste il comune di Portoferraio che ha contraddetto i motivi di gravame e chiesto la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza dell’11 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione,

2), In via preliminare P. d" Elba s.r.l. ha eccepito l’irricevibilità delle note a difesa del Comune di Portoferraio, perché depositate il 30 agosto 2011 e, quindi – tenuto conto del periodo sospensione dei termini processuali dal 1° agosto al 15 settembre – senza osservare il termine di 30 giorni liberi prima dell’udienza di trattazione dell’appello (fissata per l’ 11 ottobre 2011), secondo quanto stabilito dall’art. 73, comma 1, cod. proc. amm.

Osserva il Collegio che il Comune resistente, in sede di memoria di replica, ha sostanzialmente reiterato le tesi difensive, già sviluppate nell’iniziale memoria del 27 agosto 2011, per di più rinnovando il pedissequo rinvio agli scritti del giudizio di primo grado, già effettuato nel primo atto difensivo.

. L’eccezione dei termini formulata non è sorretta da un interesse concreto ed attuale alla decisione, ove si consideri che le posizioni a difesa del comune di Portoferraio sono tutte esaustivamente delineate nella conclusiva memoria di replica, mentre non risultano lesi i diritti di difesa di P. D. s.r.l., che nella note di replica, depositate l’11 ottobre 2011, ha contraddetto all’ordine argomentativo del Comune quale sviluppato nella memoria depositata il 30 agosto 2011 di cui si chiede la declaratoria di irricevibilità.

3). Con il primo mezzo l’appellante ha riproposto le censure di incompetenza, usurpazione di competenza e straripamento di potere, già disattese in primo grado, sostenendo che, per quanto riguarda l’approdo turistico di cui è controversia, ogni attribuzione in materia spetta allo Stato (e non al Comune) ai sensi dell’art.105, comma 2 lettera l, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e del d.P.C.M. del 21 dicembre 1995 n. 603000, dovendo intendersi escluse dal conferimento alle regioni le funzioni riguardanti i porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché le aree di preminente interesse nazionale individuate dal predetto d.P.C.M. del 21 dicembre 1995.

All’udienza di trattazione del ricorso il difensore di P. d" Elba s.r.l. ha dichiarato di rinunziare al motivo, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale in materia.

Giova ricordare – anche in relazione al rilievo che ciò assume a fini della trattazione del secondo motivo di impugnativa – che la Corte costituzionale ha ricostruito analiticamente il quadro della legislazione precedente alla modifica degli artt. 117 e 118 della Costituzione ed, ha delineato l’ambito delle competenze legislative ed amministrative nella materia porti civili.

Il giudice delle leggi ha più volte ribadito il principio (Corte cost., 10 marzo 2006, n. 89 e 19 ottobre 2007, n. 344) a tenore del quale la modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione, ha previsto, da un lato, l’attribuzione alle regioni della competenza legislativa concorrente in materia di "porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione" ( art. 117, terzo comma, della Costituzione; sentenza n. 378 del 2005); dall’altro, ha attribuito la generalità delle funzioni amministrative ai comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza ( art. 118, primo comma, della Costituzione).

Per i porti civili – nel cui ambito ricade il sito portuale di cui è controversia – resta inapplicabile, ai fini della individuazione dell’autorità competente a pronunciarsi sulle richieste concessorie, la previgente classificazione di cui all’art. 4 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, ed al d.P.C.M. del 21 dicembre 1995 n. 603000.

La Corte costituzionale, nella richiamata decisione n.344 del 2007 (il conflitto di attribuzioni sollevato in detta occasione concerneva il P. di Viareggio) ha, infatti, avuto modo di rilevare che è da escludere che il riferimento al suddetto d.P.C.M. nelle norme statali, citate negli atti impugnati, possa cristallizzare nel tempo l’appartenenza di aree portuali di interesse regionale o interregionale al novero di quelle escluse dal conferimento di funzioni alle Regioni in vista del loro preminente interesse nazionale.

In altri termini, il nuovo sistema delle competenze, recato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (modifiche al Titolo V della Parte seconda della Costituzione), impedisce che possa attribuirsi attuale valenza precettiva all’inserimento formale del P. nel d.P.C.M. del 1995, ai fini del riparto delle funzioni amministrative in materia.

La Corte costituzionale nella sentenza n. 344 del 2007 ha inoltre affermato il fondamentale principio affermato mercé il quale "lo Stato possa procedere per il futuro, con la necessaria partecipazione della Regione interessata in ossequio al principio di leale collaborazione, a riconoscere a taluni porti…. per la loro dimensione ed importanza, quel carattere di rilevanza economica internazionale o di preminente interesse nazionale, che sia idoneo a giustificare la competenza legislativa ed amministrativa dello Stato su tali porti e sulle connesse aree portuali.

L’assenza di tale preventiva azione collaborativa – finora non intrapresa con riferimento all’insediamento portuale insistente nel territorio del comune di Portoferraio – rende nell’attualità recessiva la tesi volta a cristallizzare l’ordine delle competenze sulla base all’ordinamento previgente alle modifiche introdotte al Titolo quinto della Costituzione, che attribuiva allo Stato ogni competenza deliberativa e gestoria in ordine all’area demaniale, in base al criterio dell’appartenenza del bene e non della destinazione funzionale del P..

2.1). Con il secondo motivo la società P. D. rinnova i motivi, disattesi dal tribunale regionale, di violazione del regolamento approvato con il d.P.R. n. 509 del 509 (recante la disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto), delle regole di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa, nonché di erroneità, insufficienza e contraddittorietà della motivazione posta a sostegno dell’ atto di diniego.

E, in particolare,dedotto:

a) che l’ Amministrazione doveva, in ogni caso, attivare il procedimento di esame della domanda di concessione in osservanza delle regole stabilite dal menzionato d.P.R. n. 509 del 1997;

b) che, versandosi in materia devoluta alla legislazione concorrente dello Stato e delle regioni, il predetto d.P.R. resta espressione di principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato cui deve conformarsi l’azione amministrativa dell’ente locale nella gestione del bene del demanio marittimo;

c) che – diversamente da quanto opposto dal comune di Portoferraio con il provvedimento impugnato – la non conformità del progetto del P. alla disciplina urbanistica ed edilizia della porzione dei territorio interessata dall’intervento non può costituisce condizione preclusiva per l’esame della domanda, essendo consentito introdurre modifiche in variante alla disciplina di piano, secondo quanto previsto dall’art. 6 del d.P.R. n. 509 del 1997 e dagli artt. 21 e segg. della stessa legge regionale della Toscana 3 gennaio 2005, n. 1, promuovendo un accordo di programma fra i diversi enti interessati.

3.2). Con riguardo al profilo di doglianza sub a) è opportuno premettere che il rilascio delle concessioni di uso di zone del demanio marittimo, del mare territoriale, di pertinenze demaniali marittime o per apportarvi innovazioni allo scopo di realizzare strutture dedicate alla nautica da diporto si riconduce ad una valutazione ampiamente discrezionale dell’ amministrazione preposta alla cura del bene demaniale.

E’ noto, infatti, che i beni appartenenti al demanio naturale sono per le loro caratteristiche oggettive destinati a soddisfare esigenze di carattere collettivo da parte di ogni soggetto che possa usufruirne.

L’uso speciale, che viene a costituirsi per effetto di provvedimento concessorio, si pone come eccezione rispetto all’uso generale. L’ Amministrazione può, quindi, con motivata pronunzia ritenerlo recessivo a fronte dell’interesse di rilievo pubblico di non introdurre limiti o condizioni di esclusiva quanto all’utilizzo del bene appartenente al demanio.

Quanto precede porta, in conseguenza, ad escludere – anche a voler ricondurre al d.P.R. n. 509 del 1997 regole di principio valide per l’autorità comunale per la scelta del concessionario fra una pluralità di aspiranti in condizioni di imparzialità e concorrenzialità – che, a fronte di una domanda di concessione di bene appartenente al demanio marittimo, venga a configurarsi come atto dovuto l’attivazione del procedimento di esame comparativo previsto dagli artt. 3 del d.P.R. predetto (cfr. Cons. Stato, VI, 20 febbraio 2007, n. 914).

Inoltre, come avvenuto nel caso di specie, l’Amministrazione può, in sede di esame preliminare della domanda, ravvisare profili afferenti alla sua manifesta inammissibilità (individuati nella specie nel contrasto del progetto portuale con le regole di utilizzo del territorio stabilite dai vigenti strumenti di pianificazione) ed omettere ogni successivo adempimento inerente alla fase di pubblicazione dell’istanza di concessione per l’acquisizione di osservazioni da parte di ogni altro soggetto eventualmente interessato. ovvero di eventuali domande concorrenti.

3.3). I capi di doglianza di cui alle lett. b) e c) introducono il tema delle condizioni e presupposti per il rilascio nell’ambito della Regione Toscana di concessioni demaniali marittime per la realizzazione di strutture portuali, da destinarsi alla specie per finalità di approdo turistico.

La materia forma oggetto di specifica disciplina in base alla l.r. Toscana 3 gennaio 2005, n. 1, recante norme per il governo del territorio.

L’art. 47 bis della legge predetta, nel testo vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato, stabilisce che le previsioni di nuovi porti, ampliamento o riqualificazione di quelli esistenti costituiscono variazione del piano di indirizzo territoriale medesimo e sono approvate mediante l’accordo di pianificazione di cui all’articolo 21 tra le amministrazioni territorialmente interessate.

Il successivo art. 47ter include i piani regolatori portuali fra gli atti di governo del territorio ai sensi dell’articolo 10, comma 1, di competenza del comune (che) attuano le previsioni degli strumenti della pianificazione territoriale per ognuno dei porti e approdi turistici

A loro volta i piani regolatori portuali….sono attuati mediante i progetti delle opere portuali e consistono nella programmazione e localizzazione degli interventi da realizzare per le funzioni e le specializzazioni che lo scalo marittimo è destinato a svolgere, compresi i servizi connessi.

Come correttamente posto in rilievo dal primo giudice si versa a fronte ad un disciplina legislativo a livello regionale che, nell’esercizio dei poteri di legislazione concorrente in materia di porti ed aeroporti civili assegnati alle regioni dall’ art. 117 della Costituzione, riconduce gli interventi sul territorio afferenti alla portualità ad una puntuale ed esaustiva regolamentazione che prenda in considerazione, a livello di piano di indirizzo regionale, le nuove localizzazioni, nonché gli interventi di ampliamento e riqualificazione dei porti esistenti. A sua volta il piano regolatore comunale costituisce, nella sua disciplina di dettaglio, strumento attuativo del piano di indirizzo regionale.

Il quadro regolatorio della Regione Toscana rende cedevole ogni previgente disciplina a livello statale dettata dal d.P.R. n. 509 del 1997 per il rilascio di concessioni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

Stabilisce, infatti, l’art. 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante norme per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alle disposizioni del novellato Titolo V della Costituzione che le disposizioni statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia.

La realizzazione di porti civili nella Regione Toscana resta condizionata nel suo sviluppo e, segnatamente per le nuove localizzazioni, al concorso di specifici atti di pianificazione nel duplice livello sia regionale, che comunale. Ciò porta ad escludere ogni valenza precettiva dell’ art. 6 del d.P.R. n. 509 del 1997 che, in caso si difformità del progetto dedicato alla nautica di diporto dai vigenti strumenti di pianificazione ne rimette l’approvazione all’ accordo di programma ai sensi e per gli effetti dell’art. 27 della legge n. 142 del 1990 e successive modificazioni.

Tale conclusione è avvalorata dall’esigenza fatta propria dalla l.r. Toscana n. 1 del 2005 e successive modificazioni di dar luogo ad una unitaria e coordinata pianificazione a livello regionale degli interventi afferenti alla portualità (comprensivi di quelli destinati ad approdo turistico), cui non può sostituirsi l’ estemporanea e separata valutazione del progetto della nautica da diporto (che non trovi riscontro negli strumenti pianificatori vigenti) in sede di esame di singole domande di concessione demaniale marittima.

L’accertato contrasto del progetto presentato con i vigenti strumenti urbanistici offre di per sé sostegno all’atto di diniego impugnato; ciò consente l’assorbimento di ogni altra censura inerente all’incidenza territoriale dell’intervento ed alle modalità formali di presentazione della domanda di concessione.

L’assenza di lesione alle posizioni di interesse legittimo della società ricorrente rende, in conseguenza, inammissibile ogni domanda risarcitoria.

Il relazione ai peculiari profili della controversia spese ed onorari possono essere compensati fra le parti per il presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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