Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 27-02-2012, n. 2952 Concorso di colpa del danneggiato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, ha ritenuto fondata la domanda risarcitoria avanzata da M. U. nei confronti dell’INPS per avergli l’Istituto fornito informazioni errate sulla posizione contributiva, così determinando le sue dimissioni nella certezza di poter aver accesso alla pensione di anzianità. La Corte ha ritenuto il comportamento dell’Istituto previdenziale inadempiente all’obbligo impostogli dalla L. n. 88 del 1989, art. 54, osservando, quindi, che tale comportamento aveva assunto decisiva valenza causale nella produzione del danno subito dal M., avendo ingenerato in costui la legittima aspettativa di potere accedere al pensionamento.

L’INPS ricorre per la cassazione di questa sentenza con un unico motivo, illustrato con successiva memoria. Resistono con controricorso D., L. e M.G., nonchè S.M., nella qualità di eredi dell’intimato.

Motivi della decisione

1. Con denuncia di vizio di omessa o insufficiente motivazione l’INPS censura la sentenza impugnata per essersi limitata ad affermare l’astratta attitudine dell’errore compiuto nel redigere l’estratto conto contributivo a configurare inadempimento produttivo del danno subito dall’assicurato, senza nulla osservare in merito alla condotta di quest’ultimo, nonostante l’Istituto avesse dedotto fin dal primo grado – e ribadito in appello – che nessuna responsabilità poteva essergli addebitata in quanto l’inesattezza dell’estratto conto consisteva in una duplicazione della contribuzione accreditata per lo stesso periodo ed era, perciò, riconoscibile prima facie ed immediatamente riscontrabile dalla disamina del documento, così da non esibire alcuna insidia o attitudine ad indurre in errore il destinatario.

2. Il ricorso è inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza.

3. La decisione di questa Corte (Cass. n. 19340 del 2003), che la sentenza impugnata ha posto a fondamento della decisione quale regula iuris del caso sottoposto al suo esame, non soltanto qualifica la indicazione erronea (per eccesso) del numero dei contributi versati come illecito, produttivo di danno, ricollegabile all’inadempimento del generale obbligo dell’ente previdenziale, della L. n. 88 del 1989, ex art. 54, di fornire esatte informazioni all’assicurato sulla sua posizione contributiva e pensionistica qualora lo stesso ne faccia richiesta, ma aggiunge che non rileva, al fine di escludere la colpa dell’INPS, l’eventuale errore dell’assicurato nel non rendersi conto che una parte dei contributi non siano computabili ai fini del conseguimento del diritto a pensione, potendo tale circostanza, se mai, essere richiamata, ex art. 1227 cod. civ., solamente ai fini della determinazione dell’entità del risarcimento.

4. E’ evidente, allora, che la Corte di merito, pur non essendosi soffermata espressamente sulla questione, ha ritenuto ascrivibile esclusivamente all’errore compiuto dall’INPS nella compilazione dell’estratto conto contributivo il danno subito dall’assicurato per il rigetto della sua domanda di pensione. Del resto, è lo stesso ricorrente ad affermare (ricorso pag. 4) che il Collegio aveva "implicitamente disatteso le deduzioni difensive a mezzo delle quali l’Istituto prospettava che l’evento dannoso fosse integralmente (o comunque parzialmente) imputabile a controparte la quale aveva colpevolmente fatto affidamento su di un estratto conto che presentava un errore palese ed evidentemente riconoscibile". 5. Ciò posto, la censura di vizio di motivazione contestata alla sentenza impugnata esigeva, da parte dell’Istituto ricorrente, l’adempimento dell’onere, imposto dal principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (da ultimo, cfr. Cass. 2966/2011;

6937/2010; 22303/2008), di provvedere alla trascrizione, nel corpo dell’atto, del contenuto dell’estratto contributivo che assume come non correttamente valutato, in modo da consentire a questa Corte di verificare l’esattezza delle deduzioni svolte a proposito della trasparenza dell’errore addebitatogli e di valutare, quindi, compiutamente, l’adeguatezza del c.d. giudizio di fatto operato dal giudice del merito.

6. A un siffatto onere l’INPS non ha adempiuto, conseguendone, secondo la richiamata e condivisa giurisprudenza, l’inammissibilità del ricorso.

L’INPS è condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo e distratte a favore del difensore degli odierni resistenti, avv. Giovanni Angelozzi, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 50,00 per esborsi e in Euro 3.000,00 (tremila) per onorari, oltre spese generali I.V.A. e C.P.A., con distrazione a favore del difensore degli odierni resistenti, avv. Giovanni Angelozzi, antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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