Cons. Stato Sez. VI, Sent., 31-10-2011, n. 5813 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. I signori B. F. e L. M. C., con il ricorso n. 698 del 2006, proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, hanno chiesto l’annullamento del decreto n. 4 del 21 aprile 2006 della Direzione Compartimentale Infrastruttura di Reggio Calabria, Ufficio Territoriale per le Espropriazioni, di R. F. I. S.p.a. (di seguito RFI), con cui è stata disposta l’acquisizione al patrimonio indisponibile degli immobili occorsi per la costruzione di una scogliera radente in tratti saltuari tra i km 227+000 e 228+100 della linea ferroviaria Battipaglia – Reggio Calabria.

La S.p.a. RFI si è costituita, deducendo l’inammissibilità del ricorso e la sua infondatezza, e, in via subordinata, nell’ipotesi in cui fosse riconosciuta la fondatezza del gravame, ha chiesto, con memoria di costituzione non notificata alla controparte la dichiarazione, ai sensi dell’art. 43, comma 3, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, di essere tenuta a risarcire i danni, da quantificarsi in corso di causa, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo.

2. Il TAR, con sentenza parziale 22 marzo 2007, n. 243, ha accolto il ricorso ed ha annullato il provvedimento di acquisizione sanante.

Il TAR ha inoltre ordinato alla S.p.a. RFI di provvedere alla notifica ai ricorrenti degli atti difensivi con i quali la stessa aveva chiesto, ai sensi dell’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 327 del 2001, la condanna al risarcimento dei danni a favore della controparte, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo.

Il TAR poi, con successiva ordinanza 23 novembre 2007, n. 192, ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio, sottoponendo al tecnico alcuni quesiti ai fini della quantificazione dell’ammontare complessivo delle somme dovute a titolo di risarcimento.

3. Il TAR, acquisita la relazione del consulente tecnico e le controdeduzioni delle parti, con la sentenza definitiva n. 310 del 2009, ha accolto la domanda avanzata dalla S.p.a. RFI ai sensi dell’art. 43, terzo comma, del d.P.R. n. 327 del 2001 e, in conseguenza, ha condannato la Società al risarcimento dei danni in favore dei ricorrenti, da determinarsi a norma dell’art. 35, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, "secondo i criteri e nei termini di cui in motivazione" ed ha escluso "la restituzione dei beni di cui in motivazione senza limiti di tempo".

Il TAR ha condannato la S.p.a. RFI al pagamento delle spese di giudizio e al pagamento in favore del professionista nominato delle spese della consulenza tecnica d’ufficio.

4. Con l’appello in epigrafe, gli originari ricorrenti hanno chiesto la riforma della sentenza gravata n. 310 del 2009, formulando domanda incidentale di sospensione della sua esecutività.

Alla camera di consiglio del 29 settembre 2009, l’esame della domanda cautelare è stato abbinato alla trattazione della causa nel merito.

5. La s.p.a. RFI – che il 4 aprile 2007 aveva notificato riserva d’appello avverso la sentenza parziale – in data 21 ottobre 2009 ha depositato appello incidentale, con cui ha contestato le statuizioni con cui il TAR ha determinato la sua soccombenza, sia con la sentenza parziale che con quella definitiva.

Le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive difese.

6. All’udienza dell’8 marzo 2011, il Collegio, ritenuto necessario, ai fini del decidere, acquisire informazioni da parte della S.p.a. RFI, con ordinanza n. 2252 del 2011, ha disposto che la detta Società facesse pervenire, entro il termine di 90 giorni decorrente dalla comunicazione, o dalla notificazione se antecedente, dell’ordinanza, una relazione accompagnata da ogni necessario e utile documento, recante la precisazione di quali opere fossero state eseguite sugli immobili di proprietà dei ricorrenti, di quale fosse stata, di conseguenza, la trasformazione di tali immobili per effetto della esecuzione delle dette opere a fronte del loro stato precedente, di quale fosse lo stato attuale dei detti immobili a seguito degli interventi compiuti e di quali opere dovrebbero essere eseguite per la loro riduzione in pristino. Ha fissato per il prosieguo l’udienza del 5 luglio 2011, restando nel frattempo sospesa ogni pronuncia in rito, nel merito e sulle spese.

7. All’udienza del 5 luglio 2011, su richiesta delle parti, la trattazione della causa è stata rinviata e fissata per l’udienza del 18 ottobre 2011.

8. In data 6 luglio 2011 è stata depositata da parte di RFI la documentazione richiesta, composta di relazione tecnica, rilievo topografico e rilievo fotografico. In data 23 settembre 2011 gli appellanti hanno depositato relazione tecnica al fine di controdedurre a quanto indicato nella relazione di RFI.

9. All’udienza del 18 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il presente giudizio riguarda l’occupazione divenuta sine titulo (per la mancata emanazione del decreto di esproprio) di alcune aree che si trovano nel territorio del Comune di Amantea, ove nel 2002 è stata realizzata una scogliera radente, per proteggere dalle periodiche e distruttive mareggiate un tratto ferroviario.

Le aree di proprietà degli appellanti principali costituiscono una fascia di terreno posta tra la spiaggia di Amantea e un tratto della R. ferroviaria che attraversa la Calabria (tra i km 227+000 e 228+100 della linea Battipaglia – Reggio Calabria).

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione prima:

– con la sentenza parziale n. 243 del 2007, ha annullato per carenza di motivazione il provvedimento 4 del 21 aprile 2006, con cui era stata disposta (ai sensi dell’art. 43 del testo unico degli espropri) l’acquisizione al patrimonio indisponibile della società R. F. I. dell’area in questione (atto emanato dopo che erano venuti meno gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità del 27 luglio 2000, per la mancata tempestiva emanazione del decreto di esproprio);

– con la sentenza definitiva n. 310 del 2009, ha respinto la domanda di restituzione dell’area ed ha accolto la domanda avanzata dalla società (già ritenuta ammissibile con la sentenza parziale), ai sensi dell’art. 43, terzo comma, del d.P.R. n. 327 del 2001, disponendo la condanna della stessa società al risarcimento dei danni in favore dei proprietari, da determinarsi a norma dell’art. 35, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, "secondo i criteri e nei termini di cui in motivazione".

2. Con l’appello principale in epigrafe, gli originari ricorrenti hanno chiesto:

a) l’accoglimento integrale del ricorso di primo grado, con la condanna di RFI alla restituzione dei terreni occupati di proprietà degli appellanti con ripristino dello stato dei luoghi;

b) che, qualora non sia accoglibile la domanda principale, sia proposta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001;

c) in ulteriore subordine, che la società appellata sia condannata al risarcimento dei danni in favore degli appellanti secondo il valore effettivo di mercato dei beni per cui è causa, come da consulenza tecnica di parte, nonché tenuto conto del deprezzamento del residuo terreno e attività ricettivaturistica di titolarità degli appellanti, oltre interessi moratori a decorrere dal giorno dell’occupazione senza titolo dei terreni medesimi.

3. Con l’appello incidentale, la società R. F. I. ha dedotto:

a) il difetto di legittimazione attiva e di interesse dei ricorrenti, in quanto non più proprietari dei fondi di cui si tratta, perché irreversibilmente trasformati in specchio d’acqua ovvero spiaggia o arenile (motivo riproposto nelle memorie depositate da RFI in date 14 febbraio e 15 settembre 2011);

b) in subordine, la erroneità della stima del valore per metro quadro del terreno operata dal Consulente tecnico di ufficio, trattandosi di arenile di proprietà pubblica di impossibile utilizzazione da parte di privati, salva concessione;

c) la erroneità della condanna di RFI al pagamento delle spese di lite, da porre invece a carico dei ricorrenti o, in via subordinata, da compensare.

4. Gli appellanti principali, con memoria depositata il 3 febbraio 2011, eccepita la irricevibilità dell’appello incidentale presentato da RFI poiché tardivo, hanno dedotto che le contestate statuizioni della sentenza definitiva sono divenute prive di supporto normativo, a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale 4 ottobre 2010, n. 293, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’intero art. 43 del testo unico sugli espropri, e che, di conseguenza, "la denegata restituzione del diritto dominicale dei ricorrenti – odierni appellanti principali in capo all’appellata R.F.I. S.p.a. risulta priva di fondamento normativo, quindi sine titulo e legittimante l’accoglimento della domanda principale di restituzione integrale dei terreni occupati e di ripristino originario dello stato dei luoghi".

5. Il Collegio ritiene preliminarmente di respingere l’appello incidentale, nella parte riguardante il motivo dedotto di cui sopra sub 3.a).

Infatti, va condiviso il giudizio dato al riguardo nella sentenza parziale di primo grado n. 243 del 2007, per cui, essendovi stato un provvedimento amministrativo (il decreto di acquisizione n. 4 del 21 aprile 2006, ivi impugnato) volto alla produzione dell’effetto giuridico del trasferimento alla mano pubblica dei fondi in questione (perché di proprietà degli appellanti), risulta già riconosciuta in sede amministrativa la loro titolarità di un diritto reale e dunque la loro legittimazione ad agire in primo grado.

Invece, quanto alle residue censure dell’appello incidentale (sul quantum spettante agli interessati e sul regime delle spese del giudizio di primo grado), su di esse il Collegio ritiene di non dovere adottare ancora alcuna statuizione, in ragione delle statuizioni complessivamente contenute nella presente sentenza parziale (che ai Par.Par. 9 ss. rimette alla sentenza definitiva ogni valutazione sulla domanda degli appellanti di ottenere il risarcimento dei danni cagionati dalla occupazione sine titulo).

6. Passando all’esame dell’appello principale, il Collegio condivide quanto prospettato dagli appellanti sulle conseguenze nel presente giudizio della sentenza della Corte Costituzionale n. 293 del 2010.

Infatti, l’art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 conteneva le disposizioni in base alle quali la gravata sentenza parziale nonché quella definitiva hanno imperniato le proprie statuizioni sulla mancata restituzione del terreno in questione.

La sopravvenuta sentenza di incostituzionalità dell’art. 43 comporta la riforma della statuizione con cui la gravata sentenza definitiva ha escluso la restituzione – senza limiti di tempo – dei terreni detenuti sine titulo dalla società appellata.

7. Vanno invece respinte, in quanto palesemente infondate, le deduzioni formulate dalla società appellante secondo cui la sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 43 del testo unico sugli espropri avrebbe comportato la conseguenza del suo acquisto a titolo originario dei terreni in questione, sulla base di quegli "istitutì affermatisi nella prassi giudiziaria italiana del passato, a partire dal 1983, rivelatisi contrastanti con le disposizioni della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Infatti, come più volte rilevato da questo Consiglio (sia nella relazione illustrativa al testo unico sugli espropri, sia nelle sentenze n. 1552 del 2008 e 5830 del 2007), le disposizioni della CEDU e le conseguenti sentenze della Corte di Strasburgo evidenziano la radicale illegittimità delle prassi affermatesi in assenza di disposizioni di legge: i giudici e le amministrazioni nazionali non possono affermare contra legem che una amministrazione sia diventata proprietaria, in assenza di un titolo giuridico disciplinato dalla legge, sia pure di natura ablatoria..

Tali prassi non sono ridivenute rilevanti a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 43 del testo unico.

8. Va pertanto accolto l’appello principale avverso l’impugnata sentenza definitiva n. 310 del 2009 e va dunque rimossa la statuizione di esclusione della restituzione dei beni senza limiti di tempo (così come quella conseguente di condanna della società al risarcimento dei danni), basata sull’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 327 del 2001, dichiarato incostituzionale.

9. Nel decidere la domanda (riproposta in questa sede) di condanna della società alla restituzione dell’area detenuta sine titulo, nonché quella connessa volta al risarcimento dei danni conseguenti al periodo di occupazione sine titulo, rileva a questo punto la Sezione che è entrato in vigore l’art. 34, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha colmato il vuoto normativo formatosi a seguito della richiamata sentenza della Corte Costituzionale ed ha inserito nel testo unico sugli espropri l’art. 42 bis.

Tale articolo ha previsto al comma 1 che, in caso di occupazione senza titolo del bene privato per scopi di pubblica utilità, l’Amministrazione "valutati gli interessi in conflitto" può disporre, con formale provvedimento, l’acquisizione del bene al suo patrimonio indisponibile, con la corresponsione al privato di un indennizzo per il pregiudizio subito, patrimoniale e non patrimoniale, e al comma 8 che le sue disposizioni "trovano altresì applicazione ai fatti anteriori".

Anche nell’attuale quadro normativo, l’Amministrazione deve far venir meno la propria occupazione sine titulo, adeguare la situazione di fatto a quella di diritto e restituire i terreni ai suoi titolari, salvo che intenda comunque acquisirli o con la stipula di un contratto di acquisto avente anche funzione transattiva, ovvero con la riattivazione del procedimento espropriativo in sanatoria con le relative garanzie, ovvero con il provvedimento di acquisizione, ora disciplinato dall’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001 (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4970; 29 agosto 2011, n. 4833; 1° giugno 2011, n. 3331).

10. In questo quadro il Collegio, rilevato che – dalla relazione e dalla documentazione anche fotografica depositate da RFI il 6 luglio 2011 – risulta la verosimiglianza della valutazione ivi resa non soltanto sulla particolare difficoltosità della rimozione delle opere realizzate ma sopratutto sul gravissimo rischio che potrebbe altrimenti derivarne per la sede ferroviaria e per la pubblica e privata incolumità, ordina alla società RFI di far pervenire entro il termine di 90 giorni (decorrente dalla comunicazione, o dalla notificazione se antecedente, della presente sentenza parziale) una relazione nella quale dovrà essere precisata la determinazione adottata al fine della definizione del caso in controversia, con la chiara indicazione di quale strumento sia stato da essa scelto allo scopo tra quelli elencati nel precedente punto 9.

Entro il medesimo termine di 90 giorni RFI dovrà aver provveduto alla comunicazione agli appellanti dell’avvio del procedimento individuato, espressamente stabilendo in tale comunicazione il termine per la conclusione dello stesso; di tale comunicazione di avvio sarà dato conto nella relazione di cui sopra da trasmettere a questo Consiglio, alla quale sarà allegata copia conforme della detta comunicazione insieme con ogni altro documento relativo al procedimento avviato.

11. Il Collegio precisa che in mancanza della relazione suddetta non potrà, in sede di sentenza definitiva, che accogliere la domanda di integrale restituzione agli appellanti dei fondi di cui si tratta, previa rimessa in pristino dei medesimi, con segnalazione della vicenda alla Corte dei Conti per l’accertamento di ogni connessa responsabilità.

12. Per le ragioni che precedono, la Sezione respinge in parte l’appello incidentale, accoglie in parte l’appello principale, ordina alla S.p.a. R. F. I. (RFI) di produrre la relazione di cui al precedente punto 10, riservando al definitivo ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e sulle spese, sia sull’appello principale che su quello incidentale.

Valutati gli interessi pubblici coinvolti e in considerazione delle esigenze di sicurezza della circolazione ferroviaria, la Sezione dispone che, a cura della Segreteria, copia della presente sentenza parziale sia trasmessa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, alla Direzione Compartimentale Infrastruttura di Reggio Calabria, Ufficio Territoriale per le Espropriazioni di R. F. I. S.p.a., presso la sede di Roma, alla Regione Calabria, alla Provincia di Cosenza e al Comune di Amantea.

Per il prosieguo, va fissata l’udienza del 6 marzo 2012.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione sesta) respinge in parte l’appello incidentale, accoglie in parte l’appello principale, nei sensi precisati in motivazione, ordina alla S.p.a. R. F. I. (RFI) di produrre la relazione di cui in motivazione con le modalità e nel termine ivi indicati.

Fissa per il prosieguo l’udienza del 6 marzo 2012.

Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Dispone che, a cura della Segreteria, copia della presente sentenza parziale, sia trasmessa anche:

– al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

– alla Direzione Compartimentale Infrastruttura di Reggio Calabria, Ufficio Territoriale per le Espropriazioni di R. F. I. S.p.a., presso la sede di Roma;

– alla Regione Calabria;

– alla Provincia di Cosenza;

– al Comune di Amantea.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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