Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-05-2011) 03-10-2011, n. 35727

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

B.L., propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte d’Appello di Brescia confermava quella del Tribunale di Bergamo, sezione distaccata di Treviglio in data 6/2/2006 che aveva condannato l’imputato alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 527 c.p., contestato perchè, viaggiando sull’Intercity 641 Milano-Venezia, seduto di fronte a C. B.C., dopo aver infilato la mano all’interno dei pantaloni di cui aveva slacciato la cintura e bottoni, si masturbava.

Si eccepisce in questa sede:

1) la contraddittorietà ed illogicità della motivazione evidenziandosi che, come già sottolineato nei motivi di appello, le dichiarazioni rese dalla persona offesa non sono dotate dei criteri di precisione e coerenza e che il racconto della donna si appalesa sostanzialmente inverosimile.

2) La contraddittorietà ed illogicità della motivazione in merito alla valutazione del comportamento dell’imputato;

3) Mancata derubricazione nel reato di cui all’art. 726 cod. pen..

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. Sui primi due motivi la corte di merito ha già correttamente risposto. I rilievi del ricorrente poggiano sulla contraddittorietà delle dichiarazioni della persona offesa che nel corso dell’esame testimoniale ha modificato la propria versione sulla mano utilizzata per l’atto di masturbazione ed ha tra l’altro affermato di avere notato che l’imputato aveva i pantaloni slacciati, laddove nella relazione di Polizia del 14 febbraio 2004, aveva riferito di non aver visto gli organi genitali dell’imputato ma di avere visto un movimento "inequivocabile"; e sul rilievo che tale versione è comunque inconciliabile con l’affermazione resa al difensore dalla p.o. di essersi soffermata solo per pochissimi istanti a guardare cosa stava succedendo e di essersi immediatamente alzata per uscire dallo scompartimento. Soprattutto si fa rilevare che il Prof. B. aveva sulle ginocchia il proprio cappotto e che, quindi, qualsiasi cosa avesse visto la persona offesa non poteva essere "inequivocabile". Si aggiunge, inoltre, che la corte di merito non avrebbe poi considerato nè la personalità dell’imputato, nè il comportamento assolutamente tranquillo tenuto da quest’ultimo, rimasto a fare telefonate senza darsi alla fuga, nè della logica apprensione della donna derivante dal fatto di trovarsi a viaggiare da sola, di sera, su un treno. In realtà già il primo giudice aveva rilevato come non solo le dichiarazioni della ragazza fossero attendibili e coerenti ma, soprattutto, il disinteresse della stessa a rendere dichiarazioni calunniose e la stranezza del comportamento dell’imputato che, in nessuna ragione aveva di chiudere le tendine, senza neanche chiederne il permesso alla persona offesa, visto che volevo leggere un libro. La corte d’appello ritorna sulla questione, a sua volta indicando le ragioni per le quali ritiene secondario in particolare della mano richiamato in premessa, logicamente ritenendo la circostanza giustificabile con la rapidità dello svolgimento dei fatti ed il naturale turbamento della ragazza che aveva subito cercato di allontanarsi dallo scompartimento. Ritorna inoltre la corte di merito anche sul particolare della chiusura delle tendine dello scompartimento da parte dell’imputato – già ritenuto indicativo dal giudice di prime cure di intenti non leciti -, logicamente rilevando che essendo avvenuto il viaggio alle 21 della sera, in un giorno di febbraio, e non risultando il convoglio particolarmente affollato, non vi sarebbe stata una ragione di chiudere accuratamente la porta e le tendine dello scompartimento se non per nascondere la condotta contestata.

Ciò posto è agevole rilevare che la motivazione si sottrae a censure sotto il profilo della logicità e della coerenza della valutazione probatoria. Nè appare censurabile sotto il profilo della mancata considerazione degli elementi offerti dalla difesa avendo la corte di merito risposto sul punto ed essendo ancora una volta esente da censure sul piano logico l’affermazione della corte di merito secondo cui la buona condotta dell’imputato e la circostanza che lo stesso sia soggetto stimato, non può assumere alcuna influenza sulla ricostruzione dei fatti nè sulla responsabilità per l’accaduto.

In relazione all’ultimo motivo di ricorso la sentenza di appello correttamente individua i criteri distintivi tra il reato di cui all’art. 527 quelle di cui all’art. 726 del codice nella manifestazione di concupiscenza e/o libido piuttosto che di scostumatezza o scompostezza. Ciò posto la circostanza dedotta nel motivo di ricorso secondo cui la ragazza avrebbe visto una scena per pochi istanti non contraddice la sul piano logico un atteggiamento di concupiscenza. Nè l’impianto motivazionale offre spunto per ritenere maggiormente coerente il riconoscimento del meno grave reato di cui all’art. 726 cod. pen..

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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