Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 04-05-2011) 03-10-2011, n. 35708 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Milano con sentenza emessa il 5 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 7 marzo 2006, ha condannato D.M.F. ad anni due di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per i reati di cui all’art. 81 cpv, artt. 56-609 bis, art. 609 bis, art. 61 c.p., n. 11, art. 609 bis, art. 61 c.p., n. 11, per avere compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere il delitto di violenza sessuale nei confronti di S.C. e perchè in un’altra occasione, cogliendola di sorpresa per averle toccato le cosce, e per avere costretto con violenza N.M. a subire atti sessuali consistenti nell’abbracciarla e baciarla sulla bocca, fatti avvenuti in (OMISSIS).

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo di proprio difensore chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1. Violazione di legge e del diritto di difesa e alla prova ex art. 606 lett. e), artt. 603, 495, 190 c.p.p.. Carenza ed illogicità della motivazione. La Corte d’appello non ha disposto la rinnovazione dell’istruttoria richiesta, ritenendo ridondante le testimonianze richieste dalla difesa: nel primo grado di giudizio, la richiesta audizione degli operai che risultavano essere presenti sul mezzo di lavoro nei giorni in cui si sarebbero verificati gli abusi sessuali, prima ammessa, era stata revocata con ordinanza ed il processo si era concluso solo sulla base delle dichiarazioni delle persone offese e dei testi di accusa. Invece i fatti contestati si sarebbero svolti a bordo dell’autogrù destinato alla rimozione forzata di automobili lasciate in sosta in zona vietata, il cui equipaggio è composto da tre persone, l’autista, un operaio e l’ausiliario del traffico. E’ stata censurata la violazione della norma di cui all’art. 495 c.p.p., comma 2, che attribuisce all’accusato il diritto di ottenere l’audizione di testimoni a discarico a pari condizioni di quelli a carico, diritto che può essere limitato soltanto dal combinato disposto degli artt. 188, 189 e 190 c.p.p. che permettono al giudice di escludere quelle prove ritenute superflue o irrilevanti al fine di decidere. Nè può essere sufficiente richiamare la possibilità di svolgere le indagini difensive. Inoltre la sentena conterrebbe contraddizioni: la S. sarebbe stata molestata in data 1 marzo 2005 e nel cambio turno avrebbe confidato l’episodio a T.M. G., ma quest’ultima ha riferito che le confidenze della collega le sarebbero state rivolte in data 10 marzo come se l’episodio delittuoso si fosse verificato quel giorno, c’è quindi l’incongruenza tra le due versioni che la sentenza non ha speigato.

Inoltre sia la S. che la N. non sono state in grado di riferire modalità e circostanze del presunto allontanamento degli operai componenti l’equipaggio dal luogo in cui si svolsero i fatti.

La Corte ha ribadito l’intrinseca ed estrinseca attendibilità delle persone offese nonostante le riconosciute contraddizioni del loro esame.

2. Violazione di legge per la nullità della costituzione di parte civile N.. La costituzione di parte civile della persona offesa N.M. non contiene l’esposizione delle ragioni che giustificano la costituzione stessa e la sola indicazione del capo di imputazione non sarebbe sufficiente ad integrare i requisiti formali e sostanziali richiesti dalla norma per la costituzione di parte civile.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

1. Per quello che riguarda la doglianza relativa alla mancata rinnovazione dell’istruttoria, la giurisprudenza ha affermato il principio che "il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo" (cfr. Sez. 3, n. 24294 del 7/4/2010, D. S. B., Rv. 247872 e Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009, Pacini, Rv.

246859), infatti l’istituto della rinnovazione, ancorchè parziale, del dibattimento ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Orbene si osserva che Corte di appello di Milano, richiamandosi a tale principio, ha ritenuto sufficientemente completo il quadro probatorio, valutato che, dalla ricostruzione degli atti sessuali violenti e repentini posti in essere dal ricorrente, autista dell’autogrù, nei confronti delle ausiliarie al traffico componenti la squadra di lavoro addetta alla rimozione delle autovetture, non emergevano elementi atti a ritenere che i testi richiesti fossero stati presenti ai fatti, atteso che era emerso che la tipologia delle molestie sessuali era perfettamente compatibile anche con frazioni temporali nelle quali il terzo componente della squadra si fosse allontanato dagli altri, in vista delle operazioni da compiere o per altre ragioni, sicchè la testimonianza dei diversi addetti non avrebbe avuto alcuna incidenza concreta nel quadro probatorio. Il riferimento contenuto nella sentenza alla possibilità per l’imputato di svolgere indagini difensive, lungi da porsi come elemento di valutazione in ordine alla richiesta rinnovazione probatoria, rappresenta un mero richiamo dei giudici di appello alla possibilità che aveva la difesa di assumere comunque tali dichiarazioni, attraverso l’attività di indagine difensiva esperibile nel corso dell’intero giudizio, anche quando – e soprattutto – il giudice di primo grado aveva ritenuto di revocare l’ordinanza di ammissione delle citate prove testimoniali a discarico, al fine di utilizzare il contenuto delle stesse a specifico supporto della richiesta rinnovazione, si da porre in evidenza, eventualmente, l’assoluta necessità dell’incombente sollecitato in grado di appello.

Per quanto attiene alla censura di illogicità e contraddittorietà della motivazione, con le argomentazioni sollevate in realtà si vuole invitare questa Corte ad una rilettura delle risultanze del giudizio di merito, preclusa in Cassazione, in riferimento in particolare alla valutazione circa l’attendibilità delle parte offese. E’ ben possibile, per giurisprudenza costante, che il giudice tragga il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3 e 4 le quali richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016). La decisione impugnata ha confermato le valutazioni di merito espresse in primo grado, con motivazione congrua e priva di smagliature logiche, ed ha valutato le dichiarazioni delle parti offese attendibili sia intrinsecamente che estrinsecamente. Ha inoltre risposto punto per punto alle presunte incongruenze che l’imputato aveva già censurato con i motivi di appello. Difatti i giudici di merito hanno ritenuto che le dichiarazioni rese da S.C. sono state coerenti, circostanziate e logiche sin dalla prima fase, quando la stessa riferì per le vie brevi i pesanti "approcci" subiti da parte dell’imputato (e da parte di altro imputato, non ricorrente) alle due colleghe T. e F. ed alla funzionaria G., senza sporgere denuncia per timore di perdere il posto di lavoro.

Inoltre le asserite contraddizioni tra le dichiarazioni della S. e la deposizione della T. sono state escluse dai giudici di appello che hanno sottolineato come quest’ultima avesse manifestato di non ricordare esattamente se l’episodio narratole dalla S. fosse avvenuto prima o lo stesso giorno delle confidenze. Stessa valutazione di attendibilità e credibilità è stata espressa anche in riferimento al narrato di N.M., la quale, a sua volta, ebbe a sfogarsi raccontando alla collega T. la molestia sessuale perpetrata dal D.M..

2. La seconda questione risulta del pari infondata: la sentenza di secondo grado ha compiutamente spiegato le ragioni per le quali la costituzione di parte civile di N.M. è stata ritenuta ammissibile, posto che oltre al riferimento al capo di imputazione nell’atto erano ricavabili gli altri elementi necessari, quali la coincidenza certa tra la persona offesa dal reato ed il proponente l’istanza di costituzione, nonchè le conseguenze pregiudizievoli subite, sotto il profilo psicologico, conseguenti al fatto-reato, essendo il petitum della costituzione di parte civile insito nella costituzione stessa, potendo essere indicata la sua quantificazione in sede civile (cfr. Sez. 2, n. 43405 del 23/10/2003, Anselmo, Rv.

227654).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato, ai sensi del disposto di cui all’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali ed al rimborso di quelle sostenute nel grado dalla parte civile che si liquidano in Euro milleottocento oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi Euro milleottocento oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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