Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione I Sentenza n. 19119 del 2006 deposito del 30 maggio 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Osserva

L. L., dopo un tentativo di strangolamento del figlioletto di due anni, sventato dall’intervento della madre, venne sottoposto a custodia cautelare presso un reparto psichiatrico ospedaliero ex articolo 286 c.p.p..

All’esito della disposta perizia sullo stato di mente il Pm ha richiesto l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario ai sensi dell’articolo 312 del codice di rito; il Gip del Tribunale di Firenze, in luogo della misura richiesta, ha invece disposto il ricovero in una casa di cura con ordinanza del 17 novembre 2005.

Il Tribunale della sede, adito ex articolo 310, ha riformato la decisione, applicando la misura originariamente richiesta dal Pm. Osserva che, alla stregua delle risultanze peritali, l’indagato doveva ritenersi totalmente incapace di intendere e volere al momento del fatto, e che le conclusioni del perito escludevano bensì la pericolosità sociale, ma soltanto a determinate condizioni ? allontanamento dalla famiglia, cure psichiatriche, incontri con il figlio in ambiente protetto ? sicché, in difetto di severe restrizioni e di terapia, la pericolosità stessa restava integra. Tanto premesso, rileva che erroneamente il Gip ha ritenuto di fare applicazione delle sentenze 253/03 e 367/04 della Corte costituzionale, che rendono non più obbligatoria la scelta dell’ospedale psichiatrico giudiziario, consentendo l’applicazione di una diversa e meno costrittiva misura prevista dalla legge, purché idonea ad assicurare un?equilibrata soddisfazione delle esigenze di cura e di prevenzione. Nel caso di specie, trattandosi di infermo ?totale? di mente andava necessariamente applicata o la misura apprestata dalla legge per i soggetti in tali condizioni o, in caso di pericolosità attenuata, quella non detentiva della libertà vigilata; non poteva essere disposto il ricovero in casa di cura e custodia, riservato ai seminfermi; né, in ogni caso, il ricovero poteva avvenire presso una struttura meramente terapeutica, con affidamento della custodia al personale sanitario.

Ricorre per cassazione l’indagato, denunciando l’erronea ed illogica applicazione degli articoli 206, 215, 219 e 222 c.p.p., essenzialmente sul rilievo che, alla stregua delle ricordate sentenze della Corte costituzionale, è ora possibile l’applicazione di qualsiasi misura concretamente idonea a soddisfare congiuntamente le finalità terapeutiche e di contenimento della pericolosità sociale, sicché corretta era la valutazione del Gip e non aveva fondamento l’alternativa ?secca? fra la misura detentiva e quella non detentiva formulata dal Tribunale delle libertà. Con un secondo motivo denuncia mancanza della motivazione circa la necessità del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ad esclusione di ogni altra misura di sicurezza consentita. Infine, rileva che il Tribunale dubita della stessa infermità psichica (secondo l’ordinanza, il soggetto sarebbe stato ?ritenuto forse affrettatamente totalmente infermo di mente, si veda sul punto la nota del perito del Pm); in tale situazione il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario era chiaramente illegittimo.

Nel corso della discussine camerale il Pg presso questa Corte ha aderito all’imposizione del ricorrente, in forza di un principio di proporzionalità delle misure limitative della libertà nei confronti del soggetto non imputabile che ritiene desumibile dalla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo ratificata con legge 848/55 e dalla giurisprudenza della Corte europea; la difesa, nel ribadire le proprie conclusioni, ha in subordine sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 206 e 219 Cp in relazione agli articoli 3,24 e 32 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono la possibilità di applicare all’incapace pericoloso una misura di sicurezza (detentiva) diversa dal ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario.

Va anzitutto osservato che sia il provvedimento del Gip, sia quello del Tribunale della libertà sono fortemente eccentrici rispetto all’attuale disciplina delle misure di sicurezza provvisoriamente applicate.

Il provvedimento adottato dal Gip viola indubbiamente il principio di legalità e tassatività vigente in materia, in quanto dispone un ricovero coatto in luogo di cura del tutto estraneo alla misura tipica della casa di cura e custodia, che ha natura detentiva e deve svolgersi ?negli stabilimenti a ciò destinati? (articolo 213, comma 1 Cp), ?dipendenti dall’amministrazione penitenziaria? (articolo 59 n. 3 legge 354/75) e gestiti da ?personale dal ruolo tecnico-sanitario degli istituti di prevenzione e di pena? con l’assistenza di ?operatori professionali e volontari selezionati e qualificati con particolare riferimento alle peculiari esigenze di trattamento dei soggetti ivi ospitati? (articolo 111 Dpr 230/00). La Corte costituzionale, con le sentenze prima ricordate, accordando al giudice il potere-dovere di adottare nei confronti dell’infermo di mente qualsiasi misura di sicurezza idonea ad assicurare adeguate cure e nel contempo a far fronte alla sua pericolosità, ha espressamente limitato la facoltà di scelta alle misure previste dalla legge, così escludendo ? in osservanza del principio di legalità sancito dall’articolo 25, comma 3 della Costituzione e dall’articolo 199 Cp ? la possibilità di costruire figure atipiche rimesse alla discrezionalità dell’organo giurisdizionale. Tale limitazione, per la sua funzione di garanzia, manifestamente non contrasta, ed è anzi pienamente coerente con i principi sanciti dalla legge fondamentale e con gli obblighi imposti dalla convenzione per la salvaguardia dei diritti umani.

Se quindi del tutto corretta è l’eliminazione dell’anomale misura disposta dal Gip, il Tribunale ha peraltro omesso di svolgere una puntuale verifica dei presupposti per l’accoglimento della richiesta di ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, sia sotto il profilo della effettiva sussistenza e grado dell’infermità mentale (che ritiene ?forse affrettatamente? riconosciuta da un perito individuato ?con scelta non proprio felice perché trattasi del medico che fin dal momento dell’arresto ha avuto in cura il L.?), sia sotto quello della pericolosità sociale, che ricava da rilievi peritali pur esplicitamente ritenuti di dubbia attendibilità e non valuta sotto il profilo della possibilità di contenimento con altre e meno costrittive misure di sicurezza.

l’ordinanza impugnata va perciò annullata, con rinvio per congrua e non perplessa motivazione sul punto, ferma restando l’illegalità della misura applicata dal Gip.

P.Q.M.

La Cs di Cassazione, sezione prima penale, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *