Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-02-2012, n. 3044 Anzianità di servizio e servizi valutabili ai fini del trattamento di quiescenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9 giugno 2010, la Corte d’Appello di Torino respingeva il gravame svolto dall’INPS contro la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da M.C. volta ad ottenere la pensione di vecchiaia a decorrere dal 1 aprile 2007. 2. M.C. ha chiesto il riconoscimento del diritto alla pensione di vecchiaia e, deducendo di possedere un’anzianità contributiva tra il 1 febbraio 1970 e il 31 luglio 2004, periodo all’interno del quale, per almeno dieci anni, ha lavorato per cinquantadue settimane, anche se con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali, ha invocato la deroga prevista dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2. 3. L’INPS ha negato la prestazione pensionistica sul presupposto dell’inapplicabilità, nella specie, della deroga invocata a sostegno della pretesa, non ricorrendo il requisito ivi previsto, dell’occupazione per un periodo inferiore all’intero anno solare (cinquantadue settimane), trattandosi di lavoratrice con una minore contribuzione, ai sensi del D.P.R. n. 1403 del 1971, art. 10, giacchè occupata, in qualità di lavoratrice domestica, per l’intero anno solare, con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali.

4. Il primo Giudice ha accolto la domanda e, fondando la statuizione su ragioni sistematiche oltrechè in forza di una lettura costituzionalmente orientata della norma conformemente ai canoni di razionalità e parità di trattamento, ha ritenuto non potersi restringere ai lavoratori discontinui la deroga invocata dalla lavoratrice, ma di dover estendere la norma derogatoria ai lavoratori che, pur lavorando nell’intero arco dell’anno solare, si vedevano riconoscere, a cagione dell’orario svolto, una minore copertura contributiva.

5. L’INPS ha impugnato la sentenza, denunciando l’erroneità dell’interpretazione estensiva della norma derogatoria oltre i casi ivi tassativamente previsti.

6. La Corte territoriale ha condiviso le argomentazioni del Giudice di prime cure, rilevando che, pur in presenza di un testo normativo che si rivolge ai lavoratori "occupati per almeno dieci anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane", l’occupazione che rileva nel caso di una norma che interviene in ambito previdenziale, non può che essere quella a cui corrisponde la copertura assicurativa.

Seppure in virtù di una fictio iuris, per la Corte torinese, nel caso del lavoratore domestico impiegato per meno di ventiquattro ore settimanali, la minore occupazione oraria fa gioco sull’estensione temporale della contribuzione che gli è riconosciuta, proprio come se egli non fosse occupato per tutte e cinquantadue le settimane che compongono l’anno.

7. La Corte di merito ha ritenuto, inoltre, di non ravvisare ragioni di sostanza in base alle quali discriminare la situazione del lavoratore domestico occupato meno di ventiquattro ore la settimana, rispetto a quella del lavoratore a tempo pieno non impiegato per l’intero anno solare.

8. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’INPS ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi. L’intimata ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

9. Con il primo motivo di ricorso l’INPS, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2, comma 3, lett. b), si duole che la Corte di merito abbia incluso la fattispecie nell’ipotesi derogatoria prevista dalla norma, disattendendo l’interpretazione letterale secondo cui la disposizione trova applicazione soltanto per i laboratori subordinati i quali, fermi gli altri requisiti indicati, siano stati occupati nell’anno per un periodo inferiore a cinquantadue settimane e, in definitiva, non abbiano lavorato per l’intero anno solare.

10. Con il secondo motivo di ricorso l’INPS, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 14 disp. gen., in relazione al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2, comma 3, lett. b) e al D.P.R. n. 1403 del 1971, si duole che la Corte di merito, disattendendo i canoni ermeneutici indicati dalle preleggi, abbia operato una non consentita applicazione analogica della disposizione citata del D.Lgs. n. 503, violando il canone del divieto di interpretazione analogica di disposizioni eccezionali che riconoscono ai lavoratori diritti di natura pensionistica.

11. I motivi, esaminati congiuntamente per la loro connessione logica, sono fondati e meritevoli di accoglimento.

12. L’esame del thema decidendum, incentrato sul regime pensionistico applicabile alla lavoratrice con anzianità contributiva tra il 1 febbraio 1970 e il 31 luglio 2004 che, in tale periodo, per almeno un decennio ha lavorato per l’intero anno solare con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali, impone la breve disamina della cornice normativa in cui si inscrive la vicenda.

13. Il rapporto di lavoro domestico trova la sua compiuta regolamentazione nel D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1403, recante "Disciplina dell’obbligo delle assicurazioni sociali nei confronti dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, nonchè dei lavoratori addetti a servizi di riassetto e di pulizia dei locali".

L’accredito dei contributi settimanali, ai fini del diritto alle prestazioni assicurative a carico dell’INPS, nella versione originaria dell’art. 10 del citato decreto presidenziale era calibrato sull’orario settimanale non inferiore alle 12 ore lavorative, sicchè nel corso di un trimestre solare il numero dei contributi settimanali, da accreditare al lavoratore, era pari a quello delle settimane lavorate per le quali risultava versata, o dovuta, la contribuzione in base al decreto semprechè, per ciascuna settimana, fosse risultata la contribuzione media corrispondente ad un minimo di 12 ore lavorative.

14. Per la prestazione lavorativa inferiore alle dodici ore settimanali operava, per l’accredito dei contributi, il sistema del quoziente, vale a dire veniva accreditato un numero di contributi settimanali pari al quoziente, arrotondato per eccesso, che si otteneva dividendo la contribuzione complessiva del trimestre solare per l’importo contributivo corrispondente a dodici ore lavorative.

15. I contributi determinati in base ai predetti criteri, riferiti ad un periodo comprendente tante settimane lavorate per quanti sono i contributi medesimi risalendo a ritroso, nel tempo, a decorrere dall’ultima settimana lavorata compresa nel trimestre solare contribuivano a formare l’anzianità contributiva, con anzianità assicurativa decorrente, in ogni caso, dalla data di inizio dell’attività lavorativa.

16. Per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari con numero di ore di lavoro superiore alle sessanta settimanali presso lo stesso datore di lavoro, era dovuto il contributo corrispondente a tale numero di ore.

17. Tale disciplina è stata modificata dal D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 7, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638. In particolare, il cit. D.L. n. 463, art. 7, converto dalla citata L. n. 638, nel disciplinare il minimale contributivo da accreditare ai lavoratori dipendenti nel corso dell’anno solare, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico dell’INPS, per ogni anno solare successivo al 1983, ha espressamente escluso dall’applicazione della disposizione (art. 7, comma 5) alcune categorie di lavoratori (quali gli addetti ai servizi domestici e familiari, gli operai agricoli, gli apprendisti e i periodi di servizio militare o equiparato) e ha contestualmente sostituito, a decorrere dal 1 gennaio 1984, il primo e il secondo comma del citato art. 10, D.P.R. n. 1403, ponendo il discrimine, nell’accredito dei contributi, tra un orario settimanale inferiore o almeno pari alle ventiquattro ore settimanali.

18. Per il nuovo testo dell’art. 10, a decorrere dal 1 gennaio 1984, ai fini del diritto alle prestazioni assicurative a carico dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, nel corso di un trimestre solare il numero dei contributi settimanali da accreditare al lavoratore è pari a quello delle settimane lavorate o comunque retribuite per le quali risulta versata o dovuta la contribuzione in base al decreto, semprechè per ciascuna settimana risulti una contribuzione media corrispondente ad un minimo di ventiquattro ore lavorative. In caso contrario sarà accreditato un numero di contributi settimanali pari al quoziente, arrotondato per eccesso, che si ottiene dividendo la contribuzione complessiva del predetto trimestre solare per l’importo contributivo corrispondente a ventiquattro ore lavorative.

19. All’evidenza, il legislatore del 1983 ha salvaguardato la specialità del rapporto di lavoro dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari non includendo tali rapporti nella regola introdotta, in via generale, del minimale contributivo, ma regolamentando, ex novo, la materia con l’introduzione della soglia minima delle ventiquattro ore settimanali e del quoziente contributivo per i rapporti lavorativi al di sotto di quella soglia.

20. In tale cornice normativa è intervenuta la legge di delegazione 23 ottobre 1992, n. 421, recante "Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale", con la quale sono stati modificati i requisiti dell’età anagrafica per il diritto alla pensione di vecchiaia a carico dell’a.g.o. e dell’anzianità contributiva minima, elevata a venti anni, invitando il legislatore delegato ad introdurre la graduale elevazione dell’anzianità contributiva minima e a disciplinare le deroghe per l’applicazione del più favorevole regime previgente (anzianità contributiva minima di quindici anni).

21. L’art. 3. della citata legge di delegazione ha, pertanto, per quanto qui rileva, introdotto il seguente criterio direttivo: "g) graduale elevazione da quindici anni a venti anni del requisito di assicurazione e contribuzione per il diritto a pensione dei lavoratori dipendenti ed autonomi, in ragione di un anno ogni due anni, con esclusione… dei soggetti che per un periodo non inferiore a dieci anni solari siano assicurati in relazione a rapporti di lavoro a tempo determinato inferiore a cinquantadue settimane per anno solare, purchè risultino assicurati da almeno venticinque anni…". 22. Il legislatore delegato, uniformandosi ai predetti criteri direttivi, con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, ha riordinato il sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici e disciplinato il nuovo regime dei requisiti assicurativi e contributivi per il pensionamento di vecchiaia.

23. IL cit. D.Lgs. n. 503, art. 2, così recita: "1. Nel regime dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti ed i lavoratori autonomi il diritto alla pensione di vecchiaia è riconosciuto quando siano trascorsi almeno venti anni dall’inizio dell’assicurazione e risultino versati o accreditati in favore dell’assicurato almeno venti anni di contribuzione, fermi restando i requisiti previsti dalla previgente normativa per le pensioni ai superstiti. 2. In fase di prima applicazione i requisiti di cui al comma 1 sono stabiliti in base alla tabella B allegata. 3. In deroga ai commi 1 e 2: a) continuano a trovare applicazione i requisiti di assicurazione e contribuzione previsti dalla previgente normativa nei confronti dei soggetti che li abbiano maturati alla data del 31 dicembre 1992, ovvero che anteriormente a tale data siano stati ammessi alla prosecuzione volontaria di cui al D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, e successive modificazioni ed integrazioni; b) per i lavoratori subordinati che possono far valere un’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati per almeno dieci anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare, è fatto salvo il requisito contributivo per il pensionamento di vecchiaia previsto dalla previgente normativa; c) nei casi di lavoratori dipendenti che hanno maturato al 31 dicembre 1992 una anzianità assicurativa e contributiva tale che, anche se incrementata dai periodi intercorrenti tra la predetta data e quella riferita all’età per il pensionamento di vecchiaia, non consentirebbe loro di conseguire i requisiti di cui ai commi 1 e 2, questi ultimi sono corrispondentemente ridotti fino al limite minimo previsto dalla previgente normativa". 24. La deroga al nuovo regime previdenziale, che rileva nella vicenda che ci occupa, risulta dalla richiamata lett. b), comma 3, art. 2, secondo cui per i lavoratori subordinati che possono far valere un’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati per almeno dieci anni per periodi di durata inferiore a cinquantadue settimane nell’anno solare, è fatto salvo il requisito contributivo per il pensionamento di vecchiaia previsto dalla previgente normativa.

25. La predetta ipotesi derogatoria che, disciplinando la successione nel tempo di leggi in materia previdenziale, rimanda ai più favorevoli previgenti requisiti contributivi per il pensionamento di vecchiaia, riguarda, expressis verbis, i lavoratori, con anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati, per almeno un decennio, per periodi inferiori all’intero anno solare ("di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare") in relazione a peculiari attività lavorative che, per non coprire l’intero anno solare, non potevano far maturare la maggiore contribuzione richiesta dalla L. n. 350. 26. Il più favorevole regime contributivo è, pertanto, conservato e fatto salvo, dal legislatore della riforma previdenziale del 1992, a protezione di alcune categorie deboli di lavoratori subordinati che non possono far valere la contribuzione annua per l’intero anno solare per essere stati occupati per un periodo inferiore alle cinquantadue settimane, come del resto emerge dal citato criterio di delega al quale il legislatore delegato si è informato.

27. Si tratta ora di vedere se il più favorevole regime previgente, conservato dalla norma derogatoria de qua (per esempio, a favore dei lavoratori in agricoltura), possa ricomprendere o si possa estendere alle lavoratrici e ai lavoratori che, a parità di altri requisiti (l’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni), siano stati occupati, per almeno un decennio, per l’intero anno solare, ma possano vantare, al pari dei lavoratori non occupati per l’intero anno solare, un minor numero di contributi annui in ragione dell’orario lavorativo settimanale.

28. L’argomento pregnante a sostegno della tesi propugnata dalla lavoratrice e dai Giudici del merito si sostanzia nell’identificazione di un’unica categoria di lavoratori meritevoli di protezione comprensiva dei lavoratori e delle lavoratoci che non possano far valere una contribuzioni annua piena, indipendentemente dalla circostanza che siano stati occupati per l’intero anno solare o solo in parte, ma comunque con una contribuzione di minor peso per il sistema di accredito. Il favore del legislatore in deroga sarebbe comunque indirizzato, secondo i Giudici del merito, verso tali lavoratori deboli che possono far valere solo una contribuzione inferiore a quella piena.

29. Tale opzione interpretativa, corroborata, dalla lavoratrice, da numerosi riferimenti alla giurisprudenza comunitaria in tema di divieto di discriminazione tra lavoro part-time e lavoro a tempo pieno ed affidata, dai Giudici del merito, al paradigma dell’interpretazione costituzionalmente orientata, non è condivisa da questa Corte di legittimità per molteplici profili.

30. All’evidenza, la richiamata norma, dettata dal cit. D.Lgs. n. 503, art. 2, comma 3, ha introdotto disposizioni derogatorie alla riforma previdenziale del 1992, così regolando, specificamente e tassativamente, per alcune particolari categorie di lavoratori, la successione di leggi in materia previdenziale, con l’applicazione della disciplina previgente "in deroga", onde, per l’esplicita connotazione di norma derogatoria, ne resta preclusa l’interpretazione estensiva, mentre quella analogica, dovendo considerarsi la disposizione de qua norma eccezionale (come tutte le norme che introducono discipline transitorie), è vietata dall’art. 14 preleggi.

31. E’ pur vero che, in qualche isolato precedente, questa Corte ha ritenuto consentita l’interpretazione estensiva anche con riferimento a disposizioni eccezionali o di carattere tassativo (v., al riguardo, Cass. 10304/1991), ma, di fatto, anche in quel caso è stato disegnato l’ambito fino al quale l’interprete può spingersi, valorizzando l’esplicitazione del contenuto della norma, senza nulla aggiungere alla portata della medesima.

32. E nella specie, la portata e il contenuto della disposizione fanno chiaramente riferimento all’intento del legislatore di proteggere, con il più favorevole regime previgente, i lavoratori non occupati per l’intero anno solare e non già i lavoratori che, sebbene occupati nell’intero anno solare, possano anch’essi far valere una minore contribuzione.

33. Del pari, quanto alla possibilità di sperimentare, del testo legislativo in esame, un significato compatibile con quello costituzionale onde orientarne l’interpretazione (sì da pervenire ad un’interpretazione costituzionalmente orientata come tentato dalla Corte di merito), va rimarcato che qualsiasi interpretazione costituzionalmente orientata della normativa delegata non può essere svolta che sul solco tracciato dalla delega legislativa, a pena di conferire alla norma primaria delegata una forza normativa che essa intanto possiede in quanto l’esercizio della potestà legislativa da parte dell’esecutivo si sia conformato alla delega legislativa e la lettura della disposizione così risultante si conformi alla costituzione senza forzarne o alterarne la vis normativa e la portata.

34. Ebbene, escluso che la disposizione derogatoria sia suscettibile dell’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata abbracciata dai Giudici del merito, si tratta, ora, di vagliare la conformità al canone costituzionale di ragionevolezza della disposizione che non include altre categorie ritenute meritevoli di protezione giacchè parimenti provviste di minor contribuzione benchè occupate per l’intero anno solare.

35. Al riguardo, il Collegio non può che riaffermare il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, è comunque rimessa alla discrezionalità del legislatore che può sempre intervenire, con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione (ex multis, Corte Cost. 822/1998 e numerose altre; Cass. 9998/2009; Cass. 11947/2005).

36. Peraltro, non si ravvisa, ne risulta indicato, il tertium comparationis che evidenzi un’irragionevole e ingiustificata diversità di disciplina di situazioni uguali, e, in mancanza di un tertium comparationis rispetto al quale la disposizione censurata si appaleserebbe discriminatoria, si finirebbe per richiedere alla Corte costituzionale un intervento additivo, diretto a modificare la struttura della norma e, quindi, l’esercizio di una valutazione riservata alla discrezionalità del legislatore.

37. Manifestamente infondato è, pertanto, il dubbio di legittimità costituzionale della norma derogatoria invocata dalla lavoratrice.

38. Nè si appalesano pertinenti alla vicenda che ci occupa i profili di discriminazione tra il lavoro part-time e il lavoro a tempo pieno dedotti dalla lavoratrice, non venendo, nella specie, in considerazione la categoria dei lavoratori part-time e la relativa disciplina, giacchè la controversia abbraccia esclusivamente la disciplina speciale dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari nella quale la riduzione dell’orario lavorativo del lavoratore addetto al servizio non costituisce l’unico elemento pregnante della disciplina.

39. Il ricorso va, pertanto, accolto. Ne consegue la cassazione della decisione impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva ed enuncia, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., il seguente principio di diritto: "La deroga all’applicabilità del regime previdenziale introdotto con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, prevista, dall’art. 2, comma 3, lett. b) del citato D.Lgs., per i lavoratori, con anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati, per almeno un decennio, per periodi inferiori all’intero anno solare ("di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare"), non è suscettibile di applicazione analogica, nè di interpretazione estensiva e non trova, pertanto, applicazione per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari che, a parità delle altre condizioni richieste dalla norma, possano far valere una minore contribuzione per aver lavorato, per circa un decennio, per l’intero anno solare, con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali.

Nè la disposizione si appalesa in contrasto con il canone di ragionevolezza, atteso il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, è comunque rimessa alla discrezionalità del legislatore che può sempre intervenire, con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione". 40. La novità del thema decidendum giustifica la compensazione delle spese del giudizio fra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva. Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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