Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-02-2012, n. 3040 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza, depositata il 28 gennaio 2004, la Corte di Appello di Trieste rigettava l’impugnazione proposta dalla FRIULIA S.p.A. avverso pronuncia non definitiva n. 54 del 2002, con la quale il Tribunale della stessa città aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento, disposto in data 2 luglio 1998, dalla società nei confronti del dipendente T.F., avente qualifica di dirigente, e condannato la stessa società al ripristino del rapporto del lavoro.

Il giudice di appello riteneva che la riorganizzazione aziendale, addotta dalla società a giustificazione del recesso, esulasse dalle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro elencate in via tassativa dall’art. 49 del contratto collettivo aziendale, per cui il rapporto non si era mai interrotto e la prestazione lavorativa non era stata svolta per impedimento del datore di lavoro, il quale, data la scelta effettuata dal lavoratore tra adempimento coattivo e risoluzione con risarcimento del danno, era perciò tenuto a riattivare il rapporto di lavoro.

2. A seguito di impugnazione proposta dalla società Friulia la Corte di Cassazione con sentenza n. 14461 del 22 giugno 1996 cassava la decisione di appello con rinvio per nuovo esame della causa alla Corte di Appello di Venezia.

La Corte di Cassazione, premesso che il giudice di merito non aveva considerato l’effetto risolutivo dell’atto di recesso – anche se ingiustificato – sul rapporto di lavoro del dirigente in conseguenza della comunicazione da parte della società, riteneva fondato il motivo, con il quale era stata dedotta l’erronea attribuzione alla disposizione collettiva del significato e del valore di una clausola di stabilità, laddove la violazione di tale clausola avrebbe dovuto comportare, in applicazione dei principi generali in tema di inadempimento, il risarcimento del danno e il giudice non avrebbe potuto ordinare l’adempimento coattivo.

3. Riassunto il giudizio davanti alla Corte di Appello di Venezia, quest’ultima con sentenza n. 569 del 2008 ha provveduto a determinare le conseguenze economiche conseguenti all’illegittimità del licenziamento, ed in particolare, facendo riferimento al CCNL settore bancari del 2001, ha ritenuto equo liquidare a favore del T. l’importo di Euro 104.220,45, corrispondente a 15 mensilità (il richiamato contratto prevedeva una indennità supplementare da 7 a 22 mensilità).

La stessa Corte ha poi preso in esame il ricorso contestuale della Friulia S.p.A. nei confronti del T. per la restituzione delle somme ex art. 389 c.p.c., e ha calcolato il relativo importo in Euro 290.265,72, da cui ha detratto metà delle spese di consulenza tecnica di ufficio (Euro 1364,76) e le spese di precetto (Euro 1674,96), determinando l’importo da restituire, depurato dalle due anzidette voci in Euro 287.226,02.

Detratte poi le quindici mensilità anzidette, pari ad Euro 104.220,45 liquidate come risarcimento spettante al T., il giudice di rinvio ha determinato in Euro 183.005,57, oltre interessi legali dalla data dei singoli pagamenti fino a quella dell’effettiva restituzione, la somma finale dovuta dallo stesso ricorrente alla società. 4. Il T. ricorre per cassazione sulla base di cinque motivi.

La società resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale.

Entrambe le parti hanno depositato rispettiva memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni contro la stessa sentenza.

2. Con il primo motivo del ricorso principale il T. lamenta vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia, in particolare con riferimento alla determinazione del danno da lui subito per effetto dell’illegittimità del licenziamento.

Al riguardo il ricorrente rileva che il giudice di rinvio, pur avendo richiamato espressamente l’art. 56 del CCNL di riferimento, riguardante l’opzione, esercitata da esso T., per la prosecuzione di rapporto di lavoro dai sessanta ai sessantacinque anni, non ha liquidato il danno in relazione a tale periodo nè ha offerto sul punto alcuna motivazione.

Il motivo è infondato.

La motivazione della Corte territoriale veneziana può invero considerarsi immune da vizi logici e giuridici, giacchè ha proceduto alla liquidazione del danno proprio con riferimento al contratto collettivo applicabile ai dirigenti bancari. Del resto lo stesso T. con l’atto di riassunzione, ha fatto richiamo, in via principale, ai fini del calcolo del danno, all’indennità supplementare prevista da tale contratto e, in via alternativa, ha indicato il criterio del computo, riferito alla differenza tra l’ammontare della retribuzione lorda percepita al momento del licenziamento e la pensione lorda conseguibile fino a conseguimento della pensione di vecchiaia a 65 anni.

Nel quadro così delineato l’esercizio dell’opzione ai sensi dell’art. 56 del contratto collettivo e della L. n. 54 del 1982, art. 6, non assume rilevanza ai fini della liquidazione del danno, la quale come già detto, nel caso di specie è stata adeguatamente motivata.

3. Con il secondo motivo del ricorso principale il T. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 432 c.p.c., dell’art. 1226 cod. civ., della L. n. 54 del 1982, art. 6, unitamente all’art. 56 CCNL dirigenti bancari, degli artt. 13 e 51 stesso contratto, nonchè vizio di motivazione.

Il ricorrente ribadisce i rilievi – già svolti in sede di primo motivo – con riferimento alla liquidazione del danno in via equitativa, aggiungendo che in ogni caso tale liquidazione non è corretta, non avendo il giudice di rinvio tenuto in considerazione l’anzianità di servizio di esso T..

Il motivo è infondato, giacchè la Corte territoriale ha proceduto alla valutazione del danno sulla base del CCNL di riferimento, tenendo conto dei minimi e dei massimi previsti dell’indennità supplementare, utilizzando il parametro intermedio di quindici mensilità e considerando anche l’anzianità di servizio (cfr pag. 24 della sentenza impugnata).

4. Con il terzo motivo del ricorso principale il T. deduce falsa applicazione del principio di non contestazione ex art. 416 c.p.c., e dell’art. 2697 cod. civ., violazione degli artt. 1224 cod. civ. e dell’art. 429 c.p.c., nonchè vizio di motivazione.

Le doglianze riguardano il non corretto utilizzo delle risultanze documentali in atti (in particolare le buste paga), indicanti una retribuzione mensile globale del ricorrente (L. 28.705.045, pari ad Euro 14.824,91) nettamente superiore a quella presa in considerazione dal giudice di rinvio (L. 13.453.281, pari ad Euro 6.948,03).

Il motivo è privo di pregio e va disatteso.

La Corte di rinvio ha considerato la retribuzione tenendo conto dell’indicazione fornita dalla società Friulia e non fatta oggetto di esplicita contestazione (cfr. pag. 25 sentenza). D’altro canto la società (pag. 46 controricorso) ha posto in rilievo che il giudice di rinvio ha utilizzato come parametro la retribuzione risultante dalle buste paga, prodotte dal T. con il ricorso ex 414 c.p.c., e ivi allegate (doc. 12), senza che su tale punto il ricorrente in sede di memoria ex art. 378 c.p.c., abbia replicato o comunque contraddetto.

Generica e quindi inammissibile è, infine, la doglianza relativa alla mancata considerazione degli interessi e della rivalutazione ex art. 429 c.p.c., che avrebbero dovuto essere aggiunti all’importo base di Euro 6.948,03. 5. Con il quarto motivo del ricorso principale il T. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, con riferimento alla statuizione della compensazione delle spese di tutte le fasi di giudizio.

Il motivo è infondato, atteso che il giudice di rinvio, sia pure in maniera sintetica, ha fornito logica spiegazione della disposta compensazione in considerazione della conclusione e dell’esito del giudizio articolatosi nelle sue varie fasi.

6. Con il quinto motivo del ricorso principale il T. denuncia violazione dell’art. 336 c.p.c. e art. 2126 cod. civ., nonchè vizio di motivazione.

Al riguardo contesta la statuizione dell’impugnata sentenza circa la ripetibilità delle retribuzioni maturate e corrisposte, avendo esso ricorrente messo a disposizione della società le proprie energie lavorative.

Il motivo è infondato.

Sul punto in questione va precisato che nessuna rilevanza nella fattispecie assume il richiamo all’art. 2126 cod. civ. in tema di prestazioni lavorative di fatto, potendo trovare applicazione la richiamata norma soltanto alla ipotesi di effettivo svolgimento della prestazione lavorativa (cfr. Cass., n. 4943 del 2003; Cass. n. 17730 del 2005), mentre è risultato (cfr. pag. 27 delle sentenza impugnata) che nel caso in esame non è stata mai disposta l’effettiva reintegra al lavoro del T..

7. Da parte sua la società controricorrente con il ricorso incidentale lamenta violazione degli artt. 1453, 1218, 1223, 1226, 2697 cod. civ., nonchè vizio di motivazione circa fatto decisivo, sostenendo che il giudice di rinvio ha proceduto alla liquidazione del danno richiesto dal T. senza alcun prova dell’esistenza del danno stesso a seguito di licenziamento.

La censura non è condivisibile, giacchè sul punto dell’an debeatur il Tribunale di Trieste con sentenza non definitiva n. 54 del 2002 si era pronunciata e tale capo non aveva formato oggetto di impugnazione da parte della Friulia (cfr. controricorso pag. 5 del T.).

Nè la società ha mosso al riguardo alcuna osservazione in sede di memoria ex art. 378 c.p.c..

8. In conclusione entrambi i ricorsi sono destituiti di fondamento e vanno rigettati.

Ricorrono giustificate ragioni, stante la reciproca soccombenza, per compensare le spese de giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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