Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-02-2012, n. 3039 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 19.8.2009, rigettando l’appello principale ed in accoglimento parziale dell’appello incidentale della Regione Veneto, riformava parzialmente la sentenza impugnata, dichiarando la carenza di legittimazione passiva della Regione Veneto e ponendo le spese della c.t.u. espletata a carico del Ministero della Salute, e confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva rigettato la domanda proposta da S.M., in qualità di genitore e tutore di S.D., per il riconoscimento del diritto all’indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992 e L. n. 238 del 1997 a seguito della contrazione di poliomelite da parte della proprio congiunto, asseritamente ascrivibile a vaccinazione antipolio. Rilevava la Corte del merito che sino al 21.2.2001, data a partire dalla quale la legittimazione passiva in materia di indennizzi ex L. n. 210 del 1992, doveva ritenersi della Regione, la legittimazione apparteneva al Ministero della Salute in relazione a domanda amministrativa del 7.3.2000, e che, quanto al merito, non vi era correlazione alcuna, secondo quanto accertato dal CTU, tra patologia neurologica e vaccinazione, essendo decorsi tra la seconda e la prima più di sei mesi.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il S., con unico articolato motivo.

Resiste, con controricorso, la Regione, che ha illustrato le proprie difese con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Il Ministero è rimasto intimato.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo, il ricorrente censura la decisione impugnata per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che è mancata nella pronunzia di merito ogni considerazione in ordine alle possibili conseguenze di un sovradosaggio del vaccino – somministrato a S.D. in cinque dosi, anzichè in tre – che avrebbe potuto causare un evoluzione diversa non acuta della patologia che, comunque, poteva essere insorta anche per il mancato effetto del vaccino iniettato. La Corte territoriale, avrebbe poi omesso di valutare la sussistenza o meno di responsabilità oggettiva del Ministero nel caso di mancata efficacia del vaccino stesso, questione già oggetto della domanda introduttiva.

Premesso che la legittimazione passiva deve ritenersi del Ministero della Salute, come affermato dalla Corte del merito, ma che la stessa, in base a consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità appartiene a tale soggetto anche dopo il 2001 e quindi indipendentemente dal momento della presentazione della domanda amministrativa (cfr. Cass. 13.10.2009 n. 21703, e Cass. s.u. 9.6.2011 n. 12538), deve rilevarsi che, come affermato dalla Corte Costituzionale, l’intervento pubblico in questione deriva, dal punto di vista costituzionale, da un obbligo di solidarietà sociale nei confronti di coloro che hanno esposto la loro salute a un rischio, nell’interesse non solo loro proprio, ma anche dell’intera collettività (C. Cost. 6.3.2002 n. 38). E’ stato osservato, poi, che, trattandosi dell’adempimento di un dovere di solidarietà, è naturale ammettere che tale dovere possa essere avvertito e dal legislatore tradotto in norma, a seconda dei casi, in maniera e misura variabile in rapporto alle circostanze in cui il danno alla salute si è determinato, sia pure rilevandosi che il diritto alle conseguenti misure indennitarie, che si configurano come sostegno aggiuntivo in misura prefissata dalla legge, dipende esclusivamente da ragioni obiettive facilmente determinabili secondo parametri fissi, idonei a consentire agli interessati in tempi brevi una protezione certa nell’"an" e nel "quantum" (cfr. C. Cost 423/2000).

In tema di responsabilità civile aquiliana, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si possa verificare in assenza del secondo, nonchè dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano – ad una valutazione "ex ante" – del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del "più probabile che non", mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio (principio affermato da Cass. s.u. con sentenza 11.1.2008 n. 576, in materia di patologie conseguenti ad infezione con i virus HBV (epatite B), HIV (AIDS) e HCV (epatite C) contratti a causa di assunzione di emotrasfusioni). illogiche o scientificamente errate, con il relativo onere, a carico della parte interessata, di indicare le relative fonti, senza potersi la stessa limitare a mere considerazioni sulle prospettazioni operate dalla controparte, che si traducono in una inammissibile critica del convincimento del giudice di merito che si sia fondato, per l’appunto, sulla consulenza tecnica (v. tra le tante, Cass. 25.8.2005 n. 17324).

Vero è che in tema di responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti alla vaccinazione obbligatoria contro la poliomielite, inquadrabile nella previsione generale dell’art. 2043 cod. civ., è stato osservato che la normativa nazionale ha previsto in un primo tempo che tale vaccinazione si svolgesse con il sistema del virus attenuato (Sabin) e, successivamente, con quello del virus inattivato (Salk), essendo stata riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale l’astratta pericolosità del primo tipo di vaccino in determinate situazioni, ma è pur vero che anche ai fini dell’accertamento della responsabilità civile, deve essere prima ancora dimostrato che il danno si sia verificato in conseguenza della vaccinazione col sistema Sabin, e solo in tale caso il giudice di merito è tenuto a verificare se la pericolosità di quel vaccino fosse o meno nota all’epoca dei fatti e se sussistessero, alla stregua delle conoscenze di quel momento, ragioni di precauzione tali da vietare quel tipo di vaccinazione o da consentirla solo con modalità idonee a limitare i rischi ad essa connessi (cfr. Cass. 27.01.2011 n. 2406). Non solo tale dimostrazione è mancata, per quanto osservato, nel caso in esame ma ogni altro rilevo attinente al mancato effetto del vaccino praticato esula dall’indennizzo in oggetto, collegato dalla L. n. 210 del 1992, al verificarsi di un danno da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie.

Infine, è inconferente anche il richiamo a forme di responsabilità oggettiva del Ministero, presupponendo quest’ultima pur sempre, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte del ricorrente del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il trattamento sanitario praticato ed essendo, comunque, quello dell’imputazione di responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti allo stesso trattamento un piano che non rileva in materia indennitaria, ove assumono rilevanza, per quanto detto, solo l’avvenuta somministrazione della vaccinazione, il danno verificatosi ed il nesso eziologico tra la prima ed il secondo.

Alla luce delle esposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto. La peculiarità e la natura della controversia inducono a compensare per intero le spese di lite del presente giudizio tra il ricorrente e la Regione Veneto, laddove nulla va statuito nei confronti del Ministero, rimasto intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio quanto alla Regione Veneto. Nulla nei confronti del Ministero per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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