Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-04-2011) 03-10-2011, n. 35697 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Caltanissetta, in data 18 maggio 2010, in parziale modifica della sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale di Gela in data 10 giugno 2009, all’esito di rito abbreviato, ha condannato alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione C.F., per il reato di cui all’art. 81 cpv., art. 609 bis e ter c.p., comma 1, n. 1 e art. 61 c.p., n. 11, perchè con violenza consistita nel trattenere con forza L.S., minore di anni quattordici, legandole o bloccandole i polsi e tenendole premuta sulla bocca una mano ovvero un fazzoletto per impedirle di gridare, la costringeva a subire rapporti sessuali completi, anche con l’aggravante dell’abuso di relazioni domestiche essendo la predetta compagna di giochi della propria figlia, in Gela, da epoca imprecisata fino al settembre 2002. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato tramite il proprio difensore chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1. Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per difetto di motivazione, sotto il profilo del travisamento del fatto, in relazione all’errata collocazione temporale dello stupro: il tempus commissi delitti è stato alla fine collocato: "ai mesi estivi dell’anno 2000" e nella sentenza di primo grado risulta ancor più precisato: "tra il 15 luglio 2000 ed il 9 novembre 2000", questo in relazione al periodo in cui il ricorrente non risultava imbarcato, per cui l’accusa rivolta all’imputato è falsa e le stesse dichiarazioni della minore sarebbero incerte sul punto.

2. Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. d), per mancata assunzione di prove decisive, in quanto non è stata ascoltata la moglie dell’imputato, mai sentita nel corso del giudizio, che avrebbe potuto riferire circa un colloquio intercorso con la minore all’epoca dei fatti ed anche sulla circostanza che la minore aveva una relazione con un giovane quindicenne sin dall’età di dieci anni. Nè era stata accolta la richiesta di ascoltare la teste P. che avrebbe dovuto testimoniare sul fatto la madre della minore le avrebbe manifestato il rammarico per non aver potuto ritirare la denunzia, sporta nei confronti dell’imputato, che era innocente.

3. Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per travisamento del fatto, in quanto la sentenza impugnata non ha spiegato le ragioni del silenzio sulla vicenda serbato dalla minore per quattro anni. In verità la storia è stata creata per giustificare con il fidanzato la deflorazione. La parte offesa è stata ritenuta attendibile sulla base della credibilità che essa ha riscosso presso i propri parenti. I giudici avrebbero poi ignorato il ruolo svolto dal fidanzato che, divenuto marito della giovane l’ha indotta a sporgere denuncia. Ulteriore travisamento del fatto attiene all’età delle sorelle di S., che i giudici di merito hanno indicato come "più grandi" per giustificare la mancata confidenza della violenza alle sorelle, quando invece le stesse hanno solo uno e due anni di differenza, tale da non giustificare il comportamento di S., in quanto per comune esperienza, proprio in ragione di quella poca differenza di età, le sorelle avrebbero dovuto essere le prime destinatane delle confidenze della giovane.

Motivi della decisione

1. I motivi di ricorso non sono fondati e ripropongono in parte (il primo ed il terzo) i medesimi argomenti contenuti nei motivi di appello. La sentenza impugnata ha fornito ampia e congrua motivazione, in linea con le valutazioni già espresse dal giudice di primo grado, circa la attendibilità della persona offesa, le cui dichiarazioni, sia extraprocessuali, che nel corso delle indagini, che nel processo (rese all’udienza innanzi al gup il 23 aprile 2008), sono state vagliate con estremo dettaglio ed attentamente esaminate nella parte motiva della sentenza di primo grado, la quale forma un unico compendio motivazionale con quella impugnata (Si vedano, tra le altre, Sez. 2, n. 5606 dell’8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181;

Sez 1, n. 8868 dell’8/8/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145). Tale integrazione tra le due motivazioni si è verificata in quanto i giudici di secondo grado hanno esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, anche perchè i motivi di appello non hanno riguardato elementi nuovi, ma si sono limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116).

E’ ben possibile, per giurisprudenza costante, che il giudice tragga il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3 e 4, che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr., per tutte, Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv.

248016). In particolare, nel caso di parte offesa dei reati sessuali di età minore è necessario che l’esame della sua credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di più elementi quali l’attitudine a testimoniare, la capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, la qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute (Così Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010, ,G., P.C. in proc. R. e altri., Rv. 247740).

2. Ritiene questa Corte, che i giudici di appello abbiano esaustivamente e correttamente motivato le ragioni della piena attendibilità della persona offesa, anche tenuto conto delle ragioni del tardivo disvelamento del fatto e delle sue modalità (la giovane alcuni anni dopo ebbe a confidare le violenze subite al proprio fidanzato che la incoraggiò affinchè rivelasse tutto alla madre e denunciasse i fatti) e dell’assenza negli atti del processo di qualsivoglia elemento che possa far pensare a moventi di vendetta o rancore che possano aver spinto la L. a sporgere denuncia nel 2006. Peraltro pieno conforto alle dichiarazioni della persona offesa è stato riconosciuto ai contenuti delle altre dichiarazioni testimoniali acquisite nel corso del processo.

Quanto alle censurate discrasie sulla esatta collocazione temporale delle violenze sessuali, i giudici di merito hanno evidenziato come, atteso il tempo trascorso, la persona offesa aveva avuto una certa difficoltà – difficoltà comprensibile – ad indicare con esattezza il periodo, che era stato indicato indirettamente in base ad elementi esterni all’episodio (stagione estiva, perìodo ancora scolastico), difficoltà che peraltro la L. aveva chiaramente esplicitato nel corso della sua audizione innanzi al G.U.P..

3. Per quello che concerne poi la lamentata rinnovazione probatoria, è bene rammentare che "la celebrazione del processo nelle forme del rito abbreviato, se non impedisce al giudice d’appello di esercitare i poteri di integrazione probatoria, comporta tuttavia l’esclusione di un diritto dell’imputato a richiedere la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ed un corrispondente obbligo per il giudice di motivare il diniego di tale richiesta" (cfr. Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone e altri, Rv. 249161) e il mancato esercizio da parte del giudice d’appello dei poteri officiosi di rinnovazione dell’istruttoria, sollecitato a norma dell’art. 603 c.p.p., comma 3, dall’imputato che abbia optato per il giudizio abbreviato c.d. "secco", non costituisce un vizio deducibile mediante ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), (Sez. 6, n. 7485 del 16/10/2008, Monetti, Rv. 242905).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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