Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-04-2011) 03-10-2011, n. 35693 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Trento, con sentenza in data 30 giugno 2009, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bolzano, in data 16 maggio 2008, che aveva condannato S.A. alla pena di anni 4 di reclusione, per i delitti di cui all’art. 81 cpv., art. 609 quater, comma 1 e 4 e art. 609 septies c.p., n. 2, commessi in (OMISSIS), in danno della nipote S.P., minore di anni dieci, dal 2003 fino al 26 aprile 2005, ed in danno della nipote D.M. F., minore di anni dieci, dall’anno 2003 fino alla prima parte dell’anno 2004. I fatti erano stati commessi in tempi diversi e nelle singole occasioni in cui le nipoti erano rimaste a dormire nell’appartamento dell’imputato: lo stesso coricandosi con la nipote denudandola e denudandosi, aveva appoggiato il suo membro sull’ano e mentre si era astenuto da altri atti nei confronti della nipote D. M., a causa della decisa resistenza della bambina, aveva invece proseguito gli atti sessuali, toccando con le mani sulla e nella vagina della nipote S., ponendo la mano della nipote sul suo pene; inoltre l’aveva condotta nel garage denudandosi e costringendo la bambina a toccare il suo pene e a pronunciare la parola "cazzo" al fine di eccitarlo.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, per mezzo del proprio difensore, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1. Mancata assunzione di una prova decisiva (art. 606, comma 1, lett. d), in relazione alla mancata assunzione nel procedimento di una perizia volta ad accertare, l’attendibilità e la capacità a testimoniare delle minori persone offese, e ciò nonostante sia la tempestiva richiesta da parte della difesa nel corso dell’istruttoria, sia la formale doglianza svolta nell’atto d’appello.

2. Manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, sia quanto alla giustificazione del diniego della invocata perizia, attesa l’apparente attendibilità e coerenza delle dichiarazioni rese dalle minori, sia per quanto attiene alla incompletezza e genericità delle dichiarazioni rese dalle stesse. E’ stata rilevata anche l’erronea formulazione delle domande da parte del consigliere relatore delegato dal presidente della Corte di appello, aventi carattere suggestivo, per quanto attiene alla testimonianza di S.P., in relazione alla quale si censura anche la motivazione circa la credibilità soggettiva e la perfetta idoneità mentale della stessa, laddove sia il CT del pubblico ministero che lo psicologo che aveva in cura la bambina avevano posto in rilievo un suo stato di "immaturità psicocognitiva grave" con "disturbo della coscienza spaziale e temporale e disturbo della memoria". L’istanza della difesa volta all’audizione delle persone offese, includeva anche la perizia, attesa l’assenza del contraddittorio delle parti in primo grado, posto che l’autorità inquirente non aveva ritenuto di procedere ad incidente probatorio. Quindi nonostante l’escussione delle stesse, si censura il riconoscimento dell’attendibilità e capacità a testimoniare, fondate sulle dichiarazioni rese dalle minori al C.T. del pm e dall’acquisizione e visione della videocassetta contenente i colloqui registrati disposta in primo grado. Del pari era stata censurata con i motivi di appello l’intervento nel processo del ct. del pubblico ministero con la produzione di memorie, ivi compresa la relazione e le videoregistrazioni che erano state considerate allegati alla consulenza tecnica ex art. 233 c.p.p.. E’ anche censurata la riconosciuta attendibilità della D.M.F., la quale invece non aveva riferito nè confermato i fatti di abuso, dichiarando, in particolare, di non aver percepito come abusi gli atti posti in essere dal nonno.

In terzo luogo la censura in ordine alla manifesta illogicità della motivazione è stata riferita all’incomprensibile ragionamento dei giudicante in appello secondo cui le risultanze istruttorie favorevoli all’imputato sarebbero state influenzata dalla di lei madre, S.O.: contrariamente a quanto rilevato nella sentenza impugnata, la difesa non si era mai opposta all’audizione dei genitori delle bambine, dalla cui deposizione erano emerse circostanze significative, quali i buoni rapporti tra le minori ed il nonno. Parimenti illogico e contrario alle risultanze dibattimentali è poi il passaggio motivazionale che fa riferimento al comportamento dell’imputato durante l’audizione della figlia S.O..

3. Violazione di norme processuali volte ad assicurare nel processo il legittimo ingresso e la valida utilizzazione ai fini decisionali di una prova (nella fattispecie la testimonianza di S.P.) che è stata riconosciuta come elemento fondamentale per dichiarare la colpevolezza dell’imputato, prova inutilizzabile per violazione delle modalità di assunzione della stessa.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

1. Come è noto, quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo (Così, tra le altre, Sez. 2, n. 5606 dell’8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181; Sez 1, n. 8868 dell’8/8/2000, Sangiorgi, Rv.

216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145).

Peraltro la sentenza impugnata ha estesamente riassunto lo svolgimento del processo e contiene un autonomo e compiuto esame del materiale probatorio, con specifica e puntuale risposta a tutti i motivi di doglianza ivi avanzati, in parte riprodotti nelle censure proposte nel presente giudizio di legittimità. Infatti i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento alle argomentazioni sviluppate nel dettaglio nella sentenza di primo grado, hanno fornito non solo una valutazione autonoma dei motivi di appello sui punti specificamente indicati, ma hanno accolto la richiesta di rinnovazione parziale dell’istruttoria dibattimentale mediante l’audizione delle persone offese, all’esito della quale è risultata confermata la piena capacità delle minori di rendere testimonianza e l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalle stesse alla luce di principi giurisprudenziali in materia, tenuto conto sia degli elementi probatori di riscontro dei fatti, sia della tenuta logica della ricostruzione degli abusi sessuali.

Quanto alla specifica censura sulla mancata assunzione di una prova decisiva, consistita nella richiesta perizia, occorre ricordare che, ex art. 603 c.p.p., il giudice di appello deve ammettere eccezionalmente la rinnovazione dell’istruttoria solo quando non si ritiene in grado di decidere allo stato degli atti e il rigetto della relativa richiesta di parte, quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fondi su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità, è incensurabile in cassazione, trattandosi di giudizio di fatto (Cfr. Sez. 3, n. 4646 del 25/2/1999, Quartieri, Rv.

213086, Sez. 6, n. 40496 del 21/5/2009, Messina, Rv. 245009).

Peraltro nel caso di specie i giudici di appello hanno motivatamente respinto la richiesta di perizia per superfluità, attesa la verifica diretta dagli stessi espletata a seguito della audizione in dibattimento delle persone offese, nonchè gli altri dati già agli atti del giudizio.

2. Per quello che riguarda il secondo motivo di ricorso, con lo stesso si è cercato unicamente di proporre una diversa lettura della vicenda processuale, ponendo nel nulla le valutazioni svolte dai giudici di merito.

Come è noto, in tema di sindacato del vizio della motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta delle specifiche conclusioni adottate. In particolare la censura di illogicità e contraddittorietà ha riguardato il profilo di attendibilità della testimonianza della minore S.P.. Secondo la giurisprudenza costante, il giudice può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3 e 4, che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr. Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016). In particolare, nel caso di parte offesa dei reati sessuali di età minore, è necessario che l’esame della sua credibilità da parte dei giudici di merito, cui è riservata (cfr.

Sez. 3, n. 23278 del 6/4/2004, Di Donna, Rv. 229421) sia onnicomprensivo e tenga conto di più elementi: sia l’attitudine a testimoniare, ossia la cd. capacità a deporre, intesa come capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, sia il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute, (in tal senso Sez. 3, n. 39959 del 11/7/2003 Ferranti e altro, Rv. 228311, Sez. 3, n. 39994 del 26/9/2007, Maggioni e altri, Rv. 237952 e Sez. 3, n. 29612 del 27/7/2010, P.C. in proc. R. e altri, Rv. 247740).

I giudici di appello hanno fatto corretto uso di tali principi e dopo aver premesso l’assoluta infondatezza delle doglianze, anche qui riproposte, relative all’utilizzo dei risultati della consulenza tecnica del pubblico ministero ed alle dichiarazioni rese dallo psicologo scolastico della S., entrambe confermative del giudizio di capacità a testimoniare di S.P., hanno valutato la testimonianza della minore (ascoltata all’udienza del 19 marzo 2009), sia sotto il profilo della sua capacità di deporre, sia sotto quello della veridicità del racconto, confermando il giudizio di attendibilità espresso dai giudici di primo grado ed esponendo il loro convincimento con motivazione congrua e priva di smagliature logiche.

Anche la valutazione delle dichiarazioni rese in sede di appello dalla parte offesa D.M., risulta congruamente motivata, con particolare riferimento ai profili volti a "minimizzare" l’episodio, posti in riferimento anche a dinamiche intra-familiari, dichiarazioni peraltro sostanzialmente confermative dei fatti. Per quanto attiene alla lamentata utilizzazione delle videoregistrazioni dei colloqui delle minori, il motivo risulta del tutto superato nella sentenza impugnata la quale ha fondato il proprio giudizio sull’ascolto diretto delle persone offese avvenuto nel contraddittorio delle parti.

3. Di conseguenza, atteso lo svolgimento della istruttoria dibattimentale in grado di appello, è infondato anche l’ultimo motivo di ricorso, relativo alla asserita violazione delle regole sull’assunzione dei testimoni di età minore. E’ stato precisato che il divieto di porre al testimone domande suggestive non opera per il giudice (cfr. Sez. 3, n. 27068 del 20/05/2008, B., Rv. 240261) e comunque la violazione di un corretto modus procedendi nello svolgimento dell’esame testimoniale – che nel caso di specie avrebbe dovuto essere semmai eccepita mediante opposizione espressa alla formulazione delle domande ritenute suggestive durante lo svolgimento dell’esame, avvenuto nel dibattimento di secondo grado – non pone un problema di utilizzabilità delle dichiarazioni, ma semmai potrebbe avere influenza nel giudizio di attendibilità (in tal senso, per tutte, Sez. 3, n. 9157 del 28/10/2009, C., Rv. 246205). Su questo punto, come già posto in evidenza, i giudici di secondo grado hanno esposto in maniera esauriente le ragioni di attendibilità delle dichiarazioni rese dalle minori, che si saldano con il complessivo quadro delle acquisizioni probatorie connesse al disvelamento degli abusi, avvenuto nel 2005, alle testimonianze de relato e a quelle dei componenti del gruppo familiare, alle dichiarazioni rese dal consulente tecnico del Pm e dalla psicologa.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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