Cons. Stato Sez. V, Sent., 02-11-2011, n. 5847 Carriera inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Catanzaro, sez. II, con la sentenza n. 77 del 14 gennaio 2004, ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’annullamento della deliberazione della Giunta Regionale della Calabria n. 4948 del 10 ottobre 1994, avente ad oggetto l’inquadramento dell’attuale appellante nel livello funzionale retributivo di commesso con decorrenza 1° ottobre 1978; nel livello retributivo di commesso con decorrenza 1° febbraio 1981 e nel livello retributivo di ausiliario con decorrenza 1° gennaio 1983.

Il TAR ha fondato la sua decisione assumendo che l’atto di inquadramento dei dipendenti pubblici ha natura autoritativa, sicché esso deve essere impugnato entro il termine di decadenza decorrente dalla data della comunicazione o, comunque, della piena conoscenza dell’atto stesso.

Parte ricorrente, rileva il TAR, ha impugnato soltanto la deliberazione di Giunta menzionata, con la quale si è provveduto all’applicazione nei confronti dello stesso degli istituti contrattuali di cui alle L. R. 30 maggio 1980, n. 15, 22 maggio 1981, n. 9 e 22 novembre 1984, n. 34, lamentando l’erronea ricostruzione della carriera operata con tale deliberazione, per il mancato computo, ai fini retributivi, dei periodi nei quali, successivamente alla data di decorrenza dell’inquadramento (31 dicembre 1972), non vi è stata, per fatto della Regione, esplicazione di attività lavorativa.

Tuttavia, dagli atti prodotti risultava che era intervenuta una deliberazione della Giunta Regionale (n. 3207 del 13 giugno 1994) che, nel procedere alla determinazione del trattamento economico spettante ai sensi dell’art. 75 della legge regionale 28 marzo 1975, n. 9, ha definito la posizione economica del dipendente, specificando i singoli periodi lavorativi presi in considerazione; tale atto, secondo il TAR, pur avendo contenuto vincolato, non si limitava al mero accertamento di situazione giuridiche soggettive scaturenti in via diretta da previsioni normative, ma operava, mediante la specificazione dei periodi considerati, la definizione dello status giuridico ed economico del dipendente nell’ambito dell’apparato organizzativo dell’Amministrazione stessa ed era, dunque da considerarsi atto di inquadramento, non impugnato, con conseguente inammissibilità del ricorso di primo grado.

Parte appellante contestava tale decisione affermando che la sentenza impugnata aveva omesso di considerare il fatto che l’inquadramento veniva posto in essere in ottemperanza ad un giudicato (sentenza del Tribunale di Cosenza) precedente, emesso inter partes.

All’udienza pubblica del 12 luglio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che, al fine di valutare funditus le censure proposte con l’atto d’appello, occorre evidenziare la specifica situazione di fatto.

Con sentenza n. 78 del 23 marzo 1979 il Tribunale di Cosenza ha accertato l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato di diritto privato intercorrente tra la Regione Calabria e l’attuale appellante, dichiarando che lo stesso si trovava nelle condizioni previste dall’art. 14 della L. R. 14 agosto 1973, n. 8, concernente il diritto all’inquadramento nei ruoli regionali del personale comunque in servizio alla data del 31 dicembre 1972 presso gli uffici speciali di cui all’art. 16 della legge 20 marzo 1968, n. 437.

Il TAR Calabria, con sentenza n. 350 del 18 dicembre 1981, aveva dichiarato l’obbligo della Regione Calabria di ottemperare al giudicato nascente dalla sentenza suddetta, nominando un Commissario ad acta per il compimento degli atti necessari ai fini dell’inquadramento: l’inquadramento era stato, infine, operato dal Commissario ad acta con provvedimento n. 3117 del 30 maggio 1994.

Parte ricorrente, con il ricorso in primo grado, ha impugnato la deliberazione di Giunta con la quale si è provveduto all’applicazione nei confronti dello stesso degli istituti contrattuali di cui alle L. R. 30 maggio 1980, n. 15, 22 maggio 1981, n. 9 e 22 novembre 1984, n. 34, dolendosi dell’erronea ricostruzione della carriera operata con tale deliberazione.

Tuttavia, come esattamente rilevato dal TAR, successivamente alla delibera di inquadramento nei ruoli adottata dal Commissario ad acta, che nulla ha stabilito in ordine alla determinazione della posizione economica per effetto dell’inquadramento, è intervenuta una deliberazione della Giunta Regionale (n. 3207 del 13 giugno 1994) che, nel procedere alla determinazione del trattamento economico spettante ai sensi dell’art. 75 della L. R. 28 marzo 1975, n. 9, ha definito la posizione economica del dipendente, specificando i singoli periodi lavorativi presi in considerazione.

Tale atto, effettivamente, ha natura vincolata, ma non è consequenziale e direttamente attuativo del giudicato del Tribunale di Cosenza, già menzionato, non limitandosi al mero accertamento di situazione giuridiche soggettive scaturenti in via diretta da previsioni normative o da sentenze passate in giudicato, ma influendo sull’individuazione dei periodi lavorativi da prendere in considerazione, definendo, in tal modo, lo status giuridico ed economico del dipendente nell’ambito dell’apparato organizzativo dell’Amministrazione stessa; è, quindi, effettivamente quest’ultimo l’atto con il quale l’Amministrazione ha provveduto alla ricostruzione della posizione giuridico – economica del dipendente.

Dalla valutazione circa la natura di tale atto discende, in primo luogo, la conseguenza che non può prospettarsi alcun vizio di nullità dell’atto o degli atti successivi, come invece ritiene parte appellante; in secondo luogo che è effettivamente quest’ultimo l’atto con il quale l’Amministrazione ha provveduto alla ricostruzione della posizione giuridico – economica del dipendente, atto che andava, quindi, impugnato pena l’inammissibilità del ricorso di primo grado, come esattamente osservato dal giudice di primo grado.

La deliberazione impugnata in primo grado, invece, concerne l’applicazione degli istituti contrattuali di cui alle leggi indicate e la Regione non ha fatto altro che attenersi a quanto specificato con la predetta deliberazione n. 3207 del 1994, che non è stata impugnata, prendendo a base i periodi riconosciuti da quest’ultima, come agevolmente desumibile dal fatto che la stessa deliberazione impugnata fa esplicito rinvio ad essa, richiamandone gli estremi, per quanto riguarda la posizione economica dell’odierno ricorrente.

Pertanto, è la deliberazione n. 3207 del 13 giugno 1994 che l’appellante avrebbe dovuto impugnare entro il termine di decadenza, non essendo dubbio che tale atto, per il suo stesso contenuto di accertamento costitutivo dello status del dipendente, si atteggia quale atto di natura autoritativa, soggetto, pertanto, al regime proprio dei provvedimenti amministrativi.

Ne consegue che, in assenza di impugnazione della presupposta deliberazione n. 3207 del 1994, il ricorso avverso la successiva deliberazione n. 4948 del 10 ottobre 1994 è inammissibile.

Anche per recentissima giurisprudenza, infatti, il provvedimento di inquadramento di pubblici dipendenti è atto autoritativo e, come tale, soggetto a termine decadenziale di impugnazione, con la conseguenza che non è ammissibile un’azione volta all’ottenimento di un diverso inquadramento, se non tempestivamente proposta avverso il provvedimento di attribuzione della qualifica; né è ammesso un autonomo giudizio di accertamento in funzione di disapplicazione di provvedimenti dell’Amministrazione, atteso che l’azione di accertamento è esperibile a tutela di un diritto soggettivo, laddove la posizione del pubblico dipendente a fronte della potestà organizzatoria della Pubblica amministrazione è quella di titolare di un mero interesse legittimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1251).

In sintesi, in materia di inquadramento di pubblici dipendenti, non sono proponibili azioni di accertamento, ma solo domande di impugnazione degli atti autoritativi di assegnazione della qualifica funzionale e del corrispondente livello retributivo, in quanto la posizione del dipendente non è quella di titolare di diritto soggettivo, ma di interesse legittimo che egli è legittimato a far valere insorgendo tempestivamente, nel rispetto dei termini decadenziali, contro l’atto autoritativo che gli attribuisca una posizione di status e retributiva inferiore a quella che ritiene spettargli (cfr., anche, Consiglio di Stato, sez. V, 24 settembre 2010, n. 7104).

Conclusivamente, alla luce del complesso delle argomentazioni svolte, si deve ritenere infondato l’appello, che deve essere quindi respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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