Cons. Stato Sez. V, Sent., 02-11-2011, n. 5843 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza n. 151/2009 il Tar per la Puglia ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto dall’Ati C. per l’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara emesso nei suoi confronti e di aggiudicazione definitiva, in favore dell’a.t.i. L. s.p.a. – L. Ecologia s.r.l. – S. M. s.p.a., dell’appalto integrato per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di realizzazione di un impianto complesso costituito da un centro di biostabilizzazione da realizzarsi nella zona industriale del Comune di Bari; con la stessa sentenza il Tar ha respinto le domande di accertamento della nullità degli atti impugnati e di risarcimento del danno.

Le imprese partecipanti all’Ati C. hanno proposto ricorso in appello avverso tale sentenza, per i motivi che saranno di seguito esaminati.

Il comune di Bari e l’Ati L. si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla contestazione dell’esito di una procedura di gara, indetta dal comune di Bari, per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di realizzazione di un impianto complesso costituito da un centro di biostabilizzazione.

L’Ati ricorrente aveva partecipato alla gara per l’affidamento, risultando in un primo momento aggiudicataria provvisoria; veniva poi informata dell’avvio, nei suoi confronti, del procedimento di riesame in autotutela in ordine alla sussistenza dei requisiti di ammissibilità alla gara e, all’esito del riesame eseguito in contraddittorio, nella seduta pubblica del 4 aprile 2008, era stata esclusa per la mancata prova del possesso, da parte della designata società di progettazione, I. E. s.r.l., dei requisiti, relativi al coordinamento per la sicurezza in fase di progetto, dichiarati in sede di prequalifica.

Nella stessa seduta di gara la commissione disponeva l’aggiudicazione in favore della seconda classificata a.t.i. L. s.p.a..

Il giudice di primo grado ha dichiarato irricevibile per tardività l’azione di annullamento e infondate le domande di accertamento della nullità e di risarcimento del danno.

La questione della dedotta nullità degli atti impugnati assume carattere prioritario rispetto agli altri motivi di appello.

Il Collegio ritiene di dover confermare l’impugnata sentenza, dovendosi escludere la configurabilità di vizi di nullità.

In termini generali, va ricordato che la tipica sanzione prevista per l’invalidità del provvedimento amministrativo è l’annullabilità, di applicazione giudiziale in presenza dei tre tradizionali vizi (violazione di legge, incompetenza e eccesso di potere), ora codificati sia dall’art. 21octies, comma 1, della l. n. 241/90, sia dall’art. 29 del Codice del processo amministrativo; la categoria della nullità assume, invece, un rilievo residuale, limitato alle ipotesi di nullità testuale (espressamente comminata da una norma di legge) e ad altri casi di gravi difetti del provvedimento, tassativamente indicati dall’art. 21septies della legge 241/1990.

Le cause di nullità del provvedimento amministrativo devono, quindi, oggi intendersi quale numero chiuso (Cons. St., V, 28 febbraio 2006, n. 891).

Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che una volta disposta in suo favore l’aggiudicazione provvisoria, l’attività della Commissione di gara era esaurita e non poteva nè il Presidente disporre una nuova convocazione, nè la Commissione riesaminare i propri atti con la conseguenza che tutta tale attività sarebbe appunto viziata da nullità.

La tesi è priva di fondamento, in quanto le violazioni dedotte non rientrano in alcuna delle tassative ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo.

Anche avuto riguardo alla nullità per "difetto assoluto di attribuzione", si rileva che tale ipotesi sussiste in presenza di una carenza di potere c.d. in astratto, nella quale si ha violazione della norma attributiva del potere, mentre il provvedimento è solo annullabile in caso di carenza di potere in concreto, nella quale non si viola la norma attributiva del potere, che esiste, ma solo delle norme che ne limitano l’esercizio e lo condizionano.

Nel caso di specie, comunque, il potere della Commissione di rivedere i propri atti sussisteva sia in astratto che in concreto, costituendo principio generale quello secondo cui gli organi amministrativi possono riesaminare i propri atti, tanto più in un caso, come quello in esame, in cui il procedimento non si era ancora definitivamente concluso.

Alcun vizio di nullità può, quindi, essere configurato.

3. Si deve, quindi, passare ad esaminare i motivi di appello, con cui viene contestata la statuizione del Tar con cui l’azione di annullamento è stata ritenuta irricevibile per tardività.

Il giudice di primo grado ha motivato tale statuizione, richiamando i provvedimenti cautelari adottati nel corso del giudizio, anche in appello in sede monocratica, con cui era stato evidenziato che "dal verbale della seduta della commissione di gara n. 13 del 4 aprile 2008, in cui l’ATI C. è stata esclusa dalla gara, erano presenti "il sig. G. M., il sig. M. M., il sig. G. D. B. e l’avv. Luigi Paccione per ATI C.’; che il sig. M. M. è il legale rappresentante della T. s.p.a.; che l’avv. Paccione veniva designato in tale sede in rappresentanza dell’ATI C. dal sig. G. M.; che il sig. M. M. ha dichiarato: "confermo la legittimazione dell’avv. Paccione, il quale è intervenuto anche nell’interesse della T., impresa cooptata dall’ATI C., della quale sono legale rappresentante’; che lo stesso avv. Paccione ha affermato che "la propria legittimazione emerge anche dalla nota sottoscritta dal legale rappresentante C., in data 1/4/2008 ed acquisita agli atti di gara’; che, pertanto, risulta che le società ricorrenti hanno avuto legale conoscenza della loro esclusione dalla gara fin dalla data suindicata e che, di conseguenza, allo stato degli atti il ricorso deve ritenersi tardivo".

Le appellanti deducono che il Tar si sarebbe limitato a richiamare un provvedimento monocratico, peraltro assorbito dalla successiva ordinanza del giudice di appello di parziale accoglimento della domanda cautelare e che, comunque, in data 4 aprile 2008 il provvedimento di esclusione non le era stato comunicato e la sua conoscenza non poteva farsi derivare dalla presenza dell’Avv. Paccione, che non aveva alcun titolo per rappresentare l’Ati ed era al massimo qualificabile come falsus procurator.

Il motivo è privo di fondamento.

Alcun rilievo assume la modalità con cui il Tar ha motivato la irricevibilità del ricorso, tenuto conto che – alla luce del pieno effetto devolutivo dell’appello – ciò che rileva è se le circostanze richiamate, anche in via indiretta, dal giudice di primo grado, siano idonee a dimostrare la conoscenza del provvedimento di esclusione in capo alle appellanti fin dal 4 aprile 2008.

Non è in contestazione che alla seduta della Commissione fosse presente l’Avv. Paccione in affermata rappresentanza dell’Ati C., che in tale seduta sia stata disposta l’esclusione della stessa Ati e che il ricorso di primo grado sia stato notificato oltre il termine di sessanta giorni decorrente da tale data.

La tesi del difetto del potere di rappresentanza dell’Ati in capo all’Avv. Paccione, che sarebbe quindi un falsus procurator, contrasta con il contenuto della nota del 1 aprile 2008, che lo stesso avv. Paccione ha inviato alla Commissione di gara in rappresentanza dell’Ati composta dalle quattro imprese, con cui si opponeva al riesame dell’ammissione delle sue assistite alla gara.

Tale nota, oltre ad essere sottoscritta dall’avvocato, è controfirmata – a conferma dei poteri attribuiti – dalla capogruppo C. e dalla cooptata T.; anche senza dover approfondire l’imputazione delle altre firme presenti sulla nota, è evidente come la capogruppo dell’Ati abbia attribuito all’avvocato Paccione pieni poteri di rappresentare il costituendo raggruppamento davanti alla Commissione di gara, con la conseguenza che la presenza dell’avv. Paccione nella seduta del 4 aprile 2008 implica la conoscenza, in capo all’Ati che rappresentava, del provvedimento di esclusione, disposto in quella sede.

Del resto, l’ormai consolidato principio di affidamento del privato in atti e comportamenti dell’amministrazione non vale solo in senso univoco, ma comporta anche che atti e comportamenti del privato possano ingenerare un affidamento in capo all’amministrazione, come chiaramente avvenuto nel caso di specie con riferimento al pieno potere di rappresentanza dell’intera Ati attribuito al legale.

Ogni ulteriore questione relativa alle altre due partecipanti all’Ati resta nei rapporti interni al costituendo raggruppamento e non può costituire motivo per ritenere il ricorso ricevibile solo per alcune delle suddette imprese.

L’azione di annullamento è stata, quindi, tardivamente proposta in primo grado.

4. Consolidatasi l’esclusione disposta nei confronti dell’Ati appellante, questa risulta priva di legittimazione a contestare il successivo provvedimento di aggiudicazione all’Ati L., considerato che la definitiva esclusione (o l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara) impedisce di riconoscere al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva (Cons. Stato, Ad. Plen., 7 aprile 2011 n. 4).

Le censure relative all’aggiudicazione in favore dell’Ati L. sono, dunque, inammissibili.

5. Vanno anche respinti i motivi di appello con cui è stata riproposta la domanda di risarcimento del danno.

Va rilevato che il Tar non ha respinto tale domanda, facendo applicazione dell’ormai superato principio della c.d. pregiudiziale amministrativa, ma ha ritenuto nel merito di respingere la domanda risarcitoria, "essendo rimasta del tutto sfornita di supporto probatorio sia nell’an che nel quantum", ricordando che "che la domanda risarcitoria avanzata nel giudizio amministrativo soggiace a tutte le regole sostanziali e processuali applicabili in sede civile. Ne discende che incombe sulla parte istante la prova sia dell’an debeatur, consistente nella dimostrazione del danno, dell’ingiustizia dello stesso, del nesso di causalità e della colpevolezza del danneggiante secondo la clausola generale fissata nell’art. 2043 c.c., sia del quantum debeatur, ossia dell’ammontare del danno".

A fronte di tale statuizione le appellanti si sono limitate a riproporre alcune considerazioni circa la sussistenza dell’elemento soggettivo e oggettivo della responsabilità, chiedendo genericamente il risarcimento del danno emergente, del lucro cessante e del danno da perdita di qualificazione, da accertare mediante Ctu.

Si rileva che in questo modo le appellanti non hanno fornito alcun valido elemento per contrastare la statuizione del Tar di reiezione della domanda risarcitoria a causa della mancata dimostrazione del quantum debeatur, oltre ad aver continuato a non assolvere il proprio onere probatorio.

Si ricorda che il ricorrente deve necessariamente allegare e dimostrare in giudizio tutti gli elementi costitutivi della sua pretesa risarcitoria e il metodo acquisitivo può essere utilizzato laddove siano stati allegati tali fatti, ma il privato, per la sua posizione di disparità sostanziale con l’amministrazione, non sia in grado di provarli (Cons. Stato, VI, 2.3.2004 n. 973; ma non è questo il caso di specie).

La consulenza tecnica, pur disposta d’ufficio, non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste (fatti che devono essere dimostrati dalla medesima parte alla stregua dei criteri di ripartizione dell’onere della prova posti dall’art. 2697 c.c.), ma ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche non possedute (Cons. Stato, VI, 12.3.2004 n. 1261); di conseguenza, la richiesta di Ctu non può essere sostitutiva dell’onere probatorio spettante alle parti.

Sulla base di tali considerazioni, deve essere confermata la reiezione della domanda di risarcimento, anche valutata come domanda "autonoma" rispetto alla domanda di annullamento, tardivamente proposta.

6. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto.

Tenuto conto della peculiarità in fatto della controversia, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere, Estensore

Francesca Quadri, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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