Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-07-2011) 04-10-2011, n. 35890 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.S.M.Y.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Milano, in parziale riforma di quella del tribunale di Monza del 23.3.09, riduceva ad anni dieci di reclusione la pena inflitta per abusi sessuali nei confronti di una delle figlie, R., maltrattamenti nei confronti della moglie e delle figlie e lesioni nei confronti della medesima R.. Nel ricorso, redatto personalmente, l’imputato nega gli addebiti fornendo tra l’altro, una riepilogazione dei rapporti con le figlie e con la moglie da cui si era allontanato nel (OMISSIS), ritenendo che la O. abbia equivocato i gesti di affetto con le figlie (abbracci e baci) e la circostanza che spesso lavava le figlie quando erano bambine, riconoscendo in un episodio di avere dato uno schiaffo alla figlia R. ma solo perchè usciva con un uomo.

L’imputato ha redatto anche memoria manoscritta con la quale ribadisce sostanzialmente le doglianze espresse nel ricorso.

Il difensore dell’imputato successivamente ha fatto pervenire altro ricorso in cui si deduce:

1) la contraddittorietà ed illogicità della motivazione in merito alla prova della colpevolezza dell’imputato, tra l’altro evidenziando essere i bambini soggetti suggestionabili e che se escussi con metodiche non corrette o con domande suggestive nulla può essere argomentato dalla mancata risposta non potendo ciò essere inteso come tacita ammissione alla tesi di accusa. Si aggiunge inoltre che il tutto è originato in realtà dalla reazione violenta di un padre accortosi che la figlia stava uscendo con un uomo;

2) l’inosservanza di legge per mancato riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità;

3) l’illogicità della motivazione in relazione all’affermata responsabilità penale per tutti i reati ascritti oltre alla violenza sessuale in quanto nel corso della lite sarebbe stata la figlia ad aggredire e percuotere il padre; essendo già la vita della figlia ricca di rapporti e non apparendo credibile il comportamento della O. a fronte di quanto accadeva;

4) contraddittorietà illogicità della motivazione sulla colpevolezza dell’imputato in relazione alle dichiarazioni della psicologa;

5) eccessività della pena mancata concessione delle attenuanti generiche vizio di motivazione degli reazione gli artt. 133 e 62 bis.

MOTIVI DELLA DECISIONE I ricorsi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati ed articolati su censure di merito.

Per quanto concerne il ricorso redatto personalmente dell’imputato l’inammissibilità è palese ove si consideri che quest’ultimo si articola in una difesa di fatto esclusivamente incentrata sul merito dell’accusa e, peraltro non sempre coerente con la motivazione della sentenza.

Le stesse considerazioni valgono ovviamente anche per la memoria successivamente inviata alla corte.

Da qui l’inammissibilità di tali atti.

E noto, infatti, che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e1, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (SU. sent. N. 6402 del 30/04/1997 RV 20794).

Venendo ora alle deduzioni del difensore, occorre rilevare, per quanto concerne il primo motivo di ricorso, che se è vero che le dichiarazioni della figlia a.sono alla base della motivazione di condanna, è altresì vero che la corte d’appello correttamente ha indicato anche gli elementi di riscontro logicamente individuandoli nelle dichiarazioni della madre e della sorella della vittima ma, soprattutto, nella circostanza che quest’ultima abbia rivelato gli abusi in tempi non sospetti, dapprima all’insegnante, e, successivamente, alla psicanalista la quale ha verificato le conseguenze fisiche e psicologiche sulla minore. Fatta tale premessa non resta che rilevare come il difensore, nel primo motivo di ricorso, si dilunga sul movente che avrebbe indotto la figlia ad accusare il padre, individuandolo nella vendetta in una sorta di alleanza con la madre, con deduzioni di merito che, per le ragioni anzidette, restano estranee al giudizio di legittimità. Quanto alla metodica seguita dal gip nell’ambito dell’incidente probatorio, si tratta di rilievi generici, nè risulta dal ricorso che il difensore abbia opposto alcunchè all’atto dell’espletamento della prova.

Peraltro la decisione di appello occupandosi delle critiche del consulente di parte dell’imputato, aveva già evidenziato che lo stesso neppure aveva visionato la videoregistrazione dell’incidente probatorio ed aveva errato sull’età del minore. Per quanto concerne il secondo motivo la sentenza appare correttamente motivata in ordine all’esclusione della minore gravità del fatto con il riferimento alla gravità ed alla durata dei comportamenti dell’imputato, nè in questa sede, possono essere sollecitate diverse valutazioni a fronte di una motivazione che si sottrae a censure sul piano della correttezza e della logicità motivazione.

Sul terzo motivo si tratta di censure di merito, proponendosi una diversa lettura in relazione agli episodi diversi dalle violenze sessuali, anch’essi oggetto di contestazione, denunciandosi genericamente la motivazione al riguardo come avulsa da qualsiasi realtà processuale, senza peraltro indicare atti travisati del giudice. In ordine al quarto motivo il ricorrente genericamente contesta la veridicità di quanto affermato dalla psicologa contestando la credibilità di quanto dalla stessa affermato. Ma ciò rientra ancora una volta nel merito della valutazione del giudice insindacabile, come detto, in questa sede.

Destituito di fondamento è anche l’ultimo motivo di ricorso in quanto vi è adeguata e logica motivazione delle ragioni che hanno spinto il giudice di appello a ridurre la pena pur senza riconoscere le attenuanti generiche nè la diminuente della minore gravità nei confronti dell’imputato.

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, nella misura di Euro 1000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di Euro 1000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *