Cons. Stato Sez. V, Sent., 02-11-2011, n. 5837 Azione di accertamento Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La P. O. I. S.p.a. (di seguito, P. One) ricorreva dinanzi al T.A.R. per la Puglia – Sezione di Lecce avverso la delibera di G.M. del Comune di Ugento n. 151 del 10 settembre 2009, recante l’approvazione della proposta progettuale di T. Italia S.p.a. per la realizzazione di un sistema di telegestione e di risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica comunale, ed impugnava in pari tempo la determina del Responsabile Settore Lavori pubblici n. 534/RG attuativa della detta delibera giuntale, atti con i quali il Comune aveva disposto l’affidamento diretto dell’appalto, senza gara, alla stessa società T. Italia (di seguito, TI).

Il contratto, stipulato tra il Comune e TI il 7 maggio 2010, prevedeva la realizzazione di un sistema di telegestione e di risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica allo scopo di ridurre i costi imputabili sia alla spesa energetica che alla manutenzione, e, in via prospettica, di permettere lo sviluppo di una rete civica multimediale.

Alla stipulazione del contratto si era addivenuti tramite procedura negoziata ex art. 57, comma 2, del d.lgs. 163/2006, giustificata con la disponibilità da parte di TI – U. E. S.r.l. del sistema di telecontrollo "Smart Town", incentrato sulla piattoforma Minos system, quest’ultima tutelata da privativa industriale.

Con il ricorso di P. One venivano svolti i seguenti motivi di impugnazione:

– violazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, nonché delle regole della concorrenza; carenza di istruttoria;

– violazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, nonché delle regole della concorrenza; violazione dell’art. 3 L. 241/1990, eccesso di potere, sviamento;

– violazione dei principi di parità di trattamento, di trasparenza e delle regole della concorrenza, violazione degli art. 3 e 6 del R.D. 18 novembre 1923 n. 2440, violazione del R.D. 827/1994;

– violazione dell’art. 57 D.lgs. n. 163/2006, carenza dei presupposti per procedere all’affidamento diretto;

– violazione degli artt. 42 e 107 TUEL (D.lgs n. 267/2000), incompetenza;

– violazione dell’art. 68 D.lgs. n. 163/2006, difetto di istruttoria, eccesso di potere, carenza dei presupposti per procedere all’affidamento diretto.

La ricorrente domandava, unitamente alla propria impugnativa:

– la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto stipulato in data 7 maggio 2010 (rep. 1371), ai sensi dell’art. 245bis, lett. b, del d.lgs. n. 163/2003;

– la condanna dell’Amministrazione comunale alla rifusione di tutti i danni da essa ricorrente subiti e subendi.

Preliminarmente, peraltro, con il medesimo ricorso veniva proposta opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. alla precedente sentenza dello stesso Tar Puglia – Lecce, Sez. III, n. 372 del 29 gennaio 2010, pronuncia che, all’esito di un precedente giudizio cui la ricorrente era rimasta estranea, aveva respinto il ricorso proposto dalla ditta Tecnolights proprio avverso la medesima delibera di G.M. n. 151 del 10 settembre 2009, di approvazione della proposta di TI per la realizzazione del citato sistema di telegestione.

Resistevano al ricorso di P. One il Comune, TI e la U. E. Srl (di seguito, U.), che ne deducevano l’inammissibilità e l’infondatezza.

Il giudizio dinanzi al Tribunale adito veniva definito con la sentenza n. 63 del 2011, oggetto del presente appello, con la quale:

– il ricorso in opposizione ex art. 404 c.p.c. veniva dichiarato inammissibile, in quanto proposto da soggetto privo di legittimazione; tale rimedio, osservava il T.A.R., non può essere esperito da chi abbia l’onere di impugnare direttamente l’atto immediatamente lesivo: e proprio una simile posizione era stata rinvenuta nella P. One, che nel giudizio concluso con la sentenza opposta avrebbe assunto la qualifica di cointeressata all’accoglimento del ricorso notificato, prima di lei, dalla Tecnolights;

– veniva respinta l’eccezione di tardività che era stata sollevata dalle parti resistenti;

– veniva accolta l’impugnazione degli atti comunali promossa da P. One.

Sotto quest’ultimo profilo la ricorrente aveva contestato la carenza dei presupposti necessari affinché il Comune potesse, ai sensi dell’art. 57, comma 2 lett. b) del Codice dei contratti pubblici ("qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato"), affidare l’appalto in base a procedura negoziata senza pubblicazione del bando.

Il Tribunale osservava in proposito:

– che in materia di appalto di opere, forniture o servizi, la scelta del contraente da parte dell’Amministrazione mediante procedura negoziata è sistema eccezionale, in quanto agisce in deroga alle ordinarie procedure selettive, ciò che comporta l’obbligo di una motivazione congrua ed esaustiva che giustifichi il ricorso a tale modulo;

– che il ricorso alla procedura negoziata, vera e propria trattativa privata, rappresenta, infatti, un’eccezione al principio generale della pubblicità e della massima concorsualità tipica della procedura aperta, con la conseguenza che i relativi presupposti devono essere accertati con il massimo rigore e non sono suscettibili di interpretazione estensiva;

– che l’affidamento da parte di una P.A. di un determinato servizio a trattativa privata senza pubblicazione del bando, ai sensi dell’art 57 comma 2 lettera b) d.lgs. n. 163 del 2006 (motivi di natura tecnica ed artistica, ovvero esistenza di diritti di privativa industriale), deve essere dunque adeguatamente valutato, esplicitando nella delibera a contrarre le concrete ed obiettive ragioni di natura tecnica o artistica, ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, in base alle quali il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato;

– che sull’Amministrazione incombe, inoltre, l’onere di verificare, attraverso un’approfondita ricerca di mercato, l’effettiva unicità della proposta, come disposto in via generale dallo stesso art. 57, comma 6, del Codice ("la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico – finanziaria e tecnico – organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione").

Poste tali premesse, il TAR notava: che negli atti amministrativi propedeutici al contratto sottoscritto tra le parti intimate non si faceva alcuna menzione di un sistema alternativo o presuntivamente tale, nemmeno al fine di escluderne la comparabilità con l’offerta di TI; che le relazioni in atti di esperti del settore dimostravano che la ricorrente operava in diretta concorrenza con altre imprese attive nel mercato nazionale ed europeo, quali appunto T.U.; che dalle stesse relazioni dei periti di parte emergeva che – al di là di distinzioni sulla mera maggiore affidabilità di un sistema rispetto all’altro o sulla specifica tecnologia impiegata, che comunque non incidevano sulla finalità generale di entrambi i sistemi – le due proposte, quella di T.U. e quella della ricorrente, fornivano entrambe un sistema di telecontrollo e risparmio energetico della rete di illuminazione pubblica, sistema suscettibile di venire integrato da servizi aggiuntivi quale quello di trasmissione dati, ed offrivano perciò funzionalità in larga parte sovrapponibili e utili al raggiungimento degli scopi prefissati dall’ente comunale (il risparmio energetico, il telecontrollo della rete e, infine, solo in via prospettica, la creazione di una rete per il trasferimento dati).

Il primo Giudice concludeva, quindi:

– che il Comune era venuto meno allo specifico dovere di dare conto con adeguata motivazione dei presupposti per la procedura negoziata, evidenziando un’istruttoria gravemente carente ed omissiva, in quanto la valutazione dei presupposti di cui all’art. 57 cit., comma 2, non era stata effettuata nella maniera rigorosa richiesta dall’ordinamento;

– che la motivazione contenuta nella delibera giuntale gravata si rivelava omissiva e parziale, in quanto ometteva di considerare le soluzioni tecniche alternative disponibili, facilmente conoscibili secondo la capacità dell’operatore medio ed in grado di assicurare funzionalità (almeno prima facie) equivalenti;

– che l’affidamento del servizio e fornitura inerente alla installazione del sistema di telecontrollo e risparmio energetico avrebbe dovuto essere preceduto da un confronto competitivo basato su una precisa individuazione delle specifiche tecniche del prodotto oggetto di gara, formulate in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, nel rispetto del principio di equivalenza.

Da tutto ciò discendeva l’annullamento dell’affidamento diretto dell’appalto alla società TI.

Quanto al contratto stipulato il 7 maggio 2010, il Tribunale reputava di fare applicazione del disposto dell’art. 245bis D.lgs 163/2006, secondo il quale il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto -tra l’altro- nel caso in cui l’aggiudicazione definitiva sia avvenuta con procedura negoziata senza bando "fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal presente codice". Ed il Giudice locale riteneva di dover dichiarare l’inefficacia del contratto con effetto retroattivo dalla data della stipula, in considerazione della situazione di fatto, della relativa facilità con cui una seria ricerca di mercato avrebbe potuto individuare le soluzioni tecniche possibili, della conoscibilità da parte delle contraenti dell’esistenza del sistema IIllumination, nonché della inscindibilità delle prestazioni a carico dell’impresa affidataria.

Veniva infine osservato che l’annullamento degli atti e la dichiarazione di inefficacia del contratto, comportando la reintegrazione delle chances perdute dalla ricorrente, equivalevano ad una reintegrazione in forma specifica della posizione del medesimo operatore e delle sue possibilità di aggiudicazione.

Avverso la predetta sentenza n. 63/2011 insorgevano, con separati ma similari atti di appello, tanto TI quanto U., che riproponevano la loro eccezione di tardività del ricorso avversario, censurando la pronuncia del T.A.R. per averla disattesa, ed insistevano sulla effettiva sussistenza dei presupposti perché l’Amministrazione potesse fare luogo all’affidamento a trattativa privata ai sensi dell’art 57 comma 2 lettera b) d.lgs. n. 163/2006.

P. One, dal canto suo, proponeva appello incidentale, con il quale contrastava le deduzioni avversarie, riproponeva le proprie doglianze di prime cure ed insisteva infine, in via subordinata, sulla propria pretesa di risarcimento del danno.

Si costituiva anche in questo grado di giudizio il Comune di Ugento, che dichiarava di fare proprie le censure di T. Italia e chiedeva l’accoglimento del suo appello, e per converso il rigetto dell’appello incidentale di P. One, ed in particolare della sua domanda risarcitoria.

Le domande cautelari proposte dalle appellanti venivano accolte con decreto del 15/2/2011 e successive ordinanze in data 2/3 e 23/3 del 2011, avuto riguardo allo stato di esecuzione del contratto e all’apparente tardività del ricorso di prime cure. La richiesta di P. One diretta a vedere revocata la misura cautelare veniva dichiarata inammissibile con ordinanza dello stesso 23 marzo.

Tutte le parti costituite riprendevano ed approfondivano le proprie argomentazioni e domande con molteplici scritti defensionali successivi.

All’udienza del 21 giugno 2011 i due appelli sono stati trattenuti in decisione.

Osserva in via preliminare la Sezione che occorre disporre la riunione dei due appelli, siccome proposti avverso la stessa sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 96, comma 1, C.P.A..

1 Gli appelli così riuniti si rivelano fondati nella parte in cui ripropongono l’eccezione di tardività del ricorso avversario di prime cure, a torto disattesa dal Tribunale.

2 Il ricorso originario investiva, come si è anticipato, la delibera di G.M. del Comune di Ugento n. 151 del 10 settembre 2009, recante l’approvazione della proposta progettuale di T. Italia per la realizzazione di un sistema di telegestione e risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica comunale, unitamente alla determina del Responsabile di Settore n. 534/RG attuativa della stessa delibera, atti con i quali il Comune aveva disposto l’affidamento diretto dell’appalto, senza gara, alla detta società.

Il Tribunale ha ritenuto che, trattandosi di una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, fosse applicabile anche ratione temporis l’art. 245 D.lgs. 163/2006, poi trasfuso nel vigente art. 120 cod. proc. amm., secondo il quale "nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il ricorso non può comunque essere più proposto decorsi trenta giorni decorrenti dalla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui all’articolo 65 e all’articolo 225, a condizione che tale avviso contenga la motivazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando. Se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al presente comma oppure se essi non sono conformi alle prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può comunque essere proposto decorsi sei mesi dalla data di stipulazione del contratto".

Nella specie, dunque, poiché la procedura negoziata si era svolta senza previa pubblicazione di un bando, e l’avviso di aggiudicazione non era stato pubblicato nelle forme previste, sarebbe stato applicabile per l’impugnazione il termine semestrale contemplato dalla norma appena trascritta, con la sua decorrenza dalla data della stipula del contratto di appalto, vale a dire dal 7 maggio 2010.

Da qui la conclusione che il ricorso, notificato il 12 luglio 2010, fosse stato proposto tempestivamente.

Né in senso contrario sarebbe valso opporre la conoscenza legale dovuta all’affissione della delibera nell’Albo pretorio del Comune ai sensi dell’art. 124 D.lgs. n. 267/2000.

Secondo l’impostazione del T.A.R., "L’art. 245 D.lgs 163/2006 ha introdotto una norma speciale – allo scopo di ampliare l’effettività della tutela giurisdizionale nei confronti di affidamenti diretti senza gara – che sostituisce per il settore dei contratti pubblici le norme ordinarie sull’onere di conoscenza dei provvedimento amministrativi; pertanto solo la pubblicità dell’atto nelle forme di cui al citato art. 245 potrebbe valere come conoscenza legale del provvedimento.

Costituisce infatti diretta applicazione dei principi comunitari, una interpretazione che per quanto possibile salvaguardi la facoltà delle imprese interessate di reagire avverso affidamenti illegittimi, nei casi in cui la conoscibilità del provvedimento lesivo, come nel caso di specie, è limitata dall’assenza di una gara pubblica (cfr. in termini generali sulla necessità di garantire l’effettività del diritto di proporre ricorso Corte di Giustizia CE, sez. III, 28 gennaio 2010, n. 406)."

3 Orbene, la Sezione non nutre dubbi sul fatto che l’apposita previsione dettata dall’art. 120, comma 2, C.P.A., quando applicabile, prevalga sulle norme generali in tema di pubblicità legale, come ha ritenuto il primo Giudice. Ma questo vale, appunto, entro i limiti dell’ambito di efficacia temporale che può essere rettamente assegnato alla predetta norma speciale.

Il fatto è, però, che, al momento dell’entrata in vigore della nuova norma speciale, il termine per contestare in sede giurisdizionale la delibera di G.M. del Comune di Ugento n. 151 del 10 settembre 2009 era già da tempo scaduto, alla stregua della disciplina generale applicabile ratione temporis, in forza della pubblicità legale che la delibera aveva ricevuto a tempo debito attraverso l’affissione all’Albo pretorio ex art. 124 D.lgs 267/2000 (dall’11 al 25 settembre 2009).

Tale pubblicazione integra difatti, come a ragione ricordano le appellanti, una forma tipica di conoscenza legale applicabile alla generalità delle deliberazioni comunali, rilevante ai fini della decorrenza del termine perentorio per agire dinanzi al Giudice amministrativo ad opera di tutti i soggetti non direttamente contemplati dall’atto oggetto di pubblicazione.

L’introduzione della nuova norma speciale del 2010, d’altra parte, non è stata accompagnata da alcuna previsione di retroattività.

Per definire il suo campo di applicazione valgono, quindi, le regole generali sulla successione delle leggi nel tempo. E secondo queste ultime, poiché la lex posterior opera solo per l’avvenire, essa, quand’anche suscettibile di applicazione immediata in quanto norma processuale, non per questo è applicabile anche alle vicende ormai esaurite, delle quali un caso paradigmatico è appunto quello delle decadenze già verificatesi, pena la violazione del canone dell’intangibilità del provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile, e la compromissione del valore della certezza dei rapporti di diritto pubblico.

In altre parole, il "fatto compiuto" della decadenza consumatasi sotto l’impero della norma precedente non può essere rimesso in discussione dalla nuova legge.

Il Tribunale ha ragionato, a quanto pare, nel senso che tutti gli affidamenti contrattualizzati dopo l’entrata in vigore della nuova norma dell’art. 8 d.lgs. n. 53 del 20/3/2010 (pubblicato in G.U. 12 aprile 2010 ed entrato in vigore il 27/4/2010) fossero contestabili nel termine di sei mesi. Ma sembra sufficientemente chiaro che un siffatto approccio poteva valere solo per le fattispecie rispetto alle quali non fosse già maturata, al momento dell’avvento della lex posterior, una decadenza preclusiva dell’impugnabilità della delibera a base del singolo contratto.

Non va dimenticato, invero, che la nuova norma speciale, pur attribuendo rilievo alla data di stipula del contratto, ha pur sempre la funzione di fissare il termine da osservare per l’impugnativa giurisdizionale della retrostante decisione amministrativa di affidamento.

Nessun elemento ermeneutico, d’altro canto, permette di attribuire al legislatore del 2010 un ipotetico intento di rimettere in termini gli operatori che sotto la lex prior fossero incorsi in decadenza.

Né vale osservare che alla data della deliberazione impugnata fosse già in vigore il Codice dei contratti pubblici, le cui previsioni impongono una rigorosa pubblicità della procedura per la scelta del contraente. Da questa angolazione, P. One insiste, in particolare, sul punto che, in carenza di una esclusività funzionale del prodotto offerto da TI, la procedura avrebbe dovuto essere pubblicizzata nei modi stabiliti dal d.lgs. n. 163/2006, e non già attraverso una mera affissione all’Albo pretorio comunale. A tanto è però facile obiettare che un conto sono le regole da osservare per la legittimità del ricorso ad una trattativa privata, ed altro sono quelle sulla pubblicità legale rilevante sul versante della conoscenza legale degli atti ai fini della loro tempestiva impugnazione. Sotto il profilo che si va esaminando non è in discussione, difatti, la pubblicità occorrente per il bando di gara, ma la conoscenza legale acquisita della deliberazione di affidamento. Ed è superfluo aggiungere che, in questa seconda prospettiva, la normativa applicabile è quella vigente alla data del perfezionarsi del provvedimento da impugnare (senza dubbio l’art. 124 del T.U.E.L.), e non quella della data del successivo ricorso.

Pertanto, posto che la delibera di affidamento a TI era diventata inoppugnabile sotto l’impero della precedente disciplina, è inevitabile concludere che la nuova norma, in carenza di un’apposita clausola di retroattività, non avrebbe potuto rendere la delibera nuovamente ricorribile, superando la preclusione già verificatasi e riaprendo i termini per agire in giudizio.

4 P. One, sul tema, con la propria memoria del 3 giugno 2011 richiede alla Sezione, in via subordinata, di sollevare una questione pregiudiziale comunitaria.

La richiesta è inammissibile.

In primo luogo, essa è ictu oculi perplessa, se non contraddittoria. Stando alla sua premessa, la pregiudiziale sembrerebbe dover vertere sulla tematica processuale della tardività dell’impugnativa ("Se l’applicazione dell’art. 124 T.U.E.L. in combinato disposto con l’art. 21 co. 1 L. n. 1034/1971, così come interpretato da controparte, sia compatibile con le direttive europee…"); la parte centrale del quesito che viene proposto, tuttavia, pare investire direttamente il merito di causa ("…nella parte in cui, secondo l’interpretazione proposta, detta disposizione possa legittimare la possibilità di esperire delle gare di appalto senza imporre alla stazione committente una rigorosa pubblicità…").

In secondo luogo, non è dato comprendere quale sia la normativa comunitaria esattamente chiamata in causa: se questa debba, cioè, identificarsi nell’art. 53 T.F.U.E., o invece nelle "direttive europee", peraltro solo genericamente evocate.

In terzo luogo, non è precisamente identificabile la questione interpretativa di diritto comunitario che si vorrebbe veder sollevata.

Infine, e solo per scrupolo, si ricorda che proprio di recente la Corte di Giustizia europea (30 settembre 2010, C314/09) ha confermato il proprio indirizzo, da essa significativamente definito "costante", per cui "…gli Stati membri, pur essendo tenuti a prevedere mezzi di ricorso che consentano di ottenere l’annullamento di una decisione dell’amministrazione aggiudicatrice contraria alla normativa sugli appalti pubblici, sono legittimati, in vista dell’obiettivo di celerità perseguito dalla direttiva 89/665, a prevedere per questo tipo di ricorsi termini ragionevoli da osservarsi a pena di decadenza, e ciò per evitare che i candidati e gli offerenti possano in qualsiasi momento allegare violazioni della normativa suddetta, obbligando così l’amministrazione aggiudicatrice a riprendere l’intera procedura al fine di rimediare a tali violazioni (v. in tal senso, in particolare, sentenze 12 dicembre 2002, causa C470/99, UniversaleBau e a., Racc. pag. I11617, punti 7478; Santex, cit., punti 51 e 52; 11 ottobre 2007, causa C241/06, Lämmerzahl, Racc. pag. I8415, punti 50 e 51, nonché 28 gennaio 2010, causa C406/08, Uniplex (UK), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 38)" (sentenza cit., par. 37).

Per le ragioni esposte, l’ipotizzata pregiudiziale comunitaria non può essere sollevata.

5 Quanto precede comporta la fondatezza dell’assorbente motivo di appello trattato, con la conseguente necessità di dichiarare, in riforma della sentenza in epigrafe, l’irricevibilità del ricorso di primo grado.

6 P. One insiste, con il suo appello incidentale, anche nella propria istanza oppositiva avverso la sentenza dello stesso Tar Puglia – Lecce n. 372/2010.

E’ appena il caso di ricordare, allora, che con la sentenza che viene appellata in questa sede il T.A.R. ha dichiarato inammissibile l’opposizione di terzo che era stata proposta da P. One ex art. 404 c.p.c. unitamente al proprio gravame di primo grado, per la ragione che tale opposizione era stata esperita da un soggetto carente di legittimazione. Tale rimedio, ha ricordato il Giudice locale, non può essere proposto da chi abbia l’onere di impugnare direttamente l’atto in ragione della sua immediata lesività: e proprio una simile posizione è stata rinvenuta dal TAR in capo a P. One, che nel giudizio conclusosi con la sentenza oggetto di opposizione avrebbe assunto la veste di cointeressata all’accoglimento del ricorso proposto dalla Tecnolights.

Orbene, l’attuale appellante incidentale chiede la riforma della sentenza n. 63/2011 del T.A.R. salentino con riferimento al capo di cui si è appena detto senza farsi però carico di addurre alcuna motivazione, e segnatamente senza condurre alcuna forma di critica avverso la motivazione svolta dal Tribunale a fondamento della propria statuizione.

L’istanza si rivela pertanto inammissibile.

7 Rimane da esaminare, a questo punto, la domanda risarcitoria di P. O.: tale domanda è stata riproposta in questo giudizio di appello a titolo subordinato, per l’eventualità che la Sezione non ritenesse di confermare il decisum del Tribunale circa l’inefficacia del contratto stipulato dal Comune di Ugento con TI.

A questo riguardo va preliminarmente osservato che la circostanza che l’azione impugnatoria dell’operatore sia risultata tardiva non osta al vaglio della sua distinta pretesa risarcitoria.

L’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, infatti, ha recentemente chiarito che, sebbene la disciplina recata dal nuovo codice del processo amministrativo sul rapporto tra le due azioni (art. 30) non sia direttamente applicabile alle fattispecie risalenti ad epoca anteriore al 16 settembre 2010, i principi evincibili dalla relativa normativa codicistica (specialmente con riferimento all’assenza di una stretta pregiudiziale processuale e all’operatività di una connessione, semmai, sostanziale tra rimedio impugnatorio e azione risarcitoria), nondimeno, essendo ricavabili anche dal quadro normativo previgente, devono essere reputati utili anche ai fini della soluzione delle vicende precedenti all’avvento del codice (A.Pl., 23 marzo 2011, n. 3).

L’Adunanza ha quindi puntualizzato che dagli artt. 30 e ss. c.p.a emerge che il legislatore delegato non ha condiviso né la tesi della pregiudizialità amministrativa, né peraltro, al contrario, quella della totale autonomia dei due rimedi, impugnatorio e risarcitorio, bensì ha optato per una soluzione intermedia, che valuta l’omessa tempestiva proposizione del ricorso per l’annullamento del provvedimento lesivo non come fatto preclusivo dell’istanza risarcitoria, ma solo come condotta che, nell’ambito di una valutazione complessiva del comportamento delle parti in causa, può autorizzare il giudice ad escludere il risarcimento, o a ridurne l’importo, ove accerti che la tempestiva proposizione del ricorso per l’annullamento dell’atto lesivo avrebbe evitato o limitato i danni da quest’ultimo derivanti.

8 Dovendo, dunque, ritenersi ormai ammessa la domanda di risarcimento del danno, conformemente ai principi espressi dall’Adunanza Plenaria, anche in via autonoma rispetto all’impugnazione del provvedimento (reputato) illegittimamente lesivo, non resta che vagliare la fondatezza della pretesa risarcitoria che viene qui riproposta da P. One.

All’uopo occorre partire dalla verifica della sussistenza del centrale elemento dell’ingiustizia del danno.

Il requisito deve ritenersi esistente.

8a Muovendo dal pertinente dato normativo, è d’obbligo rammentare che il ricorso al sistema di scelta del contraente costituito dalla procedura negoziata senza pubblicazione del bando prevista dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, rappresenta un’eccezione al principio generale della pubblicità e della massima concorsualità tipica della procedura aperta, con la conseguenza che i presupposti fissati dalla legge per la sua ammissibilità devono essere accertati con il massimo rigore e non sono suscettibili di interpretazione estensiva (C.d.S., V, 10 novembre 2010, n. 8006).

Vero è, quindi, che tanto l’ordinamento comunitario quanto quello nazionale (art. 31, par. 1, lett. b), direttiva CE 31 marzo 2004, n. 18; art. 57, co. 2, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), conoscono, fra le possibili eccezioni alla regola generale dell’obbligo di aggiudicare gli appalti a seguito di procedura concorrenziale, anche quella ammessa "qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato".

La Corte di giustizia dell’Unione europea, tuttavia, a precisazione di analoga formula ha espresso (cfr. sez. II, 2 ottobre 2008, n. C157/06; Grande sezione, 8 aprile 2008, n. C337/05) le seguenti, essenziali puntualizzazioni:

a) ogni deroga alle norme miranti a garantire l’efficacia dei diritti conferiti dal Trattato nel settore degli appalti pubblici deve essere interpretata restrittivamente;

b) l’onere di dimostrare che sussistano effettivamente circostanze eccezionali giustificative di una deroga grava sull’Amministrazione che voglia affidare direttamente un appalto;

c) la stazione appaltante deve dimostrare in modo rigoroso che i prodotti offerti da altre imprese siano tali da comportare una incompatibilità, ovvero difficoltà tecniche di uso o manutenzione sproporzionate.

L’Amministrazione, quindi, ha l’onere di motivare espressamente circa la sussistenza in concreto dei presupposti giustificativi della deroga. E la motivazione sulla necessità della trattativa con un unico imprenditore deve essere rigorosa ed immune da vizi logici. Non basta, ad esempio, affermare che un insieme di lavori sia complesso e delicato, per dimostrare che esso deve necessariamente essere affidato ad un solo imprenditore (C.G. UE n. 385/2004); né basta agli stessi fini affermare che i lavori o il servizio o la fornitura abbiano caratteristiche tecniche particolari. Occorre, invece, dimostrare che un determinato soggetto sia l’unico imprenditore nella Comunità a disporre del knowhow necessario per eseguire la prestazione (C.G. UE n. 394/2005).

In materia vale, inoltre, l’illuminante principio, espresso specificamente in tema di appalti di forniture, che l’Amministrazione può individuare particolari caratteristiche tecniche a condizione, però, che la specificazione delle medesime venga effettuata facendo riferimento ad elementi in grado di distinguere nettamente l’oggetto della fornitura, senza determinare alcuna discriminazione nei confronti delle imprese di settore; è invece vietato prevedere specifiche tecniche che indichino prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza, a meno di non inserire la clausola di equivalenza, ammissibile quando le stazioni appaltanti non possano fornire una descrizione dell’oggetto dell’appalto mediante specifiche tecniche sufficientemente precise (così C.d.S., V, 24 aprile 2009, n. 2600, che richiama la precedente V, 24 maggio 2004, n. 3386).

Nel rispetto di queste coordinate, si può anche convenire sull’idea che la valutazione di "unicità" di un prodotto vada fatta in concreto, e non in modo del tutto astratto (C.d.S., VI, 28 gennaio 2011 n. 642): ma sempre che si abbia decisivo riguardo alla obiettiva destinazione funzionale del prodotto del quale si tratta, occorrendo guardarsi dal rischio di una deriva che potrebbe altrimenti portare a cogliere i crismi dell’ "unicità", in ultima analisi, in qualsiasi prodotto aziendale.

8b Alla luce di queste indicazioni di principio la Sezione ritiene sostanzialmente condivisibili le considerazioni svolte nella vicenda dal primo Giudice, che, giova ricordarlo, ha ben posto in luce:

– che incombeva sull’Amministrazione l’onere di verificare, attraverso un’approfondita ricerca di mercato, l’effettiva unicità della proposta pervenutale;

– che negli atti amministrativi propedeutici al contratto, invece, non si faceva alcuna menzione di un sistema alternativo (o presuntivamente tale), nemmeno al fine di escluderne la comparabilità;

– che le relazioni di esperti del settore in atti dimostravano che la ricorrente di prime cure operava in diretta concorrenza con altre imprese attive nel mercato nazionale ed europeo, quali T.U.;

– che dalle stesse relazioni peritali di parte emergeva – in disparte quanto variamente argomentato, sul piano tecnico, sulla maggiore affidabilità di un sistema rispetto all’altro o sulla specifica tecnologia da ciascuno impiegata, distinzioni comunque non incidenti sulla finalità generale di entrambi i sistemi – che le due proposte, quella di T.U. e quella di P. O., fornivano entrambe un sistema di telecontrollo e risparmio energetico della rete di illuminazione pubblica suscettibile di venire integrato da servizi aggiuntivi, offrendo, perciò, funzionalità in larga parte sovrapponibili e utili al raggiungimento degli scopi perseguiti dall’ente comunale (il risparmio energetico, il telecontrollo della rete e, solo in via prospettica, la creazione di una rete per il trasferimento dati);

– che l’affidamento di un servizio a trattativa privata non può giustificarsi solo in virtù del possesso di una privativa industriale, atteso che questa può legittimare una limitazione concorrenziale solo se sia in grado di connotarsi in termini di esclusiva funzionale, e cioè se venga in rilievo un prodotto con caratteristiche tecniche infungibili, non surrogabili da tecnologie alternative in grado di assicurare le medesime funzionalità;

– che il Comune era venuto quindi meno allo specifico dovere di dare conto con adeguata motivazione dei presupposti per la procedura negoziata, svolgendo invece un’istruttoria gravemente carente ed omissiva, in quanto la valutazione dei presupposti di cui all’art. 57, comma 2, non era stata effettuata nella maniera rigorosa richiesta dall’ordinamento;

– che la motivazione contenuta nella delibera giuntale si rivelava omissiva e parziale, in quanto mancava di considerare soluzioni tecniche alternative facilmente conoscibili secondo la capacità dell’operatore medio ed in grado, prima facie, di assicurare funzionalità equivalenti: onde si era omesso di indagare se l’obiettivo comunale del risparmio energetico tramite il telecontrollo potesse essere raggiunto facendo ricorso ad altre soluzioni tecniche disponibili sul mercato;

– che l’affidamento del servizio e fornitura inerente alla installazione del sistema di telecontrollo e di risparmio energetico per gli impianti di pubblica illuminazione avrebbe dovuto essere pertanto preceduto da un confronto competitivo basato su una precisa individuazione delle specifiche tecniche del prodotto oggetto di gara, formulate in termini di prestazioni o di requisiti funzionali nel rispetto del principio di equivalenza.

8c Le critiche portate dagli appellanti a questo apparato argomentativo muovono dall’idea di fondo che il primo Giudice avrebbe travisato l’obiettivo perseguito in concreto dal Comune di Ugento.

Il TAR ha sviluppato le proprie riflessioni muovendo dalla considerazione di fondo che il contratto tra il Comune e T. prevedeva la realizzazione di un sistema di telecontrollo e risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica, inteso allo scopo di ridurre i costi imputabili sia alla spesa energetica che alla manutenzione, e, solo in via prospettica, all’ulteriore scopo di permettere in futuro, con l’integrazione mediante servizi aggiuntivi, lo sviluppo di una rete civica multimediale.

Le attuali appellanti si spingono ad affermare che, qualora una simile premessa fosse esatta, le rispettive offerte sarebbero state effettivamente confrontabili (sia pure "difficilmente": cfr. le pagg. 3233 dell’appello di T. Italia). A loro avviso, tuttavia, il Comune, con la propria deliberazione, avrebbe perseguito un obiettivo diverso e più ampio di quello indicato dal Tribunale, vale a dire quello di creare una "Città Digitale": ciò dotandosi di una piattaforma integrata da applicare agli impianti di pubblica illuminazione, abilitante all’erogazione di servizi di pubblica utilità c.d. evoluti.

Una simile esigenza poteva essere soddisfatta, quindi, solo da una tecnologia che presentasse una soluzione fin dall’origine integrata, in grado di abilitare a qualsiasi tipologia di servizio della "Città Digitale", obiettivo in funzione del quale non vi sarebbe stata confrontabilità tra le rispettive offerte. Il sistema IIllumination offerto da P. O. consisterebbe infatti solo in una soluzione di telecontrollo degli impianti di illuminazione pubblica, e non anche in una piattaforma integrata per la "Città Digitale".

8d La Sezione dalla documentazione in atti deve però constatare che l’obiettivo avuto di mira dall’Amministrazione era proprio quello individuato dal primo Giudice.

La delibera di G.M. n. 151 del 2009 rivela sin dalla propria intitolazione ("Realizzazione di sistema di telegestione e di risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica comunale") come l’esigenza perseguita dal Comune fosse essenzialmente quella del risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica. I pochi spunti della delibera eccedenti tale obiettivo, ed evocanti le più ampie potenzialità offerte dalla soluzione "Smart Town" ("Potenzialmente, qualunque servizio basato su LAN estesa sul territorio può essere implementato sulla piattaforma Smart Town. In particolare, alcuni servizi che si potrebbero sviluppare in seguito riguardano i seguenti temi: Homeland Security e Videosorveglianza; Gestione delle emergenze: Smart Emergency; Gestione evoluta dell’informazione stradale: es. Onda verde; Internet e Reti civiche orientate al turismo; Rifiuti: tracciamento raccolta e stato dei bidoni") recano un richiamo solo cumulativo ed indistinto, accennando appena ad una vaga e solo eventuale prospettiva futura. Tant’è che la deliberazione si limita ad approvare la proposta progettuale di TI soltanto relativamente alla realizzazione del sistema di telegestione e di risparmio energetico (comportante una spesa di euro 1.188.500,00), corrispondente al punto 1 della pag. 4 della delibera, mentre per le restanti, marginali prestazioni aggiuntive pure figuranti nella proposta di TI, enumerate ai punti 2, 3, 4 e 5 dello stesso elenco, che in se stesse neppure postulerebbero necessariamente l’esistenza della piattaforma Smart Town, la proposta viene -almeno per il momento- accantonata, in quanto definita semplicemente "degna di considerazione in dipendenza del buon esito del progetto pilota".

Che la specifica esigenza perseguita dall’Amministrazione fosse quella del risparmio energetico sugli impianti di illuminazione pubblica è confermato dal successivo contratto, che proprio -e solo- della regolamentazione di tale tema si occupa.

Per converso, tanto la generica idea, pur suggestiva, di creare una "Città Digitale", quanto pure quella di introdurre uno o più dei servizi evoluti potenzialmente implementabili sulla piattaforma integrata, non hanno formato oggetto di alcuna puntuale valutazione in termini di effettività ed attualità dell’interesse pubblico inerente a simili opzioni; né vi è stata la correlativa analisi di sostenibilità degli oneri finanziari da queste implicati.

8e La ragione appena vista sarebbe già sufficiente a rendere prive di pregio le deduzioni svolte dalle resistenti di primo grado per tentare di giustificare la procedura contrattuale seguita dall’Amministrazione.

A ciò va comunque aggiunto che la proposta progettuale di TI del 3 agosto 2009 non risulta avere formato oggetto di alcuna istruttoria tecnica (o anche solo di un’analisi critica) intesa a verificare se il sistema Minos avesse sul mercato delle alternative.

La procedura in discussione, inoltre, risulta vieppiù scorretta per il fatto che, come ha già ben detto il TAR, dagli elementi forniti dalle attuali appellanti il servizio da loro offerto risulterebbe di volta in volta preferibile, più affidabile, più idoneo, ma non già oggettivamente "unico", come invece richiede la norma di cui occorre fare rigorosa applicazione. Del resto, questa Sezione, nel riferirsi in altro frangente e settore di mercato alle presunte inadeguatezze tecniche dell’offerta alternativa di possibili concorrenti, ha osservato, in una fattispecie concreta non molto diversa dalla presente, che le stesse avrebbero potuto al più "costituire oggetto di considerazione in sede di predisposizione dei criteri di valutazione delle offerte all’interno di una regolare procedura di gara;" ma non avrebbero rilevato per i fini giustificativi per i quali tali inadeguatezze erano state invece addotte, non essendo esse comunque "in grado di configurare quelle esorbitanti difficoltà tecniche di uso o di manutenzione che, uniche, consentono il ricorso all’affidamento diretto della fornitura" (C.d.S., V, 24 aprile 2009, n. 2600).

In definitiva, il ricorso alla procedura negoziata senza bando di gara si conferma nel caso in esame come frutto di una scelta viziata, fondata su un’istruttoria del tutto carente; la stessa espressione delle esigenze dell’Amministrazione è avvenuta non già identificando (oltre a quello del "risparmio energetico") dei precisi interessi pubblici, ma immedesimando senz’altro l’oggetto dell’interesse pubblico nelle sembianze del prodotto offerto dalle appellanti, nel cui stampo il primo è stato aprioristicamente versato. In altre parole, il Comune, in luogo di individuare dapprima l’oggetto della prestazione da acquisire, e indi, all’esito di un percorso istruttorio, l’azienda ed il processo produttivo in ipotesi risultato il solo a poterla rendere, è pervenuto tout court alle radicali conclusioni indicate.

Né vale invocare il precedente giurisprudenziale (C.d.S., VI, 28 gennaio 2011 n. 642) che ha ritenuto corretta l’interpretazione di quell’Amministrazione che, pur "ben conscia della circostanza che altri offerenti, in futuro, potrebbero crearne uno similare, ha considerato "unico" il prodotto che, in quel momento", si presentava pronto all’uso, senza necessità di adeguamenti, modifiche ed ulteriori incrementi ed adattamenti. Ciò per la semplice quanto assorbente ragione che nel caso concreto, per quanto si è visto, esisteva già al momento, sul mercato, la possibilità di rinvenire servizi di concorrenti tra i quali instaurare un regolare confronto con l’offerta aziendale che è stata invece privilegiata.

9 Nella concreta vicenda sussistono, oltre all’elemento dell’ingiustizia del danno, del quale si è fin qui detto, anche le altre condizioni integratrici di un’obbligazione risarcitoria a carico del Comune.

La giurisprudenza ha in più occasioni sottolineato (cfr. ad es. C.d.S., VI, 9 marzo 2007 n. 1114 e 9 giugno 2008 n. 2751) che al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo non è richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell’Amministrazione. Questi può limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto, potendosi ben fare applicazione, al fine della prova della sussistenza dell’elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’art. 2727 del codice civile. Spetta a quel punto all’Amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, che è configurabile, in particolare, in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma di formulazione incerta, di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, o di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (cfr., tra le tante, C.d.S., IV, 12 febbraio 2010, n. 785; V, 20 luglio 2009, n. 4527).

Nel caso di specie non è dato riscontrare la presenza di alcuno dei predetti fattori giustificativi. Può ritenersi quindi integrata la prova dell’elemento soggettivo dell’illecito.

E’ peraltro decisivo in proposito rammentare che la Corte di Giustizia dell’U.E. ha recentemente chiarito che la direttiva 89/665 deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione: e questo anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata (Corte giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, proc. C314/09).

10 Resta da definire l’ammontare del risarcimento dovuto all’originaria ricorrente sulla base di un corretto governo del principio di causalità.

Il danno che rileva nella vicenda va individuato nella mancata possibilità per la ricorrente di partecipare ad una gara per l’affidamento della commessa in questione.

La Sezione ritiene che non possa essere messa in discussione l’esistenza di un nesso di causalità tra i provvedimenti illegittimi che hanno sostanziato l’esaminata trattativa privata tra il Comune e TI, e la lesione conseguentemente registratasi nella sfera giuridica della originaria ricorrente, uno dei pochi soggetti attivi nello stesso mercato interessato.

Conviene allora subito ricordare che in tema di illegittimo ricorso alla trattativa privata la giurisprudenza insegna quanto segue.

Nel caso di affidamento di un appalto a trattativa privata, anziché mediante pubblica gara, proprio perché non c’è stata gara, non è possibile una valutazione prognostica e virtuale sull’esito di una procedura comparativa mai svolta. Non è possibile prevedere, in particolare, quali e quante offerte sarebbero state presentate, quale offerta avrebbe presentato l’impresa che chiede il risarcimento, e se tale offerta sarebbe stata, o meno, vittoriosa. Quando ad un operatore è preclusa in radice la partecipazione ad una gara, onde non è possibile dimostrare, ex post, né la certezza della sua vittoria, né la certezza della non vittoria, la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l’astratta possibilità di un esito favorevole (C.d.S., VI, 18 dicembre 2001, n. 6281).

Il risarcimento per perdita di chance, secondo i principi, può avvenire, in astratto, in forma specifica oppure per equivalente.

La prima forma di riparazione, che in via generale consiste nella riammissione in gara del concorrente escluso, ovvero nella ripetizione della procedura, nel particolare caso dell’illegittimo affidamento di una commessa mediante trattativa privata consiste nell’indizione di una pubblica gara per il conferimento del medesimo appalto. La praticabilità di una simile soluzione (la cui caratteristica è che la chance di successo viene tutelata in forma reale) nella fattispecie concreta è però esclusa, a cagione della tardività dell’impugnativa proposta da P. O..

Per la tutela risarcitoria di quest’ultimo operatore non resta perciò che il rimedio del risarcimento per equivalente.

Questa forma di riparazione prevede che il risarcimento venga quantificato con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara o concorso (C.d.S., VI, 18 dicembre 2001, n. 6281; 8 maggio 2002, n. 2485), e rapportato al prezzo pattuito in concreto per la complessiva commessa convenuta, essendo questo l’unico elemento utilizzabile in assenza di una procedura di gara (C.d.S., IV, 6 ottobre 2004, n. 6491).

11a Procedendo all’applicazione di questo schema logico alla res controversa, va rilevato come la medesima P. O., nel proprio appello incidentale (pag. 8), abbia menzionato l’esistenza di almeno altre tre imprese che sarebbero state, a suo avviso, in grado di offrire all’Amministrazione la stessa prestazione contrattuale ("…tutte le funzioni attribuite in via esclusiva al sistema prodotto da T./U. sono presenti nella tecnologia alternativa offerta dalla odierna ricorrente ed in quella sviluppata da altre imprese (inter alios, Telea di Thorn, Echelon Street Lighting di Echelon e Tegis di Sogexi). Tutti i citati prodotti sono in grado di offrire le medesime funzioni "estese" attribuite, in (erroneamente) asserita esclusiva, al sistema di T./U. denominato Smart Town").

Il numero dei possibili partecipanti alla gara che il Comune avrebbe dovuto indire può quindi essere realisticamente fissato in (almeno) cinque operatori, ciascuno dei quali titolare della stessa potenziale chance di aggiudicazione.

11b Altro fattore di mitigazione del danno risarcibile qui rivendicato dall’appellata va individuato nella tardività dell’impugnativa giurisdizionale da questa proposta, giusta le puntualizzazioni svolte dall’Adunanza Plenaria nella già citata decisione n. 3 del 2011.

Questa, infatti, nell’ammettere la domanda di risarcimento del danno proposta in via autonoma dall’impugnazione del provvedimento lesivo, ha soggiunto che, ai sensi dell’art. 30, comma 3, d.lgs. n. 104 del 2010, l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, un dato valutabile, alla stregua dei principi di buona fede e solidarietà sanciti dall’art. 1175 c.c., ai fini dell’esclusione o mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza.

Sempre secondo l’Adunanza Plenaria, inoltre, l’articolo testé citato, nell’introdurre nel processo amministrativo la regola della non risarcibilità dei danni che avrebbero potuto essere evitati o quanto meno ridotti con l’impugnazione del provvedimento e con l’utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall’ordinamento, enuncia principi che, in quanto già presenti nell’art. 1227 c.c., sono applicabili anche alle azioni risarcitorie proposte prima della sua entrata in vigore, in quanto espressioni del principio generale di correttezza nei rapporti bilaterali. Ne consegue, anche per le azioni risarcitorie già pendenti, la rilevanza sostanziale dell’omessa o tardiva impugnazione quale circostanza atta a precludere la risarcibilità dei danni presumibilmente evitabili ove l’interessato si fosse sollecitamente avvalso della tutela specifica predisposta dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo, le quante volte una tempestiva impugnazione sarebbe stata idonea, secondo il paradigma probabilistico della causalità ipotetica, ad evitare in tutto o in parte il pregiudizio.

11c La società richiedente invoca la liquidazione forfetaria ed automatica del lucro cessante in applicazione del criterio del 10% del prezzo, ai sensi dell’ art. 345, legge n. 2248 del 1865 All. F.

Il relativo criterio, come è noto, è stato messo in discussione dalla più recente giurisprudenza di questo Consiglio (V, n. 2967\2008; VI, n. 3144 del 2009 e n. 8646 del 2010), per il rischio che il risarcimento dei danni si riveli, per l’imprenditore, più favorevole dell’impiego del capitale, con la conseguente distorsione per cui il ricorrente non avrebbe più interesse a provare in modo puntuale il danno subìto quanto al lucro cessante, perché presumibilmente otterrebbe meno di quanto la liquidazione forfetaria gli consentirebbe (CDS, V, n. 2967\2008; VI, 21 maggio 2009 n. 3144).

Nella fattispecie, tuttavia, la Sezione reputa in via eccezionale giustificato il ricorso a tale tecnica di quantificazione del danno, in considerazione tanto del basso livello di concorrenza esistente nel settore interessato, quanto dell’esigenza di conservare un’adeguata effettività alla prestazione risarcitoria.

Per le ragioni che sono state esposte negli ultimi due paragrafi, peraltro, la detta misura del dieci per cento del valore del contratto deve essere ridotta ad un quinto, per poter rispecchiare il numero dei probabili partecipanti all’ipotetica gara, e andrebbe indi ulteriormente ridotta in considerazione della tardività dell’azione impugnatoria proposta dall’avente diritto.

11c Al tempo stesso, però, occorre tenere conto della necessità di ristorare l’originaria ricorrente, come da domanda, non solo per la perdita di chance dipendente dal mancato espletamento della gara per il singolo affidamento, ma anche a titolo di danno curricolare.

Sotto questo profilo la giurisprudenza insegna, difatti, che l’interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un’impresa, va ben oltre l’interesse all’esecuzione della singola opera in sé, e ai relativi ricavi diretti. Ciò in quanto alla mancata esecuzione di un’opera appaltata si ricollegano indiretti nocumenti all’immagine della società ed al suo radicamento nel mercato; per non dire del potenziamento di imprese concorrenti che operino nel medesimo settore di mercato e in modo illegittimo si siano rese aggiudicatarie.

Per tali ragioni è reputato quindi risarcibile, nei congrui casi, anche il c.d. danno curriculare, che costituisce una specificazione del danno per perdita di chance, e consiste nel pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del proprio "curriculum" professionale, per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto sfumato a causa del comportamento illegittimo dell’Amministrazione, laddove l’aggiornamento curricolare perduto avrebbe fatto conseguire all’impresa un vantaggio economicamente valutabile, poiché ne avrebbe accresciuto la capacità di competere sul mercato e, quindi, la possibilità di aggiudicarsi ulteriori commesse.

L’impresa ingiustamente privata dell’esecuzione di un appalto può pertanto rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (C.d.S., VI, 9 giugno 2008, n. 2751; 18 marzo 2011, n. 1681).

12 In conclusione, tenendo quindi conto sia dei fattori visti nei paragrafi 11a e 11b che del danno curricolare, il Comune di Ugento dovrà corrispondere alla P. O. a fini risarcitori un importo complessivo che si determina, equitativamente ed onnicomprensivamente, nella misura del 3 % dell’importo del contratto sottoscritto con TI.

Le spese processuali, mentre possono essere compensate tra le parti private, vanno invece liquidate secondo la soccombenza sostanziale a carico del Comune, che va condannato al relativo rimborso a favore dell’originaria ricorrente nella misura di cui al seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli appelli in epigrafe, li accoglie, e per l’effetto, in totale riforma della sentenza appellata, dichiara irricevibile l’impugnativa proposta con il ricorso di primo grado.

Accoglie altresì la domanda risarcitoria riproposta dalla società P. O. I. s.p.a. con l’appello incidentale, e per l’effetto condanna il Comune di Ugento al risarcimento del danno da questo cagionato a tale società, liquidandolo nella misura del 3 % dell’importo del contratto sottoscritto con T. Italia S.p.A..

Compensa interamente tra le parti private le spese processuali del doppio grado di giudizio; pone le stesse spese, per quanto di ragione, a carico del Comune, e per l’effetto condanna quest’ultimo al loro rimborso all’originaria ricorrente, liquidandole nella misura di euro diecimila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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