Cons. Stato Sez. V, Sent., 02-11-2011, n. 5836 Ammissibilità e inammissibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sez. II, con la sentenza n. 2237 del 22 maggio 2007, ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dalla S. I. I. S.r.l. per l’annullamento della determinazione ARPA Piemonte n. 1720 del 19.12.2006 avente ad oggetto "Asta pubblica in ambito europeo: affidamento fornitura di strumentazione scientifica a n. 4 lotti".

Il TAR fondava la sua decisione rilevando che la procedura di aggiudicazione impugnata era riconducibile all’art. 23bis, comma 1, lettera b), della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, secondo cui "I termini processuali previsti sono ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione del ricorso", termini in cui è compreso quello di deposito del ricorso; nella specie il TAR ha giudicato tardivo il deposito effettuato dalla società ricorrente in data 3 aprile 2007, posto che il termine di quindici giorni, decorrente dall’ultima notifica, avvenuta il 16 marzo 2007, era già scaduto in data 31 marzo 2007.

Anche applicando al processo amministrativo la legge 28 dicembre 2005, n. 263, nel caso in esame il termine finale cadrebbe nella giornata di lunedì 2 aprile 2007, mentre la società ricorrente, come detto, ha effettuato il deposito solo in data 3 aprile 2007.

Infine, secondo il TAR, non può rilevare la circostanza, risultante da una attestazione dell’ufficio di accettazione dei ricorsi in data 2 aprile 2007, secondo cui il difensore del ricorrente "alle ore 13.23 ha depositato dopo la chiusura dell’Ufficio Accettazione Ricorsi alle ore 12,30", posto che i termini processuali, determinati dal legislatore in giorni, sono implicitamente integrati dalle regole organizzative proprie del Tribunale, comunemente note e costantemente applicate, mentre diversamente opinando si finirebbe per postulare un onere di apertura continuativa (24 ore su 24) del Tribunale, certamente incompatibile con la normativa vigente in materia di orari di lavoro e con le esigenze organizzative del Tribunale stesso.

Parte appellante insisteva sull’argomentazione che la chiusura dell’Ufficio Accettazione Ricorsi del TAR Piemonte alle ore 12.30 sarebbe stata illegittima, in quanto la determinazione dell’orario per il deposito degli atti processuali non dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità dei singoli Tribunali Amministrativi Regionali.

Parte appellante, inoltre, richiamava i motivi di impugnazione proposti in primo grado (ricorso in appello, pag. 11).

Si costituivano gli appellati chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 12 luglio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Ritiene questo Collegio di dovere premettere che la regola base per valutare la tempestività del deposito dei ricorsi presso gli uffici di Segreteria o di Cancelleria degli Uffici giudiziari sia quella secondo cui il privato ha l’onere di conoscere l’orario di funzionamento dei pubblici uffici per una diligente cura dei propri interessi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 26 marzo 2001, n. 1725 e Cassazione civile, sez. I, 14 dicembre 1998, n. 12533).

Infatti, l’anticipazione dell’ orario di chiusura di pubblici uffici o portinerie non si traduce in una riduzione dei termini medesimi, restando anche tale giorno utile per il compimento di attività processuale, sia pure nel rispetto di detto orario, che la parte ha l’onere di conoscere (Cassazione civile, sez. II, 27 luglio 1983, n. 648).

Peraltro, giova osservare che, nella materia della procedura penale, vi è una specifica disposizione destinata a disciplinare l’evenienza oggetto del presente appello.

Infatti, in tema di chiusura degli uffici giudiziari, la disposizione di cui all’art. 172, comma 6, c.p.p., considera scaduto il termine per il deposito di atti in un ufficio giudiziario nel momento in cui, secondo i regolamenti, l’ufficio viene chiuso al pubblico, non operando tale limite solo con riguardo al deposito dei provvedimenti del giudice (Cass. pen., Sez. Un., 14 dicembre 1995, n. 30).

Anche in sede penale, infatti, è inammissibile per tardività l’atto di impugnazione la cui presentazione, dall’attestazione dell’ufficio di cancelleria, risulti effettuata nell’ultimo giorno utile in ora successiva, sia pure di poco (nella specie, venti minuti), all’orario di chiusura al pubblico del suddetto ufficio, non potendo in contrario rilevare la prospettazione di mere ipotesi o supposizioni circa la possibilità che il presentatore, dopo aver fatto ingresso nell’ufficio prima della scadenza dell’orario di apertura, abbia dovuto attendere che il pubblico ufficiale addetto provvedesse all’effettiva ricezione dell’atto in questione (Cass. pen., sez. IV, 28 novembre 2001, n. 42963).

In effetti, gli orari di apertura previsti dalle norme sopra richiamate non sono vincolanti per i singoli uffici giudiziari, che ben possono praticare orari di apertura differenti.

Pertanto, anche alla luce della giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, si deve concludere che l’art. 162 della legge n. 1196 del 1960 (secondo cui le cancellerie e le segreterie sono aperte al pubblico cinque ore nei giorni feriali) avendo natura di norma di organizzazione volta a disciplinare l’azione della pubblica amministrazione, non attribuisce alcun diritto soggettivo agli interessati, ma soltanto, ed eventualmente, interessi legittimi tutelabili unicamente attraverso i rimedi (giurisdizionali e giudiziali) per essi previsti, con la conseguenza che la determinazione del provvedimento di apertura in misura inferiore a quella (nella specie, quattro ore anziché cinque) impone, comunque, ai soggetti interessati l’onere del deposito degli atti nell’orario fissato, pena il verificarsi delle decadenze stabilite dalle norme processuali, senza che possa utilmente invocarsi in contrario il contrasto della determinazione adottata con la disposizione di legge sopra richiamata (Cass. 2 maggio 2005, n. 9069; Cass. 23 ottobre 1998, n. 10537).

Nel caso di specie, è assolutamente legittimo il decreto del Presidente del TAR Piemonte n. 13/99 che ha previsto, per ragioni organizzative interne, un orario di apertura degli uffici in misura inferiore a quello fissato dall’ art. 162 della legge n. 1196/1960, stabilendo che l’orario di accesso per il pubblico agli uffici del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, a decorrere dal 16 settembre 1999, è consentito dalle ore 8.30 alle ore 12.30 (cfr. doc. 16 appellato): l’orario di apertura praticato dagli uffici del TAR Piemonte (tra cui l’Ufficio Accettazione Ricorsi) è, quindi, una prescrizione contenuta in un provvedimento amministrativo di carattere regolamentare.

Né ha rilevanza il fatto che il deposito del ricorso sia avvenuto in un momento in cui il TAR Piemonte era aperto (pur se era chiuso l’ufficio accettazione ricorsi). Infatti, per valutare la tempestività del deposito bisogna tenere conto dell’orario regolamentare in cui gli uffici di cancelleria (o segreteria) rimangono aperti al pubblico, mentre è irrilevante l’eventuale protrazione del servizio dei funzionari ad essi addetti per il disbrigo del lavoro interno (Cass. 24 agosto 1983, n. 5468; Cass. 16 luglio 2005, n. 15103).

Alla stregua di tale principio, la scadenza del termine si verifica all’ora regolamentare di chiusura dell’ufficio giudiziario al pubblico, anche se, dopo tale ora, questo sia stato trovato aperto e l’atto sia stato accettato dal cancelliere (Cass. penale, sez. I, 29 novembre 1989 e 7 ottobre 1987).

Infine, non è applicabile l’invocato istituto dell’errore scusabile.

Infatti, il riconoscimento dell’errore scusabile e la conseguente rimessione in termini presuppone una situazione normativa obiettivamente non conoscibile o confusa oppure uno stato di incertezza per l’oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma, per la particolare complessità della fattispecie concreta, per contrasti giurisprudenziali esistenti o per il comportamento non lineare dell’amministrazione, idoneo a ingenerare convincimenti non esatti o comunque nel caso di errore non imputabile al ricorrente (Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2008, n. 5860); tutte ipotesi che, nella specie, palesemente non ricorrono.

Conclusivamente, alla luce del complesso delle argomentazioni svolte, si deve ritenere infondato l’appello, che deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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