Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-06-2011) 04-10-2011, n. 36011 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 26/8/10 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l’ordinanza 4/8/10 con cui il Gip dello stesso Tribunale disponeva nei confronti di B.F. la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416-bis c.p..

L’accusa per il B. è di far parte dell’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, articolata in molte decine di "locali" ripartiti in tre mandamenti dotati di un organo di vertice denominato "Provincia", e di essere specificamente affiliato, con ruolo direttivo (unitamente a G.A.), alla "società" di Oppido Mamertina, curando in particolare i rapporti con i "locali" della Liguria e della Lombardia. Quanto all’associazione, l’ordinanza cautelare prende le mosse da alcuni passati giudicati che hanno accertato nel tempo la struttura originariamente orizzontale delle articolazioni del sodalizio e poi la sua evoluzione in senso piramidale. Fondamentali nella presente indagine (la cd. operazione "(OMISSIS)") le conversazioni intercettate tra numerosi personaggi dove è frequente il riferimento alla "Provincia" come organismo di vertice, composto da elementi che abbiano almeno la carica di "Vangelo" (si fa il nome di O.D. da Rosarno come capo crimine, di L.A. da Reggio Calabria come capo società, di G.B. da San Luca come mastro generale, di M.R. da Bova Marina come mastro di giornata, di un soggetto non identificato di Platì come contabile).

Quanto alla posizione specifica del B., numerose le conversazioni indizianti tra soggetti terzi ma di elevato spessore criminale, quali O.D. (il capo indiscusso della menzionata Provincia con la dignità di "capo crimine"), G. N., G.D., N.C., M.S.:

in tali conversazioni il B. è chiaramente indicato come affiliato ed affiliato in posizione di rilievo in seno alla consorteria oggetto di indagine. In una conversazione del 30/7/08 è lo stesso B., a colloquio con altri sodali come A. R., R.C. e T.V., a dare conferma, con le proprie dichiarazioni auto indizianti, dell’assunto dell’accusa.

Partitamente. Il 15/3/08 N.C., detto N. (ucciso a San Vittore Olona il 14/7/08), e M.S., originario di Oppido, affiliato al locale di Bresso (MI), commentano la posizione di " C." B., che quando era in galera non aveva "doti" e che due anni prima, con G.A., era arrivato a proporre al M. di distaccarsi dalla Lombardia e di dare conto al locale di Oppido. Il 21/4/08 lo stesso M. e N. commentano la scalata di B.C. ai vertici più alti del sodalizio. Il 14/8/08 O.D. e G.D., nel commentare l’espansione della ‘ndrangheta calabrese in Liguria, parlano anche del B., che "là sopra" aveva ricevuto la "mamma santissima". B. è nominato ancora due volte in una conversazione del 23/8/08 tra lo stesso O. e R. V.. Il 18/10/08, in una conversazione tra O. e G. in un ennesimo viaggio al nord, si dice che B. C. avrebbe commesso delle mancanze, ma che di ciò i responsabili della Liguria, con cui O. aveva parlato, non sapevano nulla. E’ citato ancora il 7/11/08 ( B. l’infermiere) in una conversazione tra gli stessi O. e G..

Vi è poi la conversazione cui si è accennato prima del 30/7/08, dove sono intercettati, sulla Lancia Musa noleggiata da T. V. per recarsi ad un summit presso il rifugio montano di valle Spana in comune di Mammola, lo stesso T., A.R., R.C. ed il B., nel corso della quale costoro, rientrando, commentano una presa di posizione di D. ( M.) F., all’epoca reggente del locale di Grotteria durante la latitanza di B.C. ed anch’egli presente al summit, che il giorno di Natale aveva severamente redarguito un sodale che aveva violato le regole. E’ il B. che introduce l’argomento, lamentando la numerosa presenza di "sbirri" ad Oppido ed affermando tuttavia, rivolgendosi in particolare a compare R. (l’ A.), che lui non aveva mai parlato alle spalle di un altro e che (a quello) glielo aveva detto in faccia.

Accertate, inoltre, le frequentazioni del B. con J. R., a sua volta segnalato (il 4/8/09) su terreno di O. D. a Rosarno unitamente a D.M.G.. Già in una conversazione del 5/3/08 tra M.V. e P.P. il B. era nominato come dotato, benchè incensurato, di "una carica" di rilievo, tale da consentirgli di partecipare, in rappresentanza del suo locale (Oppido Mamertina, versante tirrenico aspromontano), alle riunioni con quelli della Jonica. La circostanza è confermata in una conversazione intercettata il 19/8/09, nella quale C. e B. (Siderno) citano con rispetto la persona di B.C..

Conseguenti le esigenze cautelari, di "eccezionale rilevanza" secondo la previsione di legge ( art. 275 c.p.p., comma 4), nonostante l’età del B., nato il (OMISSIS), sia superiore ai settanta anni (da valutare in altra sede, infine, le prospettate condizioni di salute del soggetto).

Ricorreva per cassazione la difesa del B., deducendo: 1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla gravita del quadro indiziario sul reato associativo, non essendo certa l’identificazione nel ricorrente – e non in un suo omonimo – del B.C. di cui fanno menzione i parlanti nelle conversazioni intercettate (il B. non era mai stato in galera, giusta la conversazione del 21/4/08, nè era mai stato infermiere, giusta la conversazione del 7/11/08, ma era un imprenditore agricolo incensurato), essendo indecifrabili le stesse conversazioni intercettate (da cui non risultava in alcuna parte che il B. ivi citato fosse affiliato al locale di Oppido Mamertina o di qualsivoglia altro locale di ‘ndrangheta), non essendo accertata la presenza del B. tra i conversanti del 30/7/08 nè le frasi dette avendo il valore auto accusatorio loro conferito, essendo stata omessa infine la dovuta considerazione della vita anteatta del B., soggetto ultrasettantenne, del tutto incensurato, mai denunciato per alcun reato o sottoposto a misure di prevenzione o segnalato come soggetto di interesse investigativo; 2) violazione di legge ( art. 275 c.p.p., comma 4) e vizio di motivazione per la mancata applicazione degli arresti domiciliari.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG concludeva per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, la difesa per il suo accoglimento.

Il ricorso è infondato e va respinto.

E’ giurisprudenza pacifica di legittimità che in tema di misure cautelari personali (Cass., S.U., sent. n. 11 del 22/3/00, rv.

215828, ric. Audino), allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza (ciò che al presente si registra, la dedotta violazione di legge identificandosi con il vizio di motivazione), alla S.C. spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento dei risultati probatori.

Nel caso in esame ciò è avvenuto, il giudice di merito avendo rappresentato in modo adeguato, logico e corretto la gravità del quadro indiziario a carico del ricorrente. In particolare la posizione del B. (della cui identificazione non è dato dubitare – nonostante eventuali discrasie biografiche nei riferimenti di terzi in altre occasioni – una volta che l’autovettura su cui viaggiavano i conversanti del 30/7/08 di ritorno dal pranzo-incontro di valle Spana di Mammola, tra i quali appunto il B., venne appositamente fermata per un controllo di polizia e le persone che vi si trovavano compiutamente identificate), per come appare dalle intercettazioni (che nel presente procedimento costituiscono solidi indizi dell’associazione criminosa in atto), appare quella di soggetto pienamente intraneo al sodalizio, in rapporti diretti e formalmente paritari con elementi di primo piano dello stesso. Altro sono le valutazioni soggettive dei singoli sul peso specifico da loro attribuito a ciascun altro sodale. Non colgono pertanto nel segno le censure difensive, una volta che le stesse si limitano ad una diversa valutazione dei dati indiziari già compiutamente esaminati dal giudice del riesame con motivazione logica e corretta. In particolare non modificano il quadro probatorio e le valutazioni sul rilievo penale della posizione del B. (oppidese in contatto con i clan liguri e lombardi) di corresponsabile, con G.A., della direzione e della organizzazione del "locale" di Oppido Mamertina, le opinioni espresse dall’ O. (conversazione 18/10/08 con il G.) sui reali assetti di potere nel paese.

Allo stesso modo il giudice di merito ha compiutamente motivato sulle ragioni che, legittimamente (vista la qualità dell’imputazione), lo hanno indotto ad escludere per l’indagato, sia pur nuovo alla giustizia (al pari, peraltro, di altri odierni indagati) ed oggi 71 enne, una misura cautelare meno assicurante della custodia in carcere.

Al rigetto del ricorso segue ( art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

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