Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-06-2011) 04-10-2011, n. 35887 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza del 17 aprile 2009, la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Grosseto, sez. distaccata di Orbetello del 30 giugno 2008, che aveva condannato R.M. per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c) e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis per aver realizzato in zona soggetta a vincolo paesistico, dichiarata di notevole interesse pubblico con D.M. 14 aprile 1989, in assenza di permesso a costruire un manufatto in muratura di 75 mq, accertato in (OMISSIS). L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi: 1) Inosservanza ed erronea applicazione di legge in ordine al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, lett. a) in quanto dall’istruttoria dibattimentale è emerso che il manufatto è stato realizzato nel secondo semestre del 2005, quindi doveva aversi riguardo alla precedente formulazione dell’art. 181, comma 1 bis che faceva riferimento alle dichiarazioni di notevole interesse pubblico "ai sensi dell’art. 136"; 2) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla collocazione dell’edificio nell’area individuata con D.M. 14 aprile 1989, in quanto la sentenza impugnata ha fatto riferimento al valore probatorio della testimonianza dell’isp. B. che non è affatto precisa sul punto; 3) Mancanza di motivazione in ordine alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena subordinato alla demolizione.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta infondato.

Va premesso che nel caso in cui le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente e forma con essa un unico complessivo corpo argomentativo (cfr. Sez. 4, n. 15227 dell’11/4/2008, Baretti, Rv. 239735); che tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorchè i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese e , a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116) e nel caso di cui si tratta l’integrazione è ben possibile, in quanto la sentenza di appello ha espressamente richiamato la decisione di primo grado in riferimento alla ricostruzione in punto di fatto. Peraltro, in riferimento al primo motivo di ricorso, il giudice di prime cure aveva già correttamente ed esaustivamente ricostruito il quadro normativo di riferimento.

La L. 15 dicembre 2004 n. 308, art. 36, comma 1, lett. c) ha infatti introdotto nell’art. 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio il comma 1 bis, tipizzando come delitto, punito con la pena della reclusione dai uno a quattro anni, l’esecuzione di lavori, senza la prescritta autorizzazione, che: "a) ricadano su immobili o aree che, ai sensi dell’art. 136 cit., per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’art. 142 cit., ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi". Pertanto, sin dall’entrata in vigore di tale novella, si configura quale delitto l’esecuzione di lavori di qualsiasi genere che alterino gli immobili o le aree espressamente dichiarati di notevole interesse pubblico, ai sensi del D.Lgs. 42 del 2004, art. 136 e ss., ovvero l’esecuzione di volumetrie di particolare consistenza nelle aree sottoposte per legge a vincolo ai sensi dell’art. 142 del medesimo testo normativo. La previsione di aree sottoposte a vincolo paesaggistico per legge, di cui all’art. 142, è stata introdotta sin dal D.L. n. 312 del 1985, artt. 1 e 1 quater, convertito con modificazioni dalla L. n. 431 del 1985, che ha inserito il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, commi 5, 6 e 7 e tali disposizioni sono state successivamente recepite dal D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 136 e nel citato art. 142. Quindi pur prescindendo dal richiamo normativo alla procedura di cui all’art. 136, l’area oggetto del presente giudizio era comunque sottoposto, a tale completa tutela attraverso la norma incriminatrice de qua, avendo la giurisprudenza affermato il principio che tale delitto "è configurabile anche se la dichiarazione di notevole interesse pubblico sia intervenuta con provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti" (cfr., per tutte e da ultimo, sez. 3, n. 9278 del 26/1/2011, Berti, Rv. 249755). Inoltre i giudici di merito avevano correttamente sottolineato che, avendo l’istruttoria dimostrato che i lavori erano ancora in corso nell’agosto del 2006, la consumazione del reato era ancora in perfezionamento al momento dell’entrata in vigore delle modifiche apportate con il D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157. 2. Anche il secondo motivo di ricorso risulta del pari infondato. Con lo stesso si tende a suggerire una rilettura in fatto delle risultanze processuali, preclusa in questa sede, quando invece nel corso del giudizio sono stati puntualmente indicati quali elementi di prova sia le acquisizioni documentali, dalle quali emerge la collocazione del lotto ove insiste il manufatto all’interno della zona protetta, sia la testimonianza del verbalizzante "che ha verificato che l’edificio ricade all’interno dell’area particolarmente protetta". 3. Del pari infondato il terzo motivo: è principio pacifico in giurisprudenza che il giudice possa concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinandolo alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi per eliminare le conseguenze dannose del reato (cfr. SSUU n. 714 del 20/11/1996, Luongo, Rv. 206659 e, di recente, Sez. 3, n. 38071 del 19/9/2007, Terminiello, Rv. 237825) ed il giudice di merito ha espressamente evidenziato la motivazione di tale sua decisione nella parte motiva della sentenza di primo grado.

Va del pari respinta la sollevata eccezione di prescrizione per il reato contravvenzionale, accertato il (OMISSIS), in quanto i termini (lunghi) della stessa maturano in cinque anni.

Pertanto il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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