Cass. civ. Sez. II, Sent., 29-02-2012, n. 3132 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione notificato in data 29 ottobre 2001, C.V., C.A., C.V., Pe.Vi. e M.R. convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Isernia, P.E., per sentire dichiarare la risoluzione, per grave inadempimento del convenuto, del contratto preliminare di compravendita sottoscritto in data 12 maggio 2000 e modificato parzialmente con atto del 30 maggio 2001, con condanna al rilascio delle tre unità abitative e degli annessi terreni e con condanna al risarcimento del danno.

Si costituì il convenuto, resistendo e chiedendo in via preliminare l’autorizzazione alla chiamata in causa della Fondazione San Eugenio, con sede in (OMISSIS). In via riconvenzionale, il convenuto domandò la pronuncia di sentenza ex art. 2932 cod. civ. che tenesse luogo del contratto non concluso e, subordinatamente, la risoluzione del contratto per inadempimento degli attori, con ogni consequenziale condanna.

In corso di causa, il Giudice istruttore revocò il decreto di autorizzazione alla chiamata del terzo.

Il Tribunale di Isernia, con sentenza in data 11 giugno 2004, dichiarò risolto il contratto preliminare per grave inadempimento del P., condannandolo al rilascio degli immobili e al risarcimento del danno, quantificato in Euro 84.000, oltre accessori.

2. – La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 20 gennaio 2010, ha estromesso dal giudizio la Fondazione San Eugenio ed ha rigettato il gravame del P., condannando l’appellante e l’appellata Fondazione alla rifusione delle spese processuali.

2.1. – La Corte d’appello ha rilevato:

– che il convenuto si è costituito in giudizio tardivamente e in ogni caso il procedimento notificato-rio ai fini della chiamata in causa della Fondazione San Eugenio non è stato dimostrato essere avvenuto;

– che la Fondazione non è un litisconsorte necessario nel giudizio, della stessa non essendovi traccia nel preliminare, essendo stato precisato, in sede di modifica dello stesso, che il P. è unica controparte contrattuale ed unico obbligato;

– che – premesso che "il pagamento di lire 130.000.000 (sul complessivo prezzo di lire 530.000.000) sarebbe dovuto avvenire attraverso l’assunto impegno da parte del P. a far rilasciare da M.R. una irrevocabile procura a vendere il di lei appartamento sito in (OMISSIS)" e che "la procura a vendere contemplata nel primo preliminare integrava una sorta di datio in solutum da parte del debitore P., che non faceva venir meno il suo obbligo di corrispondere la somma anzidetta di lire 130.000.000 ove l’immobile fosse rimasto invenduto" – la procura a vendere di cui all’atto notarile del 29 maggio 2000 non era irrevocabile, "tant’è che venne poi revocata";

che "il P. aveva, in sostanza, promesso l’obbligazione o il fatto del terzo (la M.) ex art. 1381 cod. civ., ma il terzo non aveva compiuto il fatto in conformità alla promessa del P. nei confronti delle controparti (promittenti venditori), dato che la procura che esso rilasciò non era munita del requisito dell’irrevocabilità"; che da questo inadempimento "imputabile proprio al P." "tornava in discussione … il suo obbligo quale debitore/promissario acquirente di corrispondere l’intera somma di lire 530.000.000 in denaro anzichè in forme diverse, obbligo che venne appunto cristallizzato nel contratto preliminare modificativo del 30 maggio 2001";

che "la circostanza dell’insussistenza della violenza o dolo nell’ambito della stipulazione della scrittura modificativa, come affermata nell’impugnata sentenza, forma ormai un giudicato interno, stante l’inammissibilità per assoluta genericità del relativo motivo di gravame su questo punto specifico";

che "la dedotta abusività o comunque irregolarità dal punto di vista amministrativo degli immobili promessi in vendita … avrebbe dovuto essere dimostrata dall’odierno appellante e non lo è stata";

– che le domande riconvenzionali del P. sono inammissibili, stante la tardività della sua costituzione in giudizio.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il P. ha proposto ricorso, con atto avviato alla notifica il 29 maggio 2010, sulla base di cinque motivi.

Nessuno degli intimati ha controricorso, tranne la Fondazione San Eugenio, che – dichiarandosi il soggetto in favore del quale dovevano verificarsi gli effetti del contratto preliminare a suo tempo stipulato dal P. – ha aderito al ricorso proposto da quest’ultimo.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – Preliminarmente, occorre rilevare che – come da atto lo stesso ricorrente per cassazione nella memoria depositata in prossimità dell’udienza – il procedimento notificatorio agli intimati non controricorrenti C.V., C.A., Pe.Vi. e M.R. (anche quale erede di C.V.) non è andato a buon fine, perchè i ricorsi, avviati alla notifica a mezzo del servizio postale, sono stati rispediti al mittente, in quanto l’Avv. P.N., procuratore domiciliatario, all’epoca della notifica non aveva più il proprio studio in via (OMISSIS);

nè consta che la parte notificante abbia di sua iniziativa, ed entro un termine ragionevole, promosso la ripresa del procedimento notifica torio, chiedendo all’ufficiale giudiziario la notifica al nuovo indirizzo, come imposto dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. Un., 24 luglio 2009, n. 17352).

Tanto premesso, il Collegio ritiene tuttavia che non ricorrano le condizioni per procedere – in ragione dell’essere andata a buon fine la notifica alla Fondazione San Eugenio, che aveva partecipato al giudizio di appello e che ha controricorso in questa fase – ad una fissazione del termine ex art. 331 cod. proc. civ. per l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli intimati sopra menzionati.

Essendo infatti il presente ricorso (per le ragioni che andranno ad esporsi) prima facie infondato, appare superflua la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti totalmente vittoriose nei gradi di merito, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione, senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass., Sez. Un., 22 marzo 2010, n. 6826; Cass., Sez. 2, 8 febbraio 2010, n. 2723).

2. – Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità del controricorso della Fondazione San Eugenio, in quanto non risulta osservata la prescrizione di cui all’art. 365 cod. proc. civ., richiamato dall’art. 370 c.p.c., comma 2, essendo stato il controricorso sottoscritto da un avvocato privo di procura speciale.

Invero, come risulta per tabulas dalla lettura del controricorso, il mandato speciale a margine risulta conferito dal legale rappresentante della Fondazione, V.L.O., non solo per un diverso procedimento con parti assolutamente diverse ("delegò a rappresentare e difendere la TVR-Tecnologie Vetroresina s.p.a. nel presente controricorso … per resistere al ricorso proposto dal Sig. H.A.Z. avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3665/03"), ma anche ad un difensore – l’Avv. M.G., con studio in (OMISSIS) – diverso da quello – l’Avv. N.P. – che ha poi proceduto ad autenticare la firma e a sottoscrivere il ricorso.

Nè la radicale invalidità della procura può considerarsi sanata per effetto del mandato (questa volta conferito all’Avv. N. P.) posto in calce alla nota depositata in cancelleria in data 25 gennaio 2012. 3. – Passando allo scrutinio del ricorso, con il primo motivo il P. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 163-bis cod. proc. civ., art. 69-bis e art. 82 disp. att. cod. proc. civ., artt. 168-bis e 155 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Premesso che l’atto di citazione introduttivo del giudizio fu notificato in data 29 ottobre 2001 con l’abbreviazione dei termini di cui all’art. 163-bis cod. proc. civ. e con fissazione dell’udienza di prima comparizione per il giorno 9 dicembre 2001 (che era domenica e quindi festivo), il ricorrente sottolinea che l’udienza doveva considerarsi fissata ex lege per il primo giorno utile in cui il giudice istruttore tenne udienza, e cioè alla data del 13 dicembre 2001. Si sostiene che la costituzione del P. dovrebbe considerarsi tempestiva (con conseguente ritualità della chiamata del terzo e delle domande riconvenzionali), perchè essendo il giorno fissato in citazione festivo, e quindi non previsto come giorno di udienza, la data del 9 dicembre 2001 dovrebbe considerarsi sostituita da quella del 13 dicembre 2001, cioè del giorno in cui il giudice istruttore tenne udienza, in ossequio al calendario giudiziario. Il ricorrente censura anche l’altra ratio decidendi, relativa alla invalidità della chiamata del terzo in causa per mancata dimostrazione della ricezione della notifica da parte dello stesso, e sostiene che ciò che rileva è l’adempimento delle formalità che possono far carico al notificante, data l’applicabilità del principio di scissione in caso di notifica all’estero.

3. – Il motivo è infondato.

3.1. – A norma dell’art. 166 cod. proc. civ., il convenuto deve costituirsi, in caso di dimidiazione dei termini di comparizione (ex art. 163-bis c.p.c., comma 2), almeno dieci giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione. Ciò significa che – quand’ anche la data effettiva della prima udienza sia posteriore a quella indicata dall’attore e sia quella, appunto successiva, cui la causa sia rinviata d’ufficio ai sensi dell’art. 168-bis c.p.c., comma 4, in ragione del calendario delle udienze del giudice designato – il termine di costituzione va comunque calcolato, ai fini della decadenza del convenuto dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali e di chiamare in causa terzi, in relazione alla data indicata dall’attore (Cass., Sez. 3, 18 maggio 1998, n. 4965; Cass., Sez. 2, 28 maggio 2007, n. 12490).

Da tanto deriva che, ove l’attore indichi per l’udienza di prima comparizione una domenica o un altro giorno festivo (errore che di per sè non incide sulla validità dell’atto di citazione: Cass., Sez. 1, 1 giugno 1976, n. 1980; Cass., Sez. 3, 15 dicembre 1981, n. 6630), ai fini dell’osservanza del termine per la proposizione di domande riconvenzionali e della chiamata in causa di terzi deve escludersi che il termine di costituzione vada calcolato in relazione alla data effettiva della prima udienza di comparizione, individuata per effetto dello slittamento determinato in applicazione del meccanismo automatico ai sensi dell’art. 168-bis codice di rito, citato comma 4.

Questa Corte (Sez. 2, 23 gennaio 1969, n. 194) ha già ritenuto che ove il giorno dell’udienza di comparizione indicato nell’atto di citazione sia festivo, deve aversi riguardo, ai fini dei termini per comparire indicati nell’art. 163-bis cod. proc. civ., al primo giorno seguente non festivo successivo alla data indicata nell’atto di citazione, in applicazione dell’art. 155 cod. proc. civ., giacchè è in ordine al primo giorno successivo non festivo, e non a quello festivo fissato dall’attore per la comparizione, che il presidente del tribunale può compiere le operazioni di designazione del giudice istruttore e di eventuale rinvio della causa.

Anche applicando questo principio la soluzione del caso di specie non è destinata a mutare.

Poichè infatti la data fissata per l’udienza di prima comparizione era il 9 dicembre 2001, cadente di domenica, la costituzione in giudizio del P., avvenuta il 1 dicembre 2001, correttamente è stata considerata tardiva ai fini della proposizione di domande riconvenzionali e della chiamata in causa del terzo, rispetto al termine (nella specie abbreviato) dei dieci giorni prima della data indicata dall’attore (9 dicembre 2001), anche considerando la proroga al giorno successivo (10 dicembre 2001) in ragione della festività. 3.2. – Essendo infondata la censura rivolta ad una delle due rationes, logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la statuizione di estromissione dal giudizio della Fondazione San Eugenio, diventa inammissibile, per difetto di interesse, la doglianza avverso l’altra ragione (mancato perfezionamento del procedimento notificatorio) posta a base del capo impugnato.

Va al riguardo data continuità al principio, costante nella giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Sez. 3, 24 maggio 2006, n. 12372), secondo cui, quando una decisione del giudice di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perchè possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, non solo che il soccombente censuri tutte le riferite rationes, ma anche che tali censure risultino tutte fondate. Ne consegue che, rigettato (come nella specie) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, è inammissibile, per difetto di interesse, il restante motivo, atteso che anche se quest’ultimo dovesse risultare fondato, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta.

4. – Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 106 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4). Poichè il P. sin dal primo atto difensivo aveva fatto presente di avere sottoscritto il preliminare nell’interesse del terzo, la Fondazione San Eugenio, nel cui patrimonio gli immobili sarebbero dovuti entrare, il ricorrente sostiene che la Fondazione era il vero soggetto giuridico titolare del rapporto controverso e che la stessa doveva far parte del giudizio quale litisconsorte necessario.

Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1402 e 1405 cod. civ.; erronea e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) si lamenta che la sentenza sarebbe errata nella parte in cui, argomentando dal fatto che la Fondazione San Eugenio non sarebbe stata nominata quale terzo entro i tre giorni dalla data della stipula del preliminare (12 maggio 2000), è stato escluso che essa fosse litisconsorte necessaria nel presente giudizio fin dall’origine. Essendosi il P. impegnato a stipulare il definitivo entro e non oltre il 31 maggio 2003, fino a tale data – sostiene il ricorrente – egli aveva termine per indicare il terzo.

4.1. – I due motivi – i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

Nel giudizio conseguente alla domanda, avente natura personale, proposta dal promittente venditore per la risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare di vendita immobiliare in conseguenza dell’inadempimento del promissario acquirente agli obblighi dallo stesso assunti, non sussiste la necessità di una integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo che lo stesso promissario, essendosene riservata la facoltà, intenda nominare come acquirente in sede di stipulazione del contratto definitivo, non ricorrendo una situazione sostanziale caratterizzata da un rapporto unico ed inscindibile con pluralità di soggetti, e non rivestendo quindi il terzo – che non ha partecipato all’atto e che, in difetto della electio amici e della sua contestuale accettazione, non è ancora subentrato nel contratto, acquistandone i diritti ed assumendone gli obblighi correlativi – la qualità di litisconsorte necessario.

Correttamente, pertanto, la Corte del merito ha escluso detta qualità in capo alla Fondazione San Eugenio, avendo rilevato, da un lato, che il P. aveva stipulato il preliminare in prima persona e come unico obbligato nei confronti della promittente (essendo stato tra l’altro previsto, nella modificazione intervenuta in data 30 maggio 2001, che "la stipula del contratto notarile non potrà essere condizionato ad alcun evento che riguardi la "Fondazione San Eugenio" che non ha alcuna veste giuridica in Italia e non è parte nel compromesso tra i venditori e l’Avvocato P."); e, dall’altro, che la nomina del terzo – quand’anche consentita fino alla stipula del definitivo – non era stata compiuta.

5. – Il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 cod. civ. nonchè erronea e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. La Corte di merito si sarebbe limitata a rilevare un preteso inadempimento del P. nella circostanza che la procura a vendere rilasciata dalla M. non era irrevocabile, senza considerare che i promittenti venditori lasciarono passare inutilmente ben dieci mesi senza vendere a terzi l’immobile e che uno degli stessi, C. V., il quale aveva occupato l’immobile e ne aveva usato avendolo trovato di gradimento per sè e la propria famiglia, non se lo era intestato. La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto dell’inutile decorso del termine senza che venisse fatto adeguato uso della procura a vendere e non avrebbe applicato i principi in tema di buona fede nell’esecuzione dei contratti.

5.1. – Il motivo è infondato.

E’ lo stesso ricorrente per cassazione a dare atto – trascrivendo l’apposita clausola del compromesso – che il pagamento di parte del prezzo (lire 130.000.000 sul complessivo importo di lire 530.000.000) era stato pattuito prevedendosi l’impegno, da parte del P., di far firmare a M.R. "procura a vendere irrevocabile sull’unità immobiliare di proprietà della medesima … sita in (OMISSIS)".

Per cui correttamente la Corte del merito ha rilevato che, avendo la M. rilasciato soltanto una procura revocabile e poi revocata, veniva in gioco l’obbligo del promissario acquirente di corrispondere l’intera somma in denaro anzichè in forme diverse, "obbligo che venne poi appunto cristallizzato nel contratto preliminare modificativo del 30 maggio 2001".

Il ricorrente chiede una valutazione ex fide bona del comportamento dei promittenti venditori, deducendo: che la procura a vendere (sia pure non irrevocabile) fu rilasciata in data 29 maggio 2000; che la revoca avvenne dieci mesi dopo; e che sarebbe imputabile alla "lassitudine" dei promittenti non avere realizzato la vendita dell’immobile entro un breve termine.

Ma – così formulato – il motivo, per un verso, finisce per risolversi nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito, il quale ha motivatamente escluso qualsiasi violazione dell’obbligo di buona fede da parte dei promittenti. Per l’altro la doglianza è relativa ad un fatto non decisivo per il giudizio, perchè in ogni caso non tiene conto della circostanza – adeguatamente valorizzata dalla Corte territoriale – che il contratto preliminare modificativo del 30 maggio 2001, redatto dopo la revoca della procura da parte della M. e la lamentata lassitudine dei promittenti, cristallizzò l’obbligo del debitore promissario di corrispondere l’intera somma di lire 530.000.000 in denaro, anzichè in forme, sia pure in parte, diverse.

6. – Con il quinto mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. nonchè carenza assoluta di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). Avrebbe errato la Corte d’appello a non ammettere le richieste istruttorie (per interrogatorio e per testi) capitolate dal P. sin dal primo grado di giudizio, perchè con le stesse si intendeva fornire la dimostrazione dell’adempimento del P. e dell’inadempimento essenziale al contratto da parte dei promittenti venditori con riferimento all’attribuzione ad essi della casa di proprietà della M., fatto questo essenziale ai fini della valutazione complessiva dei reciproci inadempimenti ai fini della decisione della causa.

6.1. – Il giudizio della Corte territoriale sulla superfluità delle prove orali dedotte dall’appellante, motivato tra l’altro sul rilievo del loro vertere su circostanze già smentite dalla documentazione versata in atti, resiste alle censure mosse dal ricorrente in questa sede. Quel giudizio, infatti, involge una valutazione di fatto, che potrebbe essere denunciato soltanto se basato su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico, gli uni e le altre non sussistenti, giacchè il giudice del merito, valorizzando il contratto preliminare modificativo del 30 maggio 2001 che ha reso attuale l’obbligo del promissario di versare l’intera somma di lire 530.000.000 in denaro, ha con ciò evidenziato l’irrilevanza del preteso ritardo dei promittenti nel realizzare, utilizzando la procura revocabile, la somma di lire 130.000.000, tanto più che per detto realizzo "non era stato … pattuito alcun termine, tanto meno perentorio". 7. – Il ricorso è rigettato.

Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo le controparti svolto attività difensiva in questa sede ed essendo il controricorso della Fondazione, peraltro adesivo, inammissibile.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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