Cass. civ. Sez. II, Sent., 29-02-2012, n. 3130 Reintegrazione o spoglio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La sig.ra D.G.A. con atto notif. il 22.5.98 chiedeva al Pretore di Adrano di essere reintegrata nel possesso della casa coniugale, sita in (OMISSIS), di cui era stata spogliata ad opera del marito Pi.An. e del fratello di questi, P.A., comproprietario prò indiviso dell’immobile stesso. Precisava che coautori del lamentato spoglio dovevano ritenersi anche i coniugi C.A. e F. D., che avevano preso in locazione l’immobile stesso nella consapevolezza di ledere il suo possesso.

Il giudice adito (divenuto poi tribunale di Catania sez. distaccata di Adrano) rigettava il richiesto provvedimento di reintegra del possesso della casa coniugale, ma accoglieva in parte le ulteriori domande attrici, condannando il coniuge Pi.An. a reintegrare l’istante nel possesso dei beni mobili di sua esclusiva proprietà o di proprietà comune, nonchè, unitamente al fratello A., al risarcimento dei danni per la perdita del compossesso dell’immobile, compensando interamente tra le parti le spese del processo.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello in via principale la D.G., contestando in modo particolare l’affermazione del tribunale che aveva considerato in buona fede i coniugi C. – F., conduttori dell’unità immobiliare, erroneamente ritenuti inconsapevoli dello spoglio subito dall’attrice; i fratelli P. formulavano ciascuno appello incidentale con riferimento alla loro asserita responsabilità per lo spoglio in parola.

L’adita Corte d’Appello di Catania con sentenza n. 314/05 depos. in data 22.3.2005 rigettava sia l’appello principale che quelli incidentali, compensando le spese del grado. La Corte siciliana ribadiva l’esistenza del lamentato spoglio ad opera dei P., ma sosteneva, in modo particolare, che sulla base delle emergenze istruttorie, mancava la prova della consapevolezza dei coniugi C. – F. in ordine allo spoglio patito dalla D. G..

Per la cassazione della suddetta decisione ricorre D.G.A. sulla base di una sola censura. Resistono gli intimati An. ed P.A. con controricorso, proponendo autonomo ricorso incidentale. Gli altri intimati non hanno svolto difese.

Motivi della decisione

Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi. Con l’unico motivo del ricorso principale la D.G. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1168, 1169 e 2697 c.c. e art. 111 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nonchè l’insufficiente o contraddittoria motivazione. La censura (che ripropone il motivo d’appello a suo tempo da lei formulato) è volta a dimostrare, attraverso l’esame delle risultanze istruttorie (dichiarazione testimoniali e delle parti in sede d’interrogatorio formale) di avere fornito, con riferimento al disposto di cui all’art. 1169 c.c., la prova della "malafede" dei convenuti C. – F. che erano divenuti affittuari della casa coniugale in epoca immediatamente prossima alla separazione della D. G. con il P., ciò che induceva a ritenerli consapevoli dello spoglio sofferto da essa esponente.

Osserva il Collegio, invero, che le denunciate violazioni di legge come il vizio motivazionale si risolvono in definitiva in questioni di merito, in mere valutazioni delle emergenze istruttorie, come tali incensurabili in sede di legittimità, attesa la corretta, congrua e logica motivazione della sentenza impugnata.

Nella fattispecie in esame la corte siciliana ha invero convenientemente apprezzato le dichiarazioni rese dai coniugi C. – F. (secondo cui era stato loro riferito dell’avvenuta separazione della D.G. dal proprio marito) e del teste Romano, ispettore di polizia, traendone valutazioni del tutto logiche e consequenziali che ben possono essere condivise.

Secondo il costante insegnamento di questa S.C. "…Il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione" (Cass. Sez. U, n. 5802 del 11/06/1998; Cass. n. 1892 del 11.2.2002; Cass. n. 15604 del 12.07.2007).

Passando all’esame del ricorso incidentale di Pi.An., questi, con l’unico motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 342 c.p.c., nonchè degli artt. 1362 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 2, nn. 3, 4 e 5, nonchè il vizio di motivazione.

L’esponente sostiene che mancherebbe del tutto la motivazione che ha portato la Corte d’Appello a ritenere inammissibile l’appello incidentale da lui proposto circa l’insussistenza dello spoglio.

Sostiene che il tribunale aveva accolta la domanda di spoglio "perchè il resistente avrebbe nascosto alla ricorrente la locazione e perchè questa …sarebbe avvenuta" soltanto poco tempo dopo l’allontanamento dall’appartamento (meno di un mese)…". A sua volta la Corte d’Appello, "…chiamata a decidere sull’appello incidentale dell’odierno ricorrente, che lamentava il deserto motivazionale della sentenza impugnata in conseguenza della totale omissione di valutazione delle risultanze probatorie, dichiarava il motivo inammissibile difettandone il requisito della specificità in violazione dell’art. 342 c.p.c.. In realtà ai fini di stabilire la specificità dei motivi d’appello, occorrerebbe avere riguardo alla maggiore o minore articolazione della motivazione della sentenza impugnata, che nella fattispecie era alquanto succinta. La doglianza è infondata, sembrando corretta la tesi della Corte d’Appello circa l’evidente genericità dei motivi d’appello e quindi dell’inammissibilità della relativa censura. Il giudice a quo ha infatti osservato che il P., con la sua doglianza, si era solo limitato ad osservare che il giudice di primo grado aveva ritenuto la sussistenza del lamentato spoglio, "senza tuttavia spiegarne le ragioni e totalmente omettendo di valutare le risultanze probatorie acquisite". "A suo dire, dalle testimonianze assunte risulterebbe insussistenza degli elementi costitutivi dello spoglio".

Al riguardo si sottolinea che secondo questa S.C……"nell’atto d’appello alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi la parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, onde non è sufficiente che l’appello individui le statuizioni concretamente impugnate, ma è necessario pur quando la sentenza impugnata sia stata censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità, da correlare pertanto con la motivazione della sentenza impugnata". (Cass. n. 3805 del 15/04/1998; Cass. Sez. 2, n. 10680 del 22/07/2002). Alla luce di queste osservazioni, deve escludersi che i motivi d’appello (che l’esponente avrebbe dovuto trascrivere in omaggio del principio dell’autosufficienza del ricorso: Cass. n. 15808 del 12.6.2008) avessero i requisiti minimi della specificità richiesti dalla norma citata ( art. 342 c.p.c.), per cui deve ritenersi corretta e condivisibile la decisione impugnata.

Passando all’esame del ricorso incidentale di P.A., questi, con l’unico motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 342 c.p.c., nonchè degli artt. 1362 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 2, nn. 3, 4 e 5, nonchè il vizio di motivazione.

Lamenta che la Corte siciliana ha rigettato l’appello da lui proposto circa la propria estraneità ai fatti del presunto spoglio del possesso lamentato dalla cognata. In realtà egli non aveva partecipato ai fatti in esame, ma solo alla stipula del contratto di locazione in quanto comproprietario dell’immobile insieme al proprio fratello An.; egli però non era mai stato presente e partecipe nella vicenda, ma si era limitato a riferire in assoluta buonafede ai nuovi inquilini "le cose che aveva appreso dal fratello", cioè la circostanza che i coniugi si erano separati, "lasciando libera" pertanto la loro casa coniugale.

La doglianza è infondata, risolvendosi anch’essa in una postulazione di diversa e più appagante interpretazione delle emergenze istruttorie, su cui il giudice a quo si è correttamente espresso con motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. Si rinvia a tal fine alle considerazioni sopra svolte circa la configurabilità del vizio motivazionale. In conclusione devono essere rigettati tanto il riscorso principale che quelli incidentali. Stante la soccombenza di tutte le parti, si ritiene di compensare le spese.

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando le spese processuali tra tutte le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *