Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 04-10-2011, n. 35878 Reati tributari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Brescia con sentenza in data 28 settembre 2010, in parziale riforma della sentenza del GUP presso il Tribunale di Bergamo, emessa in data 17 aprile 2009, all’esito di rito abbreviato, che dichiarava colpevoli A.P., A.A., M.M., R.G.V. e B.M., per i reati di associazione per delinquere, concorso in frode in commercio, emissione di fatture su operazioni inesistenti e altri reati fiscali, ha ridotto la pena nei confronti di M.M. ad anni 3, mesi 4 e giorni 20, riconoscendo la prescrizione di tutti i fatti ascritti ai capo b) ( art. 515 c.p.) commessi prima del (OMISSIS) e dei reati di cui la capo n) ( D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8).

I giudici di merito hanno ritenuto provata la sussistenza dell’associazione a delinquere finalizzata a commettere più delitti di frode in commercio, aventi ad oggetto la commercializzazione di latte e prodotti lattero-caseari e l’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e falso, in particolare i due A. quali promotori, o comunque organizzatori in quanto titolari della impresa FARALAT, alla quale doveva essere assicurata l’evasione fiscale per mezzo di indebito credito IVA e di ingenti costi fittizi, mediante la creazione di società inattive e "cartiere" destinate ad emettere fatture fittizie, al fine di attestare l’origine estera – mediante falsi ddt e CMR e false dichiarazioni UVAC – dei prodotti lattiera caseari di ignota provenienza commercializzati dalla FARALAT o comunque un’origine dei prodotti diversa da quella reale, in tal modo sottraendo detti prodotti ai controlli sanitari ed assicurandone falsamente la tracciabilità richieste dalla normativa di settore (ipotesi delittuose come specificamente ascritte, commesse nelle province di (OMISSIS)). In particolare, il ricorrente M. è stato ritenuto responsabile dei reati ascritti, in quanto coinvolto direttamente nella creazione di plurime società (quale titolare della CIMA, amministratore della AGRIMILICH sas e amministratore di fatto della MAURILAT sas, della BALDA srl, e della MAURILAT snc), tramite le quali aveva avviato un’attività di commercio di latte in nero e, con redazione di fatture e documenti di trasporto relativi ad operazioni inesistenti, aveva concorso alla attività finalizzata alla frode fiscale perpetrata da A.P. e A., mediante la citata ditta FARALAT, sia per porre in commercio latte difforme dalle caratteristiche dichiarate, sia per ottenere illeciti guadagni mediante operazioni fiscali illecite.

L’imputato, per mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per i seguenti motivi:

1. Illogicità manifesta della motivazione quanto al delitto di associazione a delinquere, in quanto l’attività era da addebitarsi ad altri soggetti, essendosi egli limitato ad acquistare il latte in nero e a venderlo regolarmente alla Faralat. Il ricorrente sarebbe estraneo alle frodi successive alla vendita del latte alla FaraLat e non avrebbe contribuito a reperire le cosiddette "teste di legno" per le società sin quanto il B. ed il T. erano persone già pienamente inserite "nel giro"; non sussisterebbe quindi nessuna organizzazione stabile con vincoli costanti e nessuna struttura organizzativa particolare.

2. Motivazione carente in riferimento alla frode in commercio quanto alla provenienza del latte ed alla sua lavorazione. Poichè il ricorrente non ha concorso in tutte le fasi della filiera, non può essere ritenuto responsabile di alterazioni o adulterazioni.

3. Illogicità manifesta delle erronee e arbitrarie deduzioni del giudice quanto all’affermazione che la Maurilat aveva una sede fittizia, posto che invece aveva una sede effettiva, dotata di attrezzature per la conservazione del latte e di automezzi per il trasporto del detto prodotto.

4. Falsa applicazione della legge ed illogicità di motivazione in riferimento al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8. Il ricorrente ha spontaneamente ammesso di aver acquistato il latte in nero da produttori di latte in quantità eccedente le quote assegnate, ma non ha partecipato ad attività preparatorie o conseguenti (associazione a delinquere), pertanto da tale ammissione di responsabilità non si può ricavare la responsabilità per gli altri reati.

5. Incongruità e contraddittorietà della motivazione circa i rapporti tra la Maurilat e i suoi gestori, rispetto all’attività del medesimo con ditte individuali proprie. Il ricorrente è titolare delle ditte Agri, Milch e Cima, mentre è stato mero collaboratore esterno della Maurilat.

6. Illogicità manifesta per mancanza di accordo collaborativo tra M. e gli altri imputati, per cui l’associazione a delinquere non sussiste.

7. Falsa ed erronea applicazione di norma giuridica, quanto all’interposizione del M., il giudicante avrebbe ritenuto inesistenti le vendite di latte alla FaraLat mentre il latte è stato fornito e non è affatto dimostrato che il costo del latte acquistato sia stato "gonfiato", poichè le fatture di vendita appaiono regolari e congrue nell’importo rispetto ai prezzi correnti nel mercato. Il M. avrebbe svolto funzioni corrispondenti al "mandato senza rappresentanza": il venditore effettivo aveva dato incarico di vendere il latte in proprio, e questi lo avrebbe fatto a proprio nome e con proprie fatturazioni, per cui risulterebbe, non solo formalmente, venditore.

Motivi della decisione

IL ricorso è infondato.

Tutti i motivi di ricorso, attenendo alla censura di mancanza ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata, possono essere trattati congiuntamente e risultano infondati.

Le argomentazioni prospettate, in parte meramente riproduttive dei motivi in appello alle quali la sentenza impugnata ha già fornito risposta, cercano in verità di condurre questa Corte ad una rilettura delle risultanze del giudizio di merito, preclusa in Cassazione. Come è noto, in tema di sindacato del vizio della motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito o di seguire possibili interpretazioni e ricostruzioni alternative dei fatti, suggerite dal ricorrente, ma quello di stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. La sentenza di appello, confermando la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di primo grado, ha sviluppato una propria autonoma ed ampia argomentazione, all’esito del compiuto esame delle censure avanzate dall’appellante, confermando la responsabilità del ricorrente per i reati allo stesso ascritti. L’esistenza del reato associativo e le sue finalità risultano fondate su elementi di prova certi, costituiti sia dagli accertamenti sulle varie società emittenti le fatture, sia dalle stesse dichiarazione rese da altri coimputati che avevano confermato la costituzione di società di comodo (cartiere), che avevano fornito copertura contabile agli acquisti in nero della Faralat. Da queste medesime dichiarazioni e dai riscontri documentali i giudici hanno coerentemente tratto conferma anche del ruolo del M. quale principale collaboratore degli A. (titolari della Faralat) e della sua ingerenza nell’amministrazione delle società intestate a B. (Maurilat sas) e T. (Maurilat snc) ed hanno individuato, con un percorso argomentativo di perfetta tenuta logica, quale specifico elemento certo di "inesistenza" delle operazioni commerciali correlate alle numerose fatture indicate nei capi di imputazione, la omessa indicazione dell’originario cessionario del latte poi "veduto" alla Faralat, non essendo possibile sostenere la tesi difensiva di aver effettivamente commercializzato latte (in quantità non trascurabile) senza essere in grado, poi, di fornire elementi documentali o quanto meno di indicare da quali società produttrici il latte fosse stato acquistato. Risulta quindi razionale la deduzione dei giudici di merito che tali fatture fossero state emesse a fronte di operazioni del tutto inesistenti ed al solo fine di consentire l’evasione di imposta, con piena integrazione anche dell’elemento psicologico (dolo specifico) richiesto per la configurazione del delitto in questione, consistente appunto nella finalità di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o dell’imposta sul valore aggiunto, ovvero un indebito rimborso o il riconoscimento di un credito di imposta inesistente.

Peraltro, nell’ampia descrizione ricostruttiva di tutti gli elementi probatori della frode posta in essere, la sentenza impugnata ha precisato come tali elementi forniscano anche la prova della partecipazione del M. al reato associativo, per la cui realizzazione è sufficiente una struttura organizzativa di almeno tre persone, non solo dal punto di vista dell’elemento materiale, ossia del contributo all’organizzazione costituita per le operazioni illecite anzidette, ma anche sotto il profilo della consapevolezza di partecipare, sulla base di un accordo preventivo, fornendo cooperazione al fine di realizzare un numero indeterminato di reati fiscali.

2. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, nè risultano estinti, per il decorso dei termini di prescrizione, i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, neppure quelli relativi all’anno 2003 (capi l), m) e o), come contestati), il cui periodo di sette anni e mezzo matura l’1 luglio 2011.

Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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