Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-06-2011) 04-10-2011, n. 35872 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Messina,con sentenza del 26 aprile del 2010, in parziale riforma di quella pronunciata dal tribunale della medesima città, il 20 gennaio del 2006, concessa a B.G. l’attenuante di cui all’art. 609 bis, comma 3 rideterminava in anni due e mesi otto di reclusione la pena che gli era stata inflitta, quale responsabile di abuso sessuale in danno di S.E. e confermava le statuizioni civili.

Il B. era stato ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 609 bis c.p., art. 609 septies c.p., comma 4, n. 3, art. 61 c.p., nn. 5 e 9, perchè, nella sua qualità di portantino presso il Policlinico universitario, aveva costretto S.E. a subire atti sessuali consistiti nel palpeggiamento dei seni e dei genitali mentre la stessa si trovava su una barella in stato di semincoscienza e priva di forze, con l’aggravante di avere approfittato di circostanze tali da ostacolare la privata difesa e di avere commesso il fatto abusando dei poteri e violando i doveri inerenti al pubblico servizio da lui esercitato. Fatto commesso in (OMISSIS).

Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nelle sentenze dei giudici del merito, la S., colta da un improvviso calo di pressione, era stata accompagnata dalla sorella al pronto soccorso del policlinico universitario. Ivi giunta, era stata posta dal B. e da altra ausiliaria,su una sedia a rotelle e condotta all’interno dei locali del Pronto Soccorso dove fu sistemata sopra un lettiga A quel punto l’ausiliaria si allontanò mentre il B. rimase con la S.. Il predetto non appena la collega si era allontanata, ritenendo che l’inferma fosse priva di sensi,aveva cominciato a palpeggiarla prima sul seno e poi sui genitali. La donna, che in un primo momento aveva ritenuto trattarsi di un medico, resasi conto che le modalità del contatto non erano riconducibili ad una visita medica, aveva reagito chiedendo all’uomo cosa stesse facendo. Il B. aveva risposto;, "perchè sei in sensi?" e si era allontanato. Alla polizia, intervenuta sul posto, il B., prima dichiarò di chiamarsi Gi. e di non avere con sè il documento identificativo e solo successivamente declinò le generalità esatte.

Sulla base di tale ricostruzione fattuale è stata affermata la responsabilità del prevenuto al quale sono state tuttavia riconosciute le attenuanti generiche.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:

1) difetto di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per avere la corte omesso di dare una risposta esauriente alla circostanza dedotta con i motivi d’appello ossia alla possibilità che la parte lesa potesse avere equivocato sulla natura dei toccamenti,avuto riguardo anche allo stato in cui si trovava la vittima nonchè per avere ritenuto inattendibile il teste G. il quale aveva dichiarato di non essersi mai allontanato dalla stanza dove si trovava la vittima, e per avere ignorato la deposizione del teste Sh.St., il quale aveva riferito che la vittima appariva serena e non aveva segnalato atti di molestia sessuale;

2) violazione di legge e difetto di motivazione sulla configurabilità del reato posto che l’abuso non era stato commesso nè mediante induzione nè mediante costrizione;

3)mancanza e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si sono ritenute sussistenti le aggravanti contestate di cui all’articolo 61 nn 5 e 9, posto che la vittima era vigile al momento del fatto e che al prevenuto erano state assegnate mansioni " di ausiliario specializzato socio sanitario", le quali non implicavano la qualifica di incaricato di un pubblico servizio;

4) violazione di legge per la ritenuta procedibilità d’ufficio ex art. 609 septies, comma 4, n. 3 perchè il prevenuto non era incaricato di un pubblico servizio.

5) mancanza di motivazione sull’istanza di concessione dell’attenuante della lieve entità del fatto;

I motivi erano ulteriormente illustrati con memoria.

Motivi della decisione

Il ricorso va respinto perchè infondato.

Il primo motivo è inammissibile perchè si risolve nella prospettazione di una tesi alternativa già valutata e disattesa dai giudici del merito con motivazione che non presenta alcun profilo di incongruenza.

La Corte ha precisato che la vittima,sebbene priva di forze, a causa del calo pressorio, era perfettamente cosciente e si era resa conto delle manovre poste in essere dal prevenuto, il quale erroneamente aveva ritenuto che fosse svenuta. La testimonianza del G. è stata valutata dai giudici ed è stata disattesa nella parte in cui aveva riferito di non essersi mai allontanato dalla stanza dove si trovava la S., giacchè era emerso che il medico era stato chiamato proprio dal G.. Secondo i giudici del merito la condotta criminosa non era stata impedita dalla presenza di altro paziente nella stanza dove si svolsero i fatti, in quanto tale paziente a causa delle sue condizioni di salute, non era in condizione di rendersi conto di quanto accadeva nella stanza.

La Corte del merito, in tema di accertamento della responsabilità, ha quindi fornito una risposta coerente con le risultanze processuali a tutti i rilievi mossi con i motivi d’appello.

Con riferimento al secondo motivo si rileva che il fatto è stato commesso mediante violenza approfittando peraltro della situazione di soggezione in cui si trovava la vittima. Invero, in tema di reati contro la libertà sessuale,la violenza richiesta per l’integrazione della condotta non è solo quella fisica ossia quella che si realizza con il costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta con il compimento di atti insidiosamente rapidi o approfittando della situazione in cui versa la vittima che non può manifestare il proprio dissenso. In definitiva si devono considerare commessi con violenza tutti gli atti sessuali compiuti approfittando della condizione della vittima, la quale per ragioni varie non è in condizione di prestare alcun consenso.

Le aggravanti contestate sono entrambe configurabili.

Per quanto concerne quella di cui all’art. 61, n. 5 (minorata difesa) il prevenuto ha approfittato della situazione personale in cui si trovava la vittima che era stata condotta al pronto soccorso in condizione di estrema debolezza fisica ed in stato di semincoscienza e pertanto non era in condizione di opporre valida difesa. Tale situazione era ben nota all’imputato che ne ha tratto vantaggio.

Del pari configuratole è l’aggravante dell’art. 61 c.p., n. 9.

Invero al portantino dipendente di un ente ospedaliero deve riconoscersi la qualifica di incaricato di un pubblico servizio, perchè non svolge mansioni meramente manuali, ma ha un rapporto diretto e personale con il malato e coadiuva il personale infermieristico ospedaliero che esplica indubbiamente un pubblico servizio.

Il reato era quindi perseguibile d’ufficio perchè commesso da persona incaricata di un pubblico servizio.

L’attenuante della minore gravità del fatto è stata esclusa per le modalità del fatto, in quanto il reato è stato commesso in danno di una paziente da parte di un soggetto che avrebbe dovuto soccorrerla, peraltro approfittando della situazione fisica in cui versava la vittima.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p.;

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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