Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-02-2012, n. 3054 Responsabilità precontrattuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La sentenza attualmente impugnata rigetta tutte le impugnazioni avverso la sentenza del Tribunale civile di Bologna n. 2680/2005 del 3 ottobre 2005 – di condanna della Ducati Motor Holding s.p.a. (già Ducati Motor s.p.a.) al pagamento della somma di Euro 309.874,14, oltre accessori di legge, a titolo di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale in favore della ditta Virginio Ferrari Racing e del medesimo F. in proprio – che viene, quindi, confermata.

La Corte d’appello di Bologna, per quel che qui interessa, precisa che:

a) è emerso dagli atti che il rapporto tra le parti si è sviluppato, nel corso del 1996 e del 1997, con accordi di durata annuale, prevedenti il pagamento della somma di L. 500.000.000 (cinquecentomilioni) in caso di risoluzione anticipata da parte della società Ducati;

b) su questa premessa, che ha contraddistinto le reciproche aspettative, si è inserita, alla scadenza del contratto del 1997, una previsione di accordo triennale, come tale comportante maggiori apporti economici, scaturiti in contatti del F. con gli sponsor;

c) il suddetto accordo non è mai stato sottoscritto e, a fronte di questo dato obiettivo, non può essere invocata – nel rapporto di collaborazione già intercorso tra le parti e proseguito per l’anno 1998 – una tacita, implicita ma determinante modifica di esso, rappresentata dalla differente e maggiore durata;

d) del resto, ciò è chiaramente smentito dai documentati contrasti registratisi tra le parti nel corso delle relative trattative, i quali portano senz’altro ad escludere che possa considerarsi perfezionato un accordo del suddetto tipo perfaeta concludendo:;

e) nè va omesso di considerare che se l’accordo ultrannuale si intendesse perfezionato anche in mancanza dell’assenso sottoscritto del F. alla recedibilità, come voluta dalla Ducati, quest’ultima potrebbe chiederne l’annullamento, a causa del mancato consenso su una clausola ritenuta essenziale;

f) è certo però che il rapporto è proseguito di fatto, tacitamente secondo il vincolo annuale con scadenza a fine 1998, in concomitanza con l’esito delle corse del mese di ottobre, come confermato dalla decisione della Ducati di richiedere la restituzione delle moto al F. e come riconosciuto anche da quest’ultimo in corso di causa;

g) di conseguenza, da questo punto di vista, non può essere esclusa la sussistenza, per facta concludentia, del contratto nella pregressa forma annuale anche nell’anno 1998, visto che entrambe le parti con il loro comportamento reciproco hanno mantenuto in vita, di fatto, tale tipo di accordo;

h) pertanto, conformemente a quanto ritenuto dal Tribunale, va affermata la responsabilità precontrattuale della Ducati, la quale, utilizzando in concreto il rinnovo del contratto annuale, ha fruito della collaborazione del F., attraverso l’impiego della moto ufficiale nel calendario corse dell’anno 1998, senza manifestare in modo chiaro la sua contraria volontà, equivocamente attestandosi su una non corretta posizione di incertezza contrattuale in merito alla durata del rapporto, desumibile dall’invio al F. di corrispondenza scritta di contenuto difforme rispetto alle dichiarazioni verbali dei referenti ufficiali della società stessa,volte ad asseverare la durata ultrannuale del rapporto;

i) nè, a tale ultimo riguardo, assume alcun valore in contrario la ridotta influenza gestionale in ambito aziendale dei suddetti referenti (circostanza che la società ha chiesto, tardivamente, di provare in via documentale in appello), visto che, come si desume anche dalle prove testimoniali in atti, tale elemento non attenua l’efficacia comunicativa delle loro dichiarazioni nei confronti dei terzi e, in primo luogo, nei confronti del F.;

l) va anche confermata l’entità globale del danno da riconoscere al F., danno che, nella sua parte prevalente (pari a Euro 250.000,00), va ancorato alla clausola che così commisurava il recesso della Ducati per il mancato rinnovo del contratto annuale (circostanza, nella specie, verificatasi alla fine del 1998);

m) è da confermare, altresì, la statuizione del Tribunale riguardante la liquidazione in via equitativa della residua parte del danno (così pervenendosi a circa Euro 60.000,00), visto che l’interessato non ha fornito adeguati elementi probatori atti al riscontro documentale del danno emergente e del lucro cessante prospettati.

2.- Il ricorso di F.V. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; resiste, con controricorso, la Ducati Motor Holding s.p.a., che propone, a sua volta ricorso incidentale autonomo, per un unico articolato motivo e deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

3.- In udienza è stata respinta – per genericità della relativa giustificazione – l’istanza di rinvio della trattazione della causa per impedimento anche del secondo dei due difensori della controricorrente.

Motivi della decisione

1 – Profili preliminari.

1.- Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti, perchè proposti contro la medesima sentenza.

1- Con riferimento al rigetto dell’istanza di rinvio della trattazione avanzata per impedimento anche del secondo dei due difensori della Ducati Motor Holding s.p.a. deve essere precisato che, per costante e condiviso orientamento di questa Corte, l’istanza di rinvio dell’udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi degli artt. 115 e 82 disp. att. cod. proc. civ., deve fare motivato riferimento all’impossibilità di sostituzione, venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale del difensore, non rilevante ai fini del differimento dell’udienza, tanto più in considerazione sia dell’impulso d’ufficio che caratterizza il giudizio di cassazione sia del necessario rispetto dell’art. 111 Coat., comma 2, il quale con lo statuire che la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo – detta una regola per l’interpretazione delle singole norme del codice di rito funzionalizzata alla celerità del processo, secondo la quale al giudice è impedito di adottare provvedimenti che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, ritardino inutilmente la definizione del giudizio (arg. ex Cass. 19 marzo 2010, n. 6753; Cass. 16 maggio 1989, n. 9320; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21927; Cass. 7 dicembre 2010, n. 24787; Cass. 26 marzo 1997, n. 10422).

Nella specie, la richiesta di rinvio è stata formulata in modo del tutto generico, senza esplicitare le ragioni che avrebbero potuto giustificarne l’accoglimento e, quindi, in contrasto con i suddetti principi.

2 – Sintesi dei motivi di ricorso principale.

3.- Con il primo motivo di ricorso principale si denuncia: a) in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1326 e 1327 cod. civ., quanto alla conclusione del contratto del 29 gennaio 1998; b) in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, erroneità, contraddittorietà e carenza di motivazione in ordine alla conclusione del contratto del 29 gennaio 1998.

Si sostiene che la Corte d’appello abbia erroneamente fatto discendere la mancata conclusione del contratto pluriennale dalla mancata sottoscrizione dell’accordo in data 29 gennaio 1998, senza valutare e verificare l’avvenuta esecuzione, da parte dei contraenti, delle rispettive obbligazioni.

In particolare si rileva che il Giudice del merito non ha considerato che: a) l’accordo tra le parti era concluso dal momento in cui il F. aveva accettato, con un fax del 27 settembre 1997, la proposta di contratto pluriennale inviatagli, sempre via fax il 26 settembre 1997, da D.B.C., legale rappresentante della Ducati; b) il F. non ha sottoscritto il documento del 29 gennaio 1998 – contenente la trasposizione degli accordi conclusi con la Ducati – non per sua volontà, ma a causa del comportamento della Ducati, volto a modificare i termini dell’accordo già raggiunto con previsioni contrattuali non concordate.

La Corte bolognese non avrebbe considerato che mentre nei contratti annuali, stipulati tra le parti dal 1994 al 1997, non era prevista una penale legata al rinnovo per gli anni successivi, viceversa per il contratto pluriennale in oggetto per tale evenienza era stata pattuita una penale di cinquecento milioni di lire.

Inoltre, la Corte territoriale – nell’affermare che se il perfezionamento dell’accordo ultrannuale si considerasse avvenuto nonostante la mancanza dell’assenso sottoscritto del F. alla recedibilità, reclamata dalla Ducati, quest’ultima potrebbe agire per ottenerne l’annullamento, a causa del mancato consenso su una clausola considerata essenziale – non ha tenuto conto del fatto che il F. effettuando la suindicata accettazione della proposta contrattuale e dando esecuzione alla scrittura del 29 gennaio 1998, aveva accettato anche la clausola della recedibilità.

Secondo il ricorrente, tutto questo, oltre ad essere palesemente in contrasto con gli invocati artt. 1326 e 1327 cod. civ., si traduce in un vizio di motivazione, derivante dalla omessa valutazione della prova fornita dal F. sulla avvenuta conclusione del contratto pluriennale.

Il F. sostiene, al riguardo, che se la Corte bolognese avesse proceduto alla suddetta valutazione avrebbe potuto rilevare che: a) alla mancata sottoscrizione della scrittura privata in data 29 gennaio 1998 non può essere attribuito alcun valore, ai fini dell’espressione del consenso vincolante, a fronte dell’attuazione che le parti hanno dato all’accordo; b) i dibattiti successivi non possono che essere valutati come causati da tentativi della Ducati di ottenere modifiche dell’accordo (già raggiunto) attraverso l’inserimento di clausole mai discusse e concordate.

4.- Con il secondo motivo di ricorso principale si denuncia: a) in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1326 cod. civ. e art. 112 cod. proc. civ.; b) in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, omissione, erroneità, contraddittorietà e carenza di motivazione in ordine al punto decisivo della controversia, rappresentato dalla conclusione dell’accordo pluriennale 26-27 settembre 1997.

In via subordinata rispetto al precedente motivo, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 1326 cod. civ., ove ha tacitamente – e, pertanto, in contrasto con l’art. 112 cod. proc. civ., escluso anche la conclusione dell’accordo contrattuale 26-27 settembre 1997, che risulta sottoscritto da entrambe le parti, anche se in formazione progressiva, e che va posto sullo stesso piano del successivo accordo del 29 gennaio 1998.

Per effetto del primo accordo la Ducati si è vincolata – a seguito dell’intervenuta accettazione del F. – per le stagioni 1998 e 1999, con tacito rinnovo per i successivi due anni, "a meno di revoca scritta da inviare a mezzo raccomandata a.r. con almeno dodici mesi di anticipo rispetto alla scadenza", ma ha del tutto disatteso anche tale impegno.

In base alla giurisprudenza di legittimità, in caso di contrasto tra le parti in ordine all’avvenuta conclusione di un contratto il giudice deve esaminare, anche d’ufficio, se ricorrano gli elementi di cui all’art. 1326 cod. civ. e, in particolare, se tra la proposta e l’accettazione vi sia, o meno, la concordanza richiesta dalla legge (si cita: Cass. 21 gennaio 2010, n. 978).

La Corte bolognese, invece, ha omesso ogni valutazione sul punto.

5.- Con il terzo motivo di ricorso principale si denuncia – in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, e in merito all’affermata responsabilità precontrattuale ex art. 1337 cod. civ. della Ducati – erroneità, contraddittorietà e carenza di motivazione in ordine alla liquidazione del danno cagionato al signor F.V. e al danno da ritardato pagamento.

In ulteriore subordine e cioè per il caso di rigetto dei primi due motivi il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, in ordine alla ritenuta responsabilità della Ducati ai sensi dell’art. 1337 cod. civ., ha errato nel respingere la richiesta del F. di risarcimento ulteriore per danno emergente e lucro cessante.

La Corte d’appello, infatti, è pervenuta alla suddetta conclusione sull’assunto secondo cui l’interessato non aveva documentalmente provato la sussistenza delle suddette voci ulteriori di risarcimento, senza però motivare in ordine ai documenti versati dal F. in atti, neppure per dichiararli ininfluenti o inammissibili (con ciò violando anche l’art. 116 cod. proc. civ.).

Si sostiene, inoltre, il contrasto con l’art. 112 cod. proc. civ. dell’omessa pronuncia sulla rituale domanda del F. in ordine al danno derivante dal mancato pagamento, da parte della Ducati, di quanto dovuto a titolo di responsabilità precontrattuale.

3 – Sintesi dei motivi del ricorso incidentale.

6.- Con il motivo del ricorso incidentale si denuncia: 1) in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione dell’art. 1337 cod. civ. e dell’art. 116 cod. proc. civ.; 2) in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla responsabilità precontrattuale ex art. 1337 cod. civ., ravvisata in capo alla società Ducati nonchè sulla quantificazione del presunto danno.

Si sostiene che la Corte bolognese, avendo affermato la responsabilità precontrattuale della Ducati senza effettuare una ricognizione astratta della fattispecie di cui all’art. 1337 cod. civ. alla luce della giurisprudenza di legittimità, non si è avveduta della insussistenza, nella specie, degli elementi oggettivi e soggettivi che integrano la culpa in contraendo e, al contempo, ha giustificato la decisione sul punto con una motivazione viziata.

Infatti, la Corte territoriale, dopo avere escluso correttamente la formalizzazione di un accordo triennale afferma, poi – in modo estremamente sintetico e poco comprensibile – che la Ducati avrebbe tenuto un comportamento equivoco e tale da ingenerare incertezza contrattuale, senza dare conto del fatto che il mancato perfezionamento del contratto pluriennale dipese da una scelta del F., il quale – dopo lunghe trattative – si rifiutò di sottoscrivere il contratto, non intendendo accettare alcune clausole che per la Ducati erano fondamentali.

Il Giudice del merito sembra avere desunto la ritenuta "equivocità" di comportamento della società dalla partecipazione del F. al campionato Superbike 1998, avvenuta in assenza di una chiara manifestazione di una divergente volontà da parte della Ducati perchè in mancanza della sottoscrizione di alcun contratto. Tale circostanza, però, non potrebbe considerarsi idonea a dimostrare un linea di condotta poco chiara della Ducati in merito alla volontà di proseguire la collaborazione con il F. per altri tre anni e tale da ingenerare nel F. una ragionevole aspettativa nella conclusione del contratto, a fronte della prova in atti del contrasto tra le parti sull’inserimento di alcune clausole, manifestatosi fin dall’inizio delle trattative.

D’altra parte, non sarebbero veritiere le dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio di primo grado dai fratelli C. G. e C., sulla avvenuta pattuizione di un contratto triennale (dal 1998 a 2000) con il F..

Si sostiene, infine, la superficialità e contraddittorietà del ragionamento della Corte bolognese nella parte in cui àncora la quantificazione di una parte del danno (pari ad Euro 250.000,00) alla clausola di recesso proposta dal D.B. nel fax del 27 settembre 1997, pur essendo tale clausola inserita in un contratto, di cui la stessa Corte ha escluso l’avvenuto perfezionamento.

4 – Esame dei motivi del ricorso principale.

7.- I tre motivi del ricorso principale – da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione – non sono da accogliere.

7.1.- In primo luogo, il terzo motivo va considerato inammissibile in quanto la determinazione del danno da risarcire attiene ad una tipica valutazione di merito, non censurabile in sede di legittimità se motivata, come nella specie, in termini plausibili e non contraddittori (vedi, per tutte: Cass. 23 giugno 2010, n. 15202;

Cass. 6 maggio 2009, n. 10401).

7.2.- Quanto ai primi due motivi va precisato che, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, contenuto nelle rispettive intestazioni, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicchè le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 18 ottobre 2011, n. 21486;

Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono1 congniamente motivate e l’iter logico- argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

In particolare, va rilevato che, per quel che riguarda la ricostruzione della volontà delle – parti – che costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice del merito la Corte d’appello di Bologna ha motivato adeguatamente la scelta operata nel senso di escludere la avvenuta conclusione per fatti concludenti di un accordo ultrannuale e di affermare, invece che, anche per l’anno 1998, sia stato mantenuto in vita tra le parti, per fatti concludenti, il contratto nella forma annuale utilizzata negli anni passati.

E ciò ha fatto basandosi non solo sul dato meramente formale della mancata sottoscrizione dell’accordo pluriennale, ma privilegiando l’analisi del complessivo comportamento tenuto dalle parti. Infatti, per quel che riguarda la mancata conclusione dell’accordo pluriennale, la Corte territoriale ha posto l’accento sulle burrascose trattative intercorse tra le parti, da cui ha desunto il mancato raggiungimento dell’accordo sulla clausola riguardante la recedibilità, considerata essenziale dalla Ducati. Viceversa, con riguardo al sussistenza del contratto annuale per il 1998 la Corte bolognese ha posto l’accento sul reciproco comportamento tenuto dalle parti nel senso di mantenere in vita tale tipo di contratto e poi ha tratto proprio dalla suddetta condotta della Ducati uno degli elementi a sostegno della ritenuta responsabilità precontrattuale della società stessa.

Del resto se, come sostenuto dal ricorrente, la Corte territoriale avesse focalizzato la sua attenzione solo sulla mancanza della sottoscrizione non sarebbe pervenuta alla conclusione della sussistenza del contratto annuale per l’anno 1998, visto che anche per questo tipo di accordo mancavano le firme dei contraenti.

Ne consegue che la valutazione effettuata dal Giudice del merito, oltre ad essere correttamente motivata, risulta essere stata effettuata in conformità ai consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte secondo cui:

a) per l’accertamento – che è riservato all’apprezzamento del giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da congrua motivazione – diretto a stabilire se l’intesa raggiunta dalle parti con una minuta o puntazione del contratto (da intendere come documento in cui normalmente viene riportata l’intesa raggiunta solamente sugli elementi essenziali), abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo de rapporto (perchè si deve considerare già formata la volontà attuale di un accordo contrattuale) oppure sia configurabile come impegno avente funzione solo preparatoria di un futuro negozio, il giudice del merito può far ricorso ai criteri interpretativi dettati dall’art. 1362 cod. civ., e segg., i quali mirano a consentire la ricostruzione della volontà delle parti, operazione che non assume carattere diverso quando sia questione, invece che di stabilirne il contenuto, di verificare anzitutto se le parti abbiano inteso esprimere un assetto d’interessi giuridicamente vincolante, dovendo il giudice accertare, al di là del nomen iuris e della lettera dell’atto, la volontà negoziale con riferimento sia al comportamento, anche successivo, comune delle parti, sia alla disciplina complessiva dettata dalle stesse, interpretando le clausole le une per mezzo delle altre (vedi, per tutte: Cass. 4 febbraio 2009, n. i 2720; Cass. 18 gennaio 2005, n. 910; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 21 gennaio 2010, n. 978. b) inoltre, il principio secondo cui, ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo -non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza laddove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali, ancorchè riportati in apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori – non impedisce, nei singoli casi ed in base al generale principio dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 cod. civ., di ritenere concluso un contratto, con gli effetti di cui all’art. 1372 cod. civ., allorquando, alla stregua della comune intenzione delle parti, si possa ritenere che queste hanno inteso come vincolante un determinato assetto, anche se per taluni aspetti siano necessarie ulteriori specificazioni, il cui contenuto sia però da configurare come mera esecuzione del contratto già concluso, potendo costituire oggetto di un obbligo che trova la sua fonte proprio nel contratto stipulato (vedi, per tutte: Cass. 22 settembre 2008, n. 23949).

5 – Esame del ricorso incidentale.

8.- Anche il motivo del ricorso incidentale non è da accogliere.

8.1.- Anche in questo caso va dichiarato inammissibile il profilo di censura con il quale si contesta la determinazione del danno da risarcire effettuata dalla Corte d’appello – e sorretta da motivazione congrua e corretta dal punto di vista logico-giuridico – trattandosi, come si è detto, di una tipica valutazione del giudice del merito (vedi sopra punto 7.1).

Si deve comunque sottolineare che, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso incidentale, nella sentenza impugnata è precisato che la Corte territoriale non ha ancorato la quantificazione di una parte del danno (pari ad Euro 250.000,00) alla clausola di recesso proposta dal D.B. nel fax del 27 settembre 1997, bensì alla clausola che così commisurava il recesso della Ducati per il mancato rinnovo del contratto annuale, situazione che, nella specie, la stessa Corte ha ritenuto essersi verificata alla fine del 1998. 8.2.-In riferimento alle altre censure va rilevato che pure in questo caso si tratta di doglianze che, benchè in parte prospettate come violazioni di norme di legge, in realtà si risolvono tutte nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

Infatti, la società ricorrente incidentale, attraverso la contemporanea denuncia della violazione di norme di diritto e del difetto di motivazione riferite alla medesima statuizione della sentenza impugnata, di fatto, viene a mascherare una richiesta di diversa ricostruzione dei fatti, non consentita in sede di legittimità (vedi, per tutte: Cass. 7 maggio 2007, n. 10295; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698).

In particolare, nella impostazione del ricorso incidentale non risultano rispettati i consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte secondo cui:

a) in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass, SU 5 maggio 2006, n. 10313; Cass. 22 luglio 2007, n. 4178);

b) la valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (vedi, per tutte: Cass. 6 giugno 2011, n. 12204; Cass. 5 ottobre 2006, n. 21412; Cass. 24 luglio 2007, n. 16346; Cass. 17 febbraio 2009, n. 3785);

c) comunque, in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18 settembre 2009, n. 20112).

La società ricorrente incidentale, infatti, assume che vi sia stata un’erronea valutazione delle prove (documentali e testimoniali) agli atti che non trova riscontro nella sentenza e che, comunque, non risulta formulata nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Peraltro, anche dal punto di vista del contenuto delle censure, non si tiene conto del costante e condiviso indirizzo di questa Corte in base al quale la regola posta dall’art. 1337 cod. civ., ha valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto, sicchè la verifica circa la sussistenza di tali condizioni impone uni accertamento di fatto, riservato, come tale, al giudice del merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità se scevro da vizi di illogicità della motivazione (Cass. 8 ottobre 2008, n. 24795; Cass. 7 maggio 2004, n. 8723; Cass. 14 febbraio 2000, n. 1632).

Nella specie, la Corte d’appello ha fornito un’idonea, chiara, plausibile e non contraddittoria motivazione della valutazione delle risultanze probatorie operata al fine di confermare la decisione del giudice di primo grado sulla affermazione della sussistenza della responsabilità precontrattuale della società Ducati.

A fronte di questa situazione, le doglianze mosse dalla ricorrente incidentale si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative della medesima parte e per questo vanno respinte.

6 – Conclusioni.

9.- In conclusione entrambi i ricorsi riuniti devo essere respinti.

La natura delle questioni trattate e la complessità della controversia rappresentano giusti motivi per disporre la compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa, tra le parti, le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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