Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-06-2011) 04-10-2011, n. 36005 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il decreto indicato in epigrafe, il Tribunale di Milano, pronunciando in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile la richiesta presentata nell’interesse di B. F. diretta ad ottenere, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., l’applicazione della disciplina del reato continuato con riferimento a tre sentenze di condanna, ivi compiutamente indicate, l’ultima delle quali emessa dal medesimo giudice adito, osservando che altra istanza "relativa alle medesime sentenze" era stata già rigettata e che nessun elemento di novità veniva prospettato dall’istante.

2. Il difensore del B. ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento del decreto di cui trattasi:

– con il primo motivo, per assoluta nullità dello stesso, posto che la pronuncia di inammissibilità ex art. 666 cod. proc. pen., comma 2, risultava adottata da magistrato, nominativamente indicato nell’atto d’Impugnazione, che lo aveva sottoscritto "per il presidente", ma che non risultava ricoprire funzioni di presidente del tribunale adito e che tale provvedimento neppure poteva ritenersi adottato con decisione collegiale, giacchè in tal caso una siffatta decisione si sarebbe comunque dovuta adottare dopo rituale costituzione del contraddittorio;

– con il secondo motivo, che la decisione impugnata era comunque errata nel merito, in quanto la seconda istanza conteneva "riferimenti giuridici ed elementi fattuali del tutto nuovi e non esaminati in precedenza", deducendo In particolare il ricorrente che la prima istanza, rigettata, "era priva di ogni e qualsivoglia motivazione a supporto della richiesta".

Motivi della decisione

1. Il ricorso, nei limiti precisati in prosieguo, è fondato e merita accoglimento. Non essendovi prova che il magistrato che ha sottoscritto il provvedimento non ricoprisse, sia pure temporaneamente, funzioni di presidente dell’11^ sezione penale del tribunale di Milano, risulta decisivo il rilievo che il provvedimento impugnato ha dichiarato de plano l’inammissibilità dell’istanza del B., sull’errato presupposto che la stessa costituisse la mera riproposizlone di precedente istanza già rigettata con provvedimento non impugnato dal ricorrente.

Al riguardo occorre premettere che il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto formalmente Irrevocabile, preclude una nuova pronuncia sul medesimo petitum non già in maniera assoluta e definitiva, ma rebus sic stantibus, finchè non si prospettino nuovi dati di fatto o nuove questioni giuridiche. A tal fine, devono considerarsi "nuovi" non soltanto gli elementi sopravvenuti, ma anche quelli preesistenti dei quali non si sia tenuto conto ai fini della decisione anteriore. L’art. 666 cod. proc. pen., comma 2, infatti, individua la causa di inammissibilità (oltre che nella manifesta infondatezza per difetto delle condizioni di legge) nella mera riproposizione di una richiesta "basata sui medesimi elementi", con conseguente ammissibilità della richiesta relativa allo stesso oggetto, ma basata su elementi diversi da quelli precedentemente presi in considerazione, indipendentemente dal fatto che siano preesistenti o sopravvenuti (così, ex multis, Cass., sez. 1, sentenza n. 3739 del 14/10/1991 – 7/11/1991, riv. 188619, ric. Franceschini).

Orbene, poichè dagli atti risulta che effettivamente, come dedotto dal ricorrente, la prima istanza, allegata al ricorso, a differenza della seconda, si limitava a richiedere il riconoscimento della continuazione tra i reati, sic et sempliciter, perchè "evidente", l’esposizione nella nuova istanza di motivi di fatto e di diritto, così come dedotto dal ricorrente, comportava, in effetti, che la richiesta del condannato non poteva essere fondatamente ritenuta un’istanza meramente ripetitiva, priva di "alcun elemento di novità" come apoditticamente affermatone decreto impugnato, con conseguente obbligo per il giudice dell’esecuzione, di delibare sul merito della stessa.

S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio del decreto, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Milano.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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