Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3234 Ammissione al passivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

MPS Gestioni Crediti Banca s.p.a. ha proposto al Tribunale di Napoli opposizione allo stato passivo del fallimento della SITARC s.r.l. per lamentare l’erronea esclusione del proprio credito Euro 218.246,89 di cui parte per saldo debitore del c/c n. (OMISSIS) e il residuo quale saldo derivante dal rapporto anticipi relativamente a due fatture, disposta dal giudice delegato per insufficienza della prova sia dell’an che del quantum del credito, per assenza della data certa del contratto esibito, per mancata dimostrazione delle singole operazioni, infine perchè risultavano applicati interessi anatocistici. L’opponente ha sostenuto la piena efficacia probatoria e l’esaustività della documentazione allegata a corredo della sua istanza, nonchè la sua opponibilità a mente dell’art. 2704 c.c.. Il Tribunale fallimentare, contumace il curatore, con decreto depositato il 10 novembre 2010 e notificato il 3 dicembre 2010 ha respinto l’opposizione rilevando per quel che rileva: 1.- in ordine allo scoperto, l’omesso deposito di contratto d’apertura di credito munito di data certa, dal momento che il timbro per autoprestazione non è idoneo a conferire tale requisito, e che il documento che avrebbe dovuto dimostrare la stessa apertura di credito era stato prodotto in copia semplice, inadeguata a tener luogo dell’originale,ed infine che gli estratti conto non erano stati depurati degli interessi anatocistici. 2.- quanto alle anticipazioni su fatture, che le operazioni, regolate in c/c, erano registrate in dare/avere, sì che ad ogni anticipo era contrapposto il rientro. Se ciò significava che gli importi delle fatture in oggetto erano stati addebitati sul conto corrente, il loro importo, asseritamente non rientrato, era già perciò già compreso nel saldo passivo e la banca non poteva pertanto chiedere il pagamento una seconda volta sulla base delle stesse fatture.

Avverso questo provvedimento MPS ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi non resistiti dal curatore fallimentare intimato ed ulteriormente illustrati con memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

La ricorrente col primo motivo deduce nullità del decreto impugnato per violazione degli artt. 93, 94, 98, 99 legge fall., e degli artt. 2712, 2719 e 2697 c.c. nonchè per vizio di motivazione, ed ascrive al giudice fallimentare d’aver erroneamente escluso l’efficacia probatoria della copia semplice del contratto d’apertura di credito pur in assenza della contestazione da parte del curatore, rimasto contumace. Secondo il quadro normativo richiamato, letto alla luce della costante esegesi giurisprudenziale, in assenza di disconoscimento circostanziato, il Tribunale avrebbe dovuto valutare il documento prodotto in copia alla stregua dell’originale.

Col secondo motivo la ricorrente denuncia ancora violazione degli artt. 93, 94, 98, 99 legge fall, e dell’art. 2719 c.c. e art. 112 c.p.c. nonchè correlato vizio di motivazione. Il dedotto errore si annida nell’affermazione secondo cui il deposto della copia del documento era ingiustificabile a seguito delle puntuali e precise contestazioni in ordine al rapporto controverso da parte del curatore fallimentare che, come già rilevato, rimase in quella fase contumace.

Il terzo motivo deduce nullità del decreto impugnato per violazione degli artt. 93, 94, 98, 99 legge fall., e dell’art. 2704 c.c., e denuncia ulteriore errore in cui sarebbe incorso il Tribunale per aver escluso che il timbro di autoprestazione conferisca data certa al documento, in contrasto con consolidato orientamento che attribuisce al timbro postale, nella specie apposto sullo stesso foglio della scrittura, idoneità a conferire suddetto requisito.

Il quarto motivo denuncia ancora violazione degli artt. 93, 94, 98, 99 legge fall., e art. 2697 c.c. nonchè della L. n. 342 del 1999, art. 25 e vizio di motivazione in relazione alla declaratoria di nullità della clausola di capitalizzazione degli interessi, sia attivi che passivi.

L’ultimo motivo ribadisce la violazione degli artt. 93, 94, 98, 99 legge fall., e art. 2697 c.c. nonchè vizio di motivazione in ordine alla descritta movimentazione del conto anticipi fatture, erroneamente ricostruita.

I primo due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto pongono questione analoga, meritano accoglimento.

II Tribunale, in ordine al credito dedotto in relazione allo scoperto di conto corrente, ha rilevato l’omesso deposito di contratto d’apertura di credito munito di data certa, requisito questo non desumibile dal timbro per auto prestazione, perchè inidoneo a conferire tale requisito, ed ha inoltre ritenuto, pur nella contumacia del curatore fallimentare, che il documento che avrebbe dovuto dimostrare la stessa apertura di credito era stato prodotto in copia semplice, inadeguata a tener luogo dell’originale. Quest’ultima affermazione contrasta col consolidato orientamento, evocato dalla ricorrente, che ha costantemente affermato che "l’onere del disconoscimento, ex art. 2719 c.c., della conformità tra l’originale di un documento e la fotocopia prodotta in giudizio, sebbene non implichi necessariamente l’uso dì formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto, dalla quale sia dato desumere che l’eccipiente abbia negato la genuinità della copia in questione, al riguardo non essendo sufficienti generiche o omnicomprensive contestazioni, ancorchè riferibili a tale produzione" (cfr. Cass. n. 2896/2009 e più di recente nn. 10855/2010 e 21339/2011). Nel caso di specie, mancando siffatta contestazione da parte del curatore, rimasto contumace, cui di certo non è omologabile la rilevata contestazione degli organi fallimentari in ordine al rapporto dedotto ed alla ritualità dei documenti, evidentemente sollevata nella fase di verifica del credito e con formula omnicomprensiva non specificamente diretta al disconoscimento della conformità delle fotocopie ai titoli originali, avrebbe dovuto ascrivesi piena efficacia probatoria alle fotocopie in questione, in quanto non fatte oggetto di quello specifico disconoscimento richiesto dalla disposizione citata, da formularsi in quella specifica fase, vale a dire nel giudizio d’opposizione in cui la copia del documento venne prodotto. Ne consegue l’accoglimento delle censure esaminate, che dato il valore tranciante della questione trattata, assorbe l’esame dei restanti motivi che involgono tematiche logicamente subordinate.

Il decreto impugnato deve per l’effetto essere cassato con rinvio al Tribunale di Napoli che pronuncerà nel merito valutando la copia del documento controverso alla stregua dell’originale, e provvederà altresì alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia anche per le spese del presente giudizio al Tribunale di Napoli in diversa composizione.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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