Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3226 Amministratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 2545 depositata il 2 agosto 2006, la Corte d’appello di Napoli, in totale riforma di precedente decisione del Tribunale di Napoli, ha disposto il rigetto della domanda proposta con atto del 15.6.2000 nei confronti di F.B. dal curatore del fallimento della società A.C. Campania s.r.l., che ne aveva chiesto, previa declaratoria di responsabilità nei confronti della società ai sensi del combinato disposto dall’art. 2392 c.c., e L. Fall., art. 146, la condanna al ristoro dei danni procurati dalle denunciate irregolarità commesse nell’esercizio del suo incarico di amministratore, nella somma pari alla differenza tra l’attivo realizzato ed il passivo accertato in ambito concorsuale. Il curatore non aveva provato nè il nesso di causalità fra le condotte ascritte all’amministratore ed il danno asseritamente subito dalla società, nè la sua concreta entità, nè la valutazione equitativa cui si era attenuto il primo giudice poteva supplire alla rilevata lacuna probatoria.

Avverso questa decisione il curatore fallimentare ha proposto ricorso per cassazione articolandolo in due motivi resistiti dall’intimato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva a mente dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Col primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., e L. Fall., art. 146, e correlato vizio di motivazione. Censura la statuizione di rigetto della sua domanda, fondata sull’assunto che la valutazione equitativa non sopperisce all’inerzia dell’attore in ordine alla prova del nesso causale fra le riscontrate irregolarità ascritte al F. ed il danno asseritamente procurato all’ente da lui amministrato e della sua entità. Con richiamo alla giurisprudenza della Cassazione di cui alla pronuncia n. 2537/2005, che ritiene criterio utilmente apprezzabile ai fini della liquidazione secondo equità quello consistente nello sbilancio tra attivo e passivo, lamenta altresì che la Corte del merito non avrebbe tenuto conto delle circostanze addotte, e correttamente assunte a base della decisione del primo giudice, che aveva affermato che, in caso di tenuta irregolare della contabilità, ben si può presumere che l’aggravamento del disavanzo concorsuale sia riconducibile alle macroscopiche irregolarità addebitate al suo organo gestorio. Sol se avesse dato il giusto rilievo al mancato esercizio da parte del F. dell’azione di responsabilità nei confronti dei precedenti amministratori, all’omessa convocazione dell’assemblea per l’assunzione dei provvedimenti di cui all’art. 2446 c.c., all’omesso tempestivo aggiornamento delle scritture contabili, ed all’omessa richiesta di fallimento, la Corte del merito avrebbe dovuto confermarne la responsabilità. Il quesito di diritto chiede di affermare che nell’azione in esame, il danno imputabile all’amministratore può essere identificato nella differenza tra attivo e passivo fallimentare, che comunque rappresenta utile parametro di riferimento in via equitativa, e che tale valutazione opera in caso d’impossibilità di determinare specificamente il nesso tra danno e responsabilità dell’amministratore laddove le scritture contabili non consentano di ricostruire le vicende societarie. Il resistente deduce l’inammissibilità della censura mirata ad una rivisitazione dei fatti.

Il motivo è inammissibile in plurimi profili. Espone anzitutto censura articolata con riguardo al merito dei fatti rappresentati a fondamento della domanda introdotta nei confronti dell’amministratore della società fallita, che il ricorrente ripropone per sollecitarne l’apprezzamento, precluso a questa Corte di legittimità. In violazione del principio di autosufficienza, che assiste il ricorso per cassazione, non espone con la doverosa e necessaria specificità i fatti di cui lamenta omesso esame, accennandoli solo genericamente e senza neppure riferire se ed attraverso quali mezzi di prova ebbe a fornirne la dimostrazione innanzi alla Corte del merito. Agita inoltre questione astrattamente articolata, che neppure coglie il nucleo della decisione e la regula juris che la sottende secondo cui, come riferito in narrativa, dal momento che il curatore non aveva provato nè il nesso di causalità fra le condotte ascritte all’amministratore nè sussistenza ed entità del danno asseritamente subito dalla società, la valutazione equitativa, cui si era attenuto il primo giudice, non poteva supplire alla rilevata lacuna probatoria. Il passaggio logico non è fatto segno di critica, non risultando il vizio denunciato pertinente a tale articolato e puntualmente motivato passaggio argomentativo, rispetto al quale il quesito di diritto, peraltro astratto, risulta eccentrico e non pertinente. Resta travolto l’esame del secondo motivo che denuncia violazione dell’art. 1226 c.c., e correlato vizio di motivazione per lamentare l’omessa considerazione dello sbilancio tra attivo e passivo fallimentare ai fini della liquidazione del danno.

Tutto ciò premesso, deve disporsi il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *