Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3222 Legittimazione attiva e passiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3061 depositata il 22 giugno 2008, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla società Meccano Holding s.r.l. nei confronti di B.F. M. indirizzato avverso precedente del Tribunale di Latina, avendo rilevato la carenza di legittimazione attiva di V. A., presidente del c.d.a. della società appellante, il quale aveva conferito e quindi sottoscritto la procura al difensore in tale dichiarata veste, ma in difetto del potere di rappresentare l’ente che non gli era stato preventivamente attribuito dall’organo amministrativo, titolare esclusivo del potere di assumere iniziative giudiziarie.

Avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione la società Meccano Holding affidandolo a due motivi resistiti dall’intimato con controricorso ulteriormente illustrato con memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

La ricorrente denuncia col primo motivo violazione degli artt. 101, 167, 182, 345, 333, 334, 324 e 336 c.p.c. e art. 2909 c.c. e, con richiami ai precedenti di legittimità citati – Cass. nn. 15483/2002 e 192/2002 -, ascrive alla Corte territoriale d’aver erroneamente accolto l’eccezione formulata da controparte di difetto di rappresentanza processuale del proprio organo rappresentativo, che avrebbe invece dovuto dichiarare inammissibile, fondandosi essa su clausola statutaria che non si era fatta valere nella pregressa fase processuale. L’indagine sulla sussistenza di tale potere rappresentativo incidente su fatto prospettato ex novo in sede di gravame, era perciò preclusa. Seppur fosse stata l’eccezione proposta in primo grado, doveva comunque ritenersene disposto il rigetto, sì che la relativa statuizione avrebbe dovuto essere impugnata con appello incidentale. Il quesito di diritto, chiede se:

"1.- sulla base del sistema processuale vigente il thema decidendum debba cristallizzarsi nella fase iniziale del giudizio – art. 183 -, e la verifica della rappresentanza attenga a fase prodromica – art. 182 -, sistema in cui deve assicurarsi il contraddittorio su ciascuna questione, impedendo al giudice di attivare il proprio potere officioso in assenza d’allegazione, è ammissibile l’eccezione di difetto di rappresentanza sollevata in secondo grado dopo che si sia dato impulso al processo senza nulla obiettare in argomento. 2.-. se si tratti di eccezione di merito non rilevabile d’ufficio e non deducibile per la prima volta in appello. 3.- se, comunque, la tardiva proposizione in appello incontri le preclusioni di cui alle norme in rubrica". Col secondo motivo la ricorrente deduce violazione degli artt. 75 e 77 c.p.c. e art. 2475 bis e 2384 c.c. nonchè vizio di motivazione sull’interpretazione delle disposizioni statutarie poste a base della decisione, e pone la questione di diritto se la ratifica dell’operato del presidente del c.d.a. deliberata dal consiglio d’amministrazione ed anche dall’assemblea della società sia idonea a sanare con efficacia retroattiva l’eventuale difetto di rappresentanza.

Il resistente deduce l’infondatezza di entrambi i motivi. Assume che la delibera consiliare, secondo previsione statutaria, rappresenta presupposto necessario del potere di conferire procura per il giudizio da parte del presidente del c.d.a., il quale era investito di rappresentanza esterna e non del potere gestionale. Trattasi di questione rilevabile d’ufficio, che non innova pertanto il tema di discussione, peraltro introdotta in giudizio prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni.

Il primo motivo espone censura priva di pregio. La Corte del merito, avendo rilevato che secondo previsione statutaria contenuta nell’art. 16 la facoltà di promuovere liti o resistere in giudizio è attribuita al c.d.a., che l’art. 17 attribuisce al presidente dell’organo consiliare il potere di rappresentare l’ente anche in giudizio, e l’art. 18 prevede la delega delle funzioni del c.d.a. ad uno o alcuni dei suoi membri, ha escluso, sulla base della riferita espressa volontà statutaria, la presunzione di esistenza del potere di gestione sostanziale delle liti in capo all’organo rappresentativo, aderendo all’orientamento espresso nelle sentenze della Cassazione nn. 6468/2005, 9710/1994, 9199/2004. Non essendovi delega di funzioni, suddetto organo non poteva impersonare la società per promuovere l’appello.

La decisione, fondata sull’interpretazione delle citate clausole statutarie insindacabile in questa sede, appare immune da critica dal momento che: 1.- risolve questione che, sollecitata da parte appellante . ma comunque rilevabile d’ufficio, atteneva al potere di rappresentanza speso in fase di gravame che, necessitando di autonomo accertamento, non incontrava pertanto preclusione discendente dall’omessa contestazione nel precedente grado di giudizio (cfr.

Cass. n. 8058/2007); 2.- fa buon governo del principio consolidato nell’orientamento di questa Corte – Cass. n. 15026/2005-, che in quanto condiviso s’intende in questa sede ribadire, secondo cui "il potere di rappresentanza processuale, con la relativa facoltà di nomina dei difensori, può essere conferito soltanto a colui che sia investito anche di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, sicchè il legale rappresentante di una società di capitali, pur in presenza di una disposizione dello statuto sociale che lo abiliti al conferimento di una procura di carattere esclusivamente formale, non conferisce validamente ad altro soggetto la rappresentanza processuale della società stessa ove tale delega sia disgiunta dall’attribuzione di poteri di rappresentanza sostanziale". Il difetto di tale potere esclude dunque la legittimazione processuale del rappresentante, ed il relativo accertamento, "trattandosi di presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio con possibilità di diretta valutazione degli atti attributivi del potere del potere rappresentativo" – Cass. S. U. n. 24179/2009 -. Ispirandosi ai riferiti enunciati, la Corte del merito ha pertanto ineccepibilmente dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla società Meccano in base alla procura conferita dal V. che, pacificamente privo della delega da parte del consiglio d’amministrazione titolare del potere di gestione delle liti, diede impulso alla fase di gravame in assenza del potere di rappresentare in giudizio l’ente.

Non scalfisce la correttezza dell’approdo il richiamo del ricorrente al principio enunciato nel precedente di questa Corte n. 6194/95 per sostenere che la coincidenza tra rappresentanza legale e rappresentanza in giudizio si presume salvo contrario accertamento, dal momento che nella specie, secondo quanto riferito, tale accertamento risulta regolarmente condotto ed esplicato dalla Corte territoriale, ed il suo esito – contrario – risulta adeguatamente e correttamente argomentato.

Col secondo motivo il ricorrente, assumendo che le clausole statutarie esaminate dal giudice d’appello gli avrebbero conferito il pieno potere di rappresentanza della società Meccano, confuta la fondatezza dell’interpretazione condotta dalla Corte del merito circa tenore e contenuto delle riferite clausole, senza neppure indicare quali sarebbero i canoni ermeneutici violati nel criticato percorso esegetico. In sostanza mira a sollecitare la disamina di quelle clausole alla luce delle considerazioni illustrate, che in questa sede non è ammesso. Alla stregua di tali rilievi, il motivo è pertanto inammissibile.

Il ricorrente assume a conclusione del ricorso esservi stata ratifica del suo operato, in forza di delibera del c.d.a. del 4.2.2005 assunta anche in assemblea nell’adunanza del 18.2.2005, prima dunque della chiusura del giudizio d’appello, ed invoca per l’effetto la sanatoria, con effetto ex tunc, del riscontrato vizio. La questione è regolata dall’art. 182 c.p.c. che consente di sanare il difetto di legittimazione processuale in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, a seguito della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator. E’ necessario, a tal fine, che l’atto venga sottoposto alla cognizione dell’organo giudicante, sì che possa verificare la costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza e la manifestazione della sua volontà di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator (Cass. nn. 15304/2007, n. 21811 del 2006; n. 12088 del 2006; n. 20913 del 2005; n. 4468 del 2005; n. 5135 del 2004; n. 12494 del 2001; n. 15031 del 2000; n. 2239 del 1978; n. 458 del 1975). Il ricorrente, ai fini dell’applicazione dell’invocato principio, che il Collegio condivide e fa proprio, avrebbe dovuto pertanto riferire se ed in quale fase della trattazione del processo d’appello l’atto venne depositato(in modo che la Corte del merito potesse procedere alla verifica della sua regolarità e della sussistenza dell’effettiva manifestazione di volontà dell’organo titolare del potere di gestire la lite di ratificare l’operato dell’amministratore, denunciando per l’effetto vizio di omesso esame del documento, che nella specie neppure è dedotto. E comunque è certo che tale delibera di ratifica avrebbe potuto essere prodotta anche per la prima volta in questa sede di legittimità, con valore sanante retroattivo, ma nel solo caso in cui la sentenza impugnata non ne avesse rilevato la mancanza dichiarando il difetto di legittimazione processuale, che nella specie è stato però rilevato e dichiarato.

Tutto ciò premesso, deve disporsi il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali sia del giudizio di primo grado che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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