T.A.R. Liguria Genova Sez. I, Sent., 02-11-2011, n. 1511 Notifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 3.8.2010 la signora A.S. ha impugnato il provvedimento 30.6.2010 del comune di Genova, con cui le è stato inibito l’inizio dei lavori di cui alla D.I.A. presentata per un intervento di ristrutturazione di un corpo basso facente parte di un unico edificio, con cambio di destinazione di tale porzione da autorimessa ad abitazione, in virtù dell’art. 5 della L.R. 6.8.2001, n. 24.

A sostegno del provvedimento negativo l’amministrazione comunale ha posto una serie di quattro rilievi, e segnatamente: a) lo stato attuale dell’immobile non potrebbe ritenersi legittimato, non essendo stato ribassato il soffitto interno del corpo aggiunto, secondo il progetto assentito con permesso di costruire n. 314 del 2010; b) non potrebbe invocarsi l’art. 5 della L.R. n. 24/2001, in quanto due porzioni del corpo di fabbrica interessato dall’intervento sarebbero state legittimate in virtù di titoli edilizi rilasciati in sanatoria (nn. 1436/06 e 314/10) in date successive alla data di entrata in vigore della L.R. n. 24/2001, e quindi a quella data inesistenti; c) il progetto sarebbe in contrasto con quanto previsto dagli artt. 34 e 29 R.E.C. e l’intervento non rispetterebbe i requisiti igienico sanitari di cui all’art. 5 L.R. n. 24/2001; infine ed in subordine, d) la documentazione grafica presentata sarebbe insufficiente e mancherebbe la relazione tecnica sul superamento delle barriere architettoniche.

A sostegno del gravame deduce cinque motivi di ricorso, rubricati come segue.

1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23 D.P.R. n. 320/2001 e degli artt. 26 e 31 L.R. n. 16/2008. Difetto di presupposto.

2. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 23 D.P.R. 320/2001 e 30 D.P.R. n. 16/2008. Eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento. Difetto di istruttoria e/o di motivazione. Illogicità e/o inquisizione grave e manifesta. Sviamento di potere.

3. Violazione e/o falsa applicazione delle norme richiamate nel precedente motivo in relazione all’art. 2 e 5 L.R. n. 24/2001. Eccesso di potere per falsità di presupposto e/o travisamento. Difetto di istruttoria e/o di motivazione. Illogicità manifesta.

4. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 34 e 29 R.E.C.. Eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria e/o di motivazione.

5. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e ss. L. n. 241/1990 e s.m.i. e dell’art. 26 L.R. n. 16/2008. Violazione dell’art. 13 del R.E.C.. Difetto di presupposto, difetto di istruttoria e/o di motivazione. Manifesta illogicità.

Si è costituito in giudizio il comune di Genova, controdeducendo nel merito ed instando per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo la ricorrente contesta che la nota impugnata è illegittima in quanto notificatale il 7.7.2010, cioè oltre il termine perentorio di 20 giorni che, ai sensi degli artt. 26 e 31 L.R. n. 16/2008, segna la decadenza del potere inibitorio dell’amministrazione (la D.I.A risulta presentata in comune in data 11.6.2010).

Dispone l’art. 26 della L.R. n. 16/2008 (disciplina della denuncia di inizio attività) che "il proprietario dell’immobile o chi abbia titolo presenta al competente ufficio comunale o allo sportello unico per l’edilizia ove istituito, la denuncia di inizio attività: a) almeno venti giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori nei casi previsti dall’articolo 23".

A sua volta, l’art. 30 comma 1 della L.R. n. 16/2008 (controllo sulle opere soggette a DIA o a comunicazione) stabilisce che "il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale: a) ove entro il termine indicato all’articolo 26, comma 1, riscontri l’assenza di una o più delle condizioni stabilite nel comma 2 del medesimo articolo 26, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento; b) ove decorso il termine di cui all’articolo 26, comma 1, riscontri l’assenza di una o più delle condizioni ivi stabilite, procede all’irrogazione delle pertinenti sanzioni amministrative di cui all’articolo 55, previo annullamento del titolo abilitativo".

Orbene, non vi è dubbio che il termine per il controllo della D.I.A da parte dell’amministrazione sia perentorio e che, alla sua scadenza, essa decada dal relativo potere, residuando soltanto la possibilità di annullamento del titolo abilitativo e di irrogazione delle sanzioni edilizie.

Parimenti, non vi è dubbio che si tratti di un atto recettizio, che, ex art. 21bis L. n. 241/1990, acquista efficacia nei confronti del destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata.

Nondimeno, occorre rammentare come, in tema di notificazioni e comunicazioni in materia civile, la Corte costituzionale abbia avuto modo di affermare che gli artt. 3 e 24 della Costituzione impongono che le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso, individuando come soluzione costituzionalmente obbligata quella desumibile dal principio della sufficienza del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante (C. Cost., 26.11.2002, n. 477; id., 3.3.1994, n. 69).

In ossequio ai richiamati principi costituzionali – afferma ancora la Consulta – gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati – per quanto riguarda il notificante – al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo (C. cost., n. 477/2002 cit.).

Si tratta – come è noto – di principi che sono stati successivamente trasfusi nel comma 3 dell’art. 149 c.p.c. (aggiunto dall’art. 2 comma 1 lett. e della legge 28.12.2005, n. 263), a mente del quale "la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto".

In applicazione di tali principi generali, deve dunque pervenirsi ad identica soluzione ermeneutica anche nell’interpretazione dell’art. 30 comma 1 lett. a) della L.R. n. 16/2008, deponendo in tal senso anche l’art. 97 Cost., che impone che l’amministrazione abbia a sua disposizione l’intero termine di decadenza – già di per sé esiguo – stabilito dalla legge per l’esercizio dei poteri di controllo.

Ne consegue che la decadenza dell’amministrazione dal potere di inibizione dei lavori è impedita dall’adozione dell’atto e dalla sua tempestiva consegna all’agente postale.

Si tratta di una soluzione che contempera adeguatamente anche i diritti del richiedente, la cui attività (che può essere senz’altro legittimamente intrapresa alla decorrenza del termine, salva la comunicazione al comune ex art. 26 comma 5 L.R. n. 16/2008) assumerà i connotati dell’abusività – ex art. 21bis L. n. 241/1990 – soltanto a seguito dell’eventuale notificazione del provvedimento negativo.

Nel caso di specie, la D.I.A è stata presentata in data 11.6.2010, mentre l’amministrazione comunale ha adottato l’atto inibitorio in data 30.6.2010 e l’ha consegnato all’agente postale l’1.7.2010 (doc. 12 delle produzioni 19.8.2010 di parte comunale), entro il termine di decadenza di venti giorni.

Venendo alle censure di merito sollevate avverso il provvedimento impugnato, assume rilevanza dirimente il rilievo dell’amministrazione (lettera b nell’enumerazione di cui sopra, censurato con il terzo motivo di ricorso) secondo il quale non potrebbe invocarsi l’art. 5 della L.R. n. 24/2001, in quanto due porzioni del corpo di fabbrica interessato dall’intervento sarebbero state legittimate in virtù di titoli edilizi rilasciati in sanatoria (nn. 1436/06 e 314/10) in date successive alla data di entrata in vigore della L.R. n. 24/2001 (6.9.2001), e quindi a quella data inesistenti.

Orbene, la Sezione si è già recentemente pronunciata nel senso che la disposizione dell’art. 2 comma 1 della L.R. 6.8.2001, n. 24, a mente della quale "negli edifici esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge ed aventi destinazione residenziale ovvero turisticoricettiva sono consentiti, previo rilascio di diretto titolo edilizio ed in deroga alla disciplina stabilita dalla strumentazione urbanistica comunale vigente od in corso di formazione, gli interventi di recupero dei sottotetti (e, in virtù dell’art. 5, di altri volumi o superfici collocati in parti diverse dell’edificio, n.d.r.) nel rispetto delle disposizioni di seguito stabilite", soprattutto se letta alla luce del comma successivo (a mente del quale "la disposizione di cui al comma 1, è applicabile nei confronti degli interventi edilizi in corso di realizzazione sulla base di titoli edilizi rilasciati prima della data di entrata in vigore della presente legge, previo conseguimento di apposita variante al rispettivo titolo edilizio"), consenta il recupero ai fini abitativi soltanto dei sottotetti degli edifici legittimati dal punto di vista edilizio, cioè a dire esistenti sulla base di un titolo edilizio sussistente alla data di entrata in vigore della legge (T.A.R. Liguria, I, 17.2.2011, n. 323; cfr. altresì, per un caso analogo, T.A.R. Liguria, I, 9.10.2008, n. 1769).

Nel caso di specie, è pacifico in fatto che due ampie porzioni del corpo di fabbrica oggetto dell’istanza di recupero siano state legittimate dal punto di vista edilizio soltanto con i provvedimenti nn. 1436/06 e 314/2010 (cfr. la tavola 002 allegata alla D.I.A., doc. 2 delle produzioni 6.8.2010 di parte ricorrente), entrambi successivi all’entrata in vigore della L.R. n. 24/2001, sicché esse non possono essere oggetto di recupero a fini abitativi.

Trattandosi di un provvedimento c.d. plurimotivato, che si basa su di una pluralità di motivi autonomi, ciascuno sufficiente a sorreggere la determinazione conclusiva, è evidente come l’accertata infondatezza dell’unico motivo di ricorso dedotto avverso una delle autonome ragioni giustificatrici del provvedimento inibitorio, renda il ricorso improcedibile per carenza di interesse rispetto ai residui motivi di ricorso.

Difatti, quand’anche fondati, i residui motivi di ricorso non potrebbero giammai condurre all’annullamento dell’atto, che si regge autonomamente sul rilievo dell’inesistenza, alla data di entrata in vigore della L.R. n. 24/2001, delle porzioni legittimate con i due provvedimenti di sanatoria adottati successivamente.

Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

In parte rigetta il ricorso ed in parte lo dichiara improcedibile per carenza di interesse.

Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del comune di Genova, delle spese di giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila), oltre I.V.A. e C.P.A..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *